Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-02-2011) 31-03-2011, n. 13316

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 13 maggio 2010, la Corte di appello di Campobasso confermava la sentenza del Tribunale di Larino, che aveva ritenuto L.E. colpevole dei reati di cui gli artt. 570 e 388 c.p. per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore e per aver eluso il provvedimento del giudice civile, trattenendo quest’ultima oltre il termine concesso per il diritto di visita.

2. Avverso la sentenza della Corte di appello, propone ricorso l’imputato congiuntamente al suo difensore, deducendo:

– l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità e decadenza, avendo i giudici di merito disatteso l’eccezione di nullità eccepita dalla difesa in relazione alla mancanza di un’ordinanza di ammissione della parte civile e delle prove;

– l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità e decadenza, non avendo i giudici di merito acquisito la sentenza del Tribunale di Larino, che aveva imposto all’imputato l’obbligo del mantenimento della figlia minore;

– il travisamento della prova e la manifesta illogicità della motivazione, essendo stata tratta la prova della penale responsabilità dell’imputato, sulla base di prove travisate.

In particolare, si deduce che il padre dell’imputato non avrebbe riferito dello svolgimento da parte dell’imputato di un’attività lavorativa e che la madre della bambina non avrebbe affermato di non aver reperito l’ex marito in casa.

In altri casi, secondo il ricorrente, sarebbero state obliterate alcune prove decisive, come la circostanza, riferita dalla madre dell’imputato, della intestazione di un libretto di risparmio a favore della bambina, e lo stato di malattia della bambina in occasione del periodo in cui la stessa era stata trattenuta dal padre, sul quale aveva deposto il padre di quest’ultimo;

– la violazione della legge penale, per non aver applicato l’indulto, ritenendo ostativa la declaratoria della sospensione condizionale della pena.
Motivi della decisione

1. In via pregiudiziale, si osserva che i reati contestati sono estinti per prescrizione, in seguito al decorso per entrambi dalla data del 2003 del relativo termine massimo, previsto dagli artt. 157 e 161 c.p. (cfr., quando vi sia incertezza circa il tempus commissi delicti, tra le tante, Sez. 3^, n. 8283 del 03/12/2009, dep. 03/03/2010, Ilacqua, Rv. 246229).

I motivi di ricorso non sono del tutto inammissibili, come meglio si dirà.

Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere i reati contestati estinti per intervenuta prescrizione, non ravvisandosi i presupposti per un proscioglimento nel merito, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 2.

In relazione ai limiti propri del giudizio di legittimità, non risultano infatti dalla sentenza impugnata circostanze, emergenti in modo non contestabile, idonee ad escludere la sussistenza del fatti, la rilevanza penale degli stessi e la non commissione dei medesimi da parte dell’imputato, laddove è pacifico che il giudizio che deve portare alla immediata declaratoria di cause di proscioglimento deve consistere non nell’apprezzamento quanto nella constatazione degli elementi in atti.

La pronuncia di condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile comporta tuttavia l’esame delle censure agli effetti dei capi della sentenza che concernano gli interessi civili.

2. Sotto lo specifico profilo ora menzionato, va in primo luogo rilevato che, in conformità all’orientamento più volte sostenuto da questa Corte, nel giudizio di cassazione, qualora risulti la causa estintiva della prescrizione del reato, non sono rilevabili le nullità, anche di ordine generale, poichè il rinvio al giudice del merito è incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva, salvo che la sentenza abbia deciso anche in ordine al risarcimento dei danni da reato o alle restituzioni, giacchè in tal caso la nullità, ove sussistente, deve essere comunque rilevata e dichiarata in sede di legittimità, in quanto si riflette sulla validità delle statuizioni civili (Sez. U. n. 17179 del 27/02/2002, dep. 08/05/2002, Conti, Rv. 221403).

Di conseguenza, devono essere esaminate le eccezioni di nullità formulate dal ricorrente.

In merito, si rileva che il primo motivo di ricorso è infondato.

Deve essere ribadito il principio di diritto, secondo cui la parte civile assume la qualità di parte nel processo sin dal momento della sua costituzione, senza necessità di un provvedimento ammissivo, sia pure implicito, del giudice (Sez. 3^ n. 12423 del 06/02/2008, dep. 20/03/2008, Di Bernardino, Rv. 239335).

