Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-03-2011) 04-04-2011, n. 13493 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– 1 – B.L., Ba.Ar., Be.Pe., C.I., D.S.G., F.A. e J.I. ricorrono, con impugnazioni separate, avverso la sentenza 18.6/13.9.2010 della corte di appello di Milano che confermava, tra le altre posizioni, la pregressa sentenza del tribunale della stessa città 26.5./17.7.2009 di condanna, partitamente, nei confronti di B.L., per il reato ascritto al capo a) dell’imputazione – D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73 -, esclusa l’aggravante della ingente quantità – ex art. 80 c.p. – alla pena di un anno di reclusione ed Euro 5.000 di multa, aggiunta, per essere stato ritenuto il reato contestato in continuazione con altro reato già giudicato, a quella conseguente alla precedente condanna del gup del tribunale di Ancona ad anni 4 mesi due di reclusione ed Euro 15.000 di multa;

nei confronti di Ba.Ar., per i reati ex artt. 73 e 80. D.P.R. cit. di cui ai capi 2, 5, 7, 10, 16 22, 45, 48, 51, 54, 55, 57, ed – ex art. 74, D.P.R. cit. – di cui al capo 59), in continuazione con altri reati di cui alla sentenza passata in giudicato della Corte di appello di Milano 11.4.2006, irr. il 4.12.2007, ritenuto più grave il reato di cui al capo 59), alla pena di trenta anni di reclusione;

nei confronti di Be.Fe., per il reato ascritto al capo 35) dell’imputazione – ex artt. 73 e 80 cit. – alla pena di anni otto di reclusione e Euro 60.000 di multa;

nei confronti di C.I., per il reato ascritto al capo 54) dell’imputazione – ex art. 73 cit. – alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione ed Euro 45.000 di multa;

nei confronti di D.S.G., per i reati ascritti ai capi 47) e 50) – ex art. 73 cit. – alla pena di anni nove di reclusione ed Euro 65.000 di multa; nei confronti di F.A., per il reato ascritto al capo 50) – ex art. 73 cit. – alla pena di anni sette di reclusione ed Euro 40.000 di multa;

nei confronti J.I., per i reati ascritti ai capi 25, 29, 36 (esclusa l’aggravante dell’ingente quantità peri primi due reati, capi 25 e 29)- ex art. 73 cit. e per il capo 59) – D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, comma 2 – alla pena di anni 15 e mesi sei di reclusione ed Euro 110 di multa.

-2- Le sentenze hanno riferimento ad un imponente traffico di eroina dalla Albania in Italia, facendo capo ad una associazione a delinquere che si serviva di corrieri e mezzi per il trasporto della droga, operante negli anni 2003 e 2004, facente capo ad una famiglia, H., albanese di Durazzo, fiancheggiata in Italia da tale H. A. ed altri, via via individuati tramite l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate, appostamenti e numerosi sequestri di droga operati nel corso e in occasione delle indagini.

Il procedimento registrava 21 imputati – per altri erano intervenuti giudicati di condanna specie in seguito ad arresti in flagranza del reato di detenzione e spaccio di eroina – e ben 59 capi di imputazione.

Dalle intercettazioni, dalle partite di eroina sequestrate, dal fatto che, malgrado i numerosi sequestri ed arresti, il traffico non abbia mai subito rallentamenti di sorta, dalla quantità di denaro necessario per il continuo approvvigionamento di eroina, i giudici di merito hanno tratto la convinzione dell’esistenza di un gigantesco traffico di eroina facente capo ad una pericolosa associazione a delinquere, svoltosi per un lunghissimo periodo di tempo tra l’Albania e l’Italia, per centinai di chili di stupefacente pesante, con un numero altissimo di persone coinvolte e cifre di denaro impressionanti provento delle cessioni.

Sette sono gli attuali ricorrenti ed i motivi dei loro ricorso possono essere trattati congiuntamente laddove identiche sono le censure proposte.

