Cons. Stato Sez. VI, Sent., 29-03-2011, n. 1904 Assicurazione obbligatoria autoveicoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza n. 19658 del 2010 in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale del Lazio -Sede di Roma- ha preso in esame la impugnazione proposta dalla suindicata società assicurativa e dal legale rappresentante protempore della stessa avverso il provvedimento con il quale il Ministero aveva loro applicato una sanzione amministrativa a cagione della asserita violazione dell’art. 11, comma 1bis, della l. 24 dicembre 1969, n. 990 (legge, quest’ultima, successivamente abrogata dal comma 1 dell’art. 354 del codice delle assicurazioni private, di cui al d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, con i limiti e la decorrenza indicati nel comma 4 dello stesso articolo).

La contestazione ipotizzata faceva riferimento alla supposta elusione dell’obbligo a contrarre contenuto nella citata disposizione di legge, la cui commissione sarebbe stata ascrivibile alla applicazione delle tariffe ancora in vigore al 1° gennaio 2003 ed a quelle introdotte a far data dal 1° aprile 2003, con riferimento ad alcune categorie di assicurati e a determinate zone territoriali.

In sede endoprocedimentale l’Isvap non aveva ritenuto soddisfacenti le giustificazioni addotte dall’incolpata società ed aveva espresso parere favorevole alla emissione da parte del competente Ministero delle attività produttive dell’ordinanzaingiunzione, a titolo di sanzione per elusione dell’obbligo legale a contrarre in materia di r.c. auto.

Aveva trasmesso nel 2004 la proposta di irrogazione delle sanzioni al Ministero, che l’aveva accolta con il provvedimento impugnato reso nel 2008.

Avverso tale provvedimento era stato proposto il ricorso di primo grado affidato a numerose doglianze sia di natura sostanziale (essendosi contestato il merito del provvedimento irrogativo della sanzione, la quantificazione di quest’ultima, i criteri utilizzati per affermare la sussistenza di una forma di responsabilità colpevole in pregiudizio della odierna appellata) che formale (si lamentava, tra l’altro la eccessiva lunghezza del procedimento, la incompetenza dell’organo emanante ed il vizio di eccesso di potere sotto varii profili sintomatici).

Il primo giudice ha ritenuto illegittima la pretesa del Ministero, manifestatasi con l’adozione dell’impugnata ordinanzaingiunzione, fondata su una supposta ultrattività delle attribuzioni proprie della previgente disciplina (a distanza di anni dal completo superamento sia dell’impianto generale al quale la stessa era riferita, sia del modello procedimentale utilizzato).

Ricorso n. 9544/2010.

Avverso la sentenza in epigrafe l’originaria resistente Isvap ha proposto un articolato appello sostenendo, in primo luogo, che la tesi del primo giudice violava il principio "tempus regit actum" (che nelle premesse si era ritenuto applicabile).

Non si teneva conto, infatti della circostanza che la fase istruttoria (della quale lo stesso Tribunale amministrativo regionale aveva affermato la autonomia) si era conclusa ed esaurita già antecedentemente al momento della entrata in vigore della modifica normativa di cui alla legge 28 dicembre 2005 n. 262.

Sotto altro profilo, le disposizioni transitorie di cui all’art. 8 del Regolamento Isvap 15 marzo 2006, n. 1, non potevano applicarsi nell’ipotesi in cui la proposta istruttoria fosse stata già veicolata all’esterno; la tesi del primo giudice obliava la circostanza che il principio di separazione tra competenze istruttorie e deliberative era stato mantenuto anche a seguito del mutato assetto normativo, prevedendosi che la competenza all’adozione dell’atto dispositivo pertenesse al Presidente dell’Isvap (non deputato allo svolgimento di alcun incombente istruttorio).

Argomentare nei termini esposti dal Tribunale amministrativo regionale avrebbe implicato la conseguenza che il Presidente dell’Isvap "deliberasse" in ordine ad una proposta da esso stesso in passato formulata (con chiara violazione del garantistico principio di separazione tra competenze istruttorie e deliberative).

Nella seconda parte del proprio ricorso in appello (pagg. 11 e segg.) l’Isvap ha ribadito le argomentazioni che escludevano la fondatezza delle ulteriori censure proposte in primo grado dall’impresa destinataria della sanzione e non esaminate dal primo giudice perché assorbite.

Ricorso n. 9428/ 2010

La difesa erariale del Ministero per lo sviluppo economico ha proposto appello avvero la indicata decisione prospettando argomentazioni analoghe a quelle rassegnate dall’Isvap e prima indicate.
Motivi della decisione

1.I ricorsi in appello devono essere riuniti in quanto proposti avverso la medesima decisione.

Come si è chiarito in "fatto" il tempo di commissione dell’illecito, nei termini contestati alla compagnia assicuratrice dall’Autorità, risale agli anni 2002/2003.

La disposizione di legge a quel tempo vigente che regolamentava la modalità di accertamento dell’illecito e la competenza ad irrogare la sanzione era (nella parte di interesse per l’odierno procedimento) contenuta nella legge 12 agosto 1982, n. 576, all’art. 4, che attribuiva all’Isvap la vigilanza sull’osservanza delle leggi e dei regolamenti vigenti da parte degli operatori del mercato assicurativo, e l’espletamento dell’attività istruttoria necessaria per l’adozione dei provvedimenti attribuiti dalla legge alla competenza del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, compresa la relazione per la commissione consultiva per le assicurazioni private di cui agli articoli 76 e seguenti del testo unico delle leggi sull’esercizio delle assicurazioni private, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1959, n. 449, e successive modificazioni.

La suindicata disposizione era stata modificata dall’art. 4 comma X del decreto legislativo 13 ottobre 1998, n. 373, alla cui stregua non appare dubitabile – ad avviso del Collegio – che la struttura del procedimento applicativo delle sanzioni a carico delle compagnie assicuratrici così disegnato avesse natura duale: all’Isvap era attribuita una funzione istruttoria, culminante nell’inoltro al Ministero della proposta applicativa della sanzione. A quest’ultimo perteneva il compito di irrogare la sanzione "con provvedimento motivato".

E posto che il provvedimento ministeriale necessitava di apposita motivazione non appare neppure contestabile che l’archetipo procedimentale prevedesse un vaglio da parte del Ministero sulle resultanze istruttorie trasmessegli con la proposta: non ricorreva, quindi, l’ipotesi di una mera presa d’atto, e neppure di una proposta assolutamente vincolante dalla quale il Ministero non si potesse discostare.

La struttura procedimentale bicefala sinora sommariamente descritta è rimasta immutata anche a seguito della emanazione del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (d.c. "codice delle assicurazioni private, art. 326 comma I).

Senonchè con il decreto legislativo 28 dicembre 2005, n. 262 (recante disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari) la situazione sinora descritta muta radicalmente.

Dalla struttura diarchica si passa alla competenza unica dell’Isvap incidente sia sulla fase accertativa dell’illecito che su quella irrogativa della sanzione.

Inoltre, in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 24 del citato decreto legislativo 28 dicembre 2005, n. 262, ed ai sensi dell’art. 9 comma III del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 l’Isvap l’Isvap ebbe ad emanare il Regolamento 15 Marzo 2006 n. 1 di disciplina dei profili procedimentali.

2. Arrestando per il momento la disamina del Collegio al dato legislativo (il testo del Regolamento n. 1/2006 dell’Isvap sarà oggetto di approfondimento di seguito) può affermarsi che, a seguito del decreto legislativo n. 28 dicembre 2005, n. 262 (entrato in vigore il successivo 12 gennaio 2006) è stato radicalmente mutato l’ordine delle competenze in materia di provvedimenti sanzionatori nel settore delle assicurazioni private: le competenze in passato spettanti al Ministero vengono trasferite all’Isvap.

Non può più farsi riferimento ad una struttura procedimentale duale o bicefala: l’intero procedimento accertativo dell’illecito ed applicativo della sanzione viene a far capo all’Isvap.

2.1. Ciò premesso in punto di evoluzione legislativa, va rammentato che la sequela procedimentale che ha condotto alla emissione del provvedimento impugnato in primo grado ha il suo punto d’inizio nell’anno 2003 (contestazione degli addebiti da parte dell’Isvap); nel 2004 l’Isvap trasmise al Ministero la proposta di irrogazione della sanzione a carico dell’appellata compagnia e del legale rappresentante pro tempore.

