Cons. Stato Sez. V, 06-07-2010, n. 4319 COMMERCIO DI VENDITA AL PUBBLICO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

1. La Società appellante è conduttrice, in forza di un contratto di locazione finanziaria, di un immobile sito nel Comune di Montorso Vicentino, in zona territoriale omogenea "D2 artigianale e commerciale per grandi superficie di vendita", ove sono ammesse le destinazioni d’uso per industrie, laboratori artigianali, depositi di piccole dimensioni e, nel rispetto dei criteri della programmazione commerciale di cui all’art.14 della legge regionale Veneto n.15 del 2004, medie strutture di vendita con superficie di vendita fino a 1.000 mq..

L’immobile, adibito ad uso artigianale, è dotato di un accesso diretto alla strada provinciale n. 31 Valchiampo.

Con deliberazione consiliare n. 21 del 3 maggio 2006, il Comune di Montorso Vicentino, secondo le previsioni dell’art.14 della legge regionale n.15 del 2004, approvava i criteri comunali per l’insediamento di medie strutture vendita, ponendo limiti di superficie e localizzativi tali da pregiudicare l’insediamento di una media struttura di vendita nell’immobile dell’appellante.

La ricorrente impugnava la predetta deliberazione innanzi al TAR Veneto affidandosi ad un unico ed articolato motivo di violazione degli artt. 1, 7, 14 e 15 della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15, violazione della deliberazione della Giunta regionale n. 496 del 18 febbraio 2005, nonché contraddittorietà, illogicità manifesta e difetto di motivazione.

Si costituiva in giudizio il Comune di Montorso Vicentino eccependo l’inammissibilità del ricorso (per difetto di legittimazione attiva e per carenza di interesse sotto un duplice profilo) e concludendo per la sua infondatezza, interveniva ad opponendum la S. s.r.l..

Poiché era stata rilasciata dal Comune di Montorso Vicentino l’autorizzazione n.1 del 2007, per la apertura di una media struttura di vendita nel settore merceologico misto alla società ASPIAG Service, autorizzazione poi intestata alla società DI.DO. Supermercati, con ulteriore ricorso per motivi aggiunti la società C.E.B. impugnava anche la suddetta autorizzazione commerciale.

Con sentenza n.264 del 2009 il TAR Veneto, Sez, III, respingeva il ricorso e i motivi aggiunti.

2. Ha proposto appello la società C.E.B. reiterando sostanzialmente i profili di doglianza già dedotti in primo grado e respinti dal primo giudice.

Premette la appellante che i criteri adottati consentono l’apertura nel Comune di soli due esercizi commerciali con superficie massima ciascuno di 200 mq. nel settore non alimentare generico, l’apertura di esercizi fino a 600 mq. nel settore non alimentare a grande fabbisogno di superficie, l’apertura di esercizi fino a 700 mq. nel settore misto, tutti esclusivamente nella zona ZTO D2/4 Spinino, escludendo, inoltre, nell’intero territorio comunale, l’apertura di esercizi di vendita per il settore alimentare. Pertanto nell’immobile della ricorrente, sebbene inserito in ZTO D2 del P.R.G. che consente la destinazione, tra le altre, di medie strutture di vendita, non puo" essere attivata nessuna media struttura di vendita.

Secondo la appellante si tratta di prescrizioni irragionevoli perché riguardano strutture medio piccole per le quali la legge favorisce l’insediamento tanto che la deliberazione di Giunta Regionale n.496 del 18.2.2005 prevede che tutte le strutture fino a 1.000 mq. non sono soggette a programmazione né a verifica del parametro di intensità.

I criteri di cui sopra violano i principi indicati nel primo comma dell’art.14 della legge regionale n.15 del 2004, primo tra tutti quello di garantire la concorrenzialità del sistema distributivo, l’equilibrio tra le diverse forme di vendita e la tutela delle medie strutture.

Tale programmazione, oltre ad essere in contrasto con i principi fissati dalla legge e con i principi costituzionali e comunitari, avrebbe anche l’effetto di "sprecare ricchezza" perché metterebbe fuori gioco edifici già esistenti e strutturalmente funzionali ad attività commerciali medio piccole, mentre indurrebbe all’accaparramento di aree nella zona di Spinino, unica deputata all’insediamento di strutture di vendita medio piccole.

Erroneamente il giudice di primo grado avrebbe ravvisato la infondatezza delle censure dedotte trovando del tutto logico che il Comune di Montorso Vicentino abbia fissato categorici limiti di superficie per ogni settore ed escluso l’apertura di qualsiasi media struttura di vendita al di fuori della ZTO Spinino.