In ogni caso, la tempestiva costituzione di parte civile, che non abbia dato luogo ad opposizione "in limine" e che sia stata mantenuta nel giudizio di primo grado, impedisce la successiva proposizione di questioni relative alla legitimatio ad processum, che non siano state dedotte nei termini, rendendo – conseguentemente – stabile il rapporto civilistico instauratosi tra le parti (Sez. n. 11657 del 22/09/1997, dep. 16/12/1997, Sorrentino, Rv. 209260).

Nel caso esame, risulta dagli atti che, all’udienza del 26 maggio 2005, il giudice aveva disposto il rinvio anche per l’ammissione della parte civile e che, alla successiva udienza del 21 ottobre 2005, presente la parte civile, ha dichiarato aperto il dibattimento, dopo aver "controllato la regolare costituzione delle parti, e, nulla opponendo le parti".

Quanto alla ammissione delle prove testimoniali, emerge altresì che il giudice, dopo aver verificato la presenza dei testi richiesti dal P.M., aveva "sentito le parti", disponendo il rinvio del dibattimento per la loro audizione, stante la inidoneità dell’impianto di registrazione.

All’udienza successiva, si era proceduto all’audizione dei testi del P.M., senza che nulla fosse stato eccepito dalla difesa dell’imputato.

Deve pertanto ritenersi che il giudice abbia provveduto all’ammissione delle prove, a norma del primo comma dell’art. 495 c.p.p., quant’anche senza pronunciare "formalmente" il provvedimento ammissivo.

La mancanza di un formale provvedimento ad hoc non comporta comunque la nullità del dibattimento e della sentenza ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione agli artt. 190 e 495 c.p.p., qualora, in difetto di contrasto tra le parti in ordine all’ammissione della prova dedotta, il procedimento sia proseguito nel comune accordo delle parti, le quali abbiano concretamente dato attuazione a quello che sarebbe stato il contenuto dell’ordinanza.

3. Infondato è anche il secondo motivo.

In virtù del principio della libertà della prova e del libero convincimento del giudice, la prova della sussistenza dell’obbligo dell’imputato di corrispondere i mezzi di sussistenza alla figlia minore ben poteva essere desunta dai giudici di merito da elementi diversi dalla sentenza che, in sede civile, aveva statuito in merito al mantenimento della minore.

A tali osservazioni deve aggiungersi che, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 570 c.p., comma 2, nell’ipotesi di mancata corresponsione da parte del coniuge obbligato al versamento dell’assegno stabilito in sede di separazione coniugale, il giudice penale deve accertare se, per effetto di tale condotta, siano venuti a mancare in concreto ai beneficiari i mezzi di sussistenza, accertamento che è "diverso e indipendente" da quello compiuto dal giudice civile per la determinazione dell’assegno (tra le tante Sez. 6^, n. 40708 del 31/10/2006, dep. 13/12/2006, Turbessi, Rv. 235471).

4. Inammissibile è il terzo motivo.

Affinchè il vizio del travisamento della prova sia apprezzabile da questa Corte, il ricorrente deve assolvere il peculiare onere, ai fini dell’autosufficienza del ricorso, della inequivoca individuazione e specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere, onere da assolvere nel caso di prova testimoniale mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone (Sez. F, n. 37368 del 13/09/2007, dep. 11/10/2007, Torino, Rv. 237302; Sez. 4^, n. 37982 del 26/06/2008, dep. 03/10/2008, Buzi, Rv. 241023; Sez. 2^, n. 38800 del 01/10/2008, dep. 14/10/2008, Gagliardo, Rv. 241449; Sez. 1^, n. 06112 del 22/01/2009, dep. 12/02/2009, Bouyahia, Rv. 243225;

Sez. F, n. 32362 del 19/08/2010, dep. – 26/08/2010, Scuto, Rv.

248141).

Questa rappresentazione specifica degli atti processuali è nella specie mancata.

5. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per la avvenuta estinzione dei reati ascritti all’imputato.

Vanno tenute ferme le statuizioni concernenti la parte civile, attesa la rilevata infondatezza delle censure sulla responsabilità.
P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè i reati sono estinti per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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