Censure che possono in sintesi essere raggruppate nel modo seguente:

A) Eccezioni in rito sollevate da Ba.Ar., con riferimento alla competenza per territorio ed alla utilizzabilità di alcune intercettazioni telefoniche;

B) Eccezioni sollevate dal predetto Ba.Ar., B. F., D.S.G., F.A., e da J.I. con riferimento alla sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità di sostanza stupefacente per i singoli episodi di spaccio in cui è stata contestata.

C) Eccezioni sollevate da tutti i ricorrenti in merito al discorso asseritamente neutro e non indiziante del contenuto delle intercettazioni come in merito ai contatti, di per sè non significativi, con i coimputati.

-3- Ba.Ar. denuncia la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) in relazione all’art. 51 c.p., comma 3 bis, art. 328 c.p., comma 1 bis e art. 16 c.p.. Ferma restando, in relazione al titolo del reato previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, la competenza del P.M e del gip presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente a decidere per l’appunto in ordine al reato associativo, competenza peraltro determinata, nel procedimento de quo, con riferimento al gup competente per l’udienza preliminare, in sede del conflitto risolto da questa Corte con sent.

5.10.2005 n. 40012, il ricorrente reitera l’eccezione sollevata in sede di atti preliminari al dibattimento, e quindi successivamente, e ritiene, peraltro correttamente, che la competenza per la fase dibattimentale debba essere individuata in base alle regole generali.

Ne dovrebbe conseguire, a suo avviso, la competenza degli uffici giudiziari di Reggio Emilia, nel cui circondario si era consumato il primo dei più gravi, considerando la pena edittale, reati di detenzione e spaccio di eroina aggravato ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6 e art. 80, comma 2. A parità di gravità dei reati così circostanziati, la competenza doveva radicarsi, per l’appunto, a Reggio Emialia, indicata come luogo di commissione del reato di cui al capo 2 dell’imputazione.

Può in risposta a tale censura convenirsi che la violazione più grave va di certo individuata, in astratto, in base alla pena edittale, e avendo riguardo al reato così come ritenuto in sentenza, tenendo conto delle circostanze riconosciute esistenti e dell’eventuale giudizio di comparazione fra di esse (Sez. 1, 15.6/1.7.2010, Di Benedetto, Rv. 248047). Occorre cioè far riferimento alla pena edittale e non a quella in concreto inflitta dal giudice sulla base delle specifiche situazioni di fatto.

Ma deve dissentirsi dal criterio proposto dalla difesa per la determinazione del luogo di commissione del reato più grave tra quelli contestati al Ba.Ar.. In verità le diverse condotte previste dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, in alternativa formale tra loro, perdono la loro individualità quando si riferiscano alla stessa sostanza stupefacente e siano indirizzate ad un unico fine, talchè, se consumate senza un’apprezzabile soluzione di continuità, devono considerarsi come condotte plurime di un unico reato e, al fine della determinazione della competenza per territorio, deve farsi riferimento al luogo di consumazione della prima di esse. (Sez. 4, 31.1/3.3.2008, Baumgardt, Rv 239259; Sez. 1, 23.3/3.5.2007, Diliberto, Rv. 236437).

In questa prospettiva è corretta la motivazione della sentenza impugnata che individua la prima condotta rilevante, alla stregua dell’art. 73, comma 1 cit., nell’accordo, costitutivo dell’offerta e messa in vendita, intervenuto in ordine alle singole transazioni nel centro operativo della associazione che deve individuarsi in Milano, luogo di residenza pur temporanea della maggior parte degli imputati e centro principale di raccolta dello stupefacente. In proposito perspicuamente i giudici di appello collocano il Ba. nella posizione di chi, all’interno del sodalizio criminoso, manteneva i contatti con le persone che in Albania erano in grado di fornire la droga – eroina – e con i connazionali presenti in Italia, coinvolti nei traffici di droga, si incaricava di raccogliere il denaro e spedirlo tramite corrieri ai fornitori albanesi, agiva in stretto collegamento con H.H. e H.F.. Una tale attività rientra pienamente, oltre che nella condotta associativa, tra quelle contestate nel capo di imputazione che ha riferimento al reato di detenzione e spaccio di stupefacente di ingente quantità:

"..inviavano in Italia, ricevevano, commerciavano, importavano sul territorio della Repubblica italiana….". E per l’appunto tra le condotte tipicizzate dall’art. 73 cit. rientrano, tra le altre, l’offerta o la messa in vendita, il commercio, il procurare al altri la droga., per l’appunto nella specie attraverso il centro direzionale collocato prevalentemente in Milano.

