Cons. Stato Sez. VI, Sent., 29-03-2011, n. 1897 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

udienza;
Svolgimento del processo

A seguito di alcune richieste di intervento, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora innanzi: "l’A.G.C.M.’) comunicava alla soc. T. s.p.a., nella sua presunta qualità di operatore pubblicitario, l’apertura di un procedimento per pubblicità ingannevole ai sensi del Tit. III, Capo II, Sez. I (artt. 1927) del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (‘Codice del consumo’, nella formulazione ratione temporis vigente) in relazione ad alcuni messaggi diffusi da tale società su alcuni siti Internet.

In particolare, l’ipotesi di violazione riguardava alcuni servizi a pagamento di download di mappe geografiche messi a disposizione del pubblico dalla società di diritto polacco N. sp.zo.o. con la collaborazione dell’odierna appellante.

Nella richiesta di intervento si lamentava la presunta ingannevolezza dei messaggi pubblicitari diffusi attraverso alcune pagine Internet (www.dituttogratis.com/spmappe e http://www.allmyweb.com/?c=Vas800&sc=inmappe&d=11353) in relazione alla possibile induzione in errore dei potenziali utenti circa il carattere oneroso del servizio di navigazione su Internet sottaciuto nelle relative pagine web, le quali avrebbero lasciato intendere, contrariamente al vero, che fosse possibile scaricare immediatamente e gratuitamente le mappe geografiche disponibili on line.

Il servizio reclamizzato, secondo il segnalante, avrebbe implicato la registrazione guidata dell’utente, previo contratto telefonico ad un numero di utenza con prefisso "899′, i cui costi telefonici connessi alla navigazione, asseritamene gratuita, non sarebbero indicati nella pubblicità segnalata. In realtà il servizio reclamizzato avrebbe comportato la stipula di un vero e proprio contratto di abbonamento a titolo oneroso, dal costo di 145,80 euro.

L’Associazione segnalante allegava alla richiesta di intervento la copia della fattura di un pagamento, effettuato dal proprio associato, dalla quale risulta che "il credito di cui alla presente fattura è stato ceduto a T. S.p.A.; pertanto il pagamento dovrà essere effettuato, nei termini convenuti, alla suddetta società".

Nel corso dell’istruttoria prodromica all’adozione del provvedimento sanzionatorio, la soc. T. faceva pervenire la proprie osservazioni con la quali:

– lamentava la propria completa estraneità alla condotta oggetto di indagine, dal momento che la deducente non erogava i servizi contestati e che i siti internet sui quali venivano pubblicizzati i servizi non erano a lei riconducibili;

– sottolineava che le numerazioni telefoniche a pagamento con prefisso 899 (contattando le quali era possibile l’iscrizione ai servizi in contestazione, almeno per ciò che riguarda l’accesso attraverso il sito Internet www.dituttogratis.com) non le erano in alcun modo riferibili, risultando intestate a una diversa società (la V. s.r.l.);

– sottolineava di essere titolare del solo numero (a chiamata gratuita) 800858665, che era stato messo a disposizione della società di diritto polacco N. sp.zo.o. (d’ora innanzi: "la soc. N.’) con apposito contratto stipulato fra le parti;

– sottolineava che l’attività di supporto fornita da T. alla soc. N. nell’ambito della vicenda in esame era consistita unicamente nella gestione e messa a disposizione della piattaforma tecnologica denominata "Unibase" sulla quale si basava l’erogazione tecnica del servizio e nella successiva cura della fatturazione dei corrispettivi contrattuali nascenti dai contratti telematici stipulati con gli utenti che chiamavano per fruire del servizio reclamizzato;

– che, in base al "contratto di appalto di servizi" concluso con la soc. N., l’apporto dell’odierna appellante era limitato alla sola fornitura del supporto tecnico ed amministrativo a favore della medesima società, in termini di mezzi software ed hardware per la trasmissione dei contenuti pubblicizzati, nonché in termini di suddivisione degli utili e di attività di recupero crediti della soc. N. attraverso l’emissione di fatture relative ai corrispettivi maturati per i servizi reclamizzati;

– che, in ogni caso, la campagna pubblicitaria oggetto di indagine (che, pure, non le era in alcun modo riferibile) risultava scevra dai contestati profili di ingannevolezza, in particolar modo per ciò che riguarda la corretta rappresentazione dei connessi costi, che erano comunque resi noti ai potenziali clienti in modo tutt’altro che decettivo.

