Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-03-2011) 04-04-2011, n. 13489

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – D.N.G., R.R. e Re.Fa. (oltre a M.M., giudicata a parte) sono accusati di concorso a vario titolo nell’omicidio di L. E., accoltellato a morte, fatto commesso in (OMISSIS).- Nel procedimento è costituita quale parte civile la società "Immobiliare Gradese".- Con sentenza in data 05.02.2010 la Corte d’assise d’appello di Trieste, in parziale riforma della pronuncia di primo grado resa in esito a rito abbreviato: a) riduceva la pena a D.N.G. ad anni 5 di reclusione, riconoscendo in suo favore l’attenuante della provocazione, oltre alle generiche ed alla diminuente del concorso anomalo già applicati in primo grado; b) riduceva la pena a R.R. ad anni 6 e mesi 8 di reclusione, riconoscendo le attenuanti generiche, oltre al concorso anomalo già statuito in prime cure; C) riduceva la pena a Re.

F. ad anni 15 di reclusione; d) revocava le statuizioni civili pronunciate in primo grado in favore della predetta "Immobiliare Gradese".- Entrambi i giudici del merito ritenevano così provato che la D. N., moglie della vittima, si fosse accordata con la R. e con il compagno di costei, l’albanese Re. (nonchè con la M., madre della R.), per dare una "bella lezione" al L.. Il movente è stato individuato da un lato nell’esasperazione della D.N. per la condotta vessatoria del marito, descritto come violento e vero donnaiolo impenitente, e dall’altro nel risentimento del gruppo familiare della R., fatta oggetto di avances da parte del L., nonostante costei avesse versato all’epoca in stato di avanzata gravidanza.- L’esecuzione materiale della lezione è stata attuata – sempre secondo i giudici del merito – dal Re. in correità con altra persona rimasta ignota, posto che l’indagine medico-legale aveva individuato l’uso di due diversi coltelli, azionati da due soggetti, quali strumenti del delitto.- Gli elementi probatori valorizzati dai giudici territoriali sono, in sintesi, i seguenti: 1.a) quanto alla D.N.: – reiterate, circostanziate ed affidabili dichiarazioni confessorie; – chiamata in correità ad opera del Re. (nella memoria da costui inviata);

– prova del pagamento fatto al gruppo R. incaricato dell’esecuzione (aveva prelevato i denari poi in effetti rinvenuti a casa di quest’ultima); – è portatrice diretta del movente;

1.b) quanto alla R.: – chiamata in correità da parte della D.N. e dello stesso Re.; – in casa sua vengono rinvenuti sia i denari versati dalla D.N. quale prezzo dell’esecuzione, sia un coltello recante tracce di sangue della vittima; – al momento della perquisizione ebbe a dire "io del morto non so niente", quando dell’evento non vi era ancora alcuna notizia pubblica; – anch’essa è portatrice diretta di un movente;

1.C) quanto al Re.: – chiamata in correità effettuata nei suoi confronti dalla D.N.; – sostanziale ammissione resa nel memoriale inviato, di avere partecipato al piano criminoso senza però effettuare la fase esecutiva materiale (a suo dire avrebbe trovato e poi accompagnato a casa della vittima un ignoto esecutore);