Con un secondo motivo in rito, Ba.Ar. denuncia la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) in relazione al combinato disposto dell’art. 267 c.p.p., comma 1 e art. 270 c.p.p., in particolare la inutilizzabilità delle intercettazioni che hanno riferimento alla condotta dell’imputato, perchè il primo decreto di convalida delle intercettazioni disposte dal p.m. in via di urgenza, datato 9.1.2003, conterebbe una motivazione per relationem attraverso il rinvio alla nota della p.g. ed a precedenti provvedimenti autorizzativi,di cui non viene riportato il contenuto.

Ne conseguirebbe che, per essere il primo o i primi decreti emessi nell’iniziale procedimento, una volta che questo si era diviso in diversi filoni corrispondenti a diversi procedimenti e per essere confluito il primo provvedimento che ha disposto l’intercettazione in un procedimento diverso da quello de quo, la difesa del ricorrente non ha potuto visionare i pregressi decreti di convalida delle intercettazioni, confluiti nei procedimento stralciati. La difesa richiama in proposito la giurisprudenza di questa Corte nel senso che l’imputato deve essere messo in grado di conoscere l’atto di riferimento nel momento in cui può esercitare la facoltà di critica e di valutazione sulla legittimità del decreto autorizzativo delle intercettazioni. Ad avviso del difensore dell’imputato, i decreti, nella misura in cui fanno riferimento per la motivazione a decreti precedenti, confluiti in altri procedimento e quindi nell’impossibilità per l’imputato di visionarli onde verificare la effettiva motivazione, devono ritenersi privi delle ragioni loro proprie esplicative e quindi inutilizzabili. In risposta potrebbe richiamarsi l’indirizzo giurisprudenziale consolidato alla cui stregua l’inutilizzabilità dei risultati di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni per violazione dell’art. 267 c.p.p. e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, è rilevata dal giudice del procedimento diverso da quello nel quale furono autorizzate solo quando essa risulti dagli atti di tale procedimento, non essendo tenuto il giudice a ricercarne d’ufficio la prova. Grava, infatti, sulla parte interessata a farla valere l’onere di allegare e provare il fatto dal quale dipende l’eccepita inutilizzabilità, sulla base di copia degli atti rilevanti del procedimento originario che la parte stessa ha diritto di ottenere, a tal fine, in applicazione dell’art. 116 c.p.p. (S.U. 17/23.11.2004, P.M. in proc. Esposito, Rv 229245).

Ma il motivo di ricorso, in prima battuta, si traduce in una critica sterile nella misura in cui, a prescindere dai principi di diritto in astratto formulati, tralascia ogni riferimento pur doveroso al contenuto del decreto del gip che, al di là del rinvio al provvedimento precedente, contiene una motivazione, pur sintetica, ma congrua ai fini di esplicitare le ragioni della disposta intercettazione: ivi si fa riferimento, come correttamente hanno puntualizzato i giudici di merito, al fatto che proprio attraverso le operazioni di intercettazioni precedenti, correlate ad imputati altri ed a imputazioni diverse da quelle contestate al Ba.Ar., si era "giunti al sequestro di ingenti carichi di eroina ed all’arresto o al fermo di vari personaggi, specie corrieri", con la necessità di disporre l’intercettazione tra le varie persone che inequivocabilmente erano tra loro in contatto in ordine alla attività di spaccio.

-4- La contestazione in merito alla ritenuta aggravante dell’ingente quantità D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80, comma 2, costituisce oggetto del quarto motivo del ricorso proposto da Ba.Ar., del quinto motivo del ricorso proposto da J.I., ed ancora di altri ricorsi, quali quelli di Be., D.S. e F..