Non v’è dubbio che, sino a quel momento, il procedimento avesse pienamente rispettato le disposizioni all’epoca vigenti in materia di competenza ministeriale all’emissione dell’ordinanzaingiunzione impositiva della sanzione.

Senonchè, il Ministero, ricevuta detta proposta, non emise alcun provvedimento sino al 12 gennaio 2006, allorchè, come chiarito dianzi, venne a mutare la struttura procedimentale a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 28 dicembre 2005, n. 262- e neppure, successivamente a tale data, ebbe a restituire gli atti del procedimento all’Isvap e solo nel 2008, infine, il Ministero emise il provvedimento impugnato.

2.2. Secondo le appellanti l’operato del Ministero è immune da censure.

Nella constatazione che il decreto legislativo 28 dicembre 2005, n. 262 non dettava alcuna disciplina transitoria, doveva farsi riferimento alle seguenti emergenze fattuali e normative che giustificavano il permanere della competenza ministeriale all’adozione dell’ordinanzaingiunzione.

In primo luogo, il provvedimento sanzionatorio venne emesso comunque entro il termine di prescrizione quinquennale dell’illecito di cui all’art. 28 della l. 24 novembre 1981 n. 689; secondariamente, il mutato ordine di competenze non poteva fare riferimento ai procedimenti già compiutamente "esitati" dall’Isvap con la trasmissione della proposta di applicazione della sanzione al Ministero.

Peraltro le disposizioni regolamentari di cui ai commi 1 e 3 del Regolamento Isvap n. 1/2006 riguardavano unicamente i procedimenti pendenti dei quali l’istituto non si era ancora definitamente spogliato trasmettendo la detta proposta sanzionatoria al Ministero; ogni contraria interpretazione sarebbe stata illogica, in quanto la proposta medesima era stata firmata dal Presidente dell’Isvap.

Ove si fosse applicata a tali procedimenti la "novella" di cui al decreto legislativo n. 28 dicembre 2005, n. 262 il Presidente dell’Isvap si sarebbe dovuto pronunciare su una proposta che aveva egli stesso sottoscritto e, conseguentemente, sarebbe stato arrecato un vulnus al principio di "distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione" previsto dall’art. 24 del citato decreto legislativo.

Inoltre, la tesi del primo giudice finiva con l’attribuire portata esoprocedimentale e sostanziale autonomia alla proposta di applicazione delle sanzioni trasmessa nel 2004 dall’Isvap: ciò era errato alla luce delle dianzi citate vigenti disposizioni (tanto che il predetto atto non era considerato autonomamente impugnabile).

Ma laddove tale opzione ermeneutica fosse stata esatta, i ricorsi di primo grado dovevano essere dichiarati improcedibili per omessa tempestiva impugnazione dell’atto lesivo individuato nella predetta proposta.

2.3. Ritiene il Collegio che nessuna delle articolazioni critiche proposte dalle appellanti incida sulla correttezza del deliberato del primo giudice.

Va osservato sul punto che la delicata e controversa questione dell’applicabilità della normativa sopravvenuta al procedimento amministrativo in itinere (involgenti interessi essenziali quali quello alla ragionevolezza dei tempi di emissione, alla certezza in ordine alla individuazione dell’autorità emanante, ai rimedi applicabili, etc) è stata tradizionalmente risolta dalla dottrina e dalla giurisprudenza facendosi riferimento al criterio del tempus regit actum(che costituisce regola generale di tutti gli atti procedimentali).

Con tale brocardo si vuole sintetizzare il principio per cui ogni atto resta soggetto al regime normativo vigente al tempo della sua emanazione (ex multis: "Il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum, con la conseguenza che la sua legittimità va valutata con riferimento alle norme vigenti al tempo in cui è stato adottato."Consiglio Stato, sez. IV, 28 settembre 2009, n. 5835).

