Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-01-2011) 01-04-2011, n. 13348

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Bologna con sentenza del 24.3.2009 confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Ravenna del 4.1.2007 di condanna del ricorrente alla pena di anni due di reclusione per calunnia per avere incolpato con denuncia presentata dalla Direzione della Casa circondariale di Ravenna gli agenti della locale Questura di averlo malmenato dopo averlo legato con nastro adesivo e manette.

La Corte territoriale riteneva la responsabilità del ricorrente alla luce delle dichiarazioni rese dagli agenti e dalla cartella clinica del carcere che attestava l’inesistenza di percosse o lesioni al momento in cui il ricorrente era entrato in carcere.

Ricorre il P. che con il primo motivo allega la mancata motivazione in ordine all’esclusione del legittimo impedimento dell’imputato, pur attestato da idoneo certificato medico ritualmente prodotto in udienza.

Con il secondo motivo si rileva la carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla responsabilità del ricorrente; le dichiarazioni degli agenti erano generiche e imprecise, così come i certificati medici e gi accertamenti svolti per accertare la veridicità delle dichiarazioni rese dall’imputato.

Mancava anche una congrua motivazione in ordino, alla pena irrogata, certamente sproporzionata rispetto ai fatti commessi.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, appare inammissibile.

Circa il primo motivo il ricorrente incorre nello stesso vizio di genericità dedotto nella sentenza impugnata: il giudice di prime cure ha valutato come generico il certificato medico prodotto e su tale valutazione non è stata sviluppata alcuna censura nè in grado di appello nè ora in Cassazione.

Circa il secondo motivo la Corte territoriale ha giudicato prove sufficienti della responsabilità del ricorrente non solo le dichiarazioni rese dagli agenti che avevano arrestato il ricorrente, ma anche il riscontro alle stesse rappresentato dalla cartella clinica del carcere dalla quale non emergeva alcuna lesione compatibile con il suo racconto.

La motivazione appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure sono di mero fatto e già esaminate dai giudici di merito.

Circa il terzo motivo si tratta di censure palesemente di merito: la Corte territoriale ha già osservato che la sanzione è stata irrogata nei suoi minimi e non è stata neppure applicata la recidiva.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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