T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 29-03-2011, n. 1829 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone in fatto parte ricorrente che con l’impugnata Deliberazione n.106 del 20/5/2010 è stata rideterminata la dotazione organica del Comune di Palma Campania ed approvato il nuovo organigramma, giustificandosi la mancata acquisizione del parere del Responsabile Settore Finanziario con la circostanza che il provvedimento non comporterebbe oneri contabili, ciò in maniera errata e dunque in palese violazione dell’art.49 del TU n.267/2000.

Con motivi aggiunti sono stati poi impugnati la Deliberazione di Giunta n.180 del 30/9/2010 di rettifica della Deliberazione n.106 del 20/5/2010, i decreti nn.13, 14, 15, 16, 17 e 18 dell’1/10/2010 e 20 del 6/10/2010 di revoca di tutti gli incarichi di responsabilità e nomina dei nuovi Responsabili dei singoli Settori, la Determina n.25 del 3/11/2010, le Deliberazioni di Giunta n.194 del 3/11/2010 e e n.235 del 23/11/2010.

Il Comune di Palma Campania si è costituito per dedurre l’infondatezza del gravame replicando ai singoli motivi di ricorso e, comunque, per eccepire in parte la carenza di interesse trattandosi di censura che, semmai, doveva essere sollevata dalle Organizzazioni sindacali, nonché il difetto di giurisdizione quanto ai decreti di nomina dei nuovi Responsabili dei singoli Settori.

Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.
Motivi della decisione

1. Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta, tra l’altro, la violazione sotto molteplici profili del Decr. Legisl. n.267/2000, dei principi contabili, nonché l’eccesso di potere per manifesta illogicità.

2. In via preliminare la Sezione ritiene di confermare il proprio orientamento (4.3.2010, n.1303) secondo cui il Tribunale adito difetta di giurisdizione a conoscere della pretesa azionata che, sotto ulteriore e diverso profilo, deve ritenersi inammissibile per mancanza di un’apprezzabile ed immeditata lesione dell’interesse di parte ricorrente.

3. In punto di giurisdizione – preso atto che con il presente ricorso e con i motivi aggiunti sono stati impugnati una serie di atti, collegiali o monocratici, anche di natura organizzativa, con i quali sono state disposte la disarticolazione di taluni Settori e l’attribuzione di incarichi di responsabilità in Settori ove i Responsabili erano stati precedentemente revocati – il Collegio rileva come l’art. 2, comma secondo, del D.L.vo 3 febbraio 1993, n. 29, recante norme di razionalizzazione dell’organizzazione della P.A. e di revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, abbia stabilito, sul versante sostanziale, l’applicazione al rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche (salvo le ipotesi previste dal quarto comma della disposizione medesima) della disciplina dettata dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell’impresa, rimettendo ogni ulteriore regolamentazione di dettaglio alla contrattazione collettiva cui devono conformarsi i rapporti individuali di lavoro. Il rapporto di lavoro privatizzato è chiamato a svolgersi in un assetto organizzativo che conserva le sue connotazioni pubblicistiche e che resta definito da scelte che sono espressione del potere di autorganizzazione della Pubblica amministrazione il cui oggetto è definito dall’art. 2, comma primo, del D.L.vo n. 29/1993 ed attiene alle "linee fondamentali di organizzazione degli uffici", all’individuazione di quelli fra essi di maggiore rilevanza, ai modi di conferimento della titolarità dei medesimi, alla determinazione delle dotazioni organiche complessive. Il successivo art.4 ribadisce "la rispondenza al pubblico interesse dell’azione amministrativa" degli innanzi richiamati atti di organizzazione e precisa che le ulteriori "determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro". Tale ultima disposizione individua una categoria di atti del soggetto con cui si svolge il rapporto di impiego che – pur incidendo sull’assetto organizzativo in cui deve essere resa la prestazione lavorativa e sui relativi contenuti, modalità, tempo e luogo – non assumono connotazioni pubblicistiche, ma si risolvono in un ambito paritetico perché riconducibili alla sfera di capacità di gestione di diritto privato del datore di lavoro.