Con il provvedimento sanzionatorio impugnato nell’ambito del primo giudizio, l’A.G.C.M. così provvedeva:

– riteneva che le campagne pubblicitari oggetto di indagine fossero caratterizzate da numerosi profili di ingannevolezza, in tal modo ponendosi in contrasto con le pertinenti previsioni di cui agli articoli 19, 20 e 21 del d.lgs. 206 del 2005 (nella formulazione ratione temporis vigente);

– in particolare, per quanto concerne i messaggi diffusi attraverso il sito www.dituttogratis.com, osservava che numerosi aspetti relativi alle modalità di presentazione e divulgazione del messaggio presentassero profili di ingannevolezza per i potenziali utenti in relazione ai costi effettivamente connessi all’attivazione del servizio, anche per ciò che concerne il contatto telefonico attraverso i numeri a pagamento "899′;

– ancora, per quanto concerne i messaggi diffusi attraverso il sito http://www.allmyweb.com, riteneva che anche in questo caso fossero ravvisabili numerosi profili di ingannevolezza. In particolare, gli aspetti di decettività riguardavano: a) l’ingiustificata enfasi attribuita al carattere gratuito dell’iniziale contatto al numero verde 800858665 (laddove, al contrario, i costi complessivamente connessi all’attivazione del servizio erano sostanzialmente sottaciuti, almeno nei primi contatti con il potenziale utente); b) la sostanziale confusione circa gli effettivi costi del servizio ingenerata dalla struttura e dall’articolazione delle modalità di attivazione; c) la violazione delle prescrizioni di cui all’art. 12 del d.m. 145 del 2006, in tema di disciplina dei servizi a sovraprezzo, per ciò che concerne la completezza e contestualità del messaggio pubblicitario;

– per quanto concerne il ruolo rivestito dalle due società nella realizzazione della condotta vietata, stabiliva che entrambe fossero individuabili come "operatori pubblicitari" e coautori dei messaggi. In particolare: a) la soc. N. veniva ritenuta responsabile della complessiva condotta nella sua qualità di "committente ed autore del messaggio", mentre b) l’odierna appellante veniva ritenuta responsabile "in ragione della fornitura tecnica e della compartecipazione agli utili derivanti dal traffico telefonico generato attraverso la fornitura del servizio reclamizzato, nonché del fatto che l’attività svolta da T. è di supporto tecnico, amministrativo e contabile, come risulta dal contratto stipulato con N.";

– per ciò che riguarda la quantificazione della sanzione, l’AGCM, valutate le circostanze riferibili a ciascuno dei soggetti coautori irrogava: a) alla soc. N. una sanzione pari ad euro 46.100 e b) all’odierna appellante una sanzione pari ad euro 56.100.

La pronuncia in questione veniva impugnata dalla soc. T. dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio il quale, con la pronuncia oggetto del presente gravame, respingeva l’impugnativa.

La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dalla soc. T. la quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando i seguenti motivi di gravame:

1) Nullità della sentenza impugnata per carenza di motivazione e/o per difetto di motivazione (motivazione perplessa).

(La pronuncia oggetto di gravame avrebbe confermato in modo acritico ed indistinto il percorso argomentativo svolto dall’Autorità appellata senza neppure – a ben vedere – averne compreso davvero i perplessi passaggi argomentativi.

Conseguentemente, la pronuncia in questione risulterebbe munita di una motivazione soltanto apparente);

2) Erroneità della sentenza impugnata per travisamento dei fatti – Estraneità di T. S.p.A. alle vicende de quibus – Difetto di titolarità rispetto ai domini interessati e alle numerazioni non geografiche utilizzate – Estraneità ai servizi resi da N. sp.zo.o. tramite tali domini e le numerazioni non geografiche 899161036 e 899188186 – Conseguente radicale carenza di legittimazione passiva;

(Il Tribunale – perpetuando un errore già commesso dall’Autorità – avrebbe omesso di considerare l’assoluta estraneità dell’appellante rispetto alla condotta censurata, dal momento che la stessa:

– non è titolare dei due siti Internet dai quali venivano diffuse le campagne oggetto di contestazione (www.poigps.it e www.dituttogratis.com), né delle numerazioni non geografiche a pagamento "899" il cui carattere oneroso veniva sostanzialmente ed ingannevolmente sottaciuto ai potenziali utenti;

– il fatto che le numerazioni a pagamento in questione fossero state cedute in uso dalla società che ne era titolare (la V. s.r.l.) ad altra società (la P.A. s.r.l., di cui l’appellante detiene una quota di controllo pari al 50 per cento) non dimostrerebbe in modo dirimente il coinvolgimento dell’appellante nella campagna pubblicitaria rivelatasi ingannevole. Conseguentemente, l’appellante sarebbe priva di legittimazione passiva nell’ambito del presente giudizio);

3) Erroneità della sentenza impugnata per travisamento di fatti – In particolare: confusione tra i rapporti inerenti il servizio di download in mappe geografiche e quelli concernenti l’attività svolta da T. S.p.A. a favore della N. sp.zo.o. nella gestione della piattaforma tecnologica Unibase e nella cura della relativa fatturazione.

