Cons. Stato Sez. VI, Sent., 29-03-2011, n. 1934 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’odierno appellato è proprietario di un terreno sito nel Comune di Todi, distinto al catasto terreni al foglio 99, particelle 1170 e 1171. Il terreno è compreso in un’area, sottoposta a tutela paesaggistica in forza del d.m. 8 maggio 1956, che il p.r.g. vigente include tra quelle insediative a vocazione edificatoria.

L’appellato ha chiesto al Comune di Todi, in data 25 maggio 2008, l’assenso per l’edificazione di un fabbricato plurifamiliare ad uso abitativo, composto da due corpi di fabbrica.

Con nota prot. n. 26938 del 31 luglio 2008 il Comune gli comunicava che la Commissione per la qualità architettonica ed il paesaggio aveva esaminato il progetto ed espresso parere favorevole; al che seguiva il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica n. 84 del 5 agosto 2008.

Con nota prot. n. 4029 in data 13 ottobre 2008 la Soprintendenza preannunciava, ai sensi dell’art. 10bis della legge generale sul procedimento amministrativo, l’annullamento dell’autorizzazione n. 84 del 2008.

Quindi con il provvedimento del 17 novembre 2008 è intervenuto l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune per "eccesso di volumetria" e per difetto di motivazione e di istruttoria del provvedimento di primo grado.

Avverso il provvedimento di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica l’appellato deduceva i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione dell’art. 159, comma 3, del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42; carenza di potere; eccesso di potere per difetto e/o errata valutazione dei presupposti. (…).

2) Violazione dell’art. 159, comma 3, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i.; violazione dell’art. 6, comma 6 bis, del d.m. 13 giugno 1994, n. 495; violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241; sviamento di potere; eccesso di potere per difetto e/o falsità dei presupposti, arbitrarietà manifesta. (…).

3) Violazione dell’art. 159, comma 3, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; violazione dell’art. 97 della Costituzione e degli artt. 1 e 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dei principi di buona fede e leale collaborazione; eccesso di potere per genericità, pretestuosità ed irrilevanza dei motivi, difetto dei presupposti, arbitrarietà ed illogicità manifesta; sviamento di potere.

Le ragioni che sorreggono il provvedimento impugnato sono l’eccessiva volumetria del progetto e la pretesa illegittimità dell’autorizzazione per carenza di motivazione e difetto di istruttoria.

Entrambi i motivi sono infondati: (…); sotto il secondo profilo, va rilevato che il preavviso di rigetto non contestava all’autorizzazione rilasciata dal Comune alcun ipotetico difetto di motivazione o di istruttoria, con la conseguenza che il motivo di annullamento in questione risulta illegittimo, in quanto in contrasto con l’art. 10 bis della legge generale sul procedimento.

La sentenza appellata ha annullato il decreto del 17 novembre 2008 perché esso era intervenuto oltre il termine perentorio di sessanta giorni previsto dal citato art. 159 senza che fossero ravvisabili, nel (pure impugnato) atto prot. n. 4029 del 13 ottobre 2008, i presupposti per l’interruzione del termine del procedimento ai sensi dell’art. 6, comma 6bis, del d.m. 13 giugno 1994, n. 495.

L’autorizzazione paesaggistica n. 84 del 5 agosto 2008 era pervenuta all’ufficio statale il 22 agosto; il provvedimento finale di annullamento dell’autorizzazione stessa è stato adottato il 17 novembre 2008, e dunque ben oltre i sessanta giorni previsti dal citato art. 159, comma 3, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, anche volendo assumere come dies a quo la (di poco successiva) data del 26 agosto 2008, in cui il provvedimento comunale è stato acquisito al protocollo della Soprintendenza stessa.

La Soprintendenza ha ritenuto non consumato il termine di sessanta giorni a propria disposizione in forza e per effetto della nota prot. n. 4029 del 13 ottobre 2008, con cui erano stati comunicati i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, cui ha poi fatto seguito l’integrazione documentale in data 4 novembre 2008 da parte della impresa P.M..

