Cons. Stato Sez. V, 06-07-2010, n. 4323 ELEZIONI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

La sentenza appellata, pronunciata in forma semplificata, ha respinto il ricorso proposto dagli attuali appellanti per l’annullamento del verbale n. 53 del 28 febbraio 2010 della Sottocommissione Elettorale Circondariale di Grottaglie, avente per oggetto il provvedimento di non ammissione della lista denominata "Alleati per Monteiasi – P.M. Sindaco" presentata per la elezione diretta del Sindaco e del Consiglio Comunale di Monteiasi.

Gli appellanti ripropongono le censure articolate in primo grado, criticando analiticamente la pronuncia impugnata.

L’amministrazione resiste al gravame.

In sede di esame della domanda cautelare, il ricorso in appello, previo rituale avviso alle parti, è stato trattenuto in decisione.

Gli appellanti, ricorrenti in primo grado, sono candidati, rispettivamente, alla carica di Sindaco e a quella di Consigliere comunale della lista denominata "Alleati per Monteiasi – P.M. Sindaco", presentata per le elezioni amministrative concernenti il comune di Monteiasi.

Il giorno ultimo della presentazione delle liste, alle ore 9,30, i delegati hanno presentato presso l’Ufficio di Segreteria del Comune di Monteiasi, la lista con tutti gli altri allegati, contenente n. 136 sottoscrizioni di elettori del comune.

Con verbale n. 51 del 27 febbraio 2010, la Sottocommissione elettorale adottava un provvedimento interlocutorio, invitando i presentatori della lista a fornire gli opportuni chiarimenti in ordine alla riscontrata "eccedenza" di 16 firme rispetto al limite massimo di 120 sottoscrizioni, previsto dalla normativa vigente, in relazione al numero degli elettori del comune.

Successivamente, gli interessati depositavano l’atto di "rinuncia", corredato dalla autentica delle sottoscrizioni effettuata da un funzionario del Comune, di n. 16 dei 136 sottoscrittori della lista.

La Sottocommissione, con verbale n. 53 del 28 febbraio 2010, stabiliva di non ammettere la lista alla competizione elettorale, ravvisando la violazione dell’art. 3 della legge n. 81/1993, come modificato dalla legge n. 120/1999, secondo il quale "La dichiarazione di presentazione delle liste di candidati al Consiglio Comunale e delle collegate candidature alla carica di Sindaco deve essere sottoscritta… da non meno di 60 e da non più di 120 elettori nei Comuni con popolazione (all’ultimo censimento) compresa tra 5.001 e 10.000 abitanti".

In primo grado, gli appellanti hanno prospettato due censure: "1. Errore di fatto. Eccesso di potere per errata presupposizione. Difetto di motivazione. Illogicità manifesta. 2. Questione di legittimità costituzionale".

Il TAR ha respinto il ricorso, svolgendo la seguente motivazione.

"1. In primo luogo, si ritiene manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, lett. a) D.P.R. 570/1960 per asserito contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 Cost., con riferimento a quanto prescritto sempre dall’art. 30 cit. alla lett. e).

Le due fattispecie non possono essere equiparate, perché mentre il potere attribuito alla Commissione, nella previsione della lett. e), di ridurre le liste "che contengono un numero di candidati superiore al massimo consentito", ha un carattere sanzionatorio, che si estrinseca nell’eliminazione dei candidati eccedenti il numero legale, l’eventuale ammissione di un potere identico, nell’ipotesi prevista dalla lett. a), per il quale la Commissione deve effettuare una "verifica che le candidature siano sottoscritte dal numero prescritto degli elettori, eliminando quelle che non lo sono", determinerebbe non già l’esercizio di un potere corretivosanzionatorio bensì di un potere correttivo meramente favorevole alla lista.

Si deve ritenere pertanto che non esiste un’irragionevolezza nelle differenti previsioni contenute nell’art. 30 cit.

2. Nel merito il ricorso è infondato.

L’art. 30 del D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570 è una norma completa che stabilisce le regole alle quali ci si deve attenere al momento della presentazione delle candidature, e questo al fine di garantire una situazione di perfetta parità tra i contendenti nel rispetto sia del diritto di elettorato attivo che di quello passivo.

Il legislatore, nel dettare queste regole, ha sancito i poteri della Commissione elettorale, individuando analiticamente le ipotesi in cui questa può intervenire invitando i delegati a correggere eventuali manchevolezze, e quelle in cui, il mancato rispetto della regola dettata, comporta l’eliminazione della lista senza possibilità per la Commissione di intervenire.

La lett. a), dell’articolo in questione, sancisce una regola che rientra all’interno di questa ultima ipotesi, determinando l’esclusione della lista qualora la candidatura non sia sottoscritta dal numero prescritto di elettori. E questo vale, sia nel caso in cui il numero sia inferiore al minimo, sia quando, come nell’ipotesi in esame, le sottoscrizioni siano superiori al numero massimo previsto dall’art. 3 L. 25 marzo 1993 n. 81.

La ragionevolezza di questa regola, sancita dall’art. 30, sta poi nella previsione contenuta nell’art. 3 citato, che prevede un numero minimo e un numero massimo di sottoscrizioni, graduato in base alla popolazione, limite lasciato alla discrezionalità prudenziale dei sottoscrittori stessi.