(Il Tribunale, perpetuando un errore già commesso dall’Autorità avrebbe indebitamente confuso: a) l’attività relativa all’erogazione dei servizi di download di mappe geografiche (rispetto alla quale l’appellante risultava del tutto estranea) e b) i rapporti contrattuali intercorsi con la soc. N. ed aventi ad oggetto soltanto la messa a disposizione di una piattaforma tecnologica (denominata Unibase), nonché i servizi di fatturazione dei relativi corrispettivi.

Ancora, il fatto che l’appellante avrebbe rimesso alcune fatture nei confronti dei clienti della soc. N. in relazione al servizio di download di mappe geografiche non dimostrerebbe a propria volta un diverso coinvolgimento nell’ambito della condotta oggetto di sanzione, derivando – piuttosto – da un ordinario contratto di cessione del credito.

Ed ancora, la fattura emessa dall’appellante nei confronti della soc. M. (pari ad euro 145,80 e versata in atti) non avrebbe ad oggetto – contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R. – l’attivazione del servizio di download di mappe attraverso i numeri "899" (di cui era titolare altra società), ma la ben diversa fattispecie dell’attivazione di un servizio a pagamento attraverso il numero verde 800858665, su una piattaforma tecnologica predisposta da T. (servizio che, comunque, all’aprile del 2007 non era ormai più fornito).

Anche sotto tale aspetto, quindi, il provvedimento sanzionatorio sarebbe viziato per travisamento dei fatti.

Il Tribunale, inoltre, avrebbe travisato il contenuto del contratto di appalto di servizi intercorso fra l’appellante e la soc. N., ritenendo erroneamente che esso testimoniasse il coinvolgimento nella condotta illecita. Al contrario, il contratto in questione (il quale, peraltro, aveva cessato di produrre effetti sin dall’aprile del 2007) aveva ad oggetto unicamente a) la messa a disposizione del richiamato numero verde 800858665; b) la fornitura di supporto tecnicoamministrativo per consentire alla soc. N. la fornitura di servizi telematici a pagamento di varia natura.

Ad ogni modo, in base alle pattuizioni intercorse fra le parti, l’apporto fornito dall’appellante all’attività pubblicitaria diffusa attraverso il sito http://www.allmyweb.com era limitato unicamente ad aspetti tecnici e strumentali (in tal modo palesando che il ruolo svolto dall’appellante nella vicenda fosse solo "marginale e indiretto"), mentre il contenuto ideativo ed editoriale era interamente da attribuire alla soc. N., la quale avrebbe dovuto essere chiamata in modo esclusivo a rispondere del carattere ingannevole dei messaggi diffusi, senza alcun coinvolgimento dell’appellante.

Ed ancora, il T.A.R. avrebbe erroneamente omesso di considerare che l’appellante non vantasse alcuna effettiva cointeressenza economica nella complessiva operazione pubblicitaria, laddove essa si era limitata (attraverso un ordinario contratto di cessione del credito) ad acquistare i crediti maturati nei confronti della clientela a seguito della fornitura del servizio.

Anche sotto questo aspetto, non sarebbe stato possibile ascrivere all’appellante la commissione di alcun illecito ai sensi degli articoli 19 e segg. del d.lgs. 206 del 2005);

4) Ancora nullità della sentenza impugnata per carenza di motivazione e/o per difetto di motivazione (motivazione perplessa) – In ogni caso: erroneità della sentenza impugnata per: i) illogica e contraddittoria ricostruzione dei rapporti tra T. S.p.A. e P.A. s.r.l.; ii) errata e viziata valutazione sulla riconducibilità delle condotte altrui ed errata ed illogica ricostruzione delle responsabilità della società partecipante per le condotte tenute dalla partecipata;

(Il Tribunale – perpetuando un errore già commesso dall’Autorità – avrebbe finito per ascrivere in modo immotivato all’appellante le conseguenze della condotta della società controllata P.A. s.r.l. (la quale aveva in uso le numerazioni "899′), senza spiegare quali fossero gli elementi indizianti in tal senso e senza valutare il carattere di alterità soggettiva delle due società.