3.1 Sul versante processuale, coerentemente, l’art. 68 del D.L.vo n. 29/1993, riprodotto con integrazioni dall’art. 63 del D.L.vo n.165/2001, devolve alla cognizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro privatizzato (escluse quella afferenti le procedure concorsuali per l’assunzione) "ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti"; nei confronti di questi ultimi, ove riconosciuti illegittimi e rilevanti per la decisione, può essere esercitato il potere di disapplicazione. In definitiva si configura un sistema volto a garantire che sia un unico giudice ad occuparsi in modo unitario dell’intera controversia, che la norma individua una chiara regola di giurisdizione in base alla quale, allorquando la domanda introduttiva del giudizio si fondi sul petitum sostanziale riconducibile al rapporto di lavoro, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, non rilevando in contrario che la prospettazione di parte sia rivolta anche avverso atti prodromici di cui si contesti la legittimità per vizi peculiari ai provvedimenti amministrativi, evenienza che non determina nessuna vis attractiva verso la giurisdizione del Giudice amministrativo per effetto di detto nesso di presupposizione (Cass. Civ., SS.UU., 7.8.2003, n.3508 e 18.4.2003, n.6348). Pertanto tale giurisdizione resta ferma, quale che sia l’atto organizzatorio posto a fondamento del provvedimento concretamente lesivo della sfera giuridica del dipendente, con la conseguenza che non può accedersi alla tesi di parte ricorrente secondo cui (anche dopo il passaggio, nel modo come sopra descritto, al giudice del lavoro delle controversie nelle quali la P.A. assume la veste di datore di lavoro) la giurisdizione del Giudice amministrativo resterebbe ferma (non solo in presenza di procedure concorsuali, ma anche) a fronte atti di macroorganizzazione, quali quelli con cui si definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, si individuano gli uffici di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità dei medesimi, si determinano le dotazioni organiche complessive. Un tale sistema, in cui le sorti dell’atto presupposto di organizzazione vengono a dipendere dall’esito del giudizio di legittimità relativo al provvedimento con cui in concreto si dispone della posizione giuridica del dipendente, non implica alcuna deminutio di tutela per l’interessato, in quanto il Giudice ordinario, con gli strumenti conferitigli dall’ordinamento (anche in funzione dell’accertamento di eventuali responsabilità individuali), è in grado di apprestare piena ed effettiva tutela alle posizioni giuridiche sostanziali, riconosciute dalle norme legali o contrattuali, per la cui tutela si adisce la sua giurisdizione, coinvolgendo anche l’atto amministrativo presupposto di cui sia applicativo l’atto di gestione del rapporto di lavoro ed accentrando avanti a sé il controllo che, in tal guisa è esteso in via incidentale anche all’atto amministrativo, senza effetti di giudicato di annullamento (Cons. Stato, VI, 23.12.2005, n.7384; T.A.R. Puglia Lecce, II, 7.12.2005, n.5785; T.A.R. Sicilia, Palermo, I, 11.11.2002, n.3839).

3.2 Nella fattispecie sottoposta all’attenzione del Collegio è indubbio che l’oggetto del contendere sia riconducibile "ratione materiae" nell’ambito delle "controversie relative ai rapporti di lavoro" devolute dall’art. 68 del D.L.vo n. 29/1993 alla giurisdizione del giudice del lavoro, perché si collega alla tutela di situazioni di diritto soggettivo dei pubblici dipendenti interessati quali riconosciute dal contratto collettivo di lavoro, con riconduzione alla cognizione dell’A.G.O. di ogni altra questione diretta ad investire la legittimità degli atti amministrativi presupposti di gestione del rapporto di lavoro. Tanto è sufficiente per concludere che sul ricorso in esame e sui motivi aggiunti la Sezione deve dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

4. Sotto diverso profilo il ricorso con i relativi motivi aggiunti si appalesa anche inammissibile attesa la mancanza in capo all’odierna parte ricorrente dell’interesse ad impugnare tanto la Deliberazione n.106 del 20/5/2010, quanto i decreti nn.13, 14, 15, 16, 17 e 18 dell’1/10/2010 e 20 del 6/10/2010 di revoca di tutti gli incarichi di responsabilità e nomina dei nuovi Responsabili dei singoli Settori.

