Cons. Stato Sez. IV, 06-07-2010, n. 4328 EDILIZIA E URBANISTICA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Propone impugnazione il sig. G.N. per ottenere la revocazione della sentenza in epigrafe ravvisandovi errore di fatto ex n.4 dell’ art.395 c.p.c., avendo il giudice della sentenza revocanda omesso di esaminare la nota inoltrata in data 18 aprile 2007 al Comune di Foggia, contenente atto di diffida a provvedere sull’istanza di rilascio del permesso di costruire un complesso turisticoricettivo, la cui presentazione è stata attribuita al sig. Raffaele Casalanguida, oggi defunto e del quale l’appellante si dichiara erede.

Resiste il Comune di Foggia che chiede il rigetto dell’impugnazione

La parte ricorrente ha depositato memoria.

All’udienza odierna il ricorso è stato trattenuto in decisione.

L’avverso ricorso è anzitutto inammissibile.

Questa Sezione, con le sentenze 25 marzo 2005, n. 1328 e 27 dicembre 2004, n. 8203, ha già fissato chiaramente i presupposti per l’ammissibilità della revocazione per errore di fatto "revocatorio", assenti, invero, nella fattispecie in esame.

L’errore di fatto "revocatorio", idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi dell’art. 81 n. 4 del R.D. 17 agosto 1907 n. 642 e dell’art. 395 n. 4 c.p.c., deve invero rispondere a tre distinti ma necessariamente compresenti requisiti, vale a dire:

"… a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso o inesistente un fatto documentalmente provato;

b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;

c) infine, essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare".

Altimenti detto, l’errore di fatto "revocatorio" deve, oltre che consistere nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa, essere decisivo e non cadere su di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, presentare i caratteri della evidenza e della obiettività".

In breve, della questione di fatto non deve essersi mai discusso, in giudizio e ciò deve aver influito sul suo esito.

A sua volta, nella sentenza oggetto di revocazione, deve risultare una verità giuridicamente rilevante contraria ad essa.

E, invero,come insegna la Cassazione civile nella propria giurisprudenza a cui le citate sentenza di questa Sezione sono ispirate: "L’errore di fatto previsto dall’art. 395, numero 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa; esso si configura quindi in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività; ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logicogiuridico" (ed invero enunciando il principio di cui in massima, la S.C., confermando la sentenza impugnata, ha escluso che costituisse un errore di percezione, suscettibile di costituire motivo di revocazione, la valutazione compiuta dal giudice di merito circa l’inidoneità delle espressioni utilizzate dalla parte a configurare un valido disconoscimento della scrittura privata di fideiussione) (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 19/06/2007).

In conclusione, "L’errore di fatto, previsto dall’art. 395, numero 4, cod. proc. civ., idoneo a determinare la revocabilità delle sentenze, comprese quelle della Corte di cassazione, deve risolversi esclusivamente in un vizio di assunzione del "fatto" che può consistere nel contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice, quali la sentenza impugnata o gli atti di parte, e non in errori di criterio nella valutazione ed interpretazione del fatto, che attengano, cioè, alla valutazione degli atti sottoposti al controllo del giudice, i quali siano stati correttamente percepiti, configurandosi l’errore, in tali casi, in un vizio di ragionamento sui fatti assunti o in un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali qualificabile come errore di giudizio, quando i fatti segnalati abbiano formato oggetto di esatta rappresentazione e poi di discussa valutazione" (Cass. Sez. 5. Sentenza n. 2478 del 06/02/2006).

Tanto premesso, è sufficiente porre mente al contenuto della decisione oggetto del ricorso per revocazione qui in esame, per concludere che l’aspetto posto a base di quest’ultimo non è stato affatto ignorato determinando un effetto decisivo sull’esito della decisione stessa.

Invero, dalla sentenza revocanda, sul punto posto in discussione dal ricorrente, non emerge che l’esito del giudizio sarebbe stato diverso se il giudice avesse tenuto conto degli errori rilevati dalla parte.

Tali ritenuti errori riguardano;

il primo, l’aver il giudice indicato nel "FATTO" della sentenza impugnata, come proponente della diffida notificata in data 18 aprile 2007 al Comune di Foggia, il sig Casalanguida e non il ricorrente sig N.;

– il secondo, l’aver il giudice ignorato l’esistenza di tale atto di diffida ai fini, sicuramente rilevanti, del rapporto conseguentemente instauratosi tra il sig. N. ed il Comune di Foggia.