Al riguardo, l’appellante osserva:

– che la sola esistenza di un partecipazione da parte dell’appellante nel capitale sociale della soc. P.A. s.r.l. non comporterebbe in alcun modo la riferibilità delle condotte della seconda società alla sfera giuridica della prima;

– del tutto indimostrata sarebbe l’affermazione secondo cui la soc. P.A. s.r.l. sarebbe una "concessionaria" dell’odierna appellante;

– che, anche a voler ritenere l’esistenza di una posizione dominante da parte dell’appellante nei confronti della soc. P.A. s.r.l., ciò non dimostrerebbe ex se l’esistenza di un rapporto di piena interdipendenza fra tali società.

Si costituiva in giudizio l’A.G.C.M., la quale concludeva nel senso della reiezione del gravame.

All’udienza pubblica del 21 gennaio 2011, presenti i Difensori delle parti costituite come da verbale d’udienza, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore della telefonia fissa e mobile avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio con cui è stato respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento del 2008 con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora innanzi: "l’A.G.C.M.’) l’ha qualificata come "operatore commerciale" e soggetto "coautore" di alcuni messaggi pubblicitari ingannevoli assoggettati a sanzione ai sensi degli articoli 20 e segg. del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (nella formulazione ratione temporis vigente).

2. Il primo motivo di appello è inammissibile per genericità.

Ed infatti, la società appellante si limita ad affermare (in modo, invero apodittico) che la pronuncia in epigrafe avrebbe omesso di fornire un’effettiva motivazione circa le ragioni della reiezione del ricorso e che la stessa sarebbe fondata " (sulla) semplicistica acquisizione e l’acritico recepimento dell’intero percorso valutativo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ritenuto per mero assunto non affetto da difetti di illogicità e contraddittorietà".

Tuttavia, l’esame del motivo in questione mostra che è – al contrario – l’articolazione di tale motivo a risultare del tutto generica ed immotivata, non avendo in alcun modo la società appellante indicato quali sarebbero stati i motivi di doglianza non puntualmente esaminati dai primi Giudici, ovvero i capi della sentenza affetti dai richiamati difetti motivazionali in relazione alle censure articolate.

Deve conseguentemente trovare applicazione il consolidato acquis giurisprudenziale secondo cui il principio di specificità dei motivi di gravame impone all’appellante di individuare con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le censure in concreto mosse alla motivazione della sentenza impugnata, in modo che sia possibile desumere quali siano le argomentazioni fatte valere da chi ha proposto l’impugnazione in contrapposizione a quelle evincibili dalla sentenza impugnata, dovendosi perciò ritenere inammissibile l’appello quando, per l’individuazione dei motivi, l’appellante si richiami genericamente alle deduzioni, eccezioni e conclusioni delle difese articolate in primo grado (in tal senso -ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 28 ottobre 2010, n. 7649; id., VI, 27 luglio 2010, n. 4899; id., V, 29 dicembre 2009, n. 8966; id., IV, 31 dicembre 2009, n. 9295).

3. Il secondo e il terzo motivo di appello, che possono essere esaminati in modo congiunto, sono infondati.

3.1. Come si è detto in premessa, l’Autorità ha ritenuto che il complesso delle pertinenti circostanze deponesse nel senso che la società appellante fosse a pieno titolo individuabile quale soggetto coautore della campagna pubblicitaria in contestazione e che, pertanto, essa fosse responsabile a titolo proprio per una fattispecie di pubblicità ingannevole ai sensi dell’art. 20, d.lgs. 206 del 2005.

3.1.1. Giova premettere al riguardo che l’appellante non contesta il fatto che, l’erogazione del servizio di download di mappe geografiche da parte della soc. N. concretasse i presupposti di una pubblicità ingannevole ai sensi della lettera a) del comma 1 dell’art. 19, d.lgs. 206 del 2005, mentre le difese svolte dall’appellante sono volte essenzialmente a dimostrare l’erroneità delle valutazioni svolte dall’Autorità e dal T.A.R. per la parte in cui hanno ritenuto l’esistenza di un suo coinvolgimento nella vicenda, di guisa tale da qualificarla come soggetto "coautore" della condotta vietata.

