Cons. Stato Sez. IV, 06-07-2010, n. 4326 AMMINISTRAZIONE PUBBLICA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 2136 del 2010, C.R.C. proponeva giudizio per l’ottemperanza alla decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, n. 3513 del 14 luglio 2008.

Con la decisione ottemperanda, questa Sezione aveva esaminato gli appelli proposti avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione prima, n. 2313/2008, con cui erano stati respinti i ricorsi (iscritti rispettivamente ai nn. 9595/2007, 9877/2007 e 791/2008) proposti dai dott.ri C.R.C., Vitaliano Esposito ed A.S. contro la deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura (C.S.M.) in data 18 ottobre 2007, concernente la nomina del dott. G.P. a Procuratore Generale Aggiunto della Corte di Cassazione, nonché, anche con successivi motivi aggiunti, avverso il conseguente d.P.R. in data 30 ottobre 2007, che ha recepito tale deliberazione.

A seguito del giudizio, questa Sezione, esaminati i distinti appelli, le costituzioni sia del Ministero della Giustizia che del C.S.M., come pure gli appelli incidentali proposti, decideva nel senso di respingere l’appello incidentale proposto dal privato controinteressato; accogliere gli appelli principali e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accogliere i corrispondenti ricorsi di primo grado, dichiarando improcedibile ogni altra censura degli stessi non espressamente esaminata; dichiarare improcedibile l’appello incidentale proposto dal dott. Esposito nei ricorsi R.G. n. 3487/08 e n. 3521/08.

Nei limiti indicati dalla decisione, gli appelli principali venivano ritenuti fondati poiché la disamina del procedimento di selezione svoltosi dinanzi al C.S.M. aveva evidenziato l’esistenza di una pluralità di vizi logici e valutativi, che si erano tramutati in un ingiustificato giudizio di prevalenza nei confronti del controinteressato. Pertanto, con la sentenza ottemperanda, questa Sezione riteneva illegittima, annullandola, la fase istruttoria di valutazione del profilo comparativo del dott. Palombarini sfociata nella proposta poi approvata dal Plenum, sottolineando anche come tale esito comportasse "la regressione del procedimento a tale fase, con conseguente travolgimento dei pure impugnati atti susseguenti (deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura in data 18 ottobre 2007, concernente la nomina del dott. G.P. a Procuratore Generale Aggiunto della Corte di Cassazione, nonché il conseguente d.P.R. in data 30 ottobre 2007, che ha recepito tale deliberazione)".

Al fine di conseguire l’ottemperanza a quanto statuito, il dott. C.R.C. ed il dott. A.S., già appellanti vittoriosi, proponevano distinti ricorsi dinanzi alla Sezione, ricorsi che venivano riuniti e giudicati con la decisione n. 2069 del 31 dicembre 2009. Valutando il nuovo operato del C.S.M. la Sezione evidenziava come la riedizione dell’attività amministrativa, culminata con la delibera del plenum del C.S.M. del 5 febbraio 2009, che disponeva nuovamente il conferimento al dott. G.P. del posto vacante di Procuratore Generale Aggiunto presso la Corte di Cassazione, fosse di fatto afflitta dagli stessi vizi della delibera precedente, in quanto si trattava di un provvedimento in larga misura riproduttivo della precedente delibera annullata, di cui riprendeva nella sostanza e spesso anche nella forma i passaggi motivazionali già in precedenza posti a base della ritenuta prevalenza del dott. Palombarini.

Per tali motivi, la delibera del 5 febbraio 2009 veniva considerata come non correttamente attuativa del giudicato riveniente dalla decisione nr. 3513 del 2008, e veniva imposto alle amministrazioni intimate "di porre in essere tutti gli atti necessari per la corretta ottemperanza al giudicato in questione, attraverso una ulteriore rinnovazione della valutazione comparativa".

Con il ricorso ora in scrutinio, il dott. C. sottoponeva alla Sezione l’ulteriore profilo di mancata ottemperanza, determinato dal fatto che il C.S.M., nella seduta del plenum del 11 febbraio 2010, recependo la proposta della Commissione V del 4 febbraio 2010 e senza acquisire l’ulteriore concerto del Ministero della giustizia, provvedeva nuovamente ad affidare l’incarico in contestazione al dott. Palombarini.

Costituitisi il Ministero della giustizia, il Consiglio superiore della magistratura, nonché il dott. G.P. ed il dott. A.S., il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010.

Motivi della decisione

1. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. – In via preliminare, occorre prendere in esame l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla difesa del dott. Palombarini e fondato sulla circostanza che, in occasione della delibera del plenum del C.S.M. del giorno 11 febbraio 2010, sulla quale si appuntano le censure del ricorrente principale e dell’interveniente dott. Siniscalchi, la commissione V non abbia ritenuto di formulare alcuna proposta favorevole in favore del dott. C.. Tale circostanza sarebbe quindi idonea a rendere non tutelabile la posizione del ricorrente in quanto non destinatario di alcuna valutazione favorevole nemmeno in sede di commissione e quindi impossibilitato in ogni caso a conseguire l’affidamento dell’incarico direttivo su cui si discute.

