Cons. Stato Sez. IV, 06-07-2010, n. 4329 AVVOCATO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 5881 del 2009, il Ministero della giustizia proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 1180 del 15 maggio 2009 con la quale era stato accolto il ricorso proposto da M.A.D. per l’annullamentodel verbale di adunanza del giorno 18.05.2008, della sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Milano per la sessione 2007 nella parte in cui ha attribuito alle prove scritte del ricorrente il punteggio complessivo di 85, inferiore a quello di punti 90 necessario per l’ammissione alle prove orali; dell’atto di esclusione del ricorrente dalle prove orali dell’esame d’avvocato, non conosciuto e con espressa riserva di proporre motivi aggiunti; dell’atto di ammissione alle prove orali dei candidati, pubblicato per affissione in data 11.06.2008 presso la Corte di Appello di Bari, nella parte in cui non contiene il nominativo della ricorrente; della scheda afferente il giudizio sugli elaborati scritti della ricorrente; nonché per l’accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere l’attribuzione di maggior punteggio previo riesame di tutte le prove scritte, alla luce dei motivi di ricorso, così da ottenere un punteggio non inferiore a 90; del diritto della ricorrente ad essere ammessa, con riserva, alle prove orali dell’esame -sessione 2007- per l’iscrizione nell’Albo degli Avvocati.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso di aver partecipato, compiuto il periodo di praticantato, alla sessione 2007 degli esami avvocato sostenendo le prove scritte presso la Corte d’Appello di Bari.

La ricorrente, i cui elaborati sono stati corretti dalla sottocommissione insediata presso la Corte d’Appello di Milano, aveva avendo ottenuto nella I^ prova 27, nella II^ 28 e nella III^ 30, per un punteggio complessivo di 85, non conseguendo l’ammissione alla prova orale.

La ricorrente proponeva quindi ricorso davanti al T.A.R. pugliese che, con ordinanza n. 576/2008, accoglieva l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente. A seguito di appello, il Consiglio di Stato Sezione IV, con ordinanza n. 6368/08, accoglieva il gravame e respingeva definitivamente l’istanza cautelare di che trattasi.

All’udienza del 16 aprile 2009, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le doglianze, sulla base di una ricostruzione del meccanismo procedimentale in due fasi distinte e in relazione alla violazione dei criteri imposti dalla stessa commissione.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenziava l’erroneità del giudizio, fondato su una non condivisibile ricostruzione della vicenda e delle attribuzioni delle commissioni di concorso.

Sospesa interinalmente l’efficacia della sentenza con decreto presidenziale inaudita altera parte del 13 luglio 2009, all’udienza del 29 luglio 2009, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 3913/2009.

Alla pubblica udienza del giorno 11 maggio 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. – La sentenza gravata fonda la sua decisione su due elementi: in primo luogo, ricostruisce il procedimento della correzione per gli elaborati nell’ambito dell’esame per avvocato in due diverse fasi, facendo derivare da questo profilo strutturale un’omissione dell’obbligo di verbalizzazione; in secondo luogo, evidenzia la violazione del vincolo autoimpostosi dalla commissione esaminatrice, nella predisposizione dei criteri di correzione, per l’assenza di segni o indicazioni grafiche e per il mancato rispetto dei citati criteri.

Entrambe le ragioni non hanno fondamento, e devono essere censurate.

3. – Sotto il primo profilo, afferma il giudice di prime cure, facendo riferimento ad un proprio orientamento (T.A.R. Puglia Bari Sez. II n. 2398/08 del 28.10.08) che non risulta aver avuto seguito in nessun altro ufficio giudiziario ed è stato peraltro ritenuto non condivisibile da parte di questa Sezione, che l’art. 23 comma 3 del R.D. 37/11180 "con specifico e puntuale riferimento all’esame di avvocato, prevede una articolazione del procedimento in due fasi: una prima fase di lettura e correzione ed una seconda e distinta fase di giudizio e valutazione. Tali fasi, logicamente distinte, devono necessariamente trovare riscontro nell’ambito dell’attività di verbalizzazione da parte della commissione esaminatrice. Proprio nella verbalizzazione risiede l’unica possibile prova del rispetto delle fasi del procedimento così come delineato dal citato art. 23 co. 3 R.D. n. 37/11180".