Pertanto, ai fini della presente decisione, l’esistenza di un’ipotesi di pubblicità ingannevole può essere data per acquisita, mentre il thema decidendum deve concentrarsi sulla sussistenza o meno di ragioni di effettivo coinvolgimento dell’odierna appellante, tali da giustificare l’irrogazione di sanzioni anche nei suoi confronti.

3.1.2. Tanto premesso, è possibile passare all’esame puntuale dei richiamati motivi di appello.

Al riguardo si osserva che l’Autorità, pur dando atto dell’unicità della complessiva condotta e della sua comune riferibilità alle due società coinvolte (N. e T.) ha esaminato in modo distinto i messaggi diffusi attraverso il sito Internet www.dituttogratis.com (pagine 2, 3 e 11 del provvedimento impugnato in prime cure) e quelli diffusi attraverso il sito http://www.allmyweb.com (pagine 3 e 12 del medesimo provvedimento).

Nel primo caso l’attivazione dei servizi offerti dalla soc. N. avveniva con il necessario ricorso (sia pure, secondo diverse modalità) alle numerazioni a pagamento "899’che erano a disposizione della soc. P.A. s.r.l.; mentre nel secondo caso, l’attivazione dei medesimi servizi avveniva con il necessario ricorso al numero verde 800858665, di cui era titolare l’odierna appellante e che essa si era contrattualmente impegnata a mettere a disposizione della soc. N.. (l’appellante si era altresì impegnata a mettere a disposizione della soc. N. un meccanismo per l’attribuzione delle password di accesso al servizio basato su un sistema IVR – ossia, un sistema capace di somministrare informazioni ad un chiamante interagendo tramite tastiera telefonica a multifrequenza -).

3.2. Il Collegio ritiene di concentrare la propria attenzione sul secondo dei richiamati canali informatici di accesso ai servizi di scaricamento di mappe geografiche offerto dalla soc. N. (ossia, quello che veniva diffuso attraverso il sito Internet http://www.allmyweb.com).

Dall’esame dei documenti di causa (e, in particolare, dalle osservazioni prodotte dall’appellante nel corso della fase istruttoria innanzi all’Autorità e dai contratti con la soc. N. versati in atti) emerge che l’accesso ai servizi offerti dalla soc. N. attraverso il sito Internet http://www.allmyweb.com (e ai messaggi ingannevoli cui era possibile accedere connettendosi a tale sito) era reso possibile grazie al determinante apporto tecnico ed operativo della società appellante, la quale:

a) aveva predisposto la piattaforma informatica necessaria per rendere accessibili al pubblico i contenuti offerti dalla soc. N. (ossia, la piattaforma tecnologica denominata Unibase);

b) aveva messo a disposizione gli strumenti tecnologici necessari per rendere disponibile online la modulistica contrattuale e per consentire ai potenziali utenti di concludere per via telematica transazioni giuridicamente vincolanti;

c) aveva messo a disposizione della soc. N. il numero verde il cui utilizzo (nel particolare sistema di accesso ai servizi delineato dalle società in questione) risultava indispensabile per l’attivazione dei servizi a pagamento propalati attraverso i messaggi pubblicitari ingannevoli;

d) aveva messo a disposizione della soc. N. un complesso sistema di archiviazione dei dati relativi ai clienti acquisiti con la propria piattaforma e di emissione delle fatture di pagamento;

e) aveva assicurato un’attività di gestione e recupero dei crediti maturati attraverso l’attivazione dei servizi oggetto di contestazione.

Per quanto concerne, poi, il regolamento contrattuale dei rapporti economici fra la soc. N. e l’odierna appellante, risulta agli atti:

– che in sede di predisposizione del contratto di appalto di servizi (senza data, in atti), le parti avessero pattuito che, a fronte delle prestazioni fornite dall’appellante, essa avrebbe ricevuto un corrispettivo pari ad euro 5,00 per ogni contratto concluso online (articolo 5);

– che, in sede di predisposizione del successivo contratto di cessione di crediti in data 6 marzo 2007, le parti avessero pattuito che la soc. N. avrebbe ceduto pro soluto all’appellante ( art. 1260 cod. civ.) i crediti derivanti dalla gestione dell’attività di prestazione di servizi oggetto di contestazione.

3.3. In base a quanto sin qui osservato, il Collegio ritiene che la pronuncia dell’Autorità (sostanzialmente confermata nella sua portata dispositiva dalla pronuncia in epigrafe) risulti condivisibile ed esente dai rubricati profili di illegittimità.