I giudici di merito, sul punto, per pervenire alla determinazione della circostanza, hanno considerato il numero dei fruitori finali, la quantità importata, la rete di smercio territoriale, ed hanno, secondo un giudizio medio, ritenuto di considerare ingente la quantità non al disotto, all’incirca di 20 Kg. calcolandovi una quantità pura di principio attivo di non meno due kg. in base ad un criterio uniforme generalmente riscontrato nella prassi.

I ricorrenti censurano il criterio seguito dai giudici di merito per determinare la configurabilità della aggravante. Denunciano che per gli episodi di spaccio contestati manca la prova della quantità dello stupefacente, quantificato solo in via presuntiva: non vi è stata mai perizia sullo stupefacente, la cui quantità era stata tratta dal tenore delle conversazioni. In particolare non si era mai accertato in fatto la percentuale di principio attivo rispetto alla quantità complessiva dello stupefacente trattato, detenuto, trasportato.

Ritiene il collegio che le critiche difensive non colgono per nulla nel segno.

Alla stregua delle censure mosse dai ricorrenti sul punto relativo alla ravvisata ingente quantità di eroina, mai potrebbe ravvisarsi l’aggravante de qua quando sia mancato il sequestro della droga e mancata quindi la verifica sul peso di essa. E’ però facile replicare che la quantità di droga può essere legittimamente ravvisata in forza di altri elementi di prova, come nella specie, dal tenore non equivoco di intercettazioni telefoniche che facciano riferimento al peso dello stupefacente come alla quantità di denaro necessario per acquistarlo. Ora dalle intercettazioni telefoniche la quantità di droga da considerare ingente è stata sempre verificata per una quantità di chilogrammi pari o di pochissimo inferiore o spesso, superiore e di molto a 20 kg.: 38 chili per il capo 2) contestato a Ba.Ar., 23 chili per il capo 35) contestato a Be.Fe., 19 chili per il capo 50) contestato a D.G. e F.A., 25 chili per il capo 29) contestato a J.I.. Ed i giudici di merito, in base ad una serie di circostanze, tratte dalla rilevazione del grado di purezza – 2 chili circa sui 19 – riscontrato per la eroina sequestrata al capo 50) ed analizzata nel contesto di un diverso procedimento a carico dei coimputati di D.S. e F., dal fatto che, giuste le valutazione dei giudici di primo grado, non si sono mai registrate proteste sulla qualità della droga dei vari clienti, dalla considerazione che il traffico di droga si serviva,per il trasporto dalla Albania in Italia, di una quantità di mezzi e di numerosi corrieri, strumenti il cui impiego comportava ingenti spese da dover ammortizzare con il ricavato economico della vendita della droga, dalla quale comunque doveva derivare il necessario conseguente utile per i numerosissimi componenti dell’associazione criminosa, hanno, con discorso congruo e logico, ravvisato l’aggravante dell’ingente quantità, desumendo che il principio attivo della droga importata e, efficacemente smerciata fosse mediamente di almeno il 10% del peso lordo.

Anche se nella determinazione della quantità di droga necessaria per essere qualificata, alla stregua dell’art. 80 cit., occorre prendere le distanze da determinazioni che tendono a restringere in spazi angusti la discrezionalità dei giudici di merito nella valutazioni dei casi di specie, mortificandone quindi il libero logico convincimento, correttamente la sentenza impugnata ha fatto riferimento, per la configurazione della aggravante, all’incremento del pericolo per la salute pubblica che ricorre ogni qualvolta il quantitativo di sostanza oggetto di imputazione, pur non raggiungendo valori massimi, sia tale da creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicodipendenti, secondo l’apprezzamento del giudice del merito che, vivendo la realtà sociale del comprensorio territoriale nel quale opera, è da ritenersi in grado di apprezzare specificamente la ricorrenza di tale circostanza (v., per tutte, Sez. Un. 21.6/21.9.2000, Primavera, Rv 216666). Il che comporterà, ai fini della sussistenza della circostanza aggravante della quantità "ingente", di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 80, che non è necessario che il quantitativo sia in grado di determinare la saturazione del mercato in una determinata area, in quanto tale elemento è ultroneo rispetto alla "ratio" della norma, rappresentata dalla tutela della salute pubblica, e non è suscettibile di positivo accertamento, essendo quello degli stupefacenti un mercato clandestino (in termini, Sez. 6, 9.7/20.10.2008, Di Pasquale e a. Rv 241694). Il che comporterà che l’ingente quantità dovrà ravvisarsi quando, pur non potendo essere precisato un valore massimo, il dato ponderale sia oggettivamente di carattere straordinario e comunque tale da superare, con accento di eccezionalità, il quantitativo usualmente trattato in transazioni del genere nell’ambito territoriale in cui opera il giudice del fatto, tenuto conto anche della qualità della sostanza, con riferimento alla quantità di principio attivo dello stupefacente. E di un tale criterio di giudizio hanno dimostrato di servirsi i giudici di merito, rendendo così inattaccabile sul piano della legittimità il discorso giustificativo della loro decisione.

