Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-01-2011) 01-04-2011, n. 13349

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Napoli con sentenza del 30.10.2009, in riforma della sentenza del 19.5.2006 dal G.M. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sez. distaccata di Caserta, riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 rideterminava la pena inflitta al ricorrente in anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 150,00 di multa per il reato di tentativo di estorsione per aver minacciato D.M.A. costringendolo a consegnargli una somma di denaro ed un orologio. La Corte rilevava, circa l’eccepita nullità delle notifica del decreto di citazione a giudizio e del conseguente procedimento in primo grado, che l’imputato aveva due difensori di fiducia e che uno di tali difensori, l’avv.to Donato Donilo era stato regolarmente notiziato e che il difensore di ufficio non aveva sollevato la nullità determinandone la sanatoria.

Circa la chiesta consulenza tecnica sulla persona dell’imputato diretta ad accertare l’incapacità di intendere e di volere oppure una semi-infermità o comunque l’escussione del teste N.M. la Corte osservava che la documentazione medica era successiva di sei mesi ai fatti per cui è processo e che comunque la sindrome allegata non era certamente tale da determinare una intossicazione cronica di tale gravità un vero e proprio stato patologico dell’imputato con una non transitoria alterazione dei processi intellettivi e volitivi, sicchè entrambe le richieste apparivano superflue.

Ricorre l’imputato che con il primo motivo allega la violazione dei diritti di difesa in quanto all’avvocato Stanga non era stata data alcuna comunicazione della data del processo e pertanto l’imputato era stato difeso di ufficio con grave menomazione del diritto alla difesa. Nessuna sanatoria si era determinata.

Con il secondo motivo si ribadisce che era stata allegata una grave malattia da intossicazione da alcool del ricorrente e che le stesse circostanze del fatto per cui è processo dimostravano che il ricorrente non era in possesso delle sue capacità mentali. Il dott. N. aveva in cura da tempo l’imputato ed era quindi in grado di riferire dettagliatamente sulla malattia sofferta dal suo assistito.

Con l’ultimo motivo si allega la mancata motivazione in ordine alla pena inflitta che era palesemente sproporzionata rispetto ai fatti commessi.

Con memoria difensiva si è ribadita l’eccezione di nullità prima indicata e si è chiesto la prescrizione del reato.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Circa il primo motivo non è controverso che l’avviso non è stato notificato all’avv.to Stanga, ma solo all’altro difensore di fiducia che poi all’udienza del 15.11.2004 non si è presentato. Il difensore di ufficio non ha eccepito la nullità che deve essere ritenuta a regime intermedio alla stregua della giurisprudenza di questa Corte (cass. n. 39388/2008, cass. n. 39060/2009) sicchè la stessa si è sanata. Circa il secondo motivo la Corte territoriale ha ampiamente motivato sulla non opportunità di procedere ad una consulenza medica sulla persona del ricorrente posto che la documentazione prodotta non dimostra la sussistenza dei presupposti per il chiesto accertamento in quanto non emerge che il ricorrente facesse un abuso di alcool così importante da aver causato una intossicazione cronica di tale gravità da ledere o minare la sua capacità di intendere e di volere.

In quest’ottica anche l’escussione del medico N. è apparsa del tutto superflua. La motivazione appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure sono di mero fatto e ripropongono questioni già esaminate dai giudici di merito.

Anche il terzo motivo è inammissibile in quanto generico non indicandosi alcuna ragione per sostenere la tesi dell’eccessività della pena.

Il termine prescrizionale è decorso solo in data 30.11.2009 quindi successivamente alla data della sentenza di appello;

l’inammissibilità del ricorso in esame preclude qualsiasi rilievo in questa sede.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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