Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-06-2011, n. 14142

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Coop.a rl. Giacomo Leopardi adiva, ex art. 700 c.p.c., il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per ottenere il rilascio di un appartamento da essa assegnato in via provvisoria a Ca.

E., deducendo che, con propria Delib. 6 febbraio 1999, il predetto socio, in quanto inadempiente e fallito,era stato escluso dalla cooperativa con conseguente obbligo di rilascio dell’immobile di cui era stato assegnatario.

Con provvedimento del 31/3/2000 veniva accolta la predetta richiesta ed eseguito coattivamente il rilascio.

La Cooperativa provvedeva ad iniziare il giudizio di merito.

Rimaneva contumace il Ca..

Interveniva in giudizio C.G., deducendo il difetto di legittimazione passiva del Ca., avendogli questo ceduto la quota di partecipazione alla cooperativa come comunicato alla stessa cooperativa attrice, che aveva anche accettato la cessione ed iscritto lo stesso interventore come socio per cui del tutto priva di fondamento era la delibera di esclusione del Ca. del 1999;

conseguentemente il C. chiedeva la restituzione dell’immobile ed i danni.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza dell’anno 2003, rigettava la domanda attrice e condannava la Cooperativa a restituire all’interventore l’immobile.

Avverso tale decisione, con atto notificato il 4/10/04, proponeva appello la Cooperativa.

Si costituiva il C., deducendo l’infondatezza del gravame.

Rimaneva contumace il Ca..

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza 1425/06, rigettava il gravame.

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la cooperativa Leopardi sulla base di due motivi cui resiste con controricorso il C..
Motivi della decisione

Al ricorso per cassazione in questione devono essere applicate le disposizioni di cui al capo 1 del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006) e, per quel che ne occupa, quella contenuta nell’art. 366 bis c.p.c., alla stregua della quale l’illustrazione del motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, nn. 1-2-3-4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto; mentre per l’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorso deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione per cui la relativa censura; in altri termini deve cioè contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. (Cass. sez. un. 20603/07).

Inoltre, ai sensi dell’art 366 n. 6 epe , il ricorso deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali si fonda.

Nel caso di specie d ricorso non contiene alcuna formulazione di quesito di diritto in ordine alle questioni sollevate.

Il ricorso va in conclusione dichiarato inammissibile.

Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2.000,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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