Cons. Stato Sez. V, Sent., 29-03-2011, n. 1911 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società P.C. s.r.l., che aveva partecipato alla gara indetta dal Consorzio della Bonifica Reatina per l’appalto dei lavori di sistemazione idraulica del fiume Salto in località Grotti – Comune di Borgorose, con ricorso notificato il 26 febbraio 2010 ha impugnato la deliberazione consortile n. 13 dell’11 febbraio 2010 di aggiudicazione definitiva dei predetti lavori alla costituenda A.T.I. tra l’impresa edile P.R. e la GE.SA.CO s.r.l. unipersonale artigiana, lamentandone l’illegittimità alla stregua di tre motivi ("violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis del bando di gara in combinato disposto con l’art. 37, comma 13, d. lgs. 163/2006; omessa indicazione delle quote di partecipazione al raggruppamento"; "violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1, D.P.R. 34/2000"; "violazione e falsa applicazione dell’art. 77, r.d. 827/1924") e chiedendo il risarcimento del danno per equivalente.

Con motivi aggiunti notificati il 12 marzo 2010 la predetta società ha chiesto l’annullamento della successiva deliberazione n. 1/P del 9 marzo 2010, con cui il Consorzio di Bonifica Reatina, avendo riscontrato delle irregolarità procedurali (in ordine alla omessa indicazione delle quote di partecipazione delle singole imprese ad alcuni raggruppamenti temporanei concorrenti, tra qui quello aggiudicatario), aveva annullato in autotutela la delibera di aggiudicazione definitiva della gara, disponendo la rinnovazione degli atti di gara a partire dalla fase dell’esame delle offerte ammesse, consentendo a quei raggruppamenti di integrare la documentazione mancante: l’impugnativa è stata imperniata sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis del bando di gara in combinato disposto con l’art. 37 del d. lgs. 163/2006.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. III ter, con la sentenza n. 35964 del 9 dicembre 2010, nella resistenza dell’intimato Consorzio e dell’impresa Edile P.R., in proprio e quale capogruppo dell’A.T.I. aggiudicataria, ha dichiarato improcedibile il ricorso principale per sopravvenuta carenza di interesse, a causa dell’annullamento in autotutela dell’impugnato provvedimento, respingendo i motivi aggiunti e la domanda risarcitoria.

In sintesi, secondo il predetto tribunale, la mancata indicazione delle quote di partecipazione delle imprese partecipanti ad alcuni raggruppamenti concorrenti, tra cui quello aggiudicatario, non era ascrivibile ai concorrenti, ma solo alla stessa amministrazione ed in particolare alle equivoche e contraddittorie disposizioni della lex specialis (art. 10 bis e 11, punto 3.4., dichiarazione prevista nell’allegato E, del bando di concorso), dovendo pertanto considerarsi legittima la integrazione documentale consentita dall’amministrazione appaltante, sia in ragione di una ragionevole interpretazione sostanzialistica delle disposizioni della lex specialis, fondata sulla tutela dell’affidamento di buona fede da queste ingenerata nei concorrenti (in particolare sul fatto che la indicazione delle quote andasse fatta successivamente all’atto dell’effettiva costituzione del raggruppamento), sia ragione dei notori principi di correttezza dell’azione amministrativa: il che escludeva la fondatezza della richiesta di esclusione dalla gara dell’A.T.I. aggiudicataria, come invocato dalla società ricorrente.

3. Quest’ultima con atto di appello notificato a mezzo del servizio postale il 21 dicembre 2010 ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua di due motivi di gravame, il primo rubricato "violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis del bando di gara" ed il secondo "violazione e falsa applicazione art. 37 D. Lgs. 163/2006", attraverso cui, riproponendo in sostanza i motivi di doglianza sollevati in primo grado, ha rilevato che, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, l’obbligo di indicare le quote di partecipazione delle singole imprese ai raggruppamenti temporanei concorrenti, chiaramente contenuto nell’articolo 10 bis del bando di gara e rispondeva peraltro ad un ineludibile obbligo di legge.