Si afferma cioè che, sussistendo un’articolazione logica del giudizio in due momenti distinti, ne consegue ("necessariamente") un obbligo di verbalizzazione parimenti articolato e aderente a tale struttura bifasica.

La Sezione ritiene che il metodo usato, prima ancora i risultati conseguiti, sia del tutto inapplicabile e foriero di errori. Infatti, in disparte la possibilità stessa di utilizzare meccanismi di logica formale in un contesto non strutturato come quello giuridico, non è dato capire come mai dalla possibile frammentazione dell’attività della commissione in più fasi (che teoricamente potrebbero essere anche più delle due indicate dal T.A.R.) sorga un obbligo di verbalizzazione separata. Il testo normativo afferma, infatti, che: "All’esito delle operazioni di correzione degli elaborati, il presidente della Corte di appello individuata ai sensi dell’articolo 15, commi quarto e quinto, riceve dai presidenti delle sottocommissioni di cui all’articolo 22, comma 4, del regio decretolegge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 11180, n. 36, e successive modificazioni, le buste contenenti gli elaborati, i relativi verbali attestanti le operazioni di correzione e i giudizi espressi, e ne dispone il trasferimento alla Corte di appello di appartenenza dei candidati, presso la quale ha luogo la prova orale. Il trasferimento è effettuato con le modalità indicate nei commi precedenti".

Come si nota, mentre la detta norma non prende posizione in merito agli obblighi di verbalizzazione, dall’intero contesto normativo emergono indicazioni contrastanti con la ricostruzione operata dal giudice di prime cure, proprio perché i dati ermeneuticamente rilevanti vanno colti all’interno dello stesso regio decreto 22 gennaio 11180, n. 37. In effetti, poiché l’attività di verbalizzazione ha una sua autonoma valenza, attribuendo valore fidefaciente al contenuto espresso, non è possibile immaginare che questa debba essere segmentata a seconda delle possibili ricostruzioni del procedimento. Ecco quindi che il legislatore prevede una verbalizzazione per fasi nelle circostanze esplicitamente indicate, come nell’art. 22 comma 6, nell’art. 24 comma 2 o nell’art. 26 comma 2. Mentre introduce una norma di chiusura, di cui all’art. 30, che impone un’unica verbalizzazione delle "operazioni attinenti allo svolgimento degli esami".

Come si vede, l’argomento logico utilizzato dal T.A.R. prova troppo (e le conseguenze erronee di tale modus operandi si vedranno in relazione alla seconda ragione della sentenza, dove si assiste invece all’operazione inversa), sovrapponendo ad una ricostruzione delle scansioni procedimentale un obbligo di documentazione che non ha riscontro nella volontà del legislatore. Non vi è quindi alcuna specularità tra momenti del procedimento, comunque ricostruiti, e oneri di documentazione, atteso che questi ultimi ricevono una espressa disciplina all’interno della norma in esame.

La ricostruzione operata dal T.A.R. va quindi decisamente respinta.

4. – Nel secondo caposaldo della decisione, il giudice di primo grado ha dapprima ricostruito i fatti a monte delle operazioni di correzione e poi, nuovamente, dedotto l’esistenza di un vizio di illegittimità.

