Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-03-2011) 04-04-2011, n. 13507 Trattamento penitenziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.V. ricorre avverso L’ordinanza 10.6.2010 del tribunale di sorveglianza di Roma, di rigetto del reclamo avverso il decreto del Ministero della giustizia di applicazione del regime detentivo di cui all’art. 41 bis ord. pen. e denuncia, nell’ordine, vizio di motivazione, con specifico riferimento all’omessa acquisizione della relazione di sintesi del carcere in merito alla osservazione della sua condotta e personalità, da un lato, rilevanza della questione di manifesta incostituzionalità della disciplina normativa in relazione all’art. 27 Cost., comma 3, artt. 29 e 31 Cost., specie dopo le modifiche intervenute dell’art. 41 bis per effetto della L. n. 94 del 2009, sulle modalità trattamentali dell’altro.

Ma il ricorso oltrepassa i limiti entro i quali deve svolgersi il controllo del giudice di legittimità nella materia de qua.

Non vi è dubbio che in tema di sospensione delle regole di trattamento ai sensi della L. n. 354 del 1975 e succes. modif., art. 41 bis, comma 2 i decreti costitutivi delle limitazioni all’ordinario regime carcerario, come i decreti di proroga, devono essere dotati di congrua ed autonoma motivazione in ordine agli specifici elementi da cui risulti la permanenza attuale delle eccezionali ragioni di ordine e di sicurezza correlati ai pericoli risorgenti della persistente capacità del condannato di tenere contatti con la criminalità organizzata. Di conseguenza la motivazione giudiziale dovrà sfuggire dal rischio di apparire apparente o stereotipa sganciata proprio perchè tale da riferimenti di concretezza e di attualità delle misure disposte. Ma se deve convenirsi sulle regole di giudizio poco sopra esposte e peraltro riprese dai motivi di ricorso, si deve con fermezza affermare che il discorso giustificativo, nella misura in cui richiama esplicitamente i precedenti significativi del prevenuto ancorandoli alla circostanza specifica ed allarmante della partecipazione, recente, del detenuto ad un summit mafioso, di accentrata dimensione delinquenziale, sfugge ad ogni censura che sul piano di legittimità il ricorrente intende muoverle. Le censure difensive infatti, ferme restando le circostanze considerate dal giudice della sorveglianza, ne traggono significati e valutazioni distoniche rispetto a quelle giudiziali di cui peraltro omettono di denunciarne l’incongruità o la manifesta illogicità.

Il secondo motivo di ricorso si rivela manifestamente infondato nella misura in cui omette il dovuto apprezzamento delle considerazioni tutte che la Corte cost. – sent. n. 190/2010 – ha dedicato alla disciplina scaturente dalle limitazioni al regime carcerario ordinario apportate anche dalle recenti modifiche dell’art. 41 bis cit., ritenendole non in contrasto con l’art. 27 Cost., comma 3, artt. 29 e 31 Cost., in un contesto teso a bilanciare le opposte esigenze della persona, da un lato, e della difesa sociale dall’altro. Ebbene il ricorrente non è in grado di indicare quali diritti della persona, necessariamente compressi dalle eccezionale esigenza di ordine pubblico considerata, siano stati nel concreto conculcati, fino ad esserne al limite soppressi, con riferimento, esemplificando, alla salute, ai diritti personalissimi della personalità famiglia et similia e con riferimento a specifiche situazioni personali del detenuto. Il discorso difensivo si mantiene su un piano di genericità teso a sindacare le scelte discrezionali del legislatore, perfino addirittura insindacabili dal giudice delle leggi.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, cosi equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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