A sostegno del proprio convincimento, osserva l’appellante, il giudice di primo grado ha posto il fatto che tra i criteri elencati dal comma 1 dell’art.14 vi sono anche quelli volti a raggiungere l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente, la viabilità dei centri urbani, di mantenere una presenza diffusa e qualificata del servizio di prossimità, di individuare strumenti di politica del territorio quali la sicurezza, il deflusso veicolare ed i trasporti pubblici.

Inoltre il primo giudice ha dato particolare risalto al fatto che la deliberazione di Giunta Regionale n.496 del 18.2.2005, pur escludendo dalla programmazione le medie strutture di vendita fino a 1.000 mq., "fa salva la facoltà dei Comuni, nell’ambito della propria autonomia programmatoria commerciale di prevedere una disciplina maggiormente restrittiva dei criteri indicati nel presente provvedimento".

In questa ottica il giudice di primo grado compara la situazione territoriale della località Spinino con quella della appellante avvalendosi di un estratto del P.R.G. e di planimetrie catastali mentre per quanto riguarda l’area Spinino richiama la descrizione contenuta nella relazione tecnica allegata ai criteri comunali.

Sulla base della suddetta comparazione – prosegue l’appellante – il giudice di primo grado ha concluso che la scelta del Comune, per la dimensione territoriale, l’orografia dei luoghi, la vocazione delle diverse aree e le specifiche condizioni di viabilità, è legittima perché la località Spinino è l’unica area con caratteristiche idonee alla localizzazione delle medie strutture di vendita, inferiori a 1000 mq..

Senonchè il giudice avrebbe introdotto una serie di elementi di valutazione ultronei che l’amministrazione non aveva considerato e che erano irrilevanti ai fini del giudizio non potendo il giudice sostituirsi all’amministrazione per suffragare scelte non sufficientemente motivate.

Resterebbero quindi del tutto apodittiche e prive di riscontro nelle scelte dell’amministrazione le considerazioni della sentenza appellata circa la vicinanza dell’area della ricorrente ad un corso d’acqua che non darebbe possibilità di ampliamenti, la vicinanza del centro storico, l’accessibilità diretta alla strada provinciale e l’interferenza con la circolazione.

Rileva di contro la appellante che entrambe le zone sono pianeggianti, in fregio alla strada provinciale, altrettanto visibili dalla futura clientela ed in quanto alla vicinanza al centro storico, circostanza che viene valutata negativamente sia dal Comune, sia dal TAR, la ZTO D2/4 Spinino è più vicina al centro storico rispetto alla ZTO D2; in ogni caso le medie strutture di vendita fino a 1.000 mq. sono ex lege ammesse anche in zona A (centro storico).

Le considerazioni del giudice di primo grado che il rio Rodegotto impedirebbe l’ampliamento di futuri esercizi commerciali non terrebbe conto della situazione di fatto, cioè della esistenza di fabbricati che già hanno superfici tali da consentire agevolmente l’ampliamento di medie strutture di vendita.

L’edificio della ricorrente si sviluppa su due livelli ed ha una superficie complessiva di oltre 2.000 mq. mentre l’area di pertinenza è dotata di ampi spazi di parcheggio ed aree di manovra, tali da consentire agli autoarticolati di girarsi agevolmente all’ interno e di immettersi in tutta sicurezza sulla strada provinciale perfettamente in grado di assorbire il modesto traffico indotto da una superficie di vendita fino a mq.1.000.

D’altra parte, la verifica della accessibilità viaria, riguarda solo le medie strutture di vendita con superficie superiore ai 1000 mq (art.19 della legge regionale n.15/2004).

Dopo avere rilevato carenze istruttorie e motivazionali (la determinazione comunale dei criteri si è basata su parziali estratti di planimetria) e carenze procedimentali (quanto alla autorizzazione commerciale rilasciata alla controinteressata), l’appellante conclude chiedendo la riforma della sentenza di primo grado.

Si costituiva nel giudizio di appello il comune di Montorso Vicentino chiedendo una pronunzia di irricevibilità, improcedibilità, inammissibilità e nel merito la reiezione del ricorso.

Il Comune ha presentato anche appello incidentale autonomo chiedendo l’esame di alcune delle eccezioni proposte in primo grado e rigettate dal primo giudice relative alla carenza di interesse della ricorrente al gravame.