2.1. – L’eccezione non ha pregio.

La posizione oggetto di tutela nell’ambito del procedimento per il conferimento degli incarichi direttivi ai magistrati attiene alla correttezza dell’intero procedimento di selezione, comprensiva quindi non solo delle determinazioni finali contenute nella delibera conclusiva ad opera del plenum del C.S.M., ma anche delle fasi pregresse, concernenti le valutazioni preliminari operate in sede di commissione. Una lettura disarticolata del modo di valutazione, come sostenuta dalla detta difesa, metterebbe in ombra i momenti antecedenti alla decisione finale che, nell’ottica procedimentale, sono invece elementi essenziali per l’acquisizione dei fatti al procedimento e per la loro ponderazione.

L’interesse del ricorrente è pertanto non solo quello di vedere correttamente valutata la propria posizione in sede decisoria, ma anche quella ad un esatto svolgimento delle fasi preliminari all’emissione del provvedimento finale che, come in ogni vicenda procedimentale, è esito e frutto delle fasi che lo precedono.

Tale considerazione del tutto generale, già sufficiente a ritenere infondata l’eccezione proposta, va poi calata nel concreto dell’iter seguito, dove emerge come una proposta di minoranza in favore del dott. C. ci fosse stata in concreto, ad opera del consigliere Ferri, sebbene dichiarata inammissibile (verbale del giorno 11 febbraio 2010).

Pertanto, il ricorso proposto dal dott. C. deve considerarsi del tutto ammissibile, avendo ad oggetto la tutela della pretesa ad una corretta valutazione della propria posizione all’interno della procedura per il conferimento dell’incarico direttivo superiore di Procuratore Generale Aggiunto presso la Corte di Cassazione.

3. – Venendo ai motivi di diritto, appare rilevante il primo di questi, con cui il ricorrente si duole di violazione della legge n. 1034 del 1971, del R.D. n. 1024 del 1954 nonché dei principi generali in tema di giudizio amministrativo; violazione dell’art. 11, comma 3, della legge n. 195 del 1958; nullità ex art. 21 septies della legge n. 241 del 1990 per elusione o mancata esecuzione della decisione del Consiglio di Stato n. 3513 del 2008.

Il motivo si fonda sulla circostanza che, nel provvedere in merito alla scelta del magistrato a cui affidare per il conferimento l’incarico direttivo superiore di Procuratore Generale Aggiunto presso la Corte di Cassazione, il C.S.M. si sia avvalso del concerto espresso dal Ministro della giustizia in data 6 luglio 2007, ossia del concerto dato in occasione della prima valutazione operata dall’organo di autogoverno, poi annullata da questa Sezione con la sentenza ottemperanda.

Secondo la difesa del ricorrente, tale atto sarebbe stato espunto dall’ordinamento in conseguenza della decisione di questa Sezione n. 3513 del 2008 e pertanto il C.S.M. avrebbe errato, omettendo di acquisire nuovamente il concerto ministeriale in occasione della nuova valutazione.

A tale ricostruzione si oppongono le memorie della difesa erariale e del dott. Palombarini, che sottolineano la correttezza di tale modalità e la carenza di interesse in merito da parte del ricorrente.

3.1. – La doglianza è fondata e va accolta.

La Sezione ritiene di poter fondare la propria decisione sulle osservazioni svolte dalla Corte costituzionale in tema di ricostruzione dei rapporti tra l’organo di autogoverno della magistratura ed il Ministero della giustizia proprio in ordine alle modalità di raccordo ed alla funzione del concerto assegnato all’esponente governativo. Con la sentenza 27 luglio 1992, n. 379, la Corte, nell’ambito di un conflitto di attribuzione e partendo dalla disamina dell’art. 17 della legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura) che dispone che "tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono adottati, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore, con decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro per la grazia e giustizia", si è soffermata sull’istituto del concerto.

Premesso che "il concerto previsto dall’art. 11, terzo comma, della legge n. 195 del 1958 non costituisce soltanto un elemento essenziale del procedimento, legislativamente determinato, circa il conferimento degli uffici direttivi, ma rappresenta anche una congrua soluzione procedimentale prescelta dal legislatore in attuazione della funzione assegnata dall’art.110 della Costituzione al Ministro della giustizia relativa all’organizzazione e al funzionamento dei servizi giudiziari", la Corte ha potuto soffermarsi sulla natura di tale atto. Per cui, escluso che "l’art. 11, terzo comma, possa essere interpretato nel senso di riferirsi semplicemente a un parere non vincolante che il Ministro della giustizia deve esprimere nei confronti della proposta formulata dalla commissione per il conferimento degli incarichi direttivi" o che, per altro verso, possa identificarsi con la nozione di accordo, ha ritenuto che il concerto, in questo caso specifico, consista in "un’attività di concertazione finalizzata alla formulazione di una proposta comune".

