T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 28-03-2011, n. 580 Interpretazione della legge

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti, premesso che la loro dante causa era titolare di indennizzo ai sensi della legge n. 210 del 1992 per avere contratto il virus dell’epatite C a seguito di trasfusione, adivano il giudice del lavoro di Lecce per chiedere il diritto a conseguire la rivalutazione annuale – in base al tasso di inflazione programmato – non solo sulla quota di indennizzo di cui al comma 1 dell’art. 2 della citata legge ma anche sulla somma integrativa di cui al secondo comma, ovvero sulla quota corrispondente alla indennità integrativa speciale.

Il Tribunale del lavoro accoglieva il ricorso, affermando in particolare che "l’indennizzo riconosciuto ai soggetti danneggiati da epatiti posttrasfusionali… consta di due componenti, ovvero da un importo fisso ex lege… e dall’indennità integrativa speciale di cui alla legge n. 324 del 1959, componenti da ritenersi entrambe rivalutabili secondo il tasso di inflazione programmata". E ciò in quanto "solo la rivalutazione di entrambe le suddette componenti consente di adeguare il valore della prestazione alle esigenze di vita del danneggiato, in conformità al precetto di cui all’art. 38 secondo comma della Costituzione".

Il Tribunale accoglieva il ricorso condannando il Ministero della salute a pagare le conseguenti differenze indennitarie, oltre interessi legali.

La ridetta pronunzia è stata notificata e non impugnata nei termini di legge, così divenendo cosa giudicata.

Con ordine di pagamento in data 30 ottobre 2009 (come si evince dall’atto di diffida) veniva corrisposta alle ricorrenti la complessiva somma di euro 15.344,18 a titolo di differenze tra quanto già liquidato e quanto dovuto sulla base della ulteriore rivalutazione monetaria della suddetta quota integrativa di indennizzo, con decorrenza 1.1.96.

Le ricorrenti, rilevando che il Ministero non aveva tuttavia provveduto ad adeguare in via definitiva il suddetto indennizzo (ossia in relazione a tutta la sua durata) né aveva corrisposto le differenze dovute nel periodo 1.10.09 – 31.5.10 (cfr. pag 3 ricorso introduttivo), in data 18 giugno 2010 notificavano specifico atto di diffida e messa in mora nei confronti della stessa amministrazione.

In assenza di un riscontro da parte di quest’ultima, veniva proposto davanti a questo TAR ricorso per ottenere l’esatta esecuzione della citata sentenza del giudice del lavoro di Lecce.

Tuzioristicamente, veniva sollevata questione di legittimità costituzionale in merito alla disposizione interpretativa di cui all’art. 11 del decretolegge n. 78 del 31 maggio 2010, medio tempore intervenuto, con la quale si afferma che "la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d’inflazione". In proposito si lamentava la violazione del principio di intangibilità del giudicato, la disparità di trattamento rispetto ad altre categorie di "danneggiati" (es. da vaccino, da farmaci nocivi, etc.) le quali avrebbero invece conservato il diritto alla rivalutazione anche sulla indennità integrativa, nonché la violazione del principio di ragionevolezza per quanto attiene all’eccessiva decurtazione degli importi da erogare. Parte ricorrente chiedeva altresì la disapplicazione della ridetta disposizione interpretativa per contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento comunitario.

Si costituiva in giudizio il Ministero della salute per chiedere il rigetto del gravame.

Alla camera di consiglio del 12 gennaio 2011 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

In via preliminare va affrontata la sollevata eccezione di incostituzionalità e la connessa richiesta di disapplicazione.

Si rammenta al riguardo che l’art. 1 della legge n. 210 del 1992 prevede che "chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge… lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato". L’indennizzo è dovuto anche per danni derivanti da trasfusioni e somministrazione di emoderivati.

Il successivo art. 2 stabilisce poi che il predetto "indennizzo… consiste in un assegno, reversibile per quindici anni… rivalutato annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato" (comma 1). Detto indennizzo "è integrato da una somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324… prevista per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato".

La questione che ha dovuto affrontare la giurisprudenza ha riguardato la possibilità o meno di sottoporre a rivalutazione monetaria anche la quota di indennizzo concernente l’indennità integrativa speciale.