4. Ha resistito all’appello il Consorzio della Bonifica Reatina, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone il rigetto, essendo del tutto corretta la sentenza ingiustamente appellata..

5. All’udienza in camera di consiglio dell’8 marzo 2011, informate le parte presenti dell’intenzione della Sezione di decidere immediatamente nel merito l’appello, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L’appello è fondato, dovendosi preliminarmente dare atto che non vi è alcuna contestazione in punto di fatto, essendo pacifico che effettivamente alcuni costituendi raggruppamenti che avevano partecipato alla gara indetta dal Consorzio della Bonifica Reatina non avevano indicato all’atto della partecipazione le quote delle singole imprese che ne facevano parte.

6.1. Orbene, come la Sezione ha già rilevato nell’ordinanza cautelare n. 2681 dell’8 giugno 2010, pronunciata sulla stessa controversia, dalle cui stringate ma convincenti conclusioni non vi è motivo di discostarsi, il bando di gara all’art. 10 bis ("Associazioni temporanee – consorzi tra imprese artigiani, consorzi stabili) al terzo comma prevedeva per le associazioni temporanee, consorzi e G.E.I.E. non ancora costituiti che unitamente alla documentazione doveva essere presentata una dichiarazione (allegato E) sottoscritta dalle stesse imprese che intendevano associarsi, consorziarsi o raggrupparsi, che indicasse, tra l’altro: "c) per le associazioni temporanee, le quote di partecipazione al raggruppamento in relazione alle quali è determinata la percentuale dei lavori che ciascuna impresa deve eseguire".

La dichiarazione in questione (recante l’impegno irrevocabile alla costituzione di associazione temporanea di imprese/consorzio occasionale) di cui all’allegato E della lex specialis non contiene in realtà alcun elemento di equivocità o contraddittorietà o di dubbio rispetto alla ricordata disposizione dell’art. 10 bis (e più in generale rispetto all’obbligo di indicare la percentuale dei lavori che ciascuna impresa deve eseguire), comportando piuttosto un ulteriore impegno (rispetto a quello originario di indicare le predette percentuali in sede di presentazione della domanda di partecipazione alla gara) "a non modificare la composizione dell’associazione temporanea da costituirsi sulla base del presente impegno ed a perfezionare in tempo utile il relativo mandato indicando nel medesimo atto la quota di partecipazione di ciascuna impresa al raggruppamento in conformità ai requisiti indicati ed eventualmente comprovati in sede di gara, e ad eseguire i lavori nella percentuale corrispondente alla predetta quota, ai sensi dell’art. 93, comma 4, del D.P.R. n. 554/99".

6.2. Del resto non vi è dubbio che l’obbligo di indicare la percentuale dei lavori da eseguire discende direttamente dalla legge (art. 37, comma 13, del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163), dovendo, per un verso, sussistere perfetta corrispondenza tra quota dei lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento ed essendo pertanto necessario che la quota di partecipazione debba essere stabilità e manifestata dai componenti del raggruppamento all’atto stesso della partecipazione, atteggiando detta indicazione come un indispensabile requisito di ammissione alla gara (C.d.S., sez. V, 28 settembre 2009, n. 5817; 7 maggio 2008, n. 2079).

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7. Sulla scorta di tali osservazioni è da ritenersi illegittimo l’operato dell’amministrazione appaltante, atteso che effettivamente l’A.T.I. aggiudicataria, che pacificamente non aveva indicato le quote percentuali dei lavori da eseguire dalle singole imprese che ne facevano parte, doveva essere esclusa dalla gara stessa, non potendo neppure ammettersi una integrazione successiva della indicazione mancante.

L’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e accoglimento sia del ricorso principale che dei motivi aggiunti proposti dalla società P.C. s.r.l., mentre la Sezione non può pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta in primo grado, ma non riproposta in sede di appello.

La peculiarità della controversia giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla società P.C. s.r.l. avverso la sentenza n. 35964 del 9 dicembre 2010 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. III ter, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della stessa, accoglie il ricorso principale proposto e i motivi aggiunti proposti in primo grado dalla stessa società P.C. s.r.l. ed annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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