Per cui, all’esito di un esame delle modalità procedimentali, la Corte giunge ad affermare "il modulo procedimentale del concerto, previsto dal citato art. 11, comporta che la relativa attività debba essere svolta nel pieno rispetto del principio costituzionale di leale cooperazione", per cui "il concerto del Ministro della giustizia sulla proposta della commissione per gli incarichi direttivi, disciplinato dall’art. 11, terzo comma, della legge n. 195 del 1958, implica un vincolo di metodo, non già di risultato. Ciò significa, innanzitutto, che, anche se al termine della loro attività di concertazione non perverranno in concreto a una proposta unitaria, la commissione e il Ministro sono tenuti a porre in essere una discussione e un confronto realmente orientati al superiore interesse pubblico di operarea seguito di un esame effettivo ed obiettivo, dialetticamente svolto, di tutti gli elementi ai fini della copertura di quel determinato incarico direttivo -la scelta più idonea".

La puntualizzazione operata dal giudice delle leggi evidenzia, quindi, come il concerto del Ministro della giustizia non si collochi in una posizione di mera valutazione dell’idoneità del magistrato prescelto a ricoprire l’incarico, ma si inserisca nella dinamica selettiva, proprio al fine dell’individuazione della scelta più idonea. Un tale modus procedendi, che la Corte valuta corretto dal punto di vista costituzionale, appare anche del tutto ragionevole se si pone mente al fatto che, qualora il concerto si limitasse alle considerazioni sulla mera capacità del magistrato proposto, non potrebbe che tramutarsi in una mera ratifica dell’operato, in quanto le selezioni sono sempre effettuate tra magistrati di altissima qualità, elevatissima professionalità ed indiscussa competenza. Invece il concerto assume una sua autonoma valenza solo quando proiettato, come evidenzia la citata sentenza n. 379 del 1992, all’interno del procedimento, in un’ottica collaborativa tesa alla selezione del pretendente migliore.

Non appare pertanto condivisibile la memoria del C.S.M., fondata sull’analisi dell’ufficio studi, quando afferma che "non vi è alcun limite temporale di validità del concerto espresso dal Ministro", in quanto la questione non riguarda l’efficacia dell’atto ministeriale, ma la base di giudizio su cui lo stesso viene emesso, ossia sulla differente fase procedimentale che la precede. In questo senso, ogni concerto è atto a sé, in quanto si fonda su fatti e su valutazioni diverse, nelle quali confluiscono fattori molteplici, tra cui, nel caso in specie, anche il decisum di annullamento di questa Sezione.

Conclusivamente, deve ritenersi la delibera del C.S.M. del giorno 11 febbraio 2010, qui in scrutinio, è invalida, essendo stata adottata in assenza di un valido concerto da parte del Ministro della giustizia.

Peraltro, non può non notarsi come il detto profilo di non ulteriore rilevanza del detto concerto fosse stato espressamente considerato nella sentenza ottemperanda che, chiarendo i contenuti del proprio annullamento, estendeva l’operatività della pronuncia a tutti gli atti successivi alla fase istruttoria del procedimento, determinando la regressione dell’azione amministrativa in quella fase, con necessaria caducazione degli atti successivi.

Quindi, anche dal punto di vista strettamente formale, la Sezione aveva già evidenziato la non ulteriore validità dei successivi atti procedimentali, escludendo da subito la possibilità di una loro ulteriore utilizzazione.

4. – L’accoglimento del primo motivo di diritto permette alla Sezione di evitare l’analisi in dettaglio delle altre censure proposte avverso il contenuto decisorio dell’attività del C.S.M. (senza peraltro esimersi dal notare come anche negli atti sfociati nella delibera del giorno 11 febbraio 2010 si rinvengano, in larga parte, le stesse erronee valutazioni già precedentemente censurate con le decisioni di questa Sezione n. 3513 del 2008 e n. 9296 del 2009), soffermandosi invece sulle conseguenze della declaratoria di invalidità. Ciò in quanto l’ordinamento registra la recente introduzione, ad opera dell’art. 21 septies della legge 7 agosto 1990 n. 241, del vizio di nullità nel contesto dell’invalidità del provvedimento amministrativo, vizio la cui rilevanza è stata espressamente circoscritta ad alcune fattispecie tipiche, tra cui proprio quella della adozione del provvedimento "in violazione o elusione del giudicato".