Si è costituita la soc. ASPIAG Service s.r.l., che, oltre a controdedurre nel merito, ha eccepito (stante il divieto, ex art.37 delle NTA al PRG,di accessi diretti sulla S.P. Valchiampo in zona D2 in caso di aperture di medie strutture) carenza di interesse della ricorrente ad avversare sia la deliberazione consiliare n.21 del 3 maggio 2006, sia soprattutto l’autorizzazione rilasciatale dal Comune.

Si è costituita la S. s.r.l., chiedendo il rigetto dell’appello, deducendo infondatezza e contraddittorietà delle relative censure.

Con decisione parziale n.474 del 2010 la Sezione, dopo avere esaminato e respinto alcune censure sollevate dal comune nell’appello incidentale, ha disposto incombenti istruttori in ordine alla documentazione presa a base dal consiglio comunale per la scelta programmatoria effettuata.

Espletata la istruttoria sono state ulteriormente depositate memorie difensive e quindi, all’udienza del 23 marzo 2010, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la definitiva decisione.

Motivi della decisione

1. Dopo la decisione parziale della Sezione, n.474 del 2010, rimane da affrontare la questione centrale della vicenda contenziosa che investe la razionalità della scelta operata dal comune di concentrare, nella sola zona Spinino, tutte le medie strutture di vendita.

Assume la appellante la arbitrarietà di tale scelta sostenendo che tra le due zone, quella di Spinino era la meno idonea soprattutto con riferimento al settore misto di 700 mq. di cui 400 alimentare la cui autorizzazione è stata rilasciata alla controinteressata A..

2. Le argomentazioni della appellante non vengono condivise dalla Sezione.

3. Con un primo gruppo di motivi la società denunzia la violazione degli artt. 1, 7 e 14 della legge regionale n.15 del 13.8.2004, nonché profili vari di eccesso di potere. Espone che le prescrizioni della deliberazione consiliare n.21 del 3.5.2006, nella parte in cui consentono soli due esercizi commerciali con superficie massima di 200 mq. nel settore non alimentare generico, l’apertura di esercizi fino a 600mq. nel settore non alimentare a grande fabbisogno di superficie, l’apertura di esercizi fino a 700 mq nel settore misto, tutti esclusivamente nella zona ZTO D/24 ed escludono inoltre nell’intero territorio comunale l’apertura di esercizi di vendita per il settore alimentare, sarebbero irragionevoli e contrarie alla legge che favorisce tali insediamenti tanto che la deliberazione di Giunta Regionale n.496 del 18.2.2005 prevede che tutte le strutture fino a 1000 mq. non sono soggette a programmazione né alla verifica del parametro di densità.

Pertanto i criteri che il comune ha approvato violerebbero i principi indicati nel primo comma dell’art. 14 della legge regionale soprarichiamata n.15 del 2004, primo tra tutti quello di garantire la concorrenzialità del sistema distributivo oltre che l’equilibrio tra le diverse forme di vendita e la tutela delle medie strutture, frustrando qualsiasi iniziativa imprenditoriale e le aspirazione di coloro che possiedono edifici realizzati all’interno del territorio comunale in ZTO, sorti peraltro in attuazione della specifica programmazione urbanistica e volti a consentire anche destinazioni commerciali.

4. L’affermazione della appellante secondo cui il comune non potrebbe fissare obiettivi programmatici in relazione alle medie strutture di vendita comprese fino a 1000 mq non è condivisibile ed è stata esattamente contrastata dalle ampie argomentazioni del primo giudice.

L’art. 6 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n.114, al comma 1 fissa gli obiettivi della programmazione regionale ed al comma 2, demanda alle Regioni il compito di adottare "criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, affinché gli strumenti urbanistici comunali individuino", tra l’altro, "le aree da destinare agli insediamenti commerciali ed, in particolare, quelle nelle quali consentire gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio", mentre l’art. 8 stabilisce che i comuni adottano i criteri per il rilascio delle autorizzazioni delle medie strutture di vendita sulla base delle disposizioni regionali e degli obiettivi indicati all’articolo 6.

La legge regionale 13 agosto 2004, n. 15, all’art. 14, comma 6, subordina l’apertura, il trasferimento di sede, il mutamento dei settori merceologici e l’ampliamento della superficie di vendita al rilascio di un’autorizzazione comunale che rispetti la programmazione regionale e risponda ai criteri assunti dall’amministrazione comunale, mentre al comma 1 fissa i principi cui deve attenersi la programmazione comunale.