Si sarebbe quindi verificato il subentro, come già sostenuto in primo grado, del sig. N. nel preesistente rapporto instauratosi tra l’ente ed il sig Casalanguida.

Deve tuttavia osservare la Sezione al riguardo che l’argomento in virtù del quale il gravame è stato rigettato s’appunta proprio sull’inesistenza di un rapporto tra il sig. N. ed il Comune di Foggia ex l.r. n.34 del 1994.

Quest’ultima legge regionale ha ad oggetto la disciplina degli accordi di programma finalizzati alla realizzazione di strutture turistico ricettive ed è stata successivamente abrogata integralmente dalla legge regionale n.3 del 2004, pubblicata sul B.U.R. n.30 del 15 marzo 2004.

In tal guisa, il giudice della sentenza impugnata si è orientato per l’inapplicabilità al N. della disciplina transitoria di cui agli art.1 e 2 (comma secondo) della medesima legge regionale abrogatrice n.3 del 2004, a tenore dei quali, i rapporti sorti, "ancorchè non definiti" nel periodo di vigenza delle abrogate disposizioni della l.r.n.34, rimanevano disciplinati da queste ultime.

In altri termini, il giudice della sentenza impugnata ha escluso che fosse intervenuto un rapporto tra il sig. N. ed il Comune di Foggia, prima che entrassero in vigore le nuove norme regionali abrogatrici della disciplina riguardante gli accordi di programma riguardanti interventi in zone agricole.

Cosicchè il ricorrente non è stato ritenuto nella condizione, in particolare ex l’art.2 comma secondo l.r. n.3/2004, per invocare l’ultrattività delle norme abrogate.

Quese ultime venivano richiamate dal Casalanguida per la realizzazione, mediante accordo di programma, di un complesso turistico -ricettivo, su area destinata dal vigente PRG a "verde agricolo", in ordine al quale il richiedente aveva già ottenuto l’assenso preventivo del Comune di Foggia per effetto della deliberazione n.139/2004..

In ragione di ciò l’Ente aveva a sua volta richiesto alla Regione la definizione di detto accordo di programma ai sensi dell’art.34 del d.lgs. n.267/2000.

In quest’ambito, il giudice della sentenza impugnata ha tuttavia precisato che neppure la nota del 23 luglio 2004, inviata al Comune di Foggia, poteva essere utilmente invocata dal sig. N. ai fini della citata disciplina transitoria, trattandosi di sollecito inviato dal Casalanguida al quale il primo era rimasto dunque del tutto estraneo.

Dunque, nel vigore della predetta legge regionale n.34 citata, il rapporto con il Comune di Foggia era intercorso soltanto con quest’ultimo.

Da quanto precede è quindi del tutto evidente che la nota del 18 aprile 2007 su cui si fonda l’impugnazione all’esame, è stata, sia pure implicitamente, valutata dal giudice della sentenza impugnata e considerata oggettivamente ininfluente in ordine alla documentazione comprovante il subentro del N., quale erede del Casalanguida, nella posizione procedimentale rivestita da quest’ultimo nei confronti del Comune di Foggia.

Ed invero, se l’antecedente nota del 23 luglio 2004 è stata riconosciuta ai fini in discorso inefficacie, tanto più deve considerarsi tale la nota del 18 aprile 2007, ancorchè inviata dal N. e non dal Casalanguida, posto che sotto tale data è del tutto irrilevante,alla luce delle leggi regionali citate, che un rapporto sia sorto tra il primo e il Comune di Foggia.

Nell’insussistenza dell’errore revocatorio invocato in base alle considerazioni che precedono, il ricorso in esame non supera la fase rescindente, con la conseguenza che ne va ribadita l’inammissibilità..

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, Sezione quarta giurisdizionale, respinge il ricorso per revocazione in epigrafe.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese della lite che si liquidano in complessivi euro 4.000,00.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2010 con l’intervento dei Signori:

Paolo Numerico, Presidente

Pier Luigi Lodi, Consigliere

Armando Pozzi, Consigliere

Vito Poli, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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