Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-01-2011) 01-04-2011, n. 13368 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 16.6.2010 il GIP presso il Tribunale di Firenze emetteva decreto di sequestro preventivo di alcuni beni a carico degli attuali ricorrenti e di altri coindagati in relazione ad un’indagine per i reati di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio aggravata ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7.

Avverso tale provvedimento gli attuali ricorrenti, non tutti indagati, proponevano istanza di riesame, ma il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 14.7.2010, la respinse. Il Tribunale osservava che si trattava di un’indagine nella quale era stato originariamente contestato il reato di cui all’art. 416 bis c.p. in relazione ad una complessa attività di riciclaggio di denaro di provenienza illecita su soggetti di nazionalità cinese ed italiana. Veniva disposto il sequestro di beni degli indagati o di soggetti ad essi collegati anche in relazione alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies.

Circa l’eccezione di non avere potuto visitare i documenti video il Tribunale rilevava che non era stata depositata alcuna richiesta di estrarre copia di tale materiale e che comunque ai difensori era stato offerto da agenti di PG di essere portati in luogo ove sarebbe stato possibile visionare e masterizzare le dette riprese video.

Inoltre, osservava il Tribunale, si tratta di sequestro preventivo in cui è sufficiente la verifica dell’astratta configurabilità del reato; ed inoltre i beni in sequestro risultavano collegati sia per le modalità di esecuzione sia perchè non riconducigli alle reali capacità economiche degli agenti, ad attività di sostegno per i reati contestati ed in possesso o degli indagati o a soggetti agli stessi collegati per parentela o rapporti di lavoro.

Il Tribunale rilevava che a questo stato dell’indagine non era possibile delibare quali beni andassero effettivamente sequestrati e quali no, decisione riservata al proseguo delle indagini, essendo a monte sussistente una complessa indagine su di un imponente traffico valutario che non consentiva di sezionare le singole posizioni e gli specifici atti di sequestro.

Nel ricorso della P.J. si rileva la mera apparenza della motivazione che non offriva alcun elemento anche per valutare l’astratta configurabilità del reato. L’ordinanza non dava alcuna risposta in ordine alle specifiche deduzioni svolte nell’atto di riesame con cui si contestava la legittimità degli atti di sequestro disposti su assegni e denaro nella disponibilità della ricorrente nel corso della perquisizione domiciliare eseguita a carico del marito, assente in quanto si trovava in Cina.

Con il secondo motivo si allega che i beni sequestrati erano di proprietà della moglie dell’indagato Y.Y. e provento di una regolare attività economica svolta dalla ricorrente che aveva in poco tempo fatturato il doppio del denaro posto sotto sequestro.

Il denaro non aveva alcuna pertinenzialità con il reato commesso.

Nel ricorso della Y.H. il primo motivo è identico a quello del ricorso precedente;

con il secondo motivo si rileva che illegittimamente si era sequestrata l’azienda ed i conti correnti della ditta Pelletteria Francesco del ricorrente – in quanto ormai cessata – e gli autoveicoli del ricorrente (di cui uno in leasing e due di proprietà). Per tale ultimo sequestro occorreva dimostrare la sproporzione tra i redditi del ricorrente e l’acquisto di tali beni, ma il Tribunale non aveva considerato che, oltre al reddito del ricorrente, vi era quello dell’impresa Pelletteria Francesco che si era mantenuta in forte attivo ed aveva avuto un notevole fatturato, sicchè tale sproporzione non sussisteva.

Nel ricorso del C.W. si ribadisce che non era stato dato modo ai difensori di masterizzare il materiale video con grave lesione dei diritti di difesa e pertanto la difesa non aveva potuto controllare il materiale indiziario a carico della ricorrente.

Con il secondo motivo si rileva la nullità delle intercettazioni effettuate in quanto disposte sulla base della contestazione di una associazione di stampo mafioso poi esclusa. Del tutto artificiale ed immotivato era stato il mantenimento dell’aggravante di cui alla D.L. n. 152 del 1991, art. 7 al solo fine di salvare il contenuto delle intercettazioni.

Con il terzo motivo si rileva che la motivazione era del tutto apparente in quanto nemmeno una parola era stata dedicata alla posizione del ricorrente ed alla ditta Cinzia mobili.

Con il quarto motivo si allega che era insussistente l’aggravante di cui al D.L. n. 151 del 1991, art. 7.

Con il quinto motivo si deduce ancora la carenza di motivazione in ordine agli elementi a carico del ricorrente che se aveva trasferito del denaro lo aveva fatto con denaro proprio e che l’azienda del ricorrente opera ordinariamente con l’estero.

Nel ricorso della W.Z.H. con il primo motivo si deduce la mera apparenza della motivazione che non offriva alcun elemento anche solo per valutare l’astratta configurabilità del reato.

L’ordinanza non dava alcuna risposta in ordine alle specifiche deduzioni svolte nell’atto di riesame. Con il secondo motivo, circa il sequestro dell’azienda Milord import e di 4 autoveicoli e del conto corrente bancario, carte di credito età, si rilevava che per tale sequestro occorreva dimostrare la sproporzione tra i redditi del ricorrente e l’acquisto di tali beni, ma il Tribunale non aveva considerato che oltre al reddito del ricorrente vi era quello dell’impresa Milord Export che era stata in attivo ed aveva avuto un notevole fatturato negli ultimi, sicchè tale sproporzione con sussisteva, come emergeva anche dalla documentazione fiscale allegata.

Da ultimo si contesta il sequestro del denaro in quanto non era stato dimostrato in alcun modo che fosse pertinente al reato.
Motivi della decisione

I ricorsi appaiono fondati e pertanto vanno accolti.

L’ordinanza impugnata non offre alcun elemento in ordine al fumus, riguardo la posizione specifica dei ricorrenti (che non sono peraltro tutti indagati), se non mediante riferimenti del tutto generici all’indagine nel suo complesso. Inoltre di fronte alle doglianze dei ricorrenti sulla sequestrabilità dei beni o perchè in nessun rapporto con i fatti per cui è indagine o perchè di legittima proprietà dei ricorrenti e quindi non nella "disponibilità" degli indagati o infine per la mancanza dell’elemento della sproporzione tra i redditi percepiti ed il valore dei beni stessi, l’ordinanza rileva addirittura che tali doglianze non sarebbero pertinenti in quanto riservate a fasi successive, contravvenendo in tal modo all’obbligo di motivazione non solo in relazione al fumus, ma anche in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge per la sequestrabilità dei beni, contestati, come detto, con specifici motivi ed in relazione a diverse circostanze nelle richieste di riesame. Alla detta, radicale, carenza di motivazione consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con trasmissione per nuovo giudizio degli atti al Tribunale di Firenze che dovrà motivare la legittimità del provvedimento di sequestro impugnato in ordine alle singole posizioni ed ai singoli beni in sequestro.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e dispone che gli atti siano trasmessi al Tribunale di Firenze per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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