Ha, infatti, notato come la Commissione per l’esame di avvocato sessione 2007, con verbale n. 2 del 20.12.2007, avesse approvato all’unanimità i criteri direttivi per la correzione degli elaborati scritti ai sensi della legge 180/2003. Dall’esame del predetto verbale, trasmesso a tutti i presidenti delle sottocommissioni, per la loro qualità di coordinatori delle stesse e di garanti della legalità del loro operato, ha enucleato alcuni aspetti, ed in particolare ha sottolineato come: "la stessa Commissione, tra l’altro,… invita ad indicare sull’elaborato il punto o i punti che eventualmente si ritengano non conformi alla direttive sopraindicate… sollecita le sottocommissioni ad attenersi ai predetti criteri", prevedendo inoltre come ciascuna sottocommissione trasmetta "alla commissione centrale… copia del verbale della riunione nella quale saranno esaminati e recepiti i criteri valutativi sopra riportati ed assunti come riferimento per l’assegnazione del punteggio".

Riscontrato quindi che tali direttive non erano state rispettate, ha ritenuto che nella specie fosse presente "non già vizio di motivazione, bensì quello di eccesso di potere per contraddittorietà rispetto a precedenti atti e provvedimenti della stessa Commissione, di carattere vincolante, atteso che gli elaborati scritti in atti evidenziano la pressoché totale assenza di segni e indicazioni grafiche e il mancato rispetto di tutti i criteri di correzione, difetto corroborato dalla totale assenza di specifica verbalizzazione così come già sopra evidenziato".

Anche la suddetta argomentazione non convince.

L’articolo 22 del regio decretolegge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 11180, n. 36, e come modificato dall’art. 1 bis del decreto legge 21 maggio 2003 n.112 (convertito, con modificazioni, in legge 18 luglio 2003, n. 180) prevede che: "La commissione istituita presso il Ministero della giustizia definisce i criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali e il presidente ne dà comunicazione alle sottocommissioni".

Orbene, l’illegittimità a cui fa riferimento il T.A.R., ossia la mancata annotazione a margine degli elaborati di "segni e indicazioni grafiche" nonché la mancata "specifica verbalizzazione" del rispetto di tutti i criteri di correzione non è elemento che attiene all’ambito normativo sopra indicato. Infatti (ed è singolare che in questo caso l’acume analitico del giudice di prime cure non sia stato all’altezza della disamina effettuata in precedenza) gli aspetti di cui si critica la mancanza non sono relativi ai criteri di correzione, ma ancora una volta alla loro verbalizzazione ed esternazione. Ossia, si verte in un ambito in cui la commissione valutatrice non ha alcuna attribuzione, visto che ha solo il dovere di definire il metro di giudizio, mentre l’ambito in cui ricade la mancanza notata dal T.A.R. è diverso, ed è il complesso delle disposizioni in tema di documentazione delle attività di correzione, già sopra esaminato, in cui valgono solo le previsioni normative prima richiamate.

Non può pertanto ritenersi, come ha fatto il T.A.R., che la violazione di un obbligo ulteriore ed aggiuntivo di verbalizzazione, previsto ultra vires dalla commissione, ossia da un organo straordinario dell’amministrazione, e quanto meno praeter legem, possa tramutarsi in una violazione dei criteri di correzione, atteso lo iato concettuale che passa tra l’attività di giudizio e la sua rappresentazione. È invece vero che gli obblighi di legge in materia, ossia gli obblighi di verbalizzazione più sopra ricordati, sono stati espressamente rispettati anche in assenza di un’annotazione ai margini degli esiti del giudizio e senza un’espressa indicazione del rispetto dei criteri di correzione. In sintesi, l’operato dell’amministrazione è stato conforme a legge, facendo così venire meno la violazione della normativa sulla quale è stata fondata la censurata presenza di un vizio di eccesso di potere.

5. – L’appello va quindi accolto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla singolarità della questione come sottoposta a questa Sezione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie l’appello n. 5881 del 2009 e per l’effetto in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 1180 del 15 maggio 2009, respinge il ricorso di primo grado;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – con la partecipazione dei signori:

Gaetano Trotta, Presidente

Pier Luigi Lodi, Consigliere

Armando Pozzi, Consigliere

Sergio De Felice, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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