Poiché sul punto si sono formati discordanti orientamenti giurisprudenziali, il legislatore del 2010 ha ritenuto di intervenire mediante una legge di interpretazione autentica, affermando in particolare che "il comma 2 dell’articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210… si interpreta nel senso che la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d’inflazione" (art. 11, comma 13, decretolegge n. 78 del 2010).

Ora, va subito detto che il successivo comma 14 ha in ogni caso previsto che, "fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato, per i periodi da esse definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l’efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto".

Tanto premesso, resta dunque da stabilire se il suddetto intervento legislativo del 2010 possa in qualche misura incidere sul contenuto della sentenza di cui si chiede in questa sede l’esecuzione: in particolare, se le somme da corrispondere all’indomani della entrata in vigore del citato decreto legge, alla luce della stessa decisione del giudice del lavoro di Lecce, debbano essere o meno sottoposte, per quanto riguarda la voce integrativa, a rivalutazione monetaria.

In prima battuta, ritiene il collegio di dover precisare che, dinanzi ad un dubbio di legittimità costituzionale di atti aventi forza di legge ( art. 134 Cost.) è preciso dovere del giudice del caso concreto, prima ancora di vagliare la non manifesta infondatezza e la rilevanza della questione ai fini del decidere, la ricerca di una interpretazione adeguatrice, ossia una lettura di tipo conservativo delle norme medesime il cui significato possa rivelarsi sufficientemente conforme (o non contrastante) con il dettato costituzionale (cfr. Corte cost., sent. n. 282 del 15 luglio 2005).

Principio, quello appena delineato, che si applica a tutte le norme giuridiche cui il giudice è chiamato a dare applicazione, ivi ricomprese quelle di interpretazione autentica.

Ebbene, nel caso sottoposto all’attenzione del collegio il senso delle suddette norme interpretative appare sufficientemente chiaro e adeguatamente compatibile con i principi costituzionali, sì da esimere questo giudice amministrativo dal rimettere la prospettata questione di costituzionalità al giudice delle leggi.

Passando infatti all’analisi del testo normativo di cui si discute (art. 11, commi 13 e 14, del decretolegge n. 78 del 31 maggio 2010), da un lato emerge che il divieto di rivalutare la voce integrativa secondo il tasso di inflazione attiene alle quote ancora da corrispondere, ossia a partire dell’entrata in vigore del suddetto provvedimento normativo; dall’altro lato si afferma espressamente la salvezza degli effetti prodottisi per via di riconoscimenti (in merito alla rivalutazione della predetta voce integrativa) avvenuti in sede prevalentemente giurisdizionale.

A quest’ultimo proposito il comma 14 distingue due ipotesi: a) il caso di sentenze passate in giudicato, per cui gli effetti sono fatti salvi anche in relazione a periodi successivi alla loro adozione – e dunque anche successivamente alla entrata in vigore del decreto legge n. 78 del 2010 – qualora detti periodi (si veda l’inciso "per i periodi da esse definiti") siano sostanzialmente presi in considerazione dalle decisioni medesime; b) il caso di provvedimenti adottati in forza di titoli esecutivi (tra cui rientra anche il caso delle sentenze non ancora coperte da giudicato) nel qual caso gli effetti, ossia il riconoscimento della rivalutazione sulla voce integrativa, sono fatti salvi soltanto sino alla entrata in vigore del citato decreto legge.

Tali opzioni – e in particolare quella con cui si manifesta la volontà di preservare le statuizioni coperte da giudicato – sono peraltro conformi alla giurisprudenza costituzionale secondo cui "sono… censurabili le norme il cui intento non sia quello di stabilire una regola astratta, ma di incidere su di un giudicato, non potendo ritenersi consentito al legislatore di risolvere, con la forma della legge, specifiche controversie e di vanificare gli effetti di una pronuncia giurisdizionale divenuta intangibile, violando i principi relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale e concernenti la tutela dei diritti e degli interessi legittimi (cfr. Corte cost., sentenze n. 94 del 2009 e n. 374 del 2000), e ciò anche in funzione di "salvaguardia, tra l’altro, di fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza, la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto" (cfr. sentenze n. 376 del 2004, n. 291 del 2003, n. 446 del 2002 e n. 282 del 2005).