Si tratta di un’evenienza frequente nell’ambito del giudizio di ottemperanza, dove il giudice amministrativo si trova spesso nella condizione di esaminare quanto di nuovo ha fatto la pubblica amministrazione, a seguito del pregresso annullamento, dovendo giudicare se il vizio dedotto dal ricorrente sia di elusione o violazione del giudicato, e quindi censurabile nella detta sede, o se invece si tratta di una riedizione del potere amministrativo che, corretta dal punto di vista dell’esecuzione, può eventualmente contenere nuovi vizi di illegittimità, da censurarsi con altro e separato giudizio impugnatorio.

Sulla qualificazione della tipologia di invalidità, è noto che esiste un orientamento di questo Consiglio per cui il vizio di violazione o elusione del giudicato, come disciplinato dall’art. 21 septies della legge 7 agosto 1990, nr. 241, si rinviene solo laddove dal giudicato siano ricavabili statuizioni analitiche e puntuali, tali da escludere o ridurre significativamente la discrezionalità dell’Amministrazione nella rinnovazione della propria attività (da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 31 maggio 2008, n. 2626; Consiglio di Stato, sez. IV, 4 ottobre 2007, n. 5188). A detta impostazione, si oppone una lettura, sostenuta peraltro proprio nella decisione n. 9296 del 2009 più volte evocata, per cui l’elusione vada ritenuta anche in quei casi in cui "l’Amministrazione, pur disponendo di un ampio margine di discrezionalità in sede di esecuzione del giudicato, ne faccia uso in modo da riprodurre invariati i medesimi vizi di legittimità già definitivamente accertati nel pregresso giudizio".

Nella fattispecie de qua, si assiste peraltro ad una situazione ancora diversa. Infatti, se da un lato viene in rilievo una riedizione dell’attività connotata da ampia discrezionalità che, di fatto, perviene alla ripetizione delle stesse scelte già censurate in sede di giudizio di cognizione da questa Sezione, dall’altro ha luogo ad una riedizione dell’attività amministrativa così intensamente viziata dal punto di vista procedimentale da non poter in concreto dar vita ad una fattispecie provvedimentale, per carenza di un elemento essenziale alla stessa legittimità dell’atto.

La mancata corretta attuazione del decisum giurisdizionale, non nel senso del contenuto delle concrete determinazioni, ma dal punto di vista dell’effettivo svolgimento dell’attività procedimentale necessaria, quanto meno dal punto della regolarità formale, impone allora di considerare la fase esecutiva spettante all’amministrazione come tamquam non esset, e quindi, usando il linguaggio normativo dell’art. 21 septies, come nulla.

Sulla base di tale considerazione, la Sezione ritiene di dover ordinare al C.S.M. di provvedere nuovamente a dare attuazione alla decisione, indicando già da subito un commissario ad acta per l’esecuzione della decisione n. 3513 del 2008, qualora si dovesse riscontrare ancora un omesso adempimento da parte dello stesso C.S.M..

La delicatezza delle funzioni spettanti all’organo di autogoverno della magistratura, il particolare status costituzionale, la necessità di un bilanciamento tra gli aspetti più schiettamente amministrativi e quelli di tutela dell’indipendenza dell’ordine giudiziario, impongono che il detto incarico debba essere affidato alla persona del vicepresidente dello stesso C.S.M., secondo una prassi oramai consolidata in fattispecie analoghe (e ritenuta costituzionalmente corretta, Corte costituzionale, 15 settembre 1995, n. 435). Ciò ovviamente nella considerazione che il principio di leale collaborazione istituzionale sia elemento sufficiente ad impedire un’ulteriore elusione del giudicato, che potrebbe addirittura condurre ad un terzo ricorso dinanzi a questa Sezione.

5. – Il ricorso va quindi accolto. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie il ricorso n. 2136 del 2010 e per l’effetto dichiara nulla la delibera del Consiglio superiore della magistratura del giorno 11 febbraio 2010, relativa al conferimento dell’ufficio direttivo requirente di legittimità di Procuratore Generale Aggiunto della Corte di Cassazione e dispone che il Consiglio superiore della magistratura dia integrale esecuzione alla decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, n. 3513 del 14 luglio 2008, adottando gli atti necessari nel termine di giorni trenta dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica della presente sentenza;

2. Dispone che, in caso di ulteriore inadempimento, a tale valutazione provveda il commissario ad acta, qui nominato nella persona del Vice presidente del Consiglio superiore della magistratura;

3. Pone a carico del Consiglio superiore della magistratura il compenso al commissario ad acta, da liquidarsi con successivo provvedimento;

4. Condanna il Consiglio superiore della magistratura a rifondere a C.R.C. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro. 5.000,00 (euro cinquemila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge;

5. Compensa integralmente tra le altre parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – con la partecipazione dei signori:

Gaetano Trotta, Presidente

Pier Luigi Lodi, Consigliere

Armando Pozzi, Consigliere

Sergio De Felice, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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