T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 193 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il sig. G.C. è proprietario di un fabbricato destinato ad attività commerciale di due piani fuori terra sito nel Comune di Paglieta in piazza Marconi angolo via delle Torri, ricompreso nella sottozona A1 del P.R.P.E. vigente nel Comune. Con permesso di costruire 9 gennaio 2009, n. 1, è stato autorizzato ad eseguire i lavori di "ristrutturazione edilizia, previa demolizione e ricostruzione" di tale fabbricato; in particolare, in conformità a quanto disposto dell’art. 36, comma 1, n. 4, terzo comma, delle N.T.A. di tale strumento urbanistico, è stata autorizzata la sopraelevazione di tale fabbricato, previa demolizione del primo piano.

Il Comune di Paglieta il 9 agosto 2010 ha notificato all’interessato un atto del Responsabile del Servizio Urbanistica e Gestione del Territorio recante l’annullamento d’ufficio e la dichiarazione di decadenza del permesso di costruire in parola; successivamente, ha notificato il provvedimento 9 agosto 2010, n. 24, avente identico contenuto, ma privo della firma del predetto Responsabile.

Con il ricorso in esame il sig. C. è insorto dinanzi questo Tribunale avverso tali atti, deducendo le seguenti censure:

1) che il primo atto notificato, in violazione degli artt. 53 e segg. del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, era privo del numero di protocollo e della data, mentre il secondo atto era privo della sottoscrizione;

2) che gli atti impugnati erano invalidi per perplessità ed intrinseca contraddittorietà, dal momento che non si sarebbe potuto annullare un atto ed in via subordinata dichiararne la decadenza;

3) che l’Amministrazione, con contraddittorietà e con perplessità della motivazione, aveva dato comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca e/o annullamento del permesso di costruire;

4) che in base al predetto punto 4 dell’art. 36 delle N.T.A. era consentito l’adeguamento degli allineamenti e dei profili altimetrici per una "migliore percezione dell’ambiente urbano tramite una nuova organizzazione spaziale che rispetti i principi geometrici di allineamento, linearità, regolarità e proporzione"; la valutazione discrezionale effettuata in merito in sede di rilascio del permesso di costruire non avrebbe potuto essere autoannullata dall’Amministrazione; inoltre, tale annullamento è erroneo e privo di motivazione, dal momento che l’edificio progettato raggiunge un’altezza inferiore a quella dell’edificio adiacente ed è allineato all’altezza di tutti gli altri edifici esistenti sulla medesima via; infine, non è stato evidenziato l’interesse pubblico all’annullamento dal momento che nella zona è in ogni caso possibile sopraelevare sia pur per realizzare "volumi tecnici", né si è considerato che l’interessato aveva già effettuato dei lavori di demolizione del fabbricato;

5) che la presa d’atto della intervenuta decadenza del permesso di costruire è motivata con riferimento alla incompletezza della documentazione alla comunicazione di "inizio parziale dei lavori" (in quanto mancava l’attestato di avvenuto deposito del progetto presso il Servizio Sismico Territoriale della Provincia di Chieti"), alla scarsa entità delle opere realizzate ed alla irrilevanza delle obbligazioni assunte dal C. con l’Enel e la Telecom per lo spostamento di cavi; in realtà, il deposito del progetto presso la Provincia (effettuato il 16 aprile 2010) era prodromico alla fase costruttiva dei lavori e non alle demolizioni effettuate, le strutture interne del fabbricato erano state demolite in parte rilevante, non potendo l’interessato demolire anche le pareti esterne per la presenza dei predetti cavi e che era evidente la volontà di realizzare il progetto approvato.

Tali doglianze la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 3 febbraio 2011 e con memoria di replica depositata il 17 febbraio 2011.

Il Comune di Paglieta si è costituito in giudizio e con memoria depositata il 7 febbraio 2011 ha pregiudizialmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse in quanto la decadenza del permesso di costruire si era realizzata ope legis; nel merito, ha poi diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte. Con memoria di replica depositata il 17 febbraio 2011 ha, inoltre, eccepito l’inammissibilità delle richieste del ricorrente di concessione di un termine per proporre querela di falso e di ammissione di prove testimoniali, di verificazioni e/o di consulenza tecnica.