La giurisprudenza e la dottrina hanno fornito significativi contributi alla risoluzione delle numerose problematiche applicative discendenti dalla natura dei procedimenti amministrativi complessi, intesi come ordinato fluire di atti di diversa natura e provenienti da diversi organi coordinati dal perseguimento di un unico fine.

2.3.1. Un punto però, prima di più compiutamente esaminare la questione, deve essere rilevato.

La prospettiva seguita dalle appellanti sovverte – sotto il profilo della impostazione teorica – i tradizionali termini del ricorso al principio tempus regit actum quale criterio di verifica della legittimità degli atti infraprocedimentali alla luce delle sopravvenienze fattuali e giuridiche medio tempore intervenute.

Di regola, infatti, si è fatto ricorso a detto criterio per giudicare della validità e legittimità degli atti endoprocedimentali medio termine emessi: nel caso di specie, invece, l’applicazione del criterio predetto viene invocata al fine di giudicare della legittimità (non già degli atti collocati nella sequenza procedimentale ma) dell’atto conclusivo del procedimento alla stregua di una modifica legislativa medio tempore intervenuta che ha attribuito ad altra autorità il compito di provvedere.

La risoluzione della questione, quindi, soltanto in parte può dirsi interagire con il criterio del tempus regit actum richiamato: la prioritaria verifica riposa nella immediata operatività – o meno- della disposizione che ha attribuito a far data dal 12 gennaio 2006 all’Isvap il compito di emettere l’ordinanzaingiunzione sottraendo detta competenza al Ministero (in carenza di norma legislativa transitoria) e nella possibilità che a cagione dell’intervenuta emissione della proposta di sanzione diretta al Ministero quest’ultimo potesse "trattenere" una competenza irrogativa nel frattempo sottrattagli.

2.4. Il primo giudice ha fatto riferimento alla ricostruzione ermeneutica operata nella nota decisione della Prima Sezione della Corte di Cassazione n. 258 del 14 gennaio 1998 con la quale si è affermato, con specifico riferimento ai procedimenti sanzionatori, che la legge sopravvenuta non è applicabile ai singoli atti subprocedimentali già perfezionatisi nel vigore della disciplina previgente – ove detta legge riguardi unicamente tali atti.

Il Collegio condivide pienamente detta impostazione, la classificazione bipartita del procedimento amministrativo ivi operata e le conseguenze applicative che se ne sono fatte discendere.

Anche le appellanti hanno dichiarato di condividere sotto il profilo teorico l’ispirazione classificatoria sottesa a detta pronuncia: hanno però criticato la tesi del tribunale amministrativo, secondo cui nel caso di specie ci si troverebbe in presenza di un procedimento amministrativo in senso lato, e la connotazione di "procedimento autonomo" attribuita alla fase istruttoria interna all’Isvap sfociata nella proposta applicativa della sanzione.

Le argomentazioni assertive contenute negli appelli in punto di individuazione della tipologia di procedimento amministrativo tratteggiato dalle antevigenti disposizioni in materia non persuadono il Collegio; esse non appaiono neppure decisive ai fini del decidere.

Se anche si volesse ritenere – aderendo all’impostazione contenuta negli scritti appellatori- che trattavasi di "procedimento amministrativo in senso stretto" laddove l’unitarietà degli atti infraprocedimentali (isolatamente considerati privi di autonomia) era preordinata alla emissione del provvedimento finale (unico ad essere connotato da valenza esterna) ugualmente dovrebbe affermarsi che il Ministero era (ormai divenuto) privo di competenza.

Ciò in adesione al consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo il quale (Consiglio di stato, sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5525)" il principio tempus regit actum impone all’amministrazione di applicare la disciplina, anche sopravvenuta, vigente al momento dell’adozione del provvedimento finale".

2.5. Né le prescrizioni di cui all’art. 8 del Regolamento Isvap n. 1/2006 richiamate possono indurre a contrarie conclusioni.

In disparte, infatti, la circostanza che esse non potrebbero certo valere a disciplinare in senso opposto a quello desumibile dalla disposizione di legge (ed in assenza di norma legislativa transitoria) un fenomeno applicativo discendente dalle (gerarchicamente sovraordinate) disposizioni di cui agli artt. 24 e 26 del decreto legislativo n. 28 dicembre 2005, n. 262, è agevole riscontrare che la bipartizione operata nell’art. 8 del citato regolamento non può far discendere l’effetto che i procedimenti per i quali fosse stata già stata resa la proposta applicativa dovessero permanere nella competenza deliberativa ministeriale anche successivamente al 12 gennaio 2006.

