T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 28-03-2011, n. 826

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugnava il rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno motivato sulla base dell’assenza di un valido lavoro e della presenza di numerosi precedenti penali.

Avverso il provvedimento formulava tre motivi di ricorso.

Il primo denuncia l’erroneità e la contraddittorietà della motivazione adottata poiché l’istanza era corredata da una documentazione che attestava un lavoro domestico mentre gli accertamenti circa l’insussistenza del rapporto di lavoro fanno riferimento ad una società di servizi.

Il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 4,comma 3, D.lgs 286\98 perché il contenuto della norma riguarda lo straniero che deve fare ingresso sul territorio italiano e non quello che vi si trova già come ad esempio nel caso del ricorrente da ben undici anni.

In ogni caso è stato prodotto un contratto di soggiorno ed un’autocertificazione da parte del datore di lavoro circa la sussistenza di un idoneo alloggio e quindi sussistevano le condizioni per concedere il rinnovo richiesto.

Il terzo motivo contesta il contenuto della motivazione laddove fa riferimento all’esistenza di numerosi precedenti penali che però in realtà non sono ostativi alla concessione del rinnovo del permesso né hanno permesso al Questore di formulare un giudizio di pericolosità sociale.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 9.12.2010 fu emessa un’ordinanza istruttoria per verificare la sussistenza del rapporto di lavoro dichiarato dal ricorrente e dei requisiti di reddito, accogliendo provvisoriamente l’istanza cautelare.

Alla successiva camera di consiglio del 22.2.2011 fu chiesto un rinvio da parte del difensore del ricorrente per acquisire copia dei documenti prodotti dall’amministrazione ed alla successiva camera di consiglio del 8.3.2011 il ricorso andava in decisione.

Il ricorso non è fondato.

Il datore di lavoro del ricorrente è persona che non risulta avere redditi propri con cui corrispondere gli emolumenti dovuti secondo il contratto di lavoro.

Il ricorrente è stato più volte sorpreso ad esercitare la prostituzione in questi anni di permanenza in Italia cosicché si può ragionevolmente supporre che l’attività lavorativa per la quale è stato richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno sia meramente di copertura.

Infatti secondo la comune esperienza le persone che esercitano attività di collaborazione domestica non riescono a mantenersi lavorando solo 26 ore al mese come risulta dalle busta paga prodotte.

Peraltro il corrispettivo corrisposto al lavoratore per tali ore è esageratamente alto rispetto alle tariffe che usualmente vigono in tale settore lavorativo, se solo si raffrontano con quelle previste contrattualmente per tale tipo di attività dove al massimo la paga oraria per le categorie più retribuite non supera i 7,39 euro all’ora.

Dividendo infatti la somma corrisposta mensilmente per il numero delle ore lavorate, risulta che per ognuna di esse il ricorrente riceve oltre venti euro, cifra assolutamente inverosimile, ma che è calcolata artatamente per poter far risultare un reddito annuale superiore all’assegno sociale e quindi da poter considerare sufficiente a garantire il mantenimento.

Nessun rilievo riveste la circostanza che vengano regolarmente pagati i contributi previdenziali poiché con i guadagni notoriamente elevati che derivano dall’esercizio della prostituzione il ricorrente ben può provvedere al loro pagamento.

Il provvedimento non è correttamente motivato poiché fonda il rigetto soprattutto sull’inesistenza dell’attività lavorativa, circostanza che, però, è frutto di un difetto di istruttoria poiché si è andato a verificare un rapporto di lavoro con una ditta individuale ormai cessata, mentre il ricorrente aveva basato la sua domanda sull’esistenza di un rapporto di collaborazione domestica.

Ma considerando che all’esito dell’istruttoria effettuata è risultato che il lavoro per il quale è stato richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno è fittizio, poiché la reale fonte di mantenimento per il ricorrente è l’esercizio dell’attività di prostituzione, anche laddove fosse annullato il provvedimento per difetto di motivazione, il nuovo esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione non potrebbe portare ad un diverso contenuto del provvedimento.

Per tale ragione ai sensi dell’art. 21 octies,comma 2, L. 241\90 non si ritiene di dover annullare il provvedimento nonostante la presenza del vizio di eccesso di potere per travisamento del fatto.

Tenendo conto che la motivazione del provvedimento, pur corretto nelle conclusioni, era affetta da vizi, appare equo compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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