Cons. Stato Sez. VI, Sent., 29-03-2011, n. 1905 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in trattazione la società ricorrente espone che:

– con nota prot. n. 6981 del 17 aprile 2009, le veniva trasmesso il verbale di ispezione n. 058/048/074/069 del 16.4.2009 redatto nei confronti della ditta C.P. di P.G. nel quale veniva diffidata per alcune asserite violazioni e richieste di pagamento in solido con la predetta ditta;

– con istanza del 30 aprile 2009 chiedeva l’accesso a tutti gli atti del procedimento amministrativo conclusosi con il menzionato verbale, evidenziando che la richiesta trovava ragione nel fatto che la stessa non era stata posta nelle condizioni di interloquire sin dall’inizio dell’accertamento ispettivo del 22 aprile 2009 e nulla poteva sapere delle risultanze del verbale;

– con nota n. 8608 del 19 maggio 2009, la Direzione Provinciale del Lavoro di Modena respingeva la predetta istanza.

Ciò esposto, ritenendo illegittimo il diniego di accesso, la stessa ha chiesto l’annullamento del citato diniego e, ove occorra, del D.M. n. 757/1994, quale atto presupposto, ed ha proposto, altresì, le ulteriori domande indicate in epigrafe.

A sostegno del gravame, la società S.E.C. deduceva, con un unico motivo, le seguenti censure: violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di accesso a documenti amministrativi ex artt. 22, 24 e 25 l. 7 agosto 1990, n. 241; violazione dei principi di buon andamento, trasparenza e giusto procedimento, nonché del diritto di difesa; falsa applicazione d.m. 4 novembre 1994, n. 757; annullamento ovvero disapplicazione della normativa regolamentare; eccesso di potere sotto molteplici motivi; motivazione insufficiente e/o carente.

Si è costituito per resistere il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

Con la sentenza in epigrafe specificata, l’adito Tribunale amministrativo regionale del Lazio, dopo avere esaminato l’eccezione di incompetenza proposta dalla difesa erariale, con la quale era stato sostenuto che il giudizio sarebbe dovuto essere deciso dal Tribunale amministrativo dell’ EmiliaRomagna, riteneva manifestamente infondata l’eccezione stessa e, quindi, affermata la propria competenza, decideva la causa nel merito, in applicazione dell’art. 31, comma 5, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, come sostituito dall’art. 9, comma 5, l. 21 luglio 2000, n. 205, respingendo il ricorso, dopo avere osservato, in particolare, che non bastavano le esigenze di difesa enunciate dalla ricorrente per garantire l’accesso, dovendo quest’ultimo corrispondere ad una effettiva necessità di tutela di interessi ritenuti lesi ed ammettendosi l’accesso stesso soltanto nei limiti in cui sia "strettamente indispensabile" la conoscenza di documenti, contenenti dati "sensibili e giudiziari"; e ciò dopo avere richiamato, a sostegno delle proprie argomentazioni alcune decisioni del Consiglio di Stato.

Avverso tale sentenza è stato interposto l’odierno appello con il quale la soc. S.E.C. censura le statuizioni dei primi giudici attraverso la deduzione di doglianze sostanzialmente analoghe a quelle prospettate in primo grado.

Ricostituitosi il contraddittorio nell’attuale fase processuale, le Amministrazioni appellate hanno replicato, con apposita memoria, ai motivi prospettati dalla società ricorrente, ribadendo la loro opposizione, e quindi concludendo per la reiezione del ricorso in esame, con conseguente conferma della gravata pronuncia.

Infine, nella camera di consiglio del 15 febbraio 2001, la causa è stata assunta in decisione.
Motivi della decisione

La sezione non può che confermare quanto già deciso con la sentenza 16 dicembre 2010, n. 9103.

Come emerge dalla esposizione in fatto, con verbale di obbligazione in solido n. 058/048/074/069 del 16 aprile 2009 redatto nei confronti della ditta C.P. di P.G. dal Responsabile del servizio ispezioni del lavoro di Modena, la S.E.C. s.p.a. veniva diffidata per alcune asserite violazioni e richieste di pagamento in solido con la predetta impresa, per cui, con istanza del 30 aprile 2009, la medesima chiedeva all’Amministrazione del lavoro l’accesso a tutti gli atti del procedimento amministrativo conclusosi con il menzionato verbale.

