Cons. Stato Sez. VI, 06-07-2010, n. 4307 BELLEZZE NATURALI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con provvedimento 15 aprile 2009 n. 20 il Comune di Somma Vesuviana ha autorizzato il signor A.P. a realizzare un deposito agricolo di circa 47 mq., con una altezza di tre metri su un lotto di mq. 1.428, ai sensi del d.lgs. n. 42/2004.

La competente Soprintendenza, con decreto del 28 maggio 2009 ha annullato il nulla osta paesaggistico ritenendolo viziato da eccesso di potere e violazione di legge, in base alle seguenti considerazioni:

a) l’area è soggetta a vincolo paesaggistico ai sensi del d.m. 26 ottobre 1961;

b) con precedente nota 11 marzo 2003 n. 2542 la Soprintendenza aveva segnalato all’Amministrazione comunale la necessità di individuare un lotto minimo per mantenere integra la valenza paesaggistica dell’agro vesuviano;

c) ad avviso della Soprintendenza "considerata l’esiguità del fondo e vista la nota dell’11.3.2003 prot. n. 2542, con la quale si segnalava…la necessità di individuare un lotto minimo per mantenere integra la valenza paesaggistica dell’agro vesuviano…preso atto della consistenza edilizia, le opere contribuirebbero alla perdita dei valori tipici del paesaggio agrario…"

Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso ritenendo che la Sovrintendenza avesse esorbitato dai suoi poteri sostituendo una propria valutazione di merito a quella della Amministrazione comunale.

Appella l’Amministrazione statale; resiste la parte privata, riproponendo anche i motivi assorbiti con la sentenza impugnata.

Motivi della decisione

1. L’appello può essere deciso con sentenza in forma semplificata, atteso che il contraddittorio è integro, sono stati rispettati i termini a difesa della fase cautelare e l’istruttoria è completa.

2. Il Tar ha ritenuto fondata e assorbente la censura con cui si lamentava lo sconfinamento da parte dell’Amministrazione statale in un non consentito sindacato di merito, attesa l’assenza di norme che prescrivono un’estensione minima del lotto al fine dell’edificazione.

2.1. Parte appellante sostiene che non vi sarebbe stato sconfinamento nel merito, avendo la Soprintendenza ricordato al Comune l’esistenza di una propria precedente prescrizione in ordine alla necessità di definire un lotto minimo, per conservare il paesaggio integro in un’area a forte tasso di urbanizzazione.

2.2. La censura è fondata.

Pur considerato che nell’area oggetto dell’intervento per cui è processo non sono vigenti norme urbanistico – edilizie o di piano paesaggistico che prescrivano un lotto minimo come condizione dell’edificazione, che nessuna norma richiede un lotto minimo di 5.000 metri quadrati, e che la nota n. 2542/2003 richiamata nel provvedimento di annullamento, si limitava a invitare il Comune a individuare un lotto minimo, ma non poteva avere portata vincolante in assenza di puntuale base normativa, il Collegio giudica che il provvedimento di annullamento è sostanzialmente fondato sulla mancata considerazione da parte del provvedimento comunale di un aspetto, che non poteva essere trascurato nella valutazione di compatibilità paesaggistica in quella particolare zona e per la specifica area in questione.

L’aspetto, la cui mancata considerazione, secondo questo giudice, ha determinato l’illegittimità del provvedimento controllato e quindi la doverosità dell’annullamento è quello concernente l’estensione del lotto edificando e il rapporto fra tale estensione e la cubatura realizzanda in relazione al vincolo. Nel caso in esame l’indice di fabbricabilità (0,10mc/mq) sarebbe stato rispettato, in quanto i 141 mc realizzandi rappresentavano circa la massima cubatura consentita dalle norme urbanistiche, ma ciò non era sufficiente, in quanto, secondo questo giudice, il vincolo paesaggistico richiedeva una valutazione ulteriore circa la compatibilità dell’estensione del lotto con l’edificazione; diversamente si potrebbe ritenere che su ogni 100 mq inedificati in quella zona, soggetta a vincolo paesaggistico, si potrebbero sempre edificare 10 mc.

Pertanto, secondo il Collegio, la Soprintendenza con l’atto di annullamento impugnato non ha effettuato uno sconfinamento in valutazioni di merito non consentite, ma ha svolto in modo appropriato il controllo di legittimità ad essa attribuito dalla norma di cui all’art. 159, comma 3, d.lgs. n. 42/2004.

3. Le censure non esaminate dal primo giudice e riproposte dalla parte appellata sono infondate.

Infatti la comunicazione di cui al comma 2 del menzionato art. 159 tiene luogo dell’avviso di avvio del procedimento di cui all’art. 7, l. n. 241/1990.

4. Con altra censura si sostiene che il Sovrintendente avrebbe omesso di comunicare alla parte il "preavviso" di provvedimento negativo (in applicazione dell’art. 10bis, l. n. 241/1990). Il Collegio non ritiene applicabile tale disposizione al procedimento di controllo in questione, per la natura del procedimento stesso (controllo di legittimità su atto di altra autorità), la cui conclusione è un provvedimento vincolato da adottarsi entro un termine di decadenza. La disposizione di cui all’art. 10bis richiamata è applicabile, invece, a procedimenti ad istanza di parte in cui l’esercizio del potere non è sottoposto a termini di decadenza.

5. Consegue l’accoglimento dell’appello e il rigetto dell’originario ricorso.

Ricorrono i presupposti di legge per la compensazione delle spese per entrambi i gradi di giudizio

P.Q.M.

IL Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto innanzi al TAR.

Spese compensate

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2010 con l’intervento dei Signori:

Giuseppe Barbagallo, Presidente, Estensore

Paolo Buonvino, Consigliere

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Domenico Cafini, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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