4.1 Sul punto, infatti, soccorre il pacifico insegnamento giurisprudenziale secondo il quale la trasformazione della pianta organica non è finalizzata ad un migliore sviluppo delle carriere dei pubblici dipendenti, ma solo a precostituire le condizioni perché l’Ente locale possa meglio svolgere le proprie funzioni al servizio dell’utenza; pertanto, i dipendenti comunali, poiché non sono titolari di alcun interesse legittimo, non sono legittimati a proporre impugnazione avverso la revisione di una pianta organica (da ultimo, Cons. Stato, V, 21.12.2010, n.9317; ma già: IV, 25.2.1994, n.175). Infatti rileva che la mera qualifica di dipendente di un Ente non conferisce una legittimazione indiscriminata e generale a contestare qualsiasi atto dell’ente medesimo; a tal uopo è necessario che gli atti ledano la posizione giuridica e determinino una menomazione della qualifica e delle correlative attribuzione del ricorrente (T.A.R. Lazio, Roma, I, 10.2.1982, n.153), tanto perché nel nostro ordinamento l’azione giurisdizionale amministrativa non è data unicamente per la tutela oggettiva della legalità dell’azione amministrativa (riconducibile all’interesse pubblico oggettivo), in funzione del mero ripristino della legalità violata, quasi si trattasse di un’azione popolare (che riveste pur sempre carattere eccezionale), ma sempre e soltanto per la tutela di situazioni soggettive individuali, in ogni caso differenziate rispetto a quelle della generalità dei soggetti, dovendo l’interesse ad agire essere sempre correlato ad un’utilità sostanziale attuale e concreta a tutela della quale si agisce. D’altra parte, apprestare tutela ad un interesse futuro potrebbe conferire all’interesse carattere di attualità unicamente nell’eventualità in cui sussistesse certezza assoluta in ordine al verificarsi dell’evento al quale si collega il soddisfacimento dell’interesse, ma, nella situazione in cui l’interesse del ricorrente non riesce ad attualizzarsi, esso non va al di là di una mera aspettativa, consistente nella possibile, ma non necessaria acquisizione di una futura posizione di vantaggio (Cons. Stato, V, 11.3.2005, n.1040).

4.2 In definitiva non ricorrono nella fattispecie ragioni per dissentire dalla tesi prevalente secondo cui "è inammissibile il ricorso proposto da alcuni dipendenti di un comune avverso la modifica della pianta organica dell’ente atteso che la disciplina della struttura dell’ente rientra nell’ambito dell’autonomia organizzativa dello stesso e l’interesse dei dipendenti al mantenimento di tale struttura si configura come un interesse di mero fatto, rispetto al quale non può trovare tutela l’interesse alla più facile progressione di carriera che potrebbe derivare dall’esistenza di una più ampia pianta organica" (Cons. Stato, V, 17.5.2007, n.2514), ciò per tacere che la razionalizzazione nell’erogazione dei servizi si rende ormai necessaria anche in ragione dei vincoli sempre più stretti per il contenimento della spesa pubblica.

5. Per quanto sopra il proposto gravame ed i relativi motivi aggiunti sono inammissibili per difetto di giurisdizione – salva la riproposizione del presente giudizio innanzi al giudice ordinario ai sensi dell’art.11 cod. proc. ammin. – e, comunque, per carenza di interesse.

Sussistono comunque, anche per la complessità della materia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese giudiziali.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto anche attraverso motivi aggiunti, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione – salva la riproposizione del presente giudizio innanzi al giudice ordinario ai sensi dell’art.11 cod. proc. ammin. – e, comunque, per carenza di interesse.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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