Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-06-2011, n. 14179 Aggravamento delle servitù Esercizio delle servitù

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 4 febbraio 1999, M.E. e G.P. convenivano dinnanzi al Tribunale di Milano, sezione distaccata di Legnano, C.P. e C. G., proprietari del fondo confinante, chiedendo che fosse accertato il proprio diritto di installare un cancello sulla loro proprietà, in corrispondenza della servitù di passaggio su di essa gravante in favore di un fondo di proprietà dei convenuti; che fosse dichiarata illegittima la sosta di veicoli lungo tale passaggio e che i convenuti fossero condannati alla rimozione di un cancello da loro apposto, in quanto avrebbero con esso invaso la loro proprietà.

Si costituivano i convenuti contestando le domande e chiedendo, in via riconvenzionale, che gli attori fossero condannati alla esecuzione della recinzione prevista negli accordi costitutivi della servitù di passaggio.

L’adito Tribunale, con sentenza depositata il 17 gennaio 2001, rigettava tutte le domande degli attori e accoglieva la riconvenzionale, condannando gli attori a realizzare la recinzione del proprio terreno nella parte adibita a passaggio, in modo da costituire una strada privata.

Avverso questa sentenza proponevano appello il M. e la G.. Nella resistenza degli appellati, la Corte d’appello di Milano, in riforma della impugnata sentenza, ha dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla domanda riconvenzionale, rilevando che entrambe le parti avevano dato atto dell’avvenuta realizzazione delle recinzione; ha dichiarato che gli appellanti avevano la facoltà di apporre sulla strada di loro proprietà un cancello fornito di apertura elettrica, video-citofono e telecomando di apertura collegati con l’abitazione degli appellati; ha dichiarato la illegittimità della sosta sulla strada utilizzata per l’esercizio della servitù di passaggio; ha compensato tra le parti le spese del giudizio di primo grado, mentre ha posto a carico degli appellati le spese del giudizio di appello; ha confermato nel resto l’impugnata sentenza.

Per la cassazione di questa sentenza C.P. e C. G. hanno proposto ricorso sulla base di un unico articolato motivo; hanno resistito, con controricorso, M.E. e G.P..
Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso, C.P. e C. G. denunciano violazione o falsa applicazione di norme di diritto, e segnatamente degli artt. 1067 e 2697 cod. civ., artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia.

1.1. Sotto un primo profilo, i ricorrenti si dolgono della statuizione di cessazione della materia del contendere relativamente alla domanda avente ad oggetto la richiesta di condanna degli originari attori alla realizzazione della recinzione della strada privata destinata alla servitù di passaggio, rilevando come anche nel giudizio di appello, e pur essendosi dato atto dell’esecuzione della recinzione nelle more del giudizio di primo grado, gli appellanti avessero riproposto nelle proprie conclusioni la richiesta di reiezione della domanda riconvenzionale.

1.2. I ricorrenti censurano poi la sentenza impugnata là dove ha accolto la domanda degli originari attori di collocare un cancello sulla strada destinata all’esercizio della servitù. Una volta eseguita la recinzione, osservano i ricorrenti, la installazione del cancello non avrebbe fatto altro che ostacolare l’esercizio della servitù e non avrebbe arrecato alcun vantaggio al fondo dominante, già protetto per effetto della recinzione.

1.3. Ulteriore censura è rivolta alla statuizione relativa al divieto di sosta sulla strada privata. Non vi era in atti alcuna prova che le automobili raffigurate nelle fotografie prodotte dagli attori fossero di proprietà di essi ricorrenti. In proposito, si rileva che mai nel corso del giudizio vi era stata un’ammissione in tal senso nè era stata offerta la prova che le autovetture di essi ricorrenti fossero state lasciate in sosta nel tratto di strada prospiciente l’abitazione degli attori.

1.4. I ricorrenti censurano, da ultimo, le statuizioni relative alle spese di giudizio, rilevando che nel giudizio di primo grado tutte le domande degli attori erano state rigettate mentre era stata accolta la riconvenzionale. In tale quadro, sostengono i ricorrenti, sarebbe stato violato il principio per cui le spese di giudizio non possono essere poste a carico della parte risultata vittoriosa, anche tenuto conto del limitato accoglimento dei motivi di appello.

2.1. La censura sub 1.1. è infondata.

La Corte d’appello non ha fatto altro che accertare, sulla base delle concordi dichiarazioni delle parti, l’avvenuta esecuzione della recinzione, così come domandato dai convenuti nella loro domanda riconvenzionale. In tale contesto, il fatto che nelle conclusioni degli appellanti fosse ricompressa la richiesta di reiezione della riconvenzionale non vale ad eliminare il dato oggettivo dell’avvenuta realizzazione della recinzione e il venir meno della materia del contendere delle parti su tale punto, rilevando il momento della esecuzione di detta recinzione sul piano delle spese processuale, integrando un aspetto apprezzabile ai fini della valutazione della soccombenza virtuale.

