Cons. Stato Sez. VI, Sent., 29-03-2011, n. 1882 Indennità di anzianità e buonuscita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ell’avvocato Marinuzzi;
Svolgimento del processo

Il signor F. riferisce di essere un ex dipendente del Ministero della Difesa, di essere stato collocato in quiescenza dopo il 30 novembre 1984 e di avere proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio onde contestare le modalità seguite dall’Istituto appellato al fine di determinare l’indennità di buonuscita allo stesso spettante, censurandone sotto diversi profili l’asserita illegittimità (ricorso n. 17711/96).

Con la pronuncia oggetto del presente gravame, il Tribunale adito respingeva il ricorso, osservando (in via di estrema sintesi):

– che, per quanto concerne l’an della pretesa dell’odierno appellante (volta ad ottenere il computo dell’indennità integrativa speciale ai fini della determinazione dell’assegno di buonuscita) essa risultasse fondata, essendo certamente applicabile nei suoi confronti la previsione di cui all’art. 3 della l. 29 gennaio 1994, n. 87;

– che, per quanto concerne il quantum della pretesa, non potesse essere accolta l’istanza volta ad ottenere il computo integrale dell’indennità integrativa speciale in godimento, avendo – piuttosto – l’I.N.P.D.A.P. operato correttamente la c.d. "doppia decurtazione" di cui all’art. 1 della l. 29 gennaio 1994, n. 87 e di cui all’art. 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032;

– che la correttezza dell’approccio interpretativo tenuto dall’Istituto previdenziale fosse confortato da una consolidata giurisprudenza del Giudice delle leggi.

La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dal sig. F. il quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando un unico motivo di gravame (‘Violazione, errata e falsa applicazione della l. 87/94 – Violazione dell’art. 2935, cod. civ. – Violazione degli artt. 3 e 38, Cost. – Violazione dell’art. 1, lett. b), l. 87, cit. in relazione all’art. 38 del T.U. 1032 del 1973 e alla sentenza della Corte costituzionale n. 243 del 1993 – Violazione e falsa applicazione dei princìpi di cui alla l. 241 del 1990’)

Si costituiva in giudizio l’I.N.P.DA.P., il quale concludeva nel senso della reiezione del gravame.

All’udienza pubblica del giorno 1°marzo 2011 i Procuratori delle Parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da un ex dipendente del Ministero della Difesa (collocato a riposo dopo il 30 novembre 1984) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con cui è stato respinto il ricorso volto ad ottenere la liquidazione dell’indennità di buonuscita attraverso il computo integrale dell’indennità integrativa speciale in godimento alla data di cessazione del servizio.

2. Con il primo motivo di appello, il sig. F. lamenta l’erroneità della pronuncia in questione con argomenti che, invero, non appaiono interamente riferibili alle peculiarità del caso di specie.

Ed infatti, la parte principale delle argomentazioni profuse dall’appellante (da pag. 3 a pag. 6 dell’atto di appello) sembra volta ad affermare il diritto ad ottenere il più favorevole computo di cui all’art. 1 della l. 87 del 1994 anche per i dipendenti i quali fossero cessati dal servizio in data anteriore al 30 novembre 1984, laddove essi fossero titolari di rapporti giuridici "non ancora esauriti" alla data di entrata in vigore della legge del 1994. Pertanto, l’atto di appello reca una rassegna di considerazioni (suffragate da precedenti giurisprudenziali) volte ad ampliare, dal punto di vista applicativo, il novero dei soggetti i cui rapporti giuridici fossero da considerare "non ancora esauriti" alla data di entrata in vigore della legge del 1994.

Tuttavia, gli argomenti in questione non appaiono del tutto pertinenti ai fini della risoluzione della vicenda di causa, pacifico essendo che il sig. F. vantasse un titolo pieno all’applicazione delle previsioni di cui alla l. 87, cit. (in quanto soggetto collocato a riposo dopo il 30 novembre 1984) e non essendo quindi interessato all’applicazione dell’ulteriore previsione (comma 1 dell’art. 3 della l. 87, cit.) secondo cui le disposizioni ivi recate trovassero altresì applicazione nei confronti dei dipendenti per i quali non fossero ancora giuridicamente esauriti i rapporti attinenti alla liquidazione dell’indennità di buonuscita o analogo trattamento.