– nella casa che condivide con la R. vengono rinvenuti il coltello insanguinato ed i denari prezzo del delitto; – macchia di sangue nei suoi pantaloni jeans. – Tanto ritenuto, la Corte territoriale rilevava come l’uccisione del L., nei cui confronti l’accordo era solo di dare una lezione, fosse stata un’evoluzione anomala in fase esecutiva – dovuta alla reazione della vittima- rispetto al piano concordato, in tal senso riconoscendo la diminuente ex art. 116 c.p., comma 2 alla D.N. ed alla R.. Tale diminuente non poteva peraltro essere riconosciuta al Re., ritenuto effettivo coesecutore materiale.- Alla D.N., in ragione delle continue e gravi vessazioni ed umiliazioni subite ad opera del marito, era riconosciuta altresì l’attenuante della provocazione.- Le attenuanti generiche erano riconosciute alla stessa D.N., per il quadro soggettivo e per la pronta ed ampia collaborazione, segno di sofferta consapevolezza critica, ed alla R. sia per la giovane età, sia per lo stato di gravidanza in cui versava all’epoca, sia ancora per la causale che l’aveva mossa, da ricollegare alla spregevole iniziativa della vittima nei suoi confronti.- Le attenuanti ex art. 62 bis c.p. erano però negate al Re. sia per la ferocia dimostrata nell’esecuzione (la vittima era stata sgozzata) sia per lo scarso significato della memoria inviata, solo parzialmente ammissoria ed infarcita di elementi elusivi se non depistanti, nonchè in mancanza di qualsivoglia sintomo di resipiscenza. – Il quadro sanzionatolo era così delineato: a) per la D.N.: pena base anni 21, ridotti a 15 ex art. 116 c.p. e quindi ad 11 per la provocazione, pena diminuita ad anni 7 e mesi 6 per le generiche e quindi alla pena finale di anni 5 per il rito; b) per la R.: pena base anni 21, ridotti a 15 ex art. 116 c.p. ed a 10 per le generiche e quindi alla pena finale di anni 6 e mesi 8 per il rito; C) per il Re.: pena base anni 22 e mesi 6, ridotti alla pena finale di anni 15 per il rito. – Infine la Corte triestina revocava le statuizioni civili pronunciate in prime cure in favore della costituita parte civile "Immobiliare Gradese", rilevato che il danno sofferto da tale società, che si era visto sequestrare a fini probatori l’appartamento di sua proprietà occupato dagli imputati R. e Re., non poteva dirsi cagionato in via diretta dalla condotta di reato, essendo riconducibile invece a valutazione legittima e discrezionale, dell’Autorità giudiziaria.- 2. I RICORSI – Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazione i tre predetti imputati e la parte civile "Immobiliare Gradese".- 2.1 – L’imputata D.N.: – l’accordo era solo per un’aggressione a mani nude; – l’imputata non poteva rispondere a titolo di concorso neppure anomalo se vi era riserva mentale nell’esecutore materiale; – sussistenza in suo favore di un errore di fatto ex art. 47 c.p. o art. 48 c.p..- 2.2.- L’imputata R. con atto personale: a) – insufficienza della prova in ordine alla sua effettiva partecipazione al piano criminoso, anche in relazione al suo stato di gravidanza all’epoca; – mancanza di riscontri alla circostanza che avrebbe pronunciato la frase "/o del morto non so nulla"; – scarsa credibilità della D. N., ben più coinvolta nel delitto e nelle sua causali; – mancata acquisizione dei tabulati telefonici in ordine alle telefonate con altri soggetti che la D.N. potrebbe aver fatto;

– in definitiva poteva al più residuare a suo carico ipotesi di favoreggiamento del convivente Re.; b) mancata acquisizione di prova decisiva (i tabulati telefonici della D.N. e le deposizioni dei vicini di casa); c) errato diniego della provocazione in una situazione di affronto subito analogo a quello della D. N. cui invece tale attenuante era stata riconosciuta.- 2.3 – L’imputato Re.: a) – violazione dell’art. 192 c.p.p. in tema di prova indiziaria, essendo la condanna basata su illazioni del giudicante; – mancata prova di una presenza diretta di esso imputato all’interno della casa della vittima al momento del delitto; – indebita inversione dell’onere della prova, in base alla motivazione, in ordine all’anzidetta presenza diretta al delitto; – mancanza di ogni traccia o segno riferibile ad esso imputato sia sulla sua persona che nel teatro del delitto; b) – vizio di motivazione in ordine al diniego delle chieste attenuanti generiche, sussistendo in suo favore le stesse condizioni della R. (giovane età, offese subite da parte della vittima, difficili condizioni di vita);

