Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-01-2011) 01-04-2011, n. 13365 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 17.3.2010 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli dispose la custodia cautelare in carcere di F.S. e di A.L. indagati per il reato di associazione a delinquere e tentata estorsione aggravata dalla L. n. 203 del 1991, art. 7. Avverso tale provvedimento gli indagati proposero istanza di riesame; il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 13.4.2010 respinse quella del F. ed annullò l’ordinanza genetica emessa nei confronti dell’ A.. Per la prospettazione accusatoria il F. avrebbe partecipato al clan Zagara detto "(OMISSIS)" cresciuto d’importanza dopo l’arresto di Sc.Fr. e di Bi. capi storici del clan dei casalesi, e si imputano allo stesso due distinte ipotesi di tentata estorsione ai danni di imprenditori del casertano, M. F. e S.N., mentre all’ A. si imputa una estorsione tentata in concorso con il F. ai danni del detto S..

L’ordinanza impugnata ha ricordato che a carico dell’indagato F. sussistono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Fr.Do. esponente di spicco del sodalizio criminale facente capo a B.D. operante nella zona di (OMISSIS). che ha riferito anche delle attività svolte da parte del clan Zagaria tra i quali ha ricompreso il F. che riconosceva anche in foto. A conferma delle propalazioni del collaboratore sussistono poi le intercettazioni tra il F. ed il G. dalle quali emerge l’appartenenza dei due al clan e la preoccupazione per la collaborazione del Fr. (che sono riportate per ampi stralci nell’ordinanza).

Altra intercettazione fa emergere il ruolo di cassiere nel clan Zagara dell’indagato F. (pag.- 7) ed in altra addirittura il ricorrente fa l’elenco delle estorsioni compiute.

Ulteriori intercettazioni dimostrano la partecipazione del ricorrente alla tentata estorsione ai danni di M.F. di cui venivano riportati ampi passaggi nell’ordinanza impugnata. Secondo il Tribunale i dedotti ed accertati rapporti lavorativi con il M. non tolgono che sia emerso il tentativo estorsivo del ricorrente e dei suoi sodali con chiaro riferimento al capo del clan evocato con il suo soprannome. Analogamente intercettazioni consentivano di ricostruire la minaccia estorsiva nei confronti di un altro imprenditore S.N., i cui rapporti con il ricorrente sono stati confermati. Circa la posizione dell’ A. in ordine all’estorsione tentata nei confronti del S. posto che è pacifico che tra l’ A. e il S. sussistesse un consolidato rapporto di amicizia e pertanto il fatto che il F. si sia fatto mettere in contatto con il S. dall’ A. non prova che quest’ultimo conoscesse le reali ragioni per le quali tale contatto era stato richiesto. Non emerge, come accennato, dalle intercettazioni disposte che l’ A. fosse a conoscenza della volontà estorsiva del F. e che lo stesso abbia esercitato un ruolo nella vicenda diverso dall’avere messo inconsapevolmente in contatto gli altri due protagonisti della vicenda (estorsore ed estorto). Dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Fr. emerge solo una conoscenza superficiale del A. L. (mentre risulta conoscesse bene il fratello); le dichiarazioni a carico dell’indagato per cui "era la stessa cosa del fratello" appaiono generiche e prove di riscontri.

Ricorre l’indagato F. che allega che, per quanto riguarda il contestato reato associativo, il Tribunale non aveva indicato quale erano i riscontri esterni individualizzanti al racconto del Fr. che certamente non è rinvenibile in una conversazione tra il padre ed il figlio dai significati ambigui e non coerente con le propalazioni del collaboratore su importanti circostanze. Generica e poco probante era l’episodio per cui il ricorrente avrebbe detto ad un vigile urbano donna "qui comandiamo noi".

Anche gli episodi di tentata estorsione si fondavano su intercettazioni che non si potevano attribuire con certezza al ricorrente e l’aggravante ex L. n. 203 del 1991, art. 7 è stata ancorata al solo accenno al soprannome "(OMISSIS)".

Con motivi aggiunti si illustrano i motivi precedentemente proposti.

Nel ricorso del PM si allega la carenza di motivazione in ordine all’annullamento dell’impugnata ordinanza da parte del tribunale del riesame per quanto riguarda la posizione dell’ A..

Vengono richiamate le conversazioni intercettate tra l’ A. e il F. dai quali si evincerebbe che il tentativo di estorsione ai danni del S. era stato preparato ed orchestrato insieme da i due coindagati nell’ambito dell’associazione diretta dallo Z..

Inoltre si riportano ampi stralci delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Fr. a carico dei fratelli A..
Motivi della decisione

Entrambi i ricorsi non sono fondati.

Per quel che riguarda il ricorso del F. ed il suo primo motivo il Tribunale ha ricordato non solo le univoche dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Fr., ma i riscontri oggettivi a tali dichiarazioni come le intercettazioni tra il F. e il G., ritenuto altro appartenente al medesimo clan, nelle quali i due manifestano viva preoccupazione per le eventuali propolazioni del Fr. dal tenore inequivoco e in cui ipotizzano contromisure.

Altre intercettazioni sono menzionate a pag. 6 e 7 dell’ordinanza impugnata dalle quali emerge il ruolo di cassiere del clan dell’indagato, nonchè addirittura un pestaggio in diretta. Da intercettazioni emerge che l’indagato ricostruisce gli imprenditori sottoposti ad estorsione. A ciò si aggiungono gli episodi di natura estorsiva sub b) e c) e le intercettazioni relative nel corso delle quali si richiama a fini intimidatori il soprannome del latitante Z., certamente a fini di intimidazione.

La motivazione appare sul punto congrua e logicamente coerente, mentre le censure sono di mero fatto ed inidonee a scalfire il quadro di riscontri emersi i ordine alle dichiarazioni rese dal Fr..

Censure di fatto vengono proposte negli Ulteriori due motivi che riguardano il capo b) e c) concernenti episodi di natura estorsiva.

Il Tribunale ha analiticamente riportato le intercettazioni che mostrano il coinvolgimento del ricorrente nei detti episodi, che non bastano in tutta evidenza a giustificare i pretesi rapporti lavorativi. Certamente il richiamo nelle conversazioni al nomignolo dello Z. indica che le estorsioni erano compiute per conto dell’associazione e che ci troviamo ben lontani da un mero episodio di richiesta di recupero crediti, effettuata con energia. La motivazione appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure sono di mero fatto e del tutto generiche in quanto non si esaminano nel dettaglio le intercettazioni effettuate e riportate nell’ordinanza impugnata fornendone una plausibile giustificazione.

Per quanto riguarda il ricorso del PM le dichiarazioni rese sul conto dell’ A. da parte del Fr. sono già state dettagliatamente esaminate nel provvedimento impugnato che sottolinea come il collaboratore avesse una conoscenza molto superficiale dell’ A.L. (mentre meglio conosceva il fratello) e che quanto riferito sul conto di questi fosse molto generico e privo di riscontri.

Anche le intercettazioni effettuate in ordine al capo c) sono state minuziosamente valutate e si è concluso che non dimostrano che l’ A. conoscesse le finalità estorsive del F. emergendo solo che l’ A. mise in contatto quest’ultimo con la parte offesa in quanto notoriamente amico del S..

La motivazione appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure sono di mero fatto e ripropongono questioni di mero ordine fattuale già esaminate nel provvedimento impugnato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento; inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citata art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna F.S. al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, relativamente a F.S..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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