Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-03-2011) 01-04-2011, n. 13414 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del giorno 11.5.2010 la Corte d’Appello di Torino, in funzione di G.E. respingeva l’istanza di applicazione della disciplina del reato continuato, formulata da B.M., relativamente ai reati di cui alle condanne riportate con sentenze Gup Tribunale di Torino 17.5.2006 e Corte d’appello di Torino 29.10.2008, per reati in materia di stupefacente, sul presupposto che, – pur trattandosi di reati omogenei -, una notevole distanza temporale li divideva e soprattutto risultavano commessi con soggetti diversi, circostanza quest’ultima, significativa della occasionalità della devianza, piuttosto che di una progettualità. Escludeva la Corte che l’unicità di disegno criminoso debba essere desunta solo sulla base della identità di reati, occorrendo invece che trovi dimostrazione in specifici elementi dimostrativi della ispirazione ad un’unica determinazione, che nel caso di specie era del tutto carente, avendosi riguardo a due fatti di reati commessi dall’istante del tutto estemporaneamente, associandosi con chi di volta in volta si presentò e con cui in anticipo non fu previsto di concorrere in azioni delittuose.

2. Avverso detta ordinanza, ha interposto ricorso per Cassazione l’interessato personalmente, per dedurre erronea applicazione dell’art. 81 c.p., essendo a suo dire apprezzabili, contrariamente a quanto sostenuto dalla corte d’appello di Torino, gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso, quali le modalità delle condotte, la sistematicità e le abitudini di vita, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo;

l’intervallo di tempo che divide i due reati è di soli nove mesi, trattasi di violazioni sempre della legge in materia di stupefacenti, con le caratteristiche tipiche dello spaccio di strada, non è detto che il soggetto non si sia rappresentato ab origine la consumazione di reati con soggetti differenti, in base ad un programma di massima, con il che viene chiesto l’annullamento dell’ordinanza.

3. Il PG ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso, essendo stati valutati correttamente gli indici ostativi al riconoscimento della continuazione ed in particolare correttamente è stato valorizzato il dato della occasionalità ed estemporaneità delle condotte.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e come tale inammissibile. E’ principio consolidato della corte di legittimità che in tema di reato continuato, tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo e che attraverso la constatazione di anche soltanto alcuni di detti indici – purchè siano pregnanti e idonei ad essere privilegiati in direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione – il giudice deve accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni, Correttamente la corte territoriale ha opinato nel senso che per aversi unicità del disegno criminoso, occorre che in esso risultino ricomprese le diverse azioni od omissioni sin dal primo momento e nei loro elementi essenziali, nel senso che, quando si commette la prima azione, già si sono deliberate tutte le altre, come facenti parte di un tutto unico. Le singole condotte, quindi, devono essere ricollegate ad un’unica previsione, di cui i diversi reati costituiscano la concreta realizzazione, cosicchè i fatti successivamente commessi devono essere delineati fin dall’inizio nelle loro connotazioni essenziali, non potendo identificarsi il requisito psicologico indicato nell’art. 81 c.p. con un generico programma delinquenziale. Tale situazione non veniva ritenuta ricorrere nel caso esaminato, in cui i fatti erano connotati da occasionalità, secondo una disamina corretta dei dati di fatto disponibili.

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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