C) mancato riconoscimento della diminuente ex art. 116 c.p..- 2.4 – La parte civile "Immobiliare Gradese": – premesso che aveva perso la disponibilità dell’immobile di sua proprietà, per il disposto sequestro, dal 31.12.2008 (data dell’esecutività dello sfratto) al giorno 11.02.2010 (data della restituzione), e ciò a causa delle conseguenze del delitto, lamenta che l’appello sul punto, sollevato dall’imputato Re., non sia stato dichiarato inammissibile per genericità; – sussisteva comunque il danno causato dalla condotta di reato, essendo stato il sequestro probatorio disposto proprio in conseguenza della condotta degli imputati.- 3. MOTIVI DELLA DECISIONE – I ricorsi, tutti infondati, devono essere rigettati con ogni dovuta conseguenza di legge.- 3.1 – Sono certamente infondati i motivi del ricorso proposti dall’imputata D.N..- Va premesso che questa ricorrente è pienamente confessa ed è altresì raggiunta dai plurimi e convergenti elementi di colpevolezza sopra ricordati al p. 1.a) della presente motivazione. La sua denuncia dell’applicazione del concorso anomalo, ex art. 116 c.p., comma 2, non può essere accolta.

Palesemente ne sussistono, invero, nella fattispecie come ricostruita da entrambi i giudici del merito, i requisiti quali insegnati dalla costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità (sul punto, da ultimo, v. Cass. Pen. Sez. 5, n. 39339 in data 08.07.2009, Rv.

245152, Rizza): 1) la volontà, confessata, di partecipare ad un reato concordato, di minore gravità di quello poi realizzato, nel caso lesioni personali ai danni del marito; 2) il nesso causale con l’evento, costituito dalla sua condotta istigatrice ed organizzatrice, essenziale: ha assoldato gli esecutori; 3) il nesso psichico integrato dalla ben possibile rappresentazione dell’evento maggiore, in quanto logico sviluppo, secondo l’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, di quello concordato, senza però volerlo od accettarne il rischio, caso in cui si risponderebbe a titolo di concorso pieno, ex art. 110 c.p., per dolo diretto o eventuale. In ordine a tale ultimo punto, centrale nella figura in questione, occorre rilevare come la Corte territoriale abbia esplicato corretta e coerente motivazione a sostegno della necessaria indagine postuma circa l’elemento psichico della prevedibilità, secondo parametri concreti, della possibile evoluzione dell’azione concordata verso esito più grave, elementi tutti sostanzialmente non contrastati nell’atto di ricorso. In tal senso l’imputata, odierna ricorrente, affida l’impugnazione alla prospettiva della sussistenza, in capo al materiale esecutore (il Re.), di una preesistente riserva mentale, e quindi della ricorrenza, ai sui danni, di una situazione gravata da errore. La deduzione non è accoglibile già in fatto, posta la mancanza di concreti e riconoscibili elementi in tale direzione, dovendosi qui rilevare come la ricorrente la proponga su base quanto mai ipotetica e suggestiva. Vale comunque ricordare come, in tema di concorso anomalo, risulti irrilevante, e dunque inidonea a revocare l’inquadramento ex art. 116 c.p., comma 2, l’eventuale riserva mentale di uno dei concorrenti, secondo la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (v. Cass. Pen. Sez. 6, n. 32209 in data 29.04.2010, Rv. 248033, Amadio), posto che l’eventuale determinazione maggiore in capo ad un concorrente, non esplicitata, resta un fatto psichico interno a costui e non determina interruzione del collegamento, nè induce anomalia dell’evento.- Il ricorso della D.N. è dunque infondato e, come tale, va rigettato. Seguono a suo carico le spese processuali.- 3.2 – Parimenti infondato è il ricorso dell’imputata R..- Anche per questa imputata plurimi e convergenti sono gli elementi di prova, già sopra riassunti al p. 1.b) e qui da intendere rievocati.

– Il primo e principale motivo di ricorso, con il quale si deduce l’insufficienza della prova, non è fondato.- Vale ricordare, in proposito, come risulti logica e coerente, invero, la motivazione della Corte territoriale basata sulla doppia chiamata a suo carico (della D.N. e del Re.), già in sè ben sufficiente, cui si aggiungono tutti gli altri elementi anche di oggettiva eloquenza (in particolare il coltello ed i denari trovati nella sua abitazione) sui quali le argomentazioni dei giudici del merito risultano ineccepibili