-5- I motivi di ricorso, diversi da quelli congiuntamente esposti, svolgono il tentativo di analizzare, denunciando il vizio di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e), punto per punto il contenuto delle conversazioni per contraddire l’interpretazione che di esso hanno ritenuto di dare i giudici di merito. Sinteticamente si possono riassumere, insieme alle ragioni che ne evidenziano l’infondatezza, ricorrente per ricorrente, nel modo seguente: per B. L. si contesta la condotta di corriere per il trasposto di 10 kg. di eroina, in concorso con H.A., H.S., S.L. e G.P. per il solo dato oggettivo che egli si trovasse, insieme al coimputato H.S. sul battello "Egitto Express" in data 8.11.2003, senza che sia stata sequestrate alcun quantitativo di stupefacente, ricavato peraltro in modo apodittico dal contenuto di telefonate criptiche.

Il motivo non è fondato: i giudici di merito hanno rimarcato il contenuto di telefonate, con riferimento esplicito ai movimenti dei correi per l’importazione e la collocazione in Italia della droga il giorno 8.1.2003, alla quantità dei 10 kg. tratta dal tenore delle telefonate, alla identità degli interlocutori nel contesto delle conversazioni intercettate, alla inverosimiglianza della tesi difensiva secondo cui egli sarebbe andato in Albania, poi ritornato in Italia in macchina solo per studiare la situazione in vista dell’importazione conclusasi qualche tempo successivo con il suo arresto collegato con una altra cessione di stupefacente, alla presenza dell’imputato l’8.11.2003, il giorno stesso dell’importazione della droga sul battello Egitto Express, utilizzato per il trasporto dello stupefacente con il correo H.S..

Ebbene nessuna delle circostanze indicate in sentenza sono trattate, se non alcune e per sommi capi, dal ricorrente.

-6- per Ba.Ar..

Con il terzo motivo di ricorso, viene denunciata la violazione dell’art. 530 c.p., comma 2 per il fatto che risulterebbe dubbia la rapportabilità all’imputato delle conversazioni intercettate e a lui riferite, nonchè l’identificazione del predetto nel corso degli appostamenti di polizia. Quanto alle prime, il riconoscimento della voce sarebbe stato operato non dagli ufficiali di p.g. ma dagli interpreti di cui questi si servivano per captare e tradurre le conversazioni in lingua albanese, quanto alla seconda ad opera del Maresciallo M. essa si riferisce all’incontro con altro correo avvenuto la sera del 2.2.2003 ed è stata effettuata dall’ufficiale di p.g. circa un mese dopo in base ad una fotografia dell’imputato.

Ebbene la discrasia tra il giorno del riconoscimento ed il giorno dell’avvistamento ad opera del riconoscente sarebbe tale da fra dubitare dell’affidabilità dell’operazione. Parimenti con riferimento al reato di cui al capo 22 dell’imputazione, il riconoscimento nel contesto dell’azione di trasporto e cessione della droga effettuato dal M.llo M. non sarebbe affidabile per le incertezze della dichiarazione del p.u. sulla indicazione del suo punto di osservazione.