Risulta evidente che tali principi non sono volti solamente, come sostenuto dalla appellante, a garantire la concorrenzialità del sistema distributivo, l’equilibrio tra le diverse forme distributive ed a tutelare le medie strutture, finalità di cui alle lettere b), e), f) e h) dell’art. 14, comma 1, della sopradetta legge regionale, ma devono contemperarsi con l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente e la viabilità dei centri urbani (lett.c), mantenere una presenza diffusa e qualificata del servizio di prossimità (lett. d), individuare strumenti di politica del territorio per la sicurezza, il regolare flusso veicolare ed i trasporti pubblici (lett. g).

L’art. 17 della legge regionale prevede che le medie strutture con superficie di vendita fino a 1.000 mq possano essere localizzate, in quanto urbanisticamente compatibili, con la struttura residenziale, nelle zone territoriali omogenee di tipo A, B, C1 e C2, nonché nelle zone territoriali omogenee di tipo D a specifica destinazione commerciale, tuttavia ciò è consentito in quanto "… tale localizzazione non sia in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici" ai quali è pertanto riconosciuto il potere di introdurre specifiche limitazioni.

Se poi è vero che la deliberazione della Giunta regionale n. 496 del 18 febbraio 2005, in linea di principio esclude dalla programmazione le medie strutture fino a 1.000 mq di superficie, tuttavia nella motivazione è anche stabilito che resta "salva la facoltà dei comuni, nell’ambito della propria autonomia programmatoria commerciale, di prevedere una disciplina maggiormente restrittiva nel rispetto dei criteri indicati nel presente provvedimento" e nel testo dell’allegato, ribadisce di aver proceduto ad individuare un indice di equilibrio commerciale fissandone, nello stesso tempo, il campo di applicazione "fatta salva la facoltà dei comuni, nell’ambito della propria autonomia programmatoria, di prevedere una disciplina maggiormente restrittiva".

Risulta quindi evidente, conclusivamente, che il comune conserva margini di discrezionalità nel prevedere limiti, nella programmazione commerciale e nella pianificazione urbanistica, all’insediamento delle medie strutture di vendita.

5. La società indirizza un ulteriore gruppo di censure sulle modalità in concreto utilizzate dal comune per l’esercizio di tale discrezionalità ed in particolare sul fatto che l’amministrazione avrebbe effettuato "scelte apodittiche e prive di riscontro" non emergendo i criteri e le ragioni nell’escludere l’apertura di medie strutture dalle altre zone del territorio comunale, pur urbanisticamente compatibili.

La appellante lamenta poi che il primo giudice fonderebbe la ragionevolezza dei criteri commerciali impugnati su una sviata ed incompleta valutazione della situazione di fatto.

6. Dalla documentazione acquisita anche a seguito della decisione parziale risulta che la scelta di localizzare le attività commerciali delle medie strutture di vendita in località Spinino è stata effettuata dal comune di Montorso Vicentino a conclusione di un iter istruttorio svolto tramite la società privata Ister (Istituto per il terziario).

Di tale istruttoria e della relativa valutazioni è stato dato conto nella relazione tecnica allegata alla delibera di approvazione del piano commerciale dalla quale emerge che è stata effettuata una analisi demografica della rete distributiva esistente nel comune e dell’assetto del territorio, della rete di vendita anche confrontata con i comuni limitrofi.

La maggiore distanza dal centro storico, nell’ottica dell’art. 14 della legge 15 del 2004, che richiede la tutela non solo delle medie imprese ma anche delle piccole imprese, assicurando, tra gli altri,"il mantenimento di una presenza diffusa e qualificata del servizio di prossimità", è stato un fattore rilevante per la scelta della località, atteso che per il comune, la funzione degli esercizi di vicinato "risulta essenziale e va pertanto tutelata e salvaguardata sia per la tipologia alimentare che per la non alimentare e per l’importante funzione sociale che risulta avere nel contesto".

Il piano ha rilevato che la ampiezza dell’area Spinino consente una viabilità secondaria interna alla zona con conseguente non utilizzo immediato della strada provinciale Val Chiampo ed inoltre che l’area, dotata di ottima visibilità da parte della clientela di passaggio, con la presenza di numerosi fabbricati ad uso artigiano e commerciale, consente ancora vari spazi di sfruttamento e di sviluppo.

Il piano ha poi tenuto presente la rete distributiva esistente non solo nel comune di Montorso Vicentino, ma anche nei comuni limitrofi, rilevando che l’utente gode di numerose possibilità di scelta soprattutto nel settore alimentare per cui il settore alimentare andava limitato solo all’interno del settore misto.