E’ noto, del resto, che la cessazione della materia del contendere si ha per effetto della sopravvenuta carenza d’interesse della parte alla definizione del giudizio, postulando che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l’effettivo venir meno dell’interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito, senza che debba sussistere un espresso accordo delle parti anche sulla fondatezza (o infondatezza) delle rispettive posizioni originarie nel giudizio, perchè altrimenti non vi sarebbero neppure i presupposti per procedere all’accertamento della soccombenza virtuale ai fini della regolamentazione delle spese, che invece costituisce il naturale corollario di un tal genere di pronuncia, quando non siano le stesse parti a chiedere congiuntamene la compensazione delle spese (Cass., n. 10553 del 2009).

Nel caso di specie, dunque, correttamente la Corte d’appello, sull’incontestato fatto sopravvenuto, consistente nella realizzazione della recinzione oggetto della domanda riconvenzionale, ha dichiarato cessata la materia del contendere su detta domanda, dovendo ogni residua questione sul punto essere apprezzata unicamente in sede di regolamentazione delle spese processuali tra le parti.

2.2. La seconda censura è del pari infondata.

La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui In tema di servitù di passaggio, rientra nel diritto del proprietario del fondo servente l’esercizio della facoltà di apportare modifiche allo stesso ed apporvi un cancello per impedire l’accesso ai non aventi diritto, pur se dall’esercizio di tale diritto possano derivare disagi minimi e trascurabili al proprietario del fondo dominante in relazione alle pregresse modalità di transito. Ne consegue che, ove non dimostrato in concreto dal proprietario del fondo dominante al quale venga consegnata la chiave di apertura del cancello l’aggravamento o l’ostacolo all’esercizio della servitù, questi non può pretendere l’apposizione del meccanismo di apertura automatico con telecomando a distanza, o di altro similare rimedio, peraltro in contrasto col principio servitus in facendo consistere nequità (Cass. n. 6513 del 2003). E’ appena il caso di osservare, poi, che spetta al giudice di merito stabilire quali misure, in concreto, risultino più idonee a contemperare l’esercizio dei due diritti (quello di chiusura del fondo servente e quello di libero e comodo esercizio della servitù da parte del proprietario del fondo dominante) avuto riguardo al contenuto specifico della servitù, alle precedenti modalità del suo esercizio, allo stato e configurazione dei luoghi (Cass. n. 15977 del 2001; Cass. n. 15796 del 2002; Cass. n. 21613 del 2004).

Accertamento, quest’ultimo, svolto dalla Corte d’appello e sorretto da motivazione immune dai denunciati vizi.

2.3. E’ invece fondata la terza censura mossa dai ricorrenti alla sentenza impugnata.

La Corte d’appello ha infatti accolto la domanda proposta dagli originar attori per far dichiarare la illegittimità della sosta dei veicoli lungo la strada utilizzata per l’esercizio della servitù di passaggio unicamente sul rilievo della ammissione, da parte dei convenuti, dell’avvenuta sosta dei loro autoveicoli su detta strada.

Al contrario, una simile ammissione è contrastata dagli appellati, i quali hanno dedotto di non avere mai ammesso che automezzi di loro proprietà o diretti alla loro abitazione, avessero occupato la parte di strada prospiciente l’abitazione degli appellanti, e non emerge dalla comparsa di costituzione in appello, cui si fa cenno nella sentenza impugnata.

Si deve solo aggiungere che dall’esame degli atti, al quale il Collegio può procedere in considerazione della puntuale affermazione contenuta nella sentenza impugnata e della specifica contestazione a tale affermazione mossa dai ricorrenti, emerge che in effetti non trova riscontro la affermata non contestazione della sosta da parte degli appellati, avendo invece gli appellati contestato la fondatezza della deduzione avversaria ed essendosi limitati a riferire che il giudice di primo grado aveva ritenuto superflue le prove richieste dagli attori in quanto, anche ammettendo, in ipotesi, che possano essere accadute le circostanze dedotte da controparte, le stesse non hanno una rilevanza tale da integrare un esercizio non conforme del diritto alla servitù da parte del fondo dominante, tale da giustificare la proposta domanda.

2.4. L’accoglimento del terzo motivo comporta l’assorbimento della censura concernente il regime delle spese del giudizio.

3. In relazione alla censura accolta, quindi, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per nuovo esame del motivo concernente la reiezione della domanda volta a far dichiarare l’inesistenza del diritto dei convenuti a sostare con le proprie autovetture sulla strada destinata all’esercizio della servitù di passaggio, e alla regolamentazione delle spese di lite, ivi comprese quelle del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso; accoglie il terzo, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

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