La nota prot. n. 4029 del 13 ottobre 2008 della Soprintendenza non è stata ritenuta idonea ad interrompere il termine perché esprime il preavviso di rigetto dovuto principalmente alla estensione dell’intervento "salvo che non sia riconsiderato l’intervento, apportando le necessarie correzioni sotto il profilo volumetrico in modo da conformarlo alla densità edilizia della zona…".

La sentenza appellata afferma altresì che la nota del 13 ottobre 2008, n. 4029 neppure sotto il profilo formale appare rispettosa della logica collaborativa che permea il comma 6bis dell’art. 6 del d.m. n. 495 del 1994, il quale impone che le esigenze istruttorie siano immediatamente comunicate ai soggetti interessati dal responsabile del procedimento, mentre nel caso in esame la stessa è intervenuta in un momento in cui stava quasi per spirare il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 159 del codice dei beni culturali e paesaggistici; essa rappresenta una evidente forzatura al fine di interrompere il termine finale del procedimento di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica.

Il Ministero per i beni e le attività culturali ha proposto appello evidenziando, innanzitutto, che il provvedimento autorizzatorio annullato dalla Soprintendenza era così motivato: "Ritenuto che l’intervento è compatibile con il vincolo paesaggistico in quanto non altera in maniera sostanziale lo stato preesistente dei luoghi".

Il comma 6 dell’articolo 6 del D.M. 13 giugno 1994, n. 495 non può essere inteso nel senso proprio fatto dal TAR e cioè che ogni richiesta istruttoria per essere reale e non strumentale deve intervenire all’inizio del decorso del termine concesso all’amministrazione per provvedere. (…).

Non v’è dubbio che se all’Amministrazione è concesso un termine di sessanta giorni per provvedere, è evidente che nell’ambito di tale termine non può essere ulteriormente compulsata, in quanto in caso contrario la norma avrebbe dovuto avere contenuto diverso (per esempio imporre anche un ulteriore termine per le esigenze interlocutorie o istruttorie). (…).

La natura del preavviso di rigetto si può ben sposare con le esigenze istruttorie proprie di una richiesta di quegli atti che sono nella disponibilità delle parti interessate. Tal esigenza è del resto coerente con l’intento collaborativo mostrato in maniera evidente dall’Amministrazione, la quale, a fronte di una palese illegittimità del provvedimento sottoposto al suo esame, invece di limitarsi a sanzionarla, ha offerto alle parti (comune ed interessato) la possibilità di emendarla, e non per questo può essere sanzionata perché si assume che abbia voluto procrastinare indebitamente la propria decisione. (…).

Ma altresì legittimo risulta anche l’ulteriore profilo di annullamento per il riscontrato difetto di istruttoria, che deve leggersi nel senso che, a fronte delle rilevate carenze documentali già evidenziate in sede di esame delle precedenti richieste di autorizzazione e ribadite con la richiamata nota del 13 agosto 2008, l’Amministrazione comunale non aveva fornito elementi di valutazione ulteriori che potessero in qualche modo giustificare una delibera del tutto apparente.

La Soprintendenza quindi aveva indicato le carenze motivazionali ed istruttorie che avrebbero portato all’annullamento dell’atto, e ciò nonostante erano pervenuti solo parziali chiarimenti sugli aspetti rilevati. Ne consegue che il provvedimento di annullamento era legittimo perché aveva correttamente rilevato che l’autorizzazione era viziata in quanto la relativa motivazione era generica e non dimostrata da adeguata istruttoria.

L’appellato, con memoria depositata il 15 dicembre 2009, ha dedotto che, in ogni caso, la richiesta istruttoria, a prescindere dalla sua legittimità, non comporta affatto l’interruzione – come induce a credere l’infelice formulazione letterale dell’art. 6, comma 6bis del D.M. 13 giugno 1994, n. 1994, n. 495 -, ma solo la sospensione del termine.