Al motivo di ricorso può replicarsi, evidenziando il tentativo della difesa del ricorrente di dare una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate. Deve in proposito ribadirsi che in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, è questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimità se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate (v., per tutte, Sez. 6, 8.1/30.4.2008, Gionta e a. Rv 239724). La censura di diritto può riguardare soltanto la logica della chiave interpretativa. Ma se ricorrono di frequente termini che non trovano una spiegazione coerente con il tema del discorso, e invece si spiegano nel contesto ipotizzato nella formulazione dell’accusa, come dimostrato dalla connessione con determinati fatti commessi da persone che usano gli stessi termini in contesti analoghi, se ne trae ragionevolmente un significato univoco e la conseguente affermazione di responsabilità è scevra da vizi (ancora, v. per tutte, in termini, Sez. 5, 14.7/19.9.1997, Ingrosso, Rv 209620). Nel caso di specie il contesto delle telefonate vede persone già in passato indagate per la stessa tipologia dei reati, le informazioni relative ai loro movimenti trovano riscontro in contemporanei pedinamenti ed in puntuali relazioni di servizio, in seguito alle tracce derivanti alle intercettazioni tra gli stessi soggetti si è potuto procedere a sequestri di droga che coinvolgono soggetti tra loro collegati: tutti elementi che, in mancanza di una spiegazione alternativa, offerta dai ricorrenti, pongono il discorso giustificativo giudiziale sul significato ritenuto delle conversazioni in posizioni di sicura inattaccabilità sul piano della legittimità.

-7- Le stesse considerazioni valgono per i motivi di ricorso proposti per Be.Fe..

La cessione di 23 kg di eroina in concorso con H.A., H.S., N.L., D.B. e G.S. è tratta dai giudici di merito da ben 16 conversazioni intercettate i giorni 4 e 5.9.2003, in base alle quali si era proceduto a pedinamenti dei soggetti coinvolti,tra cui il Be.: da quelle conversazioni si trae la circostanza che la droga era pervenuta in Italia nascosta nella carrozzeria di una macchina sfuggita al pedinamento. Addirittura dalla conversazione del 5.9,2003, h. 22,24 si apprende che i correi del Be., quest’ultimo con la funzione di staffetta, la stanno smontando, la macchina, per prelevare lo stupefacente. Ora i motivi di ricorso dell’imputato, che peraltro ha ammesso la cessione di droga, si limitano a contestare genericamente l’aggravante della ingente quantità di stupefacente, deducendo che non tutta la quantità di droga era a lui destinata ma solo una parte: motivo che non vale certo ad elidere il contributo apportato alla importazione e trasporto dello stupefacente nella sua totale quantità,anche se solo una parte era destinata alla consegna sua personale.

-8- La responsabilità di C.I. in ordine all’episodio di cessione di 6 kg. di eroina di cui al capo 54) emerge chiaramente, secondo i giudici di merito, dal contenuto delle conversazioni intercettate dal 25 al 29.4.2004: nelle conversazioni del 27.4.2004, h. 00,29 e 00,55 C. dice al correo, tale S.A., detto b., di aver ricevuto lo stupefacente – "sto portando i bambini a casa" – e di aver chiesto alla sua convivente di prendere il denaro da dare al corriere. Da altra conversazione, del 27.4.2004, h. 12,18 si evince che il quantitativo di droga consegnato dal corriere è di 6 kg.

I motivi di ricorso contestano, senza alcun argomento specifico o alternativo alla chiave di lettura utilizzata in sentenza, il significato delle conversazioni telefoniche e chiedono ancora genericamente la concessione delle attenuanti generiche e la riduzione della pena anche in base alla quantità ed all’eventuale grado di purezza dello stupefacente acquistato. Valgono anche per queste censure le considerazioni svolte in precedenza.

-9- D.S.G. è ritenuto responsabile dell’importazione di 9 kg. di eroina – capo 47) dell’imputazione-, in concorso con G.S., sequestrata nella macchina con la quale si era recato in Albania per poi fare rientro in Italia. I giudici di merito rimarcano che su questo episodio l’imputato è reo confesso, come anche che dalle intercettazioni telefoniche si trae la certezza del traffico illecito. Contesta l’imputato invece la sua responsabilità in ordine all’episodio di spaccio di 19 kg. di eroina – di cui al capo 50 -, posto in essere in concorso con F.A. detto M., con V.V., P.A. e S.A. detto V..

