Cons. Stato Sez. VI, Sent., 29-03-2011, n. 1895 Vincoli storici, archeologici, artistici e ambientali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storicoartisticodemoetnoantropologico del Lazio, ha annullato, con decreto del 18 febbraio 2004, il provvedimento del Comune di Velletri inteso ad esprimere parere favorevole, ai sensi dell’art. 32 l. 28 febbraio 1985, n. 47 e dell’art. 39 l. 23 dicembre 1994, n. 724, in merito alla domanda di sanatoria di un fabbricato ad uso residenziale (129 mq) realizzato dalla ricorrente in territorio del predetto comune, in via Contrada Comune n. 200, su terreno distinto in catasto al foglio 40, particella 397.

Avverso il suindicato decreto la ricorrente ha proposto impugnativa innanzi il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, per i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 151 del d.lgs. n. 29 ottobre 1999, n. 490 (già art. 82, nono comma, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) in ordine all’asserita carenza di motivazione, all’asserito eccesso di potere ed all’asserita violazione degli artt. 145 e 146 d.lgs. n. 490 del 1999;

2) Violazione degli artt. 7 e 8 l. 7 agosto 1990, n. 241;

3) Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti – per contraddittorietà tra più atti – per carenza di motivazione.

La sentenza impugnata ha evidenziato che il decreto della Soprintendenza poggiava sulle seguenti considerazioni:

1) l’area interessata dall’intervento edilizio è dichiarata di notevole interesse ex lege 29 giugno 1939, n. 1497 ai sensi del d.m. 14 febbraio 1959;

2) l’opera ricade in area classificata dal Piano territoriale paesistico n. 9 – "Zona VE 7/15 parte VE 8" ed in zona agricola di Piano regolatore generale, e non è conforme alla normativa di zona sulle dimensioni del lotto minimo edificabile; inoltre sullo stesso lotto insiste già altra cubatura, per cui non si ravvisa compatibilità con il contesto paesistico, per le alterazioni che la presenza del fabbricato residenziale determina in rapporto alla destinazione vocazionale del sito, alla densità edilizia che la caratterizza ed al conseguente innalzamento del livello di antropizzazione;

3) dall’esame degli atti trasmessi non risulta presa in considerazione la disciplina prescritta dal Piano territoriale paesistico ed il contrasto con la normativa di zona;

4) l’omesso esame del Piano territoriale paesistico e la non conformità dell’intervento con le relative prescrizioni, costituiscono profili di illegittimità dell’atto adottato dall’autorità delegata;

5) in tal modo il parere non adempie all’obbligo legale di motivazione esauriente e completa in ordine alla compatibilità dell’opera realizzata rispetto alle valenze del vincolo e alla sua disciplina.

Il giudice di primo grado ha ritenuto che la Soprintendenza non ha esercitato un controllo di merito sul parere espresso dall’autorità subdelegata per l’omessa valutazione della conformità del manufatto con le prescrizioni edificatorie del piano territoriale paesistico (in merito alle dimensioni minime del lotto edificabile) e della compatibilità con i valori paesistici oggetto di tutela.

Il parere comunale si limita ad esprimere un generico ed assiomatico giudizio di assenza di contrasto dell’opera senza indicare alcuna caratteristica dell’opera che ne giustifichi la conformità alle prescrizioni degli strumenti pianificatori o la compatibilità con i valori paesistici tutelati, e si limita ad esprimere l’assiomatica valutazione che "le opere realizzate non presentano motivi di particolare contrasto con il contesto paesistico panoramico vincolato tali da impedirne l’inserimento del medesimo" e a richiamare il parere espresso dal Nucleo Tecnico di valutazione (affermante che l’opera è compatibile alle condizioni che il fabbricato sia dotato di impianto di smaltimento di acque reflue; che vengano messe a dimora essenze arboree a schermatura del manufatto e delle strade di accesso).

L’appellante ha dedotto i seguenti motivi così epigrafati: I) Violazione dell’art. 151 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (già art. 82, comma 9, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) in ordine all’asserita carenza di motivazione e all’asserita violazione di legge; violazione degli artt. 145 (già art. 82, comma 3, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) e 146 (già art. 82, commi 5,6 e 7, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 – ad opera della determinazione comunale, in quanto la soprintendenza emanava l’atto di annullamento entrando nel merito del provvedimento annullato, ed operando un illegittimo riesame dello stesso.

II) Violazione degli artt. 7 e 8 della l. 7 agosto 1990, n. 241

III) Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti – per contraddittorietà tra più atti – per carenza di motivazione.