In estrema sintesi, questo Collegio ritiene che l’art. 30 D.P.R. 570/1960 sancisce una regola rigida la cui ragionevolezza è garantita dall’elasticità della previsione di un numero minimo e massimo di sottoscrittori e tale soluzione normativa è stata considerata non contrastante con i principi costituzionali (v. Corte cost., 4 marzo 1992, n. 83).

In conclusione, il ricorso deve essere respinto perché l’art. 30, lett. a) cit., a prescindere dall’individuazione della sua ratio (diversamente percepita in sede di approvazione della legge e in sede di verifica di costituzionalità), nel dettare una regola insuscettibile di modificazione, stabilisce che la commissione deve procedere all’eliminazione della lista qualora, come nel caso in esame, questa sia sottoscritta da un numero di elettori superiore al massimo prescritto, non essendo ammissibile, in questo caso, una mera regolarizzazione attraverso la rinuncia di parte dei sottoscrittori.

D’altra parte, particolarmente pericoloso per la correttezza e certezza del procedimento elettorale sarebbe ammettere la rinuncia da parte dei sottoscrittori successivamente alla presentazione della lista. Basterebbe, infatti, che un gruppo di sottoscrittori venisse convinto alla rinuncia (o questa fosse in pectore già al momento della sottoscrizione) per portare ex post all’eliminazione irreparabile di una lista."

L’appello è infondato.

Gli appellanti sostengono, anzitutto, che la rinuncia di 16 degli originari 136 sottoscrittori avrebbe dovuto essere attentamente valutata dalla Sottocommissione, perché intervenuta prima della decisione definitiva in ordine all’ammissione della lista.

Pertanto, risulterebbe contraddittorio l’atteggiamento della Sottocommissione, la quale, dapprima, con la risoluzione interlocutoria del 27 febbraio 2010 aveva invitato gli interessati a fornire nuovi elementi di valutazione, consentendo, implicitamente, l’eliminazione di ogni possibile violazione riferibile all’eccesso di sottoscrizioni, mentre, successivamente, aveva ritenuto di non valutare le nuove circostanze di fatto emerse dall’istruttoria.

Secondo gli appellanti, poi, l’intervenuta rinuncia, precedente la determinazione finale sull’ammissione della lista, eliderebbe, in radice, ogni possibile rischio riguardante il paventato pericolo di un illegittimo "impegno preelettorale", collegato alla ratio della disposizione legislativa (descritta dalla sentenza della Corte costituzionale n. 83/1992), che fissa il limite massimo delle firme consentite per la presentazione di una lista.

Gli appellanti prospettano poi l’illegittimità costituzionale, per irragionevolezza, dell’articolo 30 del D.P.R. n. 570/1960, nella parte in cui, per un verso, consente alla Commissione di ammettere liste che presentano un numero di candidati esorbitanti il massimo consentito, riducendo quelli in eccesso, attraverso la cancellazione degli ultimi nomi, mentre, per altro verso, non ammette lo stesso potere riduttivo per il caso di eccesso di sottoscrizioni.

I due motivi non meritano condivisione.

La decisione interlocutoria della Sottocommissione, adottata in conformità alle disposizioni che regolano i procedimenti diretti alla ammissione delle candidature, era chiaramente finalizzata alla acquisizione di elementi istruttori e di valutazione in ordine alla prospettata irregolarità della presentazione della lista. Non ha determinato, evidentemente, alcuna riapertura dei termini per sanare violazioni già irreversibilmente consumate nella fase precedente la scadenza del termine per la presentazione delle liste.

Pertanto, non vi è alcuna contraddizione fra la decisione interlocutoria e quella definitiva di ricusazione della lista.

Quanto alla prospettata questione di legittimità costituzionale, è sufficiente osservare che la situazione di fatto consistente nell’eventuale "eccesso di candidati" non sembra presentare la stessa rilevanza derivante dalla presentazione di un numero di sottoscrittori più elevato di quello consentito.

D’altro canto, la Corte costituzionale ha già sottolineato la ragionevolezza della previsione legislativa in esame, individuandone la finalità nella esigenza di garantire il genuino svolgimento della competizione elettorale, eliminando, in radice, il possibile condizionamento sull’elettorato derivante dalla presenza di ampie adesioni a talune candidature.

In linea di fatto, questo rischio di condizionamento dell’elettorato non risulta altrettanto apprezzabile quando sia superato il numero massimo delle candidature. È certamente vero che l’adesione ad una lista manifesta, per il soggetto candidato, un impegno "più forte" della semplice presentazione, come evidenziato dalla difesa degli appellanti.

Tuttavia, l’effetto di condizionamento sull’elettorato provocato dalla eccedenza rispetto ai limiti legislativi si può manifestare con maggiore evidenza proprio con riferimento al numero, di gran lunga più elevato, in termini assoluti, dei presentatori della lista.

È evidente, infatti, che una lista composta, per ipotesi, dal doppio dei candidati consentiti non verrebbe mai percepita dall’elettorato come altrettanto radicata e forte rispetto ad una lista presentata da un numero di sottoscrittori significativamente superiore al limite stabilito dalla legge.

Pertanto, la prospettata questione di legittimità costituzionale deve ritenersi manifestamente infondata.

In definitiva, quindi, l’appello deve essere respinto.

Le spese del grado possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, sezione Quinta, respinge l’appello, compensando le spese;

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2010 con l’intervento dei Signori:

Stefano Baccarini, Presidente

Marco Lipari, Consigliere, Estensore

Aldo Scola, Consigliere

Nicola Russo, Consigliere

Eugenio Mele, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *