T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 05-07-2010, n. 2705 LAVORO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 19 luglio 2006, il ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe, con il quali è stata rigettata l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, chiedendo al Tribunale Amministrativo Regionale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione, in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del 27 luglio 2006, il Collegio ha accolto l’istanza cautelare di sospensione ritenendo sussistere il fumus boni iuris.

Sul contraddittorio così istauratosi, all’udienza del 10 giugno 2010, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva.

2. La legislazione nazionale adottata negli ultimi anni, d.lgs. n. 286 del 1998, l. n. 189 del 2002, d.l. n. 195 del 2002, si fonda sulla radicale premessa per la quale nessun soggetto extracomunitario può entrare nello Stato, ed ivi stabilmente soggiornare, qualora non sia munito di visto di ingresso e di permesso di soggiorno, e cioè di un titolo amministrativo che autorizzi questi allo stabilimento, alla circolazione ed allo svolgimento di attività per specifiche tassative ragioni (di visita, affari, turismo, studio, lavoro, ricongiungimento familiare e motivi familiari, protezione sociale, asilo e protezione temporanea, cure mediche).

Dispone l’art. 5 comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono negati quando vengano a mancare i requisiti per l’ingresso e il soggiorno; l’art. 4, comma 3, nel precisare i requisiti richiesti, esclude che possa essere ammesso lo straniero che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite.

Il legislatore ha quindi attribuito una valenza, immediatamente ostativa ad una positiva valutazione in ordine alla permanenza nel territorio dello Stato, a comportamenti penalmente sanzionati, ritenuti di particolare rilevanza sul piano delle relazioni sociali e del mantenimento dell’ordine pubblico, a differenza di quanto era previsto nel testo della norma precedente alle modifiche del 2002 ove la valutazione della pericolosità e della minaccia era rimessa all’autorità amministrativa. In altri termini, nel testo vigente, la valutazione negativa è stata fatta direttamente dal legislatore che ha individuato determinati reati ritenuti ostativi (il diritto vivente si è oramai assestato in tal senso: cfr. da ultimo Cons. di Stato sentenza 21 aprile 2008 n. 1803; secondo la decisione n. 2866 del 2006 "la norma di cui all’art. 5 non consente all’Amministrazione alcuna autonoma valutazione in ordine ai fatti oggetto del giudizio penale, derivando in modo del tutto automatico dalla sentenza penale la preclusione al rinnovo al permesso di soggiorno").

Ancora in tema di reati ostativi, ritiene il Collegio, che non possono essere valutati dalla stessa p.a. come "nuovi elementi" le considerazioni espresse dal giudice penale nella sentenza di condanna (in ordine, ad esempio, alla gravità del reato, alle conseguenze risarcitorie e restitutorie, agli elementi circostanziali e così via), perché quelle considerazioni rappresentano la motivazione della sentenza e non "circostanze sopravvenute ai fatti decisi in sede penale"; allo stesso modo non assumono rilievo le determinazioni accessorie del Giudice Penale come quelle relative alla sospensione condizionale della pena. Difatti, è la stessa sentenza di condanna, per la qualità del reato ascritto e sanzionato, che è di per sé ostativa ad una valutazione favorevole da parte dell’autorità amministrativa.

Neppure ha rilievo il fatto che la sentenza del Giudice Penale non sia ancora passata in giudicato (e, quindi, suscettibile di essere riformata nei successivi gradi di giudizio), dal momento che la norma in oggetto (art. 4, comma 3, del t.u.) non prevede l’esistenza di un giudicato.

Da ultimo, l’eventuale riabilitazione successiva al provvedimento impugnato non può essere presa in considerazione, vertendosi qui in un giudizio di legittimità dell’atto sulla scorta degli elementi di fatto e di diritto sussistenti al momento della sua adozione.

3. Nel caso che ci occupa, il ricorrente risulta condannato con sentenza del Tribunale di Cremona del 30 settembre 1997 alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione e di Lire 2.200.000 di multa, in quanto riconosciuto colpevole del reato continuato di estorsione (commesso in Casalmaggiore sino al 1994), ai sensi degli articoli 81 e 629 c.p., rientrante nella previsione di cui all’art. 380 c.p.p.

Osserva ancora il Collegio che, pur essendo il fatto di reato commesso prima dell’entrata in vigore delle modifiche introdotte dalla legge 30 luglio 2002 n. 189 e, per tale motivo, non reputabile di per sé automaticamente ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno, vi sono elementi concomitanti che confermano la prognosi di pericolosità sociale dell’istante.

Si tratta, infatti, di reato particolarmente grave, che denota una spiccata pericolosità del soggetto che lo commette e che desta forte allarme sociale. In base a queste premesse, è agevole osservare come il provvedimento impugnato, facendo riferimento a tali elementi, si sia basato su solide circostanze di fatto, che fanno ragionevolmente ritenere sussistente la pericolosità sociale dell’interessato.

Ne discende che la pubblica amministrazione ha in tal caso fatto corretta applicazione delle norme contenute nell’art. 5 comma 5 e 4, comma 3, del d.lgs. 286/98, in base ai quali il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati allo straniero che, comunque, sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.

4. Tanto premesso, il ricorso deve essere respinto, avendo l’amministrazione correttamente rilevato una condizione ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno prevista dalla legge.

5. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, attese le precedenti oscillazioni della giurisprudenza in tema di reati ostativi all’ingresso e permanenza nello Stato Italiano.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:

Rigetta il ricorso e compensa interamente le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Dario Simeoli, Referendario, Estensore

Raffaello Gisondi, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *