T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 29-03-2011, n. 1807 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone in fatto parte ricorrente di essere dipendente dell’ASL Napoli 1 in cui è confluita la ex USL n.42; con il provvedimento impugnato, nonostante l’attività prestata fosse stata autorizzata, si è disposto la restituzione di una somma percepita per l’attività svolta nell’ambito dell’incentivazione alla produttività, nonché il recupero delle ore di plusorario rese e non dovute, sul presupposto dell’avvenuto percepimento di un importo eccedente quanto effettivamente dovuto.

Benché il ricorso sia stato ritualmente notificato, nessuno si è costituito in giudizio.

Alla pubblica udienza del 20 gennaio 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.
Motivi della decisione

1. Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta la violazione degli artt.3 e 7 della Legge n.241/1990, nonché il difetto di istruttoria e di motivazione.

2. Il Collegio ritiene, con riguardo alla problematica del recupero delle somme erroneamente corrisposte dall’Amministrazione, di non ignorare come proprio questo Tribunale (T.A.R. Campania, Napoli, VII, 12.12.2007, n.16222) abbia talvolta sostenuto che siffatto recupero non costituirebbe un atto assolutamente vincolato, trattandosi, nella sostanza, di un atto di autotutela che dovrebbe, pertanto, tener conto del "peso" del recupero sulla situazione concreta, dell’affidamento ingenerato nel dipendente, nonché dello stato di buona fede dello stesso (Cons. Stato, VI, 28.6.2007, n. 3773; V, 13.7.2006, n.4413; 15.10.2003, n. 6291), attesa la natura discrezionale puntualizzata dallo stesso art.21nonies, comma 1, della Legge n. 241/1990.

3. Tuttavia, nella fattispecie, si è dell’avviso di aderire al prevalente orientamento giurisprudenziale che ritiene comunque legittimo il recupero delle somme non tenendo conto della buona fede del percipiente, considerando il recupero come un atto dovuto non rinunziabile espressione di una funzione pubblica vincolata (ex multis, Cons. Stato, IV, 24.5.2007, n. 2651; 12.5.2006, n. 2679; 22.9.2005, nn. 4964 e n. 4983; T.A.R. Toscana, I, 8.11.2004, n. 5465; T.A.R. Sicilia, Catania, II, 12.8.2003, n.1272; T.A.R. Lazio, Latina, 11.2.1993, n.143). In capo all’Amministrazione che abbia effettuato un pagamento indebitamente dovuto ad un proprio dipendente si riconosce, perciò, una posizione soggettiva che deve essere qualificata come diritto soggettivo alla restituzione, alla quale si contrappone, avendo gli atti che si riferiscono ad un credito derivante da un rapporto di impiego natura paritetica e non autoritativa, una correlativa obbligazione del dipendente; qualora l’Amministrazione intenda recuperare le somme indebitamente corrisposte, non deve annullare l’atto di corresponsione delle stesse in quanto l’indebito si configura come tale per l’obiettivo contrasto con una norma, con la conseguenza che non vi è obbligo di motivare circa l’interesse pubblico che induce ad effettuare il recupero patrimoniale (T.A.R. Campania, Napoli, IV, 25.2.1998, n.681).

3.1 In definitiva la Sezione, come già in precedenti perfettamente identici alla fattispecie in esame (ex plurimis, 2.12.2009, nn.8285 e 8264), ritiene di fare proprio il principio della normale ripetibilità di tali crediti da parte della P.A., soprattutto nel caso di somme di lieve entità, ciò perché il recupero delle somme indebitamente corrisposte ai dipendenti pubblici ha natura di atto dovuto ex art. 2033 c.c., con la conseguenza che la buona fede del percettore rileva ai soli fini delle modalità con cui il recupero deve essere effettuato, in modo cioè da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente. Pertanto lo stato psicologico del debitore, in ipotesi in buona fede, di per sé non preclude l’attività di recupero dell’indebito, ma impone l’obbligo di una più approfondita valutazione degli interessi implicati, in particolare sotto il profilo del grado di lesione di quello del dipendente.

Ne consegue che, nel caso come in trattazione in cui il sacrificio imposto con il recupero è di lieve entità, l’interesse del dipendente a trattenere gli emolumenti percepiti non può prevalere su quello pubblico alla ripetizione delle somme erogate indebitamente, che è di per sé sempre attuale e concreto (Cons. Stato, IV, 8.6.2009, n.3516; V, 23.3.2004, n.1535; T.A.R. Veneto, III, 2.4.2009, n.1072; T.A.R. Lazio, Roma, Iter, 8.6.2009, n.5466; I, 1.4.2008, n. 2764; T.A.R. Campania, Salerno, I, 7.3.2006, n.237). Nonostante il richiamo ad un precedente della Sezione (n.4391 del 2007) che si era limitato a denunciare l’insufficienza della motivazione, per le ragioni dianzi esposte non appaiono, dunque, meritevoli di accoglimento neanche le censure dedotte in sede ricorsuale in ordine all’obbligo per l’Amministrazione di fornire una specifica motivazione delle ragioni del recupero, anche perché l’obbligo ex lege di recupero preclude la facoltà di rinunciare agli effetti favorevoli del decorso del tempo (Cons. Stato, IV, 11.12.2001, n. 6197).

4. Il Collegio, in conclusione, ritiene di rigettare il ricorso per come infondato.

Non si fa luogo a pronuncia sulle sperse in assenza di costituzione dell’Amministrazione resistente.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Manda alla Segreteria di trasmettere copia della presente sentenza all’Avvocatura Distrettuale dello Stato che difende la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel giudizio instaurato dinanzi alla Corte di Appello di Napoli ai sensi della legge n.89 del 2001.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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