Alla pubblica udienza del 10 marzo 2011 la causa è stata trattenuta a decisione.
Motivi della decisione

1. – Con il ricorso in esame – come sopra esposto – è stato impugnato il provvedimento 9 agosto 2010, n. 24, con il quale il Responsabile del Servizio Urbanistica e Gestione del Territorio del Comune di Paglieta ha disposto l’annullamento d’ufficio ed, in via subordinata, ha dichiarato la decadenza del permesso di costruire 9 gennaio 2009, n. 1, assentito al ricorrente.

Il ricorso è fondato.

Carattere assorbente, perché idonee a meglio soddisfare gli interessi del ricorrente, rivestono in merito le censure dedotte con gli ultimi due motivi di ricorso e con le quali il ricorrente ha nella sostanza evidenziato che non sussistevano i presupposti per annullare d’ufficio il permesso assentito e per dichiararne la decadenza.

2. – Il Collegio ritiene di esaminare per prima la censura dedotta con il quinto motivo e con la quale l’istante ha contestato la legittimità della accertata decadenza del permesso di costruire per mancato inizio dei lavori.

Va in via pregiudiziale ricordato che, ai fini del rispetto del termine di efficacia del permesso di costruire o della concessione edilizia, è necessario che vi sia stato un serio inizio dei lavori (Cons. St., sez. II, 28 aprile 2010, n. 4170). Inoltre – come questa stessa Sezione ha già avuto modo di evidenziare, da ultimo, con sentenza 8 marzo 2010, n. 152 – per accertare se sussistono o meno i presupposti per la decadenza dei predetti titoli edilizi, l’effettivo inizio dei lavori deve essere valutato non via generale ed astratta, ma con specifico riferimento all’entità ed alle dimensioni dell’intervento edificatorio programmato ed autorizzato, all’evidente scopo di evitare che il termine prescritto possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici e non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della concessione di procedere alla realizzazione dell’opera assentita.

Fatta tale premessa, va anche ricordato in punto di fatto che i lavori autorizzati prevedevano la parziale demolizione del primo piano del fabbricato del ricorrente e la sua ricostruzione, con sopraelevazione, che sulla facciata del fabbricato erano posti dei cavi dell’Enel, della Telecom e dell’impianto di illuminazione del Comune e che il permesso assentito imponeva al Direttore dei lavori, prima di procedere alla comunicazione di inizio dei lavori, di accertarsi dell’avvenuto deposito del progetto presso il servizio sismico della Provincia di Chieti. Dagli atti di causa si rileva, inoltre, che il permesso è stato assentito il 9 gennaio 2009, che la comunicazione di inizio dei lavori è stata inviata il 5 gennaio 2010 e che il deposito del progetto presso il servizio sismico della Provincia è stato effettuato il 6 maggio 2010. Il ricorrente ha, inoltre, versato in giudizio delle fotografie dalla quali si rileva che, nel mentre la facciata esterna del fabbricato non aveva subito interventi, la parte interna dell’edifico era stata interessata da significative demolizioni.

Con l’atto impugnato il Comune ha preso atto della intervenuta decadenza del permesso di costruire con riferimento alle seguenti considerazioni:

a) alla impossibilità di procedere ad un "inizio parziale dei lavori" ed alla incompletezza della documentazione allegata alla comunicazione di inizio dei lavori (in quanto mancava l’attestato di avvenuto deposito del progetto presso il Servizio Sismico Territoriale della Provincia di Chieti);

b) alla scarsa entità delle opere realizzate;

c) alla irrilevanza delle obbligazioni assunte dal C. con l’Enel e con la Telecom per lo spostamento di cavi che erano appoggiati alla parete dell’edificio e che ne impedivano la demolizione.

Tali ragioni giustificative della disposta decadenza non si sottraggono alle censure di legittimità dedotte.

Quanto alla prima va evidenziato che il deposito del progetto presso la Provincia (effettuato il 16 aprile 2010) era in realtà prodromico alla fase costruttiva dei lavori e non alle demolizioni effettuate e che l’interessato non aveva potuto demolire anche le pareti esterne per la presenza dei predetti cavi; per cui, in definitiva, l’inizio "parziale" dei lavori era giustificato dall’esistenza di un impedimento oggettivo ad eseguire la demolizione della parete esterna del primo piano del fabbricato. Inoltre, va anche considerato che il mancato accertamento da parte del Direttore dei Lavori, prima del procedere alla comunicazione di inizio dei lavori, dell’avvenuto deposito del progetto presso la Provincia costituisce una mera irregolarità che non incide nella vicenda ora all’esame, relativa all’accertamento se vi sia stato o meno un "serio" inizio dei lavori.

Quanto alla seconda, va ricordato che il Comune si è limitato ad affermare che le demolizioni non avevano avuto inizio come si era "potuto accertare dai sopralluoghi esterni effettuati in data 28 maggio 2010 e 7 giugno 2010"; nell’atto impugnato si è, peraltro, anche precisato che tali sopralluoghi "non intendevano avere i crismi dell’ufficialità".

Con il gravame il ricorrente ha sul punto documentato a mezzo di fotografie che le strutture interne del fabbricato erano state demolite in parte rilevante, che tali demolizioni non erano visibili dall’esterno, che non avrebbe potuto demolire anche le pareti esterne per la presenza dei predetti cavi e che da tali demolizioni emergeva con evidenza la volontà di realizzare il progetto approvato.

Sul punto va ricordato che l’onere della prova del mancato inizio dei lavori assentiti con un permesso di costruire – come costantemente affermato in giurisprudenza – incombe al Comune che ne dichiara la decadenza alla stregua del principio generale in forza del quale i presupposti dell’atto adottato devono essere accertati dall’autorità emanante.

Ora poiché i predetti sopralluoghi non sembra siano stati verbalizzati e poiché lo stesso Comune asserisce che tali sopralluoghi, effettuati all’esterno del fabbricato, "non intendevano avere i crismi dell’ufficialità", deve, in forza del principio sopra indicato, ritenersi illegittimo per eccesso di potere, sotto il profilo del difetto di istruttoria, il provvedimento di decadenza impugnato in quanto il Comune non risulta che abbia effettuato un puntuale accertamento dei lavori in concreto eseguiti dal ricorrente.

Quanto, poi, alle considerazioni sopra riassunte alla lettera c), deve rilevarsi che il ricorrente ha documentato lo svolgimento di un’attività particolarmente complessa ed onerosa per ottenere lo spostamento di tali servizi, dalla quale, ugualmente, emerge con evidenza la volontà di realizzare il progetto approvato.

Ritiene, pertanto, il Collegio che il provvedimento dichiarativo della decadenza per inutile decorso del termine di un anno per l’inizio dei lavori sia illegittimo in quanto, come sopra precisato, il ricorrente aveva effettuato dei lavori di demolizione necessari all’esecuzione dei lavori autorizzati, idonei a dimostrare un "serio intento costruttivo" impeditivo della decadenza del premesso di costruire.

3. – Con l’atto impugnato, come già detto, è stato anche disposto l’annullamento d’ufficio del permesso di costruire in questione.

Va al riguardo premesso che con il titolo edilizio in questione è stata autorizzata l’esecuzione dei lavori di "ristrutturazione edilizia, previa demolizione e ricostruzione" di un fabbricato ad uso abitazione di proprietà del ricorrente, in applicazione del comma 1, punto 4, secondo capoverso, dell’art. 36 delle N.T.A. che consente l’adeguamento degli allineamenti e dei profili altimetrici degli edifici esistenti per una "migliore percezione dell’ambiente urbano tramite una nuova organizzazione spaziale che rispetti i principi geometrici di allineamento, linearità, regolarità e proporzione". Dagli atti progettuali si rileva che l’edificio del ricorrente, da tempo inutilizzato, è posto in piazza Marconi ad angolo tra via delle Torri e via Cavour ed è adiacente ad altro fabbricato più alto di un piano; con il permesso di costruire in questione è stata consentita la sopraelevazione di circa due metri dell’edificio esistente.