3.4. In primo luogo, si osserva che l’odierna appellante ha apportato un contributo causale indefettibile al fine della realizzazione dell’illecito oggetto di sanzione, in tal modo realizzando i presupposti per l’individuazione di un concorso di persone nell’illecito ai sensi dell’art. 5, l. 24 novembre 1981, n. 689 (disposizione applicabile nella materia che ne occupa giusta l’espressa previsione di cui al secondo periodo del comma 13 dell’art. 27, d.lgs. 206 del 2005 – nella formulazione ratione temporis rilevante -).

La giurisprudenza ha chiarito, al riguardo, che in materia di illeciti amministrativi il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione indefettibile della violazione, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore, e cioè quando l’illecito, senza la condotta di agevolazione, sarebbe egualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà (Cass. Civ., I, 13 luglio 2006, n. 15929, id., Sez. III, 18 febbraio 2000, n. 1876).

Ebbene, in base alle risultanze in atti appare senz’altro provato che l’odierna appellante abbia contribuito sotto il profilo causale a determinare il verificarsi del fatto illecito.

Al riguardo, è appena il caso di osservare che la soc. T. ha realizzato la piattaforma tecnologica ed organizzativa indispensabile per diffondere i contenuti oggetto di sanzione e per consentire di raggiungere i risultati economici prefissati e che, in assenza di tale apporto, la condotta della soc. N. non avrebbe in alcun modo potuto essere realizzata, né condotta alle rilevanti conseguenze che essa ha in concreto sortito.

3.5. In secondo luogo si osserva che le modalità con cui l’appellante ha concorso alla produzione dell’illecito è riconducibile al paradigma di cui all’art. 3, l. 689, cit., con particolare riguardo all’esistenza di una condotta riprovevole sotto il profilo dell’elemento soggettivo, concretata attraverso la realizzazione di un fatto proprio e colpevole.

4. Ad avviso del Collegio la chiave di volta sotto il profilo logico e strutturale nell’esame dell’aspetto in questione è rappresentata dalla scelta (tradotta in puntuali pattuizioni negoziali) di individuare un meccanismo di remunerazione per la realizzazione delle campagne pubblicitarie oggetto di censura tale da determinare una diretta cointeressenza dell’operatore telefonico appellante nella diffusione dei messaggi e, in ultima analisi, nella migliore riuscita della campagna pubblicitaria in termini di diffusione e remuneratività.

4.1. Il funzionamento del richiamato meccanismo di remunerazione (come delineato nell’art. 5 del contratto di appalto di servizi stipulato con la soc. N. – articolo rubricato "corrispettivi e pagamenti" -) era tale per cui l’odierna appellante ritraesse un ammontare pecuniario fisso per ogni contratto stipulato attraverso la diffusione dei messaggi oggetto di censura.

Ebbene, il Collegio ritiene che la scelta di collegare la messa a disposizione delle proprie risorse tecniche ed organizzative all’operatività del richiamato meccanismo di remunerazione non si traducesse nella pura e semplice cessione delle richiamate risorse a un operatore terzo e distinto secondo normali condizioni di mercato, ma si risolvesse nella volontaria e consapevole partecipazione a un’iniziativa di tipo imprenditoriale finalizzata alla messa a disposizione dei richiamati servizi e alla massimizzazione degli utili conseguentemente ritraibili.

Ebbene, l’aver consapevolmente optato per un meccanismo di remunerazione il quale collegava in modo inscindibile l’apporto dell’operatore telefonico (indispensabile alla realizzazione e diffusione della campagna pubblicitaria) al ritorno economico dell’iniziativa, mediante un sistema di sostanziale compartecipazione sul ricavato, giustifica appieno il giudizio dell’Autorità, la quale ha ritenuto che in tal modo operando l’appellante avesse giustificato un giudizio di riferibilità soggettiva della campagna pubblicitaria nel suo complesso.

Al riguardo si osserva:

– che la circostanza per cui l’appellante ritraesse una cifra fissa a fronte della conclusione di ciascun contratto di fornitura dei servizi offerti dalla soc. N. rende chiaro che la prima non si limitasse a cedere risorse di rete e servizi a condizioni di mercato (i.e.: secondo un approccio tendenzialmente orientato alla sola copertura del costo marginale della risorsa ceduta), ma che fosse direttamente ed immediatamente interessata alla massima diffusione dei servizi in parola e alla conseguente massimizzazione del volume d’affari prodotto (insomma, che essa fosse a pieno titolo compartecipe dell’iniziativa economica nel suo complesso);

– che l’opzione per un siffatto meccanismo di remunerazione discendeva da una libera scelta imprenditoriale dell’operatore il quale aveva ritenuto economicamente conveniente partecipare a una determinata iniziativa pubblicitaria attraverso il proprio indefettibile apporto tecnico, convenendo con la controparte negoziale un meccanismo di remunerazione tale da determinare una diretta ed immediata cointeressenza alla più ampia diffusione dell’iniziativa e – in via mediata – una diretta compartecipazione alla sua maggiore rimuneratività economica;

– che il contratto di cessione di crediti ai sensi dell’art. 1260 cod. civ. stipulato in data 6 marzo 2007 fra la soc. T. e la soc. N. rafforzava ulteriormente la diretta cointeressenza economica della prima nella diffusione ed affermazione dell’operazione commerciale posta in essere dalla seconda. Ed infatti, fermo restando l’evidente collegamento negoziale esistente fra il contratto di appalto di servizi in precedenza stipulato e il contratto di cessione dei crediti (nell’ambito di un disegno complessivo dal carattere sostanzialmente unitario), è evidente che l’opzione per il meccanismo di cessio crediti rafforzasse ulteriormente la diretta cointeressenza della società appellante nella massima diffusione dell’iniziativa. Ed infatti, una volta che l’appellante aveva accordato alla controparte il corrispettivo per la cessione del credito relativo a ciascun contratto concluso, l’ammontare residuo entrava nella sfera giuridica attiva della stessa appellante, la quale aveva evidentemente interesse alla maturazione di un montante creditorio più ampio, sul quale soddisfare le proprie pretese.

4.2. Concludendo sul punto, si può affermare che il provvedimento sanzionatorio gravato nell’ambito del primo giudizio risulti esente dalle censure rubricate per la parte in cui ha ritenuto la sussistenza di un comportamento attivo da parte della soc. T. (realizzato – inter alia – attraverso la messa a disposizione di un imprescindibile apporto tecnico ed attraverso la volontaria compartecipazione alla riuscita economica dell’iniziativa), tale da individuare la società questione quale soggetto coautori della campagna pubblicitaria oggetto di contestazione.

5. E’ alla luce di tale impostazione che vanno quindi valutati gli ulteriori argomenti difensivi profusi dall’appellante.

5.1. In particolare, una volta dimostrata l’esistenza di un comportamento commissivo, idoneo a concretare la fattispecie illecita sotto il profilo oggettivo, occorre domandarsi se il medesimo comportamento possa considerarsi o meno esente da un giudizio di riprovevolezza sotto il profilo soggettivo.

5.2. Al riguardo è noto che un consolidato orientamento giurisprudenziale interpreta la previsione di cui al primo comma dell’art. 3, l. 689, cit. (secondo cui "nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione o omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa") non già nel senso dell’indifferenza in ordine alla sussistenza o meno di un comportamento – quanto meno – colposo, bensì nel senso di porre una praesumptio juris tantum di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che l’abbia commesso, riservando poi a quest’ultimo l’onere di dimostrare di aver agito senza colpa (Cass. Civ., sez. lav., 26 agosto 2003, n. 12391).

5.3. Ebbene, ritiene il Collegio che l’odierna appellante non sia in condizione di vincere la richiamata presunzione, atteso:

– che essa ha coscientemente e volontariamente collaborato alla realizzazione dell’illecito (cfr. infra, sub 8);

– che essa è un operatore professionale che agisce da molti anni nel settore delle comunicazioni elettroniche e che disponeva certamente di un quadro conoscitivo completo circa il contenuto dei messaggi oggetto di diffusione (i quali venivano veicolati dalla stessa appellante attraverso la propria piattaforma tecnologica denominata Unibase e in tal modo resi disponibili al pubblico);

– che l’appellante disponeva certamente di strumenti (contrattuali e conoscitivi) idonei ad prendere cognizione ed apprezzare il carattere illecito dei messaggi diffusi attraverso i propri mezzi tecnologici e che, cionondimeno, ha consentito che la condotta illecita si realizzasse in tutta la sua portata lesiva.

5.4. Le considerazioni sin qui svolte, pur essendo sulla sola parte del provvedimento sanzionatorio che si riferiva alla diffusione della campagna pubblicitaria attraverso una delle due richiamate modalità (rectius: attraverso il sito Internet http://www.allmyweb.com), valgono comunque a confermare in toto la diretta responsabilità dell’appellante nella messa a disposizione del pubblico dei messaggi oggetto di contestazione e, in via mediata, a giustificare l’irrogazione della sanzione nei suoi confronti.

