Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-01-2011) 31-03-2011, n. 13328 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. G.L. e G.R. ricorrono, tramite il comune difensore, con atto del 7 luglio 2010, avverso l’ordinanza del Tribunale di Trento, in funzione di Giudice dell’esecuzione, emessa il 16-17 giugno 2010, che ha respinto la loro domanda, qualificata dal decidente come opposizione, diretta ad ottenere la declaratoria di non esecutività della subita condanna, in solido con altre diciotto persone, al pagamento delle spese processuali, in forza di precedente provvedimento dello stesso Giudice dell’esecuzione del 7 ottobre 2009 di correzione dell’errore materiale, per omessa condanna alle spese processuali, della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trento in data 11 aprile 2008, irrevocabile il 7 luglio 2008, di applicazione, a ciascuno degli attuali ricorrenti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., comma 1, della pena di anni tre di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa per il delitto continuato di concorso in traffico di sostanze stupefacenti.

Sulla base della predetta correzione, operata dal Giudice dell’esecuzione senza darne previo avviso al difensore dei G., in violazione dell’art. 666 c.p.p., comma 3, è stata imposta agli attuali ricorrenti un’obbligazione solidale per il pagamento delle spese processuali, non più prevista dalla legge, a seguito dell’abrogazione del comma 2 dell’art. 535 c.p.p., in forza della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 67 in vigore dal 4 luglio 2009, e sono state emesse cartelle di pagamento (notificate agli stessi G. il 9 e il 13 aprile 2010) per il recupero delle spese processuali, liquidate nell’esorbitante somma complessiva di Euro 688.686,18 per ciascuno dei condannati in solido.

Il Giudice dell’esecuzione ha motivato il rigetto della principale richiesta dei ricorrenti tendente ad escludere l’esecutività della loro condanna al pagamento delle spese processuali, richiamando l’irrevocabilità del titolo che ne costituiva il fondamento (ovvero della sentenza irrevocabile del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trento in data 11 aprile 2008, come integrata dal provvedimento di correzione materiale del 7 ottobre 2009), e ha superato l’eccepita violazione del contraddittorio, in sede di incidente di esecuzione sfociato nella suddetta correzione, con l’argomento che il vizio doveva ritenersi sanato per la proposta impugnazione avverso il medesimo provvedimento del 7 ottobre 2009, qualificata come opposizione nell’ordinanza del 16-17 giugno 2010, qui impugnata.

Riguardo, poi, alla censurata illegittimità della condanna dei G., in solido con le altre diciotto persone giudicate con la medesima sentenza dell’11 aprile 2008, per l’abrogazione dell’art. 535 c.p.p., comma 2, in tema di obbligo solidale al pagamento delle spese processuali, il Giudice dell’esecuzione ha osservato che, essendo la predetta norma vigente al tempo dell’acquisita irrevocabilità, il 7 luglio 2008, della decisione di condanna, essa era stata ritualmente applicata in forza del principio tempus regit actum, sottolineando altresì che, pur risultando i G. e gli altri imputati nell’unico processo assolti dalla più grave imputazione associativa di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 era stata loro applicata la pena di anni tre di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa, ex art. 444 c.p.p., comma 1, per il delitto di traffico continuato di sostanze stupefacenti in concorso col coimputato M., a sua volta concorrente del coimputato Z.;

del tutto privo di fondamento, infine, secondo il decidente, era l’ultimo rilievo dei ricorrenti circa l’esorbitanza delle somme richieste a titolo di spese processuali, la cui liquidazione sarebbe avvenuta senza tenere conto dello stralcio di molte posizioni, già incluse nell’originario procedimento, a seguito della dichiarata competenza territoriale di diverse Autorità giudiziarie, poichè le contestate cartelle esattoriali avevano per oggetto solo le spese del processo svoltosi davanti al Tribunale di Trento.

2. A sostegno del proposto ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza del Giudice dell’esecuzione, G.L. e G. R. deducono più motivi:

2.1. inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, riproponendo la censura avverso la precedente ordinanza di correzione di errore materiale, in data 7 ottobre 2009, per omesso avviso agli interessati dell’udienza in camera di consiglio;

2.2. violazione della legge penale per intervenuta abrogazione del principio di solidarietà nella condanna alle spese processuali di cui all’art. 535 c.p.p., comma 2, in forza della L. n. 69 del 2009 cit., art. 67;

2.3. erronea applicazione del citato art. 535, comma 2, codice di rito, nell’ipotesi in cui fosse ritenuto vigente nella fattispecie, perchè i G. sono stati assolti dal delitto associativo e rispondono solo di traffico di sostanze stupefacenti in concorso tra loro e con il solo M.S., e non anche con gli altri imputati nel medesimo processo, definito con la predetta sentenza dell’11/04/2008;

2.4. contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione nonchè inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, per omessa notificazione di tutti i decreti di liquidazione delle spese processuali sostenute dagli uffici giudiziari di Trento, risultando notificati agli attuali ricorrenti soltanto i decreti in date 9/02/2007, 10/07/2007, 11/09/2007 e 11/03/2008 per l’importo complessivo di Euro 18.333,59, e non anche quelli successivi su cui si fonda la cartella esattoriale di Euro 688.686,18 loro notificata nell’aprile 2010;

2.5 inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, nonchè illogicità e/o contraddittorietà della motivazione, quanto all’assunta irrilevanza dello stralcio di plurime posizioni processuali, attinte dall’accusa del reato associativo di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 per ragioni di competenza territoriale determinanti la separazione dei relativi processi.