Né d’altro canto può indurre ad un contrario convincimento il paventato effetto di commistione tra funzioni decisorie ed istruttorie laddove si affermi che il Ministero, ormai divenuto incompetente, avesse dovuto restituire gli atti all’Isvap.

Ciò per un triplice ordine di argomenti:

a)il Presidente dell’Isvap sottoscrisse la proposta applicativa delle sanzioni (formulata dalla commissione valutativa delle sanzioni) ma non partecipò direttamente alla fase istruttoria, svolta dal Servizio Vigilanza;

b)tale schema è identico a quello previsto dall’art. 5 del Regolamento n. 1/2006 per i procedimenti avviati successivamente al 12 gennaio 2006 che ha istituito il Servizio sanzioni;

c) anche laddove si voglia ritenere che l’inconveniente relativo alla posizione del Presidente Isvap (che si sarebbe trovato a dovere delibare su una proposta istruttoria che egli in passato aveva sottoscritto inoltandola al Ministero) avesse natura impediente l’ordinamento appresta strumenti per ovviare a tale forma di incompatibilità (astensione, etc).

Tale circostanza, comunque, non può essere idonea a sovvertire il mutato ordine di competenze ascrivibile allo jus superveniens entrato in vigore con effetto immediato.

2.6. Conclusivamente, la pretesa delle appellanti alla applicazione del principio del "fatto esaurito" al procedimento di che trattasi appare inaccoglibile.

Essa postula che, a cagione della circostanza che la fase istruttoria si era legittimamente conclusa secondo le norme illo tempore vigenti, si fosse determinato un radicamento della competenza alla emissione dell’atto finale in capo ad un organo che, secondo la legge vigente al tempo dell’emissione dell’ atto conclusivo predetto aveva ormai perduto il potere di provvedere.

Osserva il Collegio che una simile applicazione del principio tempus regit actum, si risolverebbe non già nella (sola) conservazione dell’atto infraprocedimentale compiuto in aderenza alla regula juris vigente al tempo della sua adozione, ma nella applicazione all’atto finale di una regola giuridica non più vigente al tempo della sua adozione: il che, a ben guardare, è proprio l’esatta negazione del principio tempus regit actum del quale si invoca l’applicazione.

Né, infine, la fondatezza della tesi postulata dalle appellanti può ricavarsi dal disposto di cui all’art. 5 del codice di procedura civile poichè nel procedimento amministrativo non vige il principio, analogo a quello processuale, della "perpetuatio iurisdictionis", secondo il quale è applicabile la normativa vigente al tempo dell’atto d’iniziativa, ma deve invece applicarsi lo "ius superveniens".

2.7. A tali considerazioni può aggiungersi che, a cagione della circostanza che il provvedimento ministeriale irrogativo della sanzione doveva essere motivato, neppure potrebbe fondatamente affermarsi -come adombrato negli scritti appellatori- la "secondarietà" od "accessorietà" di questo rispetto alla proposta applicativa dell’Isvap (considerata quale atto sostanzialmente predecisorio e "principale" del procedimento) con conseguente "vis actractiva" delle regole applicabili alla proposta di irrogazione della sanzione anche all’atto finale ad essa susseguente

Il decreto ministeriale "motivato" costituiva invece atto conclusivo della procedura prima prevista che, per le già chiarite ragioni, aveva natura diarchica.

3. Alla stregua delle superiori considerazioni devono essere respinti i riunititi ricorsi in appello, restando assorbita in detta statuizione la disamina delle ulteriori censure investenti il provvedimento impugnato e riproposte nel presente grado di giudizio dall’ appellata compagnia e dal legale rappresentante della medesima.

La particolare complessità e relativa novità delle questioni esaminate legittima la integrale compensazione tra le parti delle spese dell’odierno grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)definitivamente pronunciando sui riuniti ricorsi in appello in epigrafe, li respinge.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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