2.1 Pertanto, anche compiendo uno sforzo ermeneutico circa l’individuazione dell’effettivo petitum di causa (per come desumibile dal complessivo tenore dell’atto di appello), il Collegio ritiene che la domanda di giustizia in questione non sia volta a reclamare l’an (ossia, il diritto in se alla liquidazione dell’indennità di buonuscita attraverso il computo dell’indennità integrativa speciale, pacificamente spettante all’appellante), ma piuttosto il quantum (ossia, il diritto alla liquidazione dell’indennità di buonuscita attraverso il computo integrale dell’indennità integrativa speciale, senza decurtazioni di sorta).

Occorre, quindi, chiedersi se l’Istituto previdenziale (il quale ha incluso l’i.i.s. nella base di calcolo, ma in modo non integrale) abbia correttamente applicato la pertinente normativa e se quest’ultima risulti esente da profili di illegittimità costituzionale.

2.2. Ad avviso del Collegio entrambe le questioni meritano una risposta affermativa.

In primo luogo si osserva che l’Istituto previdenziale ha correttamente applicato la pertinente normativa (in specie: l’art. 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 e l’art. 1 della l. 29 gennaio 1994, n. 87) laddove ha operato una decurtazione nel computo della porzione di indennità integrativa speciale utile ai fini del calcolo della buonuscita, non calcolandola in misura intera (come, invece, richiesto dall’appellante).

Secondo un consolidato orientamento, infatti, il combinato operare delle due disposizioni dinanzi richiamate comporta che l’indennità integrativa speciale debba essere inclusa nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita del pubblico impiego (non già in misura integrale, bensì) nella misura dell’80 per cento della quota del 60 per cento dell’indennità corrisposta in costanza di servizio (in tal senso -ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 27 gennaio 2003, n. 397; id., VI, 14 gennaio 2003, n 101; id., VI, 12 agosto 2002, n. 4167).

In secondo luogo, si osserva che le disposizioni dinanzi richiamate (e il sistema di computo da esse delineato) non risulta affetto da profili di illegittimità costituzionale.

Al riguardo si ritiene di richiamare l’orientamento della Consulta secondo il quale la circostanza per cui l’art. 1, comma 1, lettera b), l. 87 del 1994, per la sua connessione sistematica con l’art. 38 d.P.R. n. 1032 del 1973, comporti – secondo la lettura che di tale combinato disposto dà la giurisprudenza costante della Corte di cassazione, da assumere in termini di diritto vivente – che il computo dell’indennità integrativa speciale nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita avvenga, per talune categorie di pubblici dipendenti, in ragione di una aliquota effettiva pari al 48 per cento, anziché di quella del 60 per cento, non determina alcuna situazione di contrasto con i principi di adeguatezza e proporzionalità della retribuzione e con quello di adeguatezza della tutela previdenziale (Corte cost. 12 marzo 2004, n. 91).

2.3. Il Collegio osserva, ancora, che nessun rilievo ai fini del decidere assume l’esame della questione (introdotta a pag. 6 dell’atto di appello) relativa al carattere quinquennale ovvero decennale del termine di prescrizione del diritto alla corresponsione dell’indennità di buonuscita (o di analoghi trattamenti).

Ed infatti, ciò che viene nella specie in rilievo non è già la prescrizione del diritto dell’odierno appellante all’erogazione del trattamento (non risultando in alcun modo che un’eccezione in tal senso sia stata opposta al sig. F.), bensì la diversa questione della corretta determinazione del quantum di tale trattamento.

2.4. Il Collegio osserva, infine, che non possa trovare accoglimento la domanda finalizzata alla corresponsione degli interessi e della rivalutazione sugli importi dovuti ai sensi della più volte richiamata l. 87 del 1994, ostandovi la chiara previsione di cui al comma 4 dell’art. 2, l. cit. ("le somme dovute a titolo di prestazioni ai sensi della presente legge e quelle dovute per contributi a norma del presente articolo non danno luogo a corresponsione di interessi, né a rivalutazione monetaria").

3. Per le considerazioni che precedono l’appello in epigrafe non può trovare accoglimento.

Sussistono giusti motivi onde disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di lite del presente grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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