Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-01-2011) 01-04-2011, n. 13379

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale del riesame di Caltanisetta, che con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha confermato l’ordinanza del GIP di quel Tribunale, datata 12.05.2010, di applicazione della misura custodiale in carcere a carico di S.S. per il reato di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p. (concorso esterno in associazione mafiosa denominata "Cosa Nostra"), dopo aver dato atto che in (OMISSIS) doveva ritenersi ancora operante un’articolazione territoriale di "Cosa Nostra" contraddistinta dalla rigida ripartizione di ruoli, ha messo in rilievo la partecipazione alla stessa di S.G. e D. M.I., come referenti del capo Se.Sa., e il ruolo di concorrenti esterni di S.S. e del fratello S.P..

1.1 In particolare il Tribunale ha evidenziato gli elementi che di tale concorso esterno qualificano sia gli aspetti oggettivi che quelli soggettivi, evidenziando, per i primi, grave indizio di colpevolezza l’aver coadiuvato nella gestione di una bisca per il gioco d’azzardo prima suo fratello G., intraneo nella cellula territoriale, capeggiata da Se.Sa., come referente di quest’ultimo nella gestione del gioco d’azzardo e, successivamente, D.M.I..

1.2 Avverso tale ordinanza ricorre la difesa dell’indagato chiedendo l’annullamento del provvedimento e deducendo a motivo che il Tribunale non ha motivato nè in ordine al ruolo ricoperto dal ricorrente nella gestione della bisca clandestina; nè sulla consapevolezza dell’indagato di operare per Cosa Nostra con la consapevolezza del metodo mafioso; ne su cosa giustifichi l’affermazione della conoscenza dello spessore criminale del Se.; nè infine in cosa si sia rafforzata l’associazione criminale con l’attività svolta dall’indagato.

1.3 Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe mancato di precisare quali siano in concreto gli elementi che giustificano a carico di S.P. l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e quale siano gli elementi che attraverso la condotta dell’indagato, hanno rafforzato l’associazione e di indicare le reali esigenze cautelari perchè, tenuto conto del breve lasso di tempo di operatività dell’indagato in seno all’associazione, le esigenze cautelari non possono essere ritenute solo in base al parametro astratto della presunzione di pericolosità.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata, che è invece congruamente motivata sia in ordine alla sussistenza degli elementi gravemente indizianti, sia in ordine alla loro ben specifica valenza probatoria della condotta di concorso esterno in associazione mafiosa. Per contro, il contenuto del ricorso si sostanzia in una prospettazione e valutazione alternativa degli elementi di prova raccolti, senza che le censure riescano ad individuare quei vizi propri della motivazione che giustificano l’intervento di questa Corte di legittimità. 2.1 E’ principio giurisprudenziale, stabile e ripetuto, che nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione, come nel caso di specie, sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4A sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5A sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2A sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

2.2 Il Tribunale del riesame fornisce una motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del ruolo di concorrente esterno dell’indagato nell’associazione criminale della quale è esponente di rilievo il fratello G.. Il Tribunale – dopo aver ricostruito la storia processuale dell’associazione mafiosa – ricava dal contenuto delle conversazioni intercettate, che intercorrono anche tra S. G. e Se.Sa., che del clan è il capo, sia l’attività organizzatrice di S.G. nell’attività delle case da gioco sia l’attività di supporto che viene fornita a quest’ultimo dai fratelli S. e P..

2.3 Nè l’interpretazione data dal Tribunale alle suddette intercettazioni, è affetta dalle contraddizioni e illogicità lamentate dal ricorrente, che in realtà ne propone solo un’altra e diversa interpretazione. Il Tribunale del riesame nell’affrontare, analiticamente, tutte le censure proposte dalla difesa – che sostanzialmente costituiscono le stesse doglianze contenute nell’odierno ricorso – rileva correttamente gli elementi caratterizzanti della vicenda.

2.4 Anche sotto il profilo delle esigenze cautelari il ricorso è manifestamente infondato attesa la non praticabilità di altre misure, ex lege, in forza del titolo del reato ascritto ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 3 e l’assenza, a tale riguardo, di qualsivoglia specifico elemento, prospettato dal ricorrente, che sia idoneo a superare la presunzione di pericolosità sociale stabilita dalla richiamata normativa.

2.5. Il carattere di interazione meramente alternativa delle fonti di prova e la ripetitività dei motivi di ricorso inducono a dichiarare il ricorso, per la genericità dello stesso,inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti; inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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