Il Comune con l’atto impugnato, dopo aver ricordato il disposto del predetto secondo capoverso del punto 4 e del successivo quarto capoverso, il quale dispone che "per le eventuali trasformazioni ammissibili l’altezza massima di un edificio non può superare l’altezza degli edifici circostanti", ha disposto l’annullamento del permesso assentito rilevando testualmente quanto segue:

– che "tale consentito adeguamento degli allineamenti e dei profili altimetrici non può che riferirsi ai fabbricati adiacenti anche se come fabbricato adiacente ce ne fosse uno solo, come nel caso di specie";

– che "alla possibile soprelevazione di un terzo piano, secondo quando dettato dal quarto capoverso del precitato punto 4, deve essere anteposto il rispetto del dettato del precedente secondo capoverso. Anche alla limitazione di non poter superare l’altezza degli edifici circostanti, secondo quando dettato dal quinto capoverso del precitato punto 4, deve essere anteposto il rispetto del dettato dei precedenti secondo e quarto capoversi";

– che "in ogni caso, le condizioni dettate dai sopra citati capoversi devono essere sempre rispettate nel loro complesso e non può essere consentita 1’applicazione di uno solo di essi che risulti il più favorevole il più conveniente".

In estrema sintesi, con l’atto impugnato il Comune ha ritenuto di individuare un motivo di illegittimità del permesso assentito nel fatto che con l’intervento progettato, contrariamente a quanto prescritto dalla normativa predetta, non si erano realizzati "l’adeguamento degli allineamenti e dei profili altimetrici ed il raggiungimento degli obiettivi di un adeguamento tecnologico ed igienicosanitario" ed "una migliore percezione dell’ambiente urbano tramite una nuova organizzazione spaziale che rispetti i principi geometrici di allineamento, linearità, regolarità e proporzione".

Tale atto non si sottrae, ad avviso del Collegio, alle censure dedotte con il quarto motivo, con il quale l’istante si è lamentato del fatto che la valutazione discrezionale effettuata in merito in sede di rilascio del permesso di costruire non avrebbe potuto essere autoannullata dall’Amministrazione e che tale annullamento era erroneo e privo di motivazione, dal momento che l’edificio progettato raggiunge un’altezza inferiore a quella dell’edificio adiacente ed è allineato all’altezza di tutti gli altri edifici esistenti sulla medesima via.

Se è pur vero, infatti, che dall’esame degli atti progettuali versati in giudizio si rileva che l’edificio esistente non è perfettamente allineato all’edificio adiacente, in quanto via Cavour (come del resto tutte le strade del centro storico) non ha un tracciato rettilineo, tale circostanza era già stata valutata dall’Amministrazione in sede di rilascio del permesso di costruire ed in tale sede era già stato ritenuto che la ristrutturazione avrebbe comportato un miglioramento dell’ambiente urbano; inoltre, il previsto rispetto del "principi geometrici di allineamento, linearità, regolarità e proporzione" comporta anche che gli edifici debbano certamente conservare le caratteristiche del centro storico, per cui sembra al Collegio che la norma in questione, quando richiama il principio dell’allineamento, fa riferimento nella sostanza alla conservazione del tracciato delle strade esistenti ed anche all’andamento curvilineo degli allineamenti esistenti.

Né sul punto con l’atto impugnato sono stati meglio precisati gli aspetti di contrasto del premesso assentito con i predetti principi.

Ritiene, in definitiva, la Sezione che l’atto di autotutela sia sul punto privo di idonea motivazione in quanto non risultano adeguatamente indicati i vizi di legittimità che inficiano il permesso di costruire.

4. – Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullato l’atto impugnato.

Le spese, come di regola (art. 26 del codice del processo amministrativo ed art. 92 del cod. proc. civ., così come modificato dall’art. 45, n. 11, della L. 18 giugno 2009, n. 69), seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

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P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento del 9 agosto 2010 del Responsabile del Servizio Urbanistica e Gestione del Territorio del Comune di Paglieta

Condanna il Comune di Paglieta al pagamento a favore del ricorrente delle spese e degli onorari di giudizio che liquida nella complessiva somma di Euro 3.000 (tremila), oltre agli accessori di legge (IVA, CAP e spese generali) ed al rimborso del contributo unico versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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