Sulla base di uno o più dei predetti motivi, i ricorrenti hanno quindi richiesto l’annullamento dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Trento il 16-17 giugno 2010 e del precedente provvedimento dello stesso Giudice in data 7 ottobre 2009. 3. Il Pubblico Ministero, con memoria depositata il 13 ottobre 2010, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, osservando l’irritualità delle procedure seguite, vuoi perchè la correzione dell’errore materiale deliberata dal Giudice dell’esecuzione con provvedimento del 7/10/2009, all’esito di udienza in camera di consiglio, avrebbe dovuto essere oggetto di ricorso per cassazione e non di opposizione allo stesso Giudice, a norma dell’art. 666 c.p.p., comma 6; vuoi perchè l’impugnazione avverso il detto provvedimento del 7/10/2009, notificato ai due G. nel dicembre 2009, come da loro stessi ammesso, fu proposta solo il 19 aprile 2010 in seguito alla notificazione delle predette cartelle di pagamento, e, quindi, bene al di là dei termini previsti a pena di decadenza dall’art. 585 c.p.p., commi 1 e 2, lett. a).

4. in data 4 gennaio 2011 il difensore dei ricorrenti ha presentato memoria con motivi aggiunti, in cui si oppone alla declaratoria di inammissibilità del ricorso e insiste nella richiesta di accoglimento dell’impugnazione, sottolineando, in particolare, l’abnormità della condanna solidale alle spese disposta dal Giudice dell’esecuzione col provvedimento del 7 ottobre 2009.
Motivi della decisione

5. Il ricorso è infondato.

Il procedimento di correzione materiale è stato legittimamente adottato ai sensi dell’art. 535 c.p.p., comma 4, per integrare la sentenza di applicazione della pena, ex art. 444 c.p.p., comma 1, mancante della statuizione in tema di condanna al pagamento delle spese processuali (conforme: Sez. U, n. 7945 del 31/01/2008, dep. 20/02/2008, Rv. 238426, anche nel caso di omessa condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile).

La rilevata violazione delle regole del procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 127 c.p.p., richiamato dall’art. 130, comma 2, dello stesso codice, è sanata perchè, come correttamente osservato dal Procuratore generale, l’ordinanza di correzione del 7 ottobre 2009 non risulta tempestivamente impugnata e deve perciò ritenersi definitiva.

La pretesa di ridiscutere, attraverso la proposizione di "un incidente di esecuzione" avverso il titolo corretto, la dedotta questione di illegittimità della condanna solidale alle spese, già affrontata in sede di correzione è per un verso, preclusa da quanto in quella sede già deciso al riguardo, e, per altro verso, è infondata essendo stata correttamente applicata la norma di cui all’art. 535, comma 2, codice di rito, nel testo vigente al tempo della sentenza de qua, emessa l’11 aprile 2008 e divenuta irrevocabile il successivo 7 luglio, prima dell’abrogazione del medesimo comma 2 dell’art. 535 in forza della L. n. 69 del 2009, cit., art. 67 entrata in vigore il 4 luglio 2009.

La costante giurisprudenza di questa Corte ritiene, infatti, legittima l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che, rettificando nei confronti del condannato la sentenza pronunciata prima della modifica dell’art. 535 c.p.p., comma 2, nella parte in cui abbia omesso di condannarlo alle spese, ne disponga la condanna solidale (e non "pro quota" sulla base della sopravvenuta L. 18 giugno 2009, n. 69), costituendo il provvedimento del giudice dell’esecuzione solo una rettifica di una sentenza già emessa e definitiva e dovendosi, nella materia, applicare il principio tempus regit actum proprio della successione nel tempo di disposizioni processuali, come sono quelle che disciplinano le spese nel processo (c.f.r., tra le altre, Sez. 1^, n. 27253 del 24/06/2010, dep. 14/07/2010, Rv. 247734; Sez. 6^, n. 39682 del 25/09/2009, dep. 12/10/2009, Rv. 244704).

Con riguardo, infine, alla denunciata esorbitanza delle somme liquidate nelle cartelle di pagamento (notificate agli attuali ricorrenti il 9 e il 13 aprile 2010), che comprenderebbero anche spese per reati diversi e non connessi a quello per cui è stata applicata la pena ai G. in violazione dello stesso art. 535 c.p.p., comma 2, applicabile ratione temporis, va precisato che la competenza a dirimere le questioni inerenti al pagamento delle spese di giustizia spetta al giudice penale, in funzione di giudice dell’esecuzione, solo quando la contestazione ha per oggetto la sussistenza, validità, operatività ed attualità del titolo esecutivo; mentre è del giudice civile – previa investitura dello stesso nelle forme dell’opposizione all’esecuzione – ove si contestino solo singole causali di spesa ed il relativo ammontare (sez. 1^, n. 19547 del 02/04/2004, dep. 27/04/2004, Confl, comp. in proc. Lunardon, Rv. 227983; conformi: n. 1108 del 1991, Rv. 186931;

n. 121 del 1994, Rv. 197952; n. 2751 del 1996, Rv. 206323; n. 3827 del 1997, Rv. 209484; n. 8471 del 1999, Rv. 529203).

I ricorrenti, pertanto, dovranno adire il competente giudice civile per contestare l’entità degli importi loro addebitati.

6. Dal rigetto del ricorso discende la condanna di G.L. e G.R. al pagamento, ciascuno, delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, ciascuno, delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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