In tale motivo l’appellante evidenziava che dalla visura urbanistica effettuata sull’immobile risulta attualmente mutato il p.r.g. vigente. L’immobile in questione, che all’epoca dell’abuso rientrava in zona di p.r.g. "E – agricola – tipo B", alla data odierna ricade in zona "L – recupero urbanistico".

Si costituiva in giudizio l’amministrazione statale chiedendo il rigetto del ricorso.

L’istanza cautelare avanzata contro la citata sentenza veniva accolta con ordinanza della sezione del 4 febbraio 2009, n. 660, "tenuto conto della peculiare disciplina del cosiddetto "condono edilizio"".

All’udienza del 13 luglio 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione..
Motivi della decisione

Il Comune di Velletri (quale amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico introdotto con d.m. 14 febbraio 1959), con determinazione del 12 dicembre 2003, n. 166 espresse parere favorevole al rilascio della concessione edilizia in sanatoria riguardo a un manufatto a uso residenziale, ai sensi dell’art. 32 (in tema di sanatoria straordinaria di opere costruite su aree sottoposte a vincolo) l. 28 febbraio 1985, n. 47, considerato che nella specie le opere non presentavano motivi di particolare contrasto con il contesto paesistico e panoramico vincolato, tali da impedirne l’inserimento.

Il Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio del Lazio ha però annullato – con l’atto 18 febbraio 2004 oggetto del presente processo – la predetta determinazione per le ragioni qui sopra indicate in fatto, essenzialmente di violazione della normativa del Piano territoriale paesistico.

L’appello merita accoglimento.

Ritiene invero il Collegio che, nel caso concreto qui in esame, l’impugnato atto soprintendentizio di annullamento sia effettivamente viziato in riferimento alle censure sollevate dall’appellante con il primo motivo di impugnazione, dove lamenta ancora, come in primo grado, che la Soprintendenza abbia operato un illegittimo riesame nel merito urbanistico del provvedimento comunale.

Il provvedimento annullato affermava che "le opere realizzate non presentano motivi di particolare contrasto con il contesto paesistico e panoramico tale da impedirne l’inserimento del medesimo" e subordinava il rilascio della concessione in sanatoria non solo alle condizioni indicate nel parere espresso dal nucleo tecnico di valutazione (in particolare: dotazione di un impianto di smaltimento delle acque reflue in ottemperanza alla specifica prescrizione di salvaguardia idrologica contenuta nel PTP; messa a dimora di essenze arboree a schermatura del manufatto dalle strade di accesso), ma a tutta una serie di condizioni, tra le quali il rigoroso rispetto della normativa di p.t.p. relativa alla zona in cui ricade l’immobile oggetto di sanatoria.

Il provvedimento impugnato ha quindi effettuato una valutazione di merito allorquando afferma che "non si ravvisano forme di compatibilità del manufatto in esame con il contesto paesaggistico interessato".

Si può quindi affermare che il provvedimento annullato ha preso in considerazione il p.t.p., ma ai soli fini di imporre la prescrizione dell’installazione di un impianto di smaltimento delle acque reflue (che è valutazione di ordine non paesaggistico).

Invero, il Collegio osserva che il potere che l’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo è chiamata ad esercitare ai sensi dell’art. 32, della legge n. 47 del 1985 è del tutto estraneo a valutazioni di carattere urbanistico (cioè accertamento di compatibilità dell’intervento edilizio con le previsioni del piano) ed attiene esclusivamente alla verifica della compatibilità del manufatto di armonizzarsi – per dimensioni, destinazione, funzionalità e caratteristiche strutturali – con l’ambiente circostante.

Sennonché gli atti aventi natura di cogestione del vincolo, spettanti ad autorità preposta alla tutela di vincoli e che si inseriscono in un procedimento volto al rilascio di un titolo edilizio in zona vincolata, non possono fare riferimento al rispetto di elementi o parametri che attengono a regole di carattere urbanistico, cioè non attinente al vaglio del giudizio di compatibilità paesaggistica.

Tanto è sufficiente per ritenere l’annullamento ministeriale illegittimo, ferma restando l’applicazione delle norme urbanistiche contenute nel p.t.p., in sede di rilascio della concessione in sanatoria da parte dell’autorità comunale.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e, per l’effetto, annulla il decreto del 18 febbraio 2004 emanato dal Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storicoartisticodemoetnoantropologico del Lazio.

Compensati spese, competenze ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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