Per quanto attiene in particolare alla norma censurata, la tesi della insensibilità del giudicato alle disposizioni dettate dal legislatore del 2010 risulta vieppiù avvalorata dall’inciso "per i periodi da esse definiti".

Detto inciso, che fa seguito alla frase "fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato", non può avere altro scopo – in base a canoni di ragionevolezza – se non quello di sancire una volta di più che, quand’anche il giudice del caso concreto avesse riconosciuto la spettanza del diritto alla rivalutazione suddetta nella sua massima estensione (dunque per tutti i 15 anni di durata della relativa misura assistenziale), siffatta statuizione sarebbe insuscettibile di essere incisa da mutamenti normativi sopravvenuti.

Tanto puntualizzato, ritiene il collegio che il caso di specie sia da ricondurre alla ipotesi sub a), e ciò sia perché la sentenza di cui si chiede l’esecuzione è pacificamente passata in giudicato, sia perché la decisione stessa ha riconosciuto il diritto delle ricorrenti ad ottenere la rivalutazione di cui si discute senza limitazioni temporali e dunque per tutto il periodo (pari a 15 anni) relativo alla corresponsione dell’indennizzo in questione: si veda in proposito non solo il petitum ma anche la parte del dispositivo in cui si condanna il Ministero a corrispondere tale indennizzo, secondo le modalità più volte individuate, anche "per il periodo successivo" alla morte del dante causa. In altre parole, la statuizione del giudice del lavoro ha riguardato non solo le differenze dovute per i periodi antecedenti a quel giudizio, ma anche gli importi dovuti per i periodi successivi ad esso, ivi ricompreso l’arco di tempo successivo alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 78 del 2010 (e fino allo scadere dei 15 anni normativamente fissati).

Da quanto detto deriva, in primo luogo, il rigetto delle suddette eccezioni di incostituzionalità sia per infondatezza (dal momento che il giudicato non è stato in alcun modo intaccato) sia per difetto di rilevanza (dato che gli ulteriori profili di incostituzionalità, es. irragionevolezza, quand’anche in ipotesi fondati non sarebbero in ogni caso idonei ad incidere sulle posizioni già consolidatesi in capo alle ricorrenti); per le stesse ragioni non può di conseguenza provvedersi alla disapplicazione della normativa più volte citata,in applicazione del diritto comunitario.

In secondo luogo si ricava l’inadempimento della amministrazione intimata nel dare esatta esecuzione alla sentenza del giudice del lavoro di Lecce, e ciò in quanto sia pur a fronte di un dictum giudiziale inequivoco (riconoscimento in via definitiva del diritto alla rivalutazione sulle somme integrative) l’amministrazione si è limitata al riconoscimento delle differenze maturate sino ad un determinato periodo di tempo (comunque antecedente alla entrata in vigore del decretolegge n. 78 del 2010) senza per questo provvedere alla erogazione delle ulteriori somme dovute, al medesimo titolo, per il periodo successivo (e "definito" dalla sentenza stessa) e nonostante deponesse in siffatta direzione il chiaro disposto della normativa di carattere interpretativo medio tempore intervenuta (decretolegge n. 78 del 2010).

Nei sensi di cui si è detto il ricorso deve dunque essere accolto, conseguendone l’ordine alla Amministrazione intimata di provvedere senza indugio alla esecuzione della sentenza in epigrafe indicata sia con riferimento al riconoscimento in via definitiva della rivalutazione delle somme dovute a titolo di indennità integrativa speciale (IIS), sia con riferimento alla corresponsione delle differenze eventualmente non ancora corrisposte, al medesimo titolo, sino al periodo antecedente alla notifica della presente sentenza.

Stante la complessità della questione esaminata sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia di Lecce – Sezione Prima, definitivamente pronunziando sul ricorso n. 1640 del 2010, lo accoglie e per l’effetto ordina all’amministrazione intimata di provvedere alla esatta e completa esecuzione, nei sensi di cui in motivazione, della sentenza n. 4495 in data 6 maggio 2009 del Tribunale di Lecce – Sezione Lavoro.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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