Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-01-2011) 01-04-2011, n. 13347

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 20.12.2006, il Tribunale di Nola, in composizione monocratica, dichiarò D.G.A. responsabile del reato di cui all’art. 646 c.p. e – concesse le attenuanti generiche equivalenti, applicata la diminuzione per il rito prescelto – lo condannò alla pena di mesi due e 20 giorni di reclusione ed Euro 200 di multa.

Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 19 maggio 2009, in riforma della decisione di primo grado assolveva il medesimo dal reato ascrittogli, perchè il fatto non costituisce reato, rilevando che l’avere interrotto i pagamenti e il non aver ottemperato all’intimazione di restituire l’autoveicolo sono comportamenti equivoci, che ben possono essere qualificati come mero inadempimento civilistico; la volontà di riscattare l’autovettura, anche se tardivamente manifestata, è un evidente riconoscimento che il bene controverso non era di sua proprietà, ma del concedente, e tale riconoscimento non si concilia con l’atteggiamento proprio di chi intenda impadronirsi di un bene, mutandone il titolo del possesso e considerandolo di sua proprietà.

Ricorre per cassazione il Procuratore Generale, deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), per errata applicazione della legge penale, in quanto il contratto di leasing si era già automaticamente risolto nell’ottobre 2004 in base all’art. 15 delle condizioni, e di ciò il prevenuto era già a legale conoscenza per effetto della lettera raccomandata da lui ricevuta il 4.12.2004, e quindi correttamente il primo giudice ritenne non influente la volontà manifestata dall’imputato ben cinque mesi dopo di una pretesa facoltà di opzione di acquisto non più esercitabile, dopo che la risoluzione si era verificata, era già stata comunicata ed era stata perfino seguita dalla proposizione della querela. Trattasi di un post-factum penalmente irrilevante che esula perfino dalla configurabilità di un’appropriazione indebita di uso.

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato, e va accolto.

Dal provvedimento impugnato risulta che la Gea Capital aveva concesso in locazione finanziaria l’autoveicolo BMW M5 tg (OMISSIS) alla società della quale il D.G. era rappresentante legale e che, a seguito della morosità dei canoni, il contratto era stato risolto con richiesta, senza esito, di restituzione del bene.

Alla luce di tale quadro fattuale a nulla rilevano le circostanze, evidenziate nella sentenza impugnata, che il D.G. aveva pagato un gran numero di rate del contratto di leasing convenuto con la querelante, e che – successivamente alla domanda di restituzione – l’imputato aveva avanzato richiesta per conoscere l’ammontare dell’importo dovuto per effettuare il riscatto.

Il reato di appropriazione indebita rimane integrato dalla mera interversione del possesso e il possesso agli effetti penali è integrato anche da una mera detenzione qualificata consistente nell’esercizio sulla cosa di un potere di fatto esercitato al di fuori della sfera di sorveglianza del titolare (cfr. Cass.Sez. 2, sent. n. 38604/2007 Rv. 238163); ne consegue che, nel caso di specie, la condotta appropriativa è consistita nella ritenzione del veicolo, utilizzandolo "uti dominus", nonostante la risoluzione del contratto di leasing e la puntuale richiesta di restituzione del bene.

La volontà manifestata dall’imputato di voler riscattare l’autovettura, successivamente alla domanda di restituzione e alla risoluzione del contratto, è poi un mero "post-factum" del tutto irrilevante ai fini della configurabilità o meno del reato.

In assenza di un credito, certo, liquido ed esigibile, da far valere per una eventuale compensazione, l’omessa restituzione della cosa, nonostante la risoluzione del contratto e la richiesta di restituzione, non può infatti ritenersi semplice "ritenzione precaria", ma condotta che ha sicuramente modificato il rapporto tra il detentore e il bene, con conseguente interversione del titolo del possesso e configurabilità del reato contestato.

La sentenza va pertanto annullata, e gli atti trasmessi ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli per nuovo giudizio in applicazione dei principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.

Annulla l’impugnata sentenza e dispone che gli atti siano trasmessi ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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