6. Quanto agli ulteriori profili di doglianza articolati con il secondo e terzo motivo di appello, essi non possono trovare accoglimento atteso che:

– contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, nessuna confusione è stata operata dall’Autorità fra (da un lato) l’offerta dei servizi di download di mappe geografiche effettuata anche con il ricorso a numeri telefonici a pagamento "899’attraverso il sito www.dituttogratis.com e (dall’altro) la messa a disposizione del pubblico, da parte dell’appellante, del numero verde 800858665. Al contrario, l’Autorità ha correttamente rilevato che tale seconda attività risultava coessenziale alla messa a disposizione dei medesimi servizi di download di mappe geografiche da parte della soc. N., seppur effettuata con modalità in parte diverse e veicolando i messaggi attraverso il diverso sito Internet http://www.allmyweb.com (tale circostanza è chiaramente desumibile dalla lettura del provvedimento sanzionatorio e, in particolare, dalle pagine 11 e 12)

– l’affermazione per cui la messa a disposizione del pubblico dei servizi di download di mappe geografiche anche con il ricorso al richiamato numero verde attraverso il sito http://www.allmyweb.com fosse cessata nell’aprile del 2007 non consente di addivenire a conclusioni diverse da quelle sin qui svolte, anche perché tale circostanza viene soltanto affermata dall’appellante nei suoi scritti difensivi, senza fornire alcuna documentazione o ulteriore elemento a supporto;

– il fatto che il contratto intercorso fra le parti attribuisse unicamente alla soc. N. la responsabilità del contenuto editoriale delle campagne pubblicitarie diffuse (art. 3) e che espressamente esentasse da responsabilità l’appellante nei confronti degli utenti e dei terzi (premesse – settimo trattino) non può sortire alcun effettivo effetto scriminante in relazione all’attività sanzionatoria posta in essere dall’A.G.C.M.

Ed infatti, laddove si avallasse in via applicativa un siffatto criterio distributivo, si ammetterebbe la sostanziale possibilità di disapplicare in via pattizia di criteri legali di determinazione della responsabilità da illecito (criteri certamente ascrivibili all’ambito delle clausole di ordine pubblico e in quanto tali sottratti al potere dispositivo dei soggetti privati). Ancora, laddove si consentisse il pieno dispiegarsi delle richiamate clausole di manleva, si ammetterebbe l’introduzione per via pattizia di nuove ipotesi scriminanti destinate ad operare nell’ambito (evidentemente, indisponibile) della disciplina degli illeciti amministrativi;

– per le medesime ragioni (nonché per le ulteriori ragioni già esaminate infra, sub 4 e 5), risulta infondato l’argomento basato sul fatto che la predisposizione dei servizi, nonché la loro promozione e diffusione presso gli utenti erano curate dalla soc. N., nonché l’ulteriore argomento secondo cui il ruolo svolto dalla società appellante nell’economia complessiva della vicenda sarebbe stato solo "marginale e indiretto".

7. Il Collegio ritiene che gli argomenti sin qui esaminati siano di per sé sufficienti a confermare la correttezza delle valutazioni effettuate dall’Autorità e trasfuse nel provvedimento impugnato in primo grado.

Conseguentemente, non è rilevante ai fini del decidere l’esame del quarto motivo di appello, con cui la soc. T. lamenta l’erroneità della sentenza gravata per la parte in cui non avrebbe rilevato l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio per ciò che attiene l’illiceità connessa all’offerta dei servizi di download di mappe geografiche effettuata anche con il ricorso a numeri telefonici a pagamento "899’attraverso il sito www.dituttogratis.com.

Si è, infatti, osservato che il richiamato provvedimento sanzionatorio risultasse congruamente ed autonomamente giustificato anche in relazione alle sole censure fondate sulla messa a disposizione del pubblico dei servizi di download di mappe geografiche il quale faceva ricorso al numero verde 800858665, attraverso il sito http://www.allmyweb.com.

Conseguentemente, la questione deve essere affrontata e risolta facendo applicazione del consolidato e qui condiviso orientamento secondo cui laddove una determinazione amministrativa di segno negativo si fondi su una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse resista alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento (Cons. Stato, VI, 5 luglio 2010, n. 4243; id., VI, 17 settembre 2009, n. 5544; id., VI, 19 agosto 2009, n. 4975).

8. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

9. Per le ragioni dinanzi esposte, il ricorso in epigrafe non può trovare accoglimento.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società T. alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Autorità appellata, che liquida in complessivi euro 5.000 (cinquemila), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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