L’istanza non otteneva risposta dall’Amministrazione predetta, sicché veniva a formarsi il diniego tacito, che la S.E.C. s.p.a. impugnava con ricorso innanzi al Tribunale amministrativo del Lazio; ricorso respinto con sentenza Sezione III BIS, 6 aprile 2010, n. 5672.

Tale sentenza costituisce, per l’appunto, l’oggetto dell’odierno appello nel quale viene criticata, in sostanza, la statuizione centrale dei primi giudici con cui è stato ritenuto insussistente nella specie il diritto, in capo alla S.E.C. s.p.a., di ottenere l’accesso a tutti gli atti del procedimento conclusosi con il verbale di obbligazione in solido sopra specificato.

L’appello è meritevole di accoglimento.

Con esso la s.p.a. S.E.C. rileva nella sostanza che – avendo richiesto l’accesso a tutti gli atti e documenti amministrativi del procedimento conclusosi con la comunicazione ricevuta e avendo invitato l’Amministrazione del lavoro sia a far conoscere l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria ed di ogni altro adempimento, oltre al nominativo del responsabile del procedimento, sia la "messa in visione, estrazione e/o trasmissione della documentazione medesima presso l’eletto domicilio" – l’Amministrazione predetta era tenuta a soddisfare la richiesta avanzata, non sussistendo alcun dubbio in ordine all’interesse e alla legittimazione all’accesso (ex art.25 l. n.241 del 1990), da parte della ricorrente.

Il Collegio, infatti, con riguardo al caso in esame non ritiene pertinente il richiamo, in cui si incentra la sentenza impugnata, alle decisioni del Consiglio di Stato ivi indicate (in particolare:sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 763), secondo cui si giustificherebbe il diniego di accesso alla documentazione contenente le dichiarazioni rese in sede ispettiva da dipendenti delle imprese che richiedono l’accesso stesso.

Nel caso in questione la documentazione richiesta dalla società S.E.C. non concerneva comunque specifiche posizioni di lavoratori dipendenti e quindi segreti epistolari, sanitari, professionali, finanziari, industriali ovvero commerciali riguardanti la vita privata e la riservatezza dei soggetti interessati.

Ciò posto, non vi sono motivi per discostarsi dalla giurisprudenza consolidata di questa Sezione in tema di diniego di accesso opposto dall’Amministrazione sulla base di norme (nel caso quelle di cui al d.m. n.757 del 1994) che precludono l’accesso alla documentazione contenente le dichiarazioni rese in sede ispettiva da dipendenti delle imprese che richiedono l’accesso.

Le finalità che sostengono tale tipo di disposizioni preclusive, fondate su un particolare aspetto della riservatezza, quello cioè attinente all’esigenza di preservare l’identità dei dipendenti autori delle dichiarazioni allo scopo di sottrarli a potenziali azioni discriminatorie, pressioni indebite o ritorsioni da parte del datore di lavoro non vengono dunque in discussione.

Va rilevato, infine, che la prevalenza del diritto di difesa, in proiezione giurisdizionale, dei propri interessi giuridicamente rilevanti non necessita, nel caso della soc. S.E.C., di specificazioni ulteriori in ordine alle concrete esigenze di difesa perseguite, essendo tale specificazione sufficientemente contenuta nell’allegazione, a base della richiesta di accesso inoltrata dalla interessata, che la conoscenza delle dichiarazioni è necessaria per approntare la difesa in sede di azione di accertamento della legittimità dell’operato dell’Amministrazione.

In conclusione, costituendo l’accesso la regola e il diniego dello stesso, invece, l’eccezione, il ricorso in esame deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve ordinarsi all’Amministrazione del lavoro di consentire l’accesso alla documentazione richiesta dalla società istante, mentre la domanda risarcitoria ribadita nell’attuale sede dall’appellante, attesa la sua genericità, va dichiarata inammissibile.

Quanto alle spese giudiziali sussistono giusti motivi per compensarle, in connessione alla peculiarità della fattispecie e degli interessi da contemperare nell’applicazione della normativa vigente.
P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, accoglie parzialmente, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso di primo grado.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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