Dalle intercettazioni telefoniche emerge il fatto che D.S. tiene i contatti con il fornitore albanese, che insieme al correo F.A., procura la macchina, una lancia tg (OMISSIS), con la quale V.V. e P.A. si recano in Albania ed attraverso la Grecia rientrano in Italia, dove all’altezza di Avellino Ovest lunga la A 16 Bari – Napoli la macchina viene fermata e viene sequestrato lo stupefacente con un principio attivo di pochissimo meno di due chili, come riscontrato dagli esiti peritali.

Con il primo motivo di ricorso, D.S. sostiene che la coppia V. – P. non ha avuto alcun contatto con lui dopo che era partita per l’Albania. I contatti con il correo F. riguarderebbero solo il commercio dell’auto.

Con il secondo motivo si contesta la sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità, a fronte della impossibilità di un riscontro a quanto rilevato in prima battuta per non avere la polizia di Avellino, che aveva provveduto al sequestro, estratto come prescrive la normativa i campioni di stupefacenti prima di distruggerli. Ne consegue, ad avviso della difesa, l’impossibilità di acquisire agli atti la analisi sullo stupefacente effettuata nel procedimento penale contro V. per non potersi più ripetere l’accertamento tecnico per impossibilità sopravvenuta causa l’inescusabile elusione del modello procedurale descritto in tema di sequestro di sostanze stupefacenti.

Con motivi aggiunti la difesa del ricorrente rileva che dalla sentenza del tribunale di Avellino nei confronti di V. il principio attivo della quantità di eroina viene indicato in kg 1,900 grammi, mentre i giudici di merito preliminarmente hanno indicato, perchè potesse ricorrere l’aggravante della ingente quantità, un principio attivo pari a 2 kg.

Deve replicarsi,da un lato, la non concludenza delle critiche in merito all’interpretazione delle conversazioni telefoniche a fronte di un discorso congruo e logico dei giudici di merito calate nel contesto complessivo dei fatti contestati, dall’altro che gli esiti della consulenza tecnica travasati nella sentenza di condanna del V., se non possono costituire da soli la prova del principio attivo dello stupefacente alla stregua del richiamato dalla difesa art. 238 c.p.p., ben possono costituire elementi che, insieme alle altre circostanza e valutazioni operate dai giudici di merito, contribuiscono a formare, nel libero convincimento del giudice, la prova della aggravante.

– 12 – La posizione di F.A. è collegata a quella di D. S.: entrambi rispondono del reato di cui al capo 50), gli indizi di responsabilità sono comuni a entrambi. I giudici di merito sottolineano, quale elemento specifico ed ulteriore di responsabilità che il F., come si ricava dalle conversazioni intercettate, prepara la macchina che deve servire per il trasporto dello stupefacente e cura anche i dettagli economici della spedizione di V. – P. in Albania, assicurandosi che il V. abbia raccolto i soldi per l’acquisto dello stupefacente.

I motivi di ricorso ripetono in buona sostanza quelli del D. S., con particolare attenzione alle ragioni che escluderebbero la ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 2 cit.. Non possono che richiamarsi in proposito le considerazioni tutte in precedenza esposte in risposta alle medesime tipologia di censure svolte dagli altri ricorrenti.

-13- J.I. è stato ritenuto responsabile di tre episodi di spaccio dal Giugno al Settembre 2003, in concorso con H. F., J.R. ed il cognato V.B.. La responsabilità viene tratta dalla rilevazione di numerosissime intercettazioni telefoniche che ne comprovano la piena partecipazione al traffico. Una particolare menzione i giudici di merito dedicano all’importazione di stupefacente descritta al capo 25: nell’occasione l’imputato, in una situazione di emergenza – il consegnatario del carico teme di essere pedinato dalla polizia – viene invitato ad intervenire, il che dimostrerebbe per la rapida comprensione del messaggio criptico che l’imputato era ben calato nell’organizzazione della associazione.