Sulla base di tale rilievo, il piano, al fine di ottenere una presenza equilibrata delle diverse forme distributiva ed una possibilità di scelta concorrenziale, pur non consentendo l’apertura di esercizi esclusivamente alimentari, prevedeva l’insediamento di medie strutture di vendita e precisamente di due esercizi con superficie massima di 200 mq ciascuno nel settore non alimentare generico e di un numero indeterminato di esercizi sino a 600 mq., ciascuno nel settore non alimentare a grande fabbisogno di superficie nonché un esercizio nel settore misto con superficie massima di 700 mq. di cui 400 mq da destinarsi al settore alimentare.

Pertanto contrariamente a quanto sostenuto dalla appellante la disciplina regolamentare impugnata, sia pure limitandole, non preclude la attivazione di superfici di vendita del settore alimentare e cio" rende erronee le argomentazioni svolte al riguardo dalla appellante.

La zona ove è ubicata la appellante, oltre a problematiche di superficie, essendo di estensione molto ridotta rispetto alla zona Spinino e dunque senza possibilità di sviluppo ed oltre alla vicinanza dal centro storico (con conseguente possibile compressione degli esercizi di vicinato ivi ubicati), comporta l’inevitabile immissione diretta lungo la Valchiampo, con connesse problematiche di traffico e sicurezza.

Pacifica giurisprudenza di questo Consiglio ritiene che la programmazione della rete distributiva, compreso il dimensionamento e la limitazione delle superficie di vendita, rientra nella discrezionalità propria della amministrazione competente in materia di pianificazione che puessere sottoposta la vaglio della giustizia amministrativa solo per palese arbitrarietà, illogicità, manifesta ragionevolezza, errori di fatto, tutti non sussistenti nel caso in esame in cui, all’evidenza, nella scelta della località Spinino, è stata contemperata la esigenza di concorrenzialità del sistema distributivo con l’equilibrio delle diverse forme distributive ed in particolare con la tutela delle piccole e medie imprese commerciali mantenendo una presenza diffusa e qualificata del servizio di prossimità.

Esattamente quindi il primo giudice ha concluso rilevando che la dimensione territoriale del comune, l’orografia dei luoghi, la vocazione delle diverse aree e le specifiche condizioni di viabilità rendono non irragionevole né arbitraria la scelta dell’unica area che, secondo le valutazioni del comune, ha caratteristiche idonee alla localizzazione delle medie strutture di vendita.

7. Infondata è anche la censura, reiterata nell’atto di appello, con la quale l’appellante lamenta la violazione dell’articolo 7 della legge 241 del 1990 assumendo che l’amministrazione comunale era tenuta a darle notizia dell’avvio del procedimento in quanto le sarebbe derivato pregiudizio dal rilascio della autorizzazione commerciale alla soc. A.S., cui è subentrata la D.S..

Secondo la ricorrente il fatto che la C. s.r.l. avesse proposto ricorso avverso la delibera di approvazione del piano commerciale, che costituiva atto presupposto a quello autorizzativo avversato, doveva indurre l’amministrazione ad individuare la ricorrente come soggetto destinatario della suddetta comunicazione di avvio del procedimento trattandosi di soggetto facilmente individuabile cui il provvedimento autorizzativo avrebbe potuto arrecare pregiudizio.

Come rilevato dal primo giudice, il rilascio della autorizzazione alla società controinteressata, assentibile in base alla programmazione vigente, era atto vincolato che non comportava alcun pregiudizio per la ricorrente, fino ad allora limitatasi ad impugnare la deliberazione di approvazione dei criteri di rilascio della autorizzazione. Ma anche prescindendo dal fatto che nel caso in esame la comunicazione di avvio del procedimento non era obbligatoria, la autorizzazione commerciale oggetto di impugnativa non potrebbe in ogni caso essere annullata dovendosi ritenere applicabile alla fattispecie la disposizione di cui all’art.21 octies, comma 2, secondo periodo della legge n.241 del 1990 in base al quale, qualora sia contestato il provvedimento in quanto non preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, tale provvedimento non puo" comunque essere annullato qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Stante l’esito del ricorso presentato dalla società C. appare quindi chiaro che il suo apporto partecipativo non avrebbe potuto in alcun modo impedire il rilascio della autorizzazione commerciale alla società ASPIAG.

8. In conclusione l’appello non merita accoglimento.

9. Spese ed onorari, in relazione alla peculiarità della fattispecie, possono essere compensati tra tutte le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, quinta Sezione definitivamente decidendo, respinge l’appello in epigrafe indicato.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2010 con l’intervento dei Signori:

Stefano Baccarini, Presidente

Marco Lipari, Consigliere

Aldo Scola, Consigliere

Nicola Russo, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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