Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-01-2011) 01-04-2011, n. 13352

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4.6.2010 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Milano sez. di Rho del 16.4.2007, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato per il reato sub 2) – truffa – perchè estinto per prescrizione e rideterminava la pena inflitta per il residuo reato di ricettazione in anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 250,00 di multa.

Il V. consegnava un assegno per L. 2.880.000 in pagamento di lavori eseguiti sulla sua moto nella carrozzeria della parte offesa dopo aver commissionato e pagato piccole riparazioni.

La Corte rilevava che l’imputato non aveva offerto alcuna giustificazione in ordine al possesso del titolo di provenienza illecita.

Ricorre l’imputato che lamenta la violazione di legge per la mancata applicazione dell’art. 712 c.p. tenuto conto della palese non conoscenza dell’origine delittuosa del titolo o in subordine per non aver assolto il ricorrente per insufficienza degli elementi probatori emersi a suo carico.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Correttamente la corte territoriale ha applicato la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale "la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento .. tra cui l’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta che è logicamente spiegabile con un acquisto in cattiva fede (Cass. n. 2436/1997), posto che è indubbio il possesso e la consegna a terzi del titolo. Peraltro del preteso acquisto "incauto" non viene allegato alcun credibile elemento. Quanto sin qui detto esclude che si potesse arrivare ad un proscioglimento per carenza degli elementi a carico.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *