Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-03-2011) 01-04-2011, n. 13412 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 9 luglio 2010 il Giudice di pace di Padova ha condannato P.O. alla pena di Euro 3.400,00, siccome ritenuta penalmente responsabile del reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 bis, introdotto dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 16, lett. a) (essersi illegalmente introdotta nel territorio dello Stato Italiano ed essersi ivi illegalmente trattenuta).

2. Ilgiudice di pace, stante l’allarme sociale arrecato dallo stato di clandestinità delle persone illegalmente entrate nel paese, non ha ritenuto di tener conto dello stato di gravidanza dell’imputata, D.Lgs. n. 274 del 2000, ex art. 34. 3. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione P. O. per il tramite del suo difensore, che ha dedotto violazione e falsa applicazione di norme di legge, in quanto il giudice di pace non aveva valutato, alla stregua di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 250 del 2010, se, in ordine al suo ingresso illegale in Italia, sussistessero o meno i presupposti per applicare in suo favore l’istituto deflativo costituito dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, si da ritenere il reato a lei contestato improcedibile per particolare tenuità del fatto, essendo la P., pur clandestina, in stato di gravidanza.
Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da P.O. è fondato.

2. Il reato a lei contestato è previsto dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 bis, così come inserito dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 16, lett. a), entrato in vigore l’8 agosto 2009 e consiste nell’avere la P. fatto ingresso ed essersi trattenuta nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. anzidetto, nonchè in violazione della L. 28 maggio 2007, n. 68, art. 1. 3. La motivazione addotta dalla sentenza impugnata per ritenerla colpevole del reato ascrittole non è condivisibile, per non avere essa tenuto conto di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 250 del 9.6.2010. Detta sentenza ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 bis, aggiunto dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 16, lett. a), nella parte in cui non prevede, tra gli elementi costitutivi del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, l’assenza di un giustificato motivo.

Era stata cioè denunciata una disparità di trattamento rispetto all’ipotesi di reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter (violazione dell’ordine del Questore di lasciare il territorio dello Stato), atteso che in tale ultimo reato figura la formula "senza giustificato motivo", la quale consente di tener conto di situazioni ostative di particolare pregnanza, tali da incidere sulla stessa possibilità di adempiere all’intimazione di lasciare il paese, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa. La Corte Costituzionale ha tuttavia ritenuto che la mancata previsione del "giustificato motivo" nel reato contravvenzionale di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis, contestato all’odierna ricorrente, non comporta violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost., in quanto, per la contravvenzione anzidetta, è da ritenere operante un diverso strumento di moderazione dell’intervento sanzionatorio e cioè l’istituto dell’improcedibilità per particolare tenuità del fatto, di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, reso applicabile dall’attribuzione della competenza per il reato in esame al giudice di pace, istituto la cui disciplina è, com’è noto, riferita a varie ipotesi, quali l’esiguità dell’offesa all’interesse tutelato; l’occasionalità della violazione; il ridotto grado di colpevolezza; il pregiudizio che il procedimento penale è idoneo ad arrecare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’imputato; e tale istituto, secondo la Corte Costituzionale, è idoneo a controbilanciare la mancata attribuzione di rilievo al "giustificato motivo". 4. Ora, dall’esame della succinta motivazione addotta dal giudice di pace di Padova per ritenere l’odierna ricorrente responsabile della contravvenzione ascrittale emerge che essa, in violazione dei principi costituzionali sopra illustrati, non spiega perchè lo stato di gravidanza in cui la ricorrente versa non possa essere valutata in suo favore ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34. 5. La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio degli atti al giudice di pace di Padova in diversa composizione, affinchè, in piena autonomia, rinnovi il giudizio nei confronti della ricorrente, tenendo conto della lacuna motivazionale sopra rilevata.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente all’applicazione del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, e rinvia per nuovo giudizio al giudice di pace di Padova.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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