Riunendo in una unica esposizione i motivi di ricorso dei due difensori, possono compendiarsi, a parte le censure affrontate in precedenza e comuni ad altri ricorrenti, nelle seguenti doglianze le ragioni della contestazione della sentenza:

a) illegittimo rigetto della perizia fonica per accertare la attribuibilità all’imputato della conversazioni intercettate: la voce è stata riconosciuta non dal perito, ma dall’ausiliario dell’operante che ha eseguito l’ascolto in lingua straniera (albanese), il nome I. non compare in alcuna conversazione ed al più può dirsi che tutte le conversazioni sono attribuibile a I. ma non si sa chi è I.. Vi sono divergenze sulla attribuibilità all’imputato di numerose conversazioni da parte degli operanti, del trascrittore e del perito. Il Tribunale ha ascoltato ed ha attribuito la voce all’imputato ma senza esplicitarne la ragioni. Il ricorrente ha riconosciuto la propria voce nelle contestazione relative al reato di cui al capo 29 – utenza (OMISSIS) -, ma non in quelle relative alla telefonata n 34, dove si fa riferimento ad una spaccio di kg. 25 di droga.

Ma le predette censure tendono a sovrapporre una propria valutazione a quella, certo non manifestamente infondata, condotta dai giudici di merito in base alla valorizzazione di un linguaggio criptico dipanato alla luce di una chiave di lettura che fa perno sulla identità degli interlocutori, sul riferimento allo stupefacente e sulla non plausibilità delle interpretazione alternative offerte dal ricorrente. b) Si contesta l’attribuzione del reato associativo, tratto dalla interpretazione dei dialoghi intercettati. L’imputato ha fornito una interpretazione alternativa, che faceva perno sulla sua attività imprenditoriale ed effettiva, ad alcune delle conversazioni, che è stata disattesa dai giudici senza giustificazione alcuna. Si sottolinea il breve periodo di tempo – tre mesi- per ritenerlo partecipe ad una associazione che è durata solo 18 mesi. Gli episodi costitutivi dei reati – fine si sarebbero poi consumati fuori del periodo della azione in tesi del sodalizio,che si colloca tra fine Giugno ed inizio Settembre 2003.

Si critica la interpretazione della conversazione n. 9 del 26.6: da essa si vorrebbe trarre la conclusione che l’imputato era chiamato ad intervenire in situazioni di emergenza, da qui la sua collocazione come membro del gruppo. Invece proprio questa circostanza depone per un suo intervento occasionale. L’aiuto prestato si spiegherebbe con i rapporti di amicizia con gli interlocutori. In definitiva illogica sarebbe la contraria deduzione dei giudizi di merito. c) Si critica la conversazione richiamata con riferimento al capo 36 e se ne da una diversa interpretazione. In definitiva è illogico costruire la partecipazione consapevole al gruppo dalla sua pretesa responsabilità in ordine a tre importazioni di stupefacente, specie sotto il profilo del dolo di contribuire alla funzionalità della attività associativa. Anche per tutti gli aspetti segnalati è facile replicare che non giova sovrapporre una propria interpretazione a quella,congrua e logica, operata dai giudici di merito.

Si contesta, infine, l’aggravante dell’art. 74, comma 3 (associazione con dieci persone o più): secondo la difesa vi sarebbero più gruppi operanti e non rileverebbe la riconducibilità delle forniture di eroina ad una unica famiglia di Durazzo. Ma non può certo ritenersi illogico, senza palese fondamento, il ragionamento dei giudici di merito che, proprio per i rapporti del ricorrente con i componenti della famiglia H. e per il rapporto di fiducia e di affidamento che avevano verso di lui i correi in seno alla associazione, desunto dai suoi interventi in momenti più delicati e pericolosi della attività costitutiva del fine della associazione, hanno fondatamente ritenuto che l’imputato doveva essere a conoscenza dell’esistenza di una organizzazione criminale, di cui facevano parte numerosissimi suoi connazionali.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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