Di conseguenza, secondo i principi ed alla stregua della lettera stessa della disciplina regolamentare, il termine perentorio non si ricomputa ex novo, ma "… riprende a decorrere dal ricevimento della documentazione o dall’acquisizione delle risultanze degli accertamenti tecnici.

Nella specie la stessa nota prot. n. 4029/2008, assegnando al Pastorelli giorni 10 per presentare scritti e documenti, avvertiva che: "I termini per concludere il procedimento sono sospesi a far data dalla presente e iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni".

L’appellato ha presentato ulteriore memoria difensiva.

All’udienza del 20 luglio 2010 il ricorso è stato trattenuto indecisione.
Motivi della decisione

Va preliminarmente esaminato quanto dedotto dall’appellato in ordine alla tardività nell’emanazione del provvedimento impugnato in primo grado.

L’appellato sostiene che la norma in esame (D.M. 13 giugno 1994, n. 496, art. 6, comma 6bis) disciplinerebbe un caso di sospensione e non di interruzione dei termini, cosicché all’Amministrazione appellante sarebbe rimasto un termine, di soli otto giorni, per disporre l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, in quanto la richiesta di integrazione documentale era stata adottata il 52° giorno dall’inizio del decorso del termine ex art. 159, comma 3, del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

Tale interpretazione non può essere condivisa. Di fronte al chiaro disposto regolamentare ("il termine per la conclusione del procedimento è interrotto") il temine non può che iniziare nuovamente a decorrere dal ricevimento della documentazione richiesta, senza computare i giorni trascorsi in precedenza.

L’appello merita accoglimento.

Deve essere condiviso quanto dedotto dall’Amministrazione in ordine alla piena utilizzabilità del termine di sessanta giorni anche per chiedere solo integrazioni documentali. Il giudice adito, infatti, non potrebbe mai, con la certezza richiesta per il computo dei termini, indicare qual è l’ultimo giorno, nel complessivo arco temporale dei sessanta giorni, per effettuare richieste istruttorie.

Accertata la tempestività del provvedimento impugnato in primo grado, resta da valutare la sua legittimità.

L’Amministrazione appellante ha evidenziato che il provvedimento autorizzatorio annullato dalla Soprintendenza era così motivato: "Ritenuto che l’intervento è compatibile con il vincolo paesaggistico in quanto non altera in maniera sostanziale lo stato preesistente dei luoghi".

La nota interlocutoria del 13 ottobre 2008 preannunciava l’adozione di provvedimenti negativi in ragione dell’estensione dell’intervento "salvo che non sia riconsiderato l’intervento, apportando le necessarie correzioni sotto il profilo volumetrico in modo da conformarlo alla densità edilizia della zona…".

Il Collegio ritiene che la nota del 13 ottobre 2008, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di primo grado, sia effettivamente espressione dell’intento collaborativo che animava l’Amministrazione statale, che avrebbe assentito l’intervento, pur in assenza della necessaria motivazione, se questo si fosse adeguato alla densità edilizia della zona: in altri termini si poteva prescindere dalla motivazione dell’autorizzazione comunale perché le (ridotte) opere da realizzare si inserivano senza contrasti nel tessuto urbanistico preesistente.

Orbene l’appellato non ha provveduto a tanto cosicché l’annullamento dell’autorizzazione comunale ben si giustifica per difetto di motivazione, proprio in ragione del contrasto con le costruzioni limitrofe.

Va, in ogni caso chiarito, che il rigetto del ricorso di primo grado non preclude all’Amministrazione comunale di adottare un nuovo provvedimento autorizzatorio adeguatamente motivato, anche in ordine al riscontrato "eccesso di volumetria".

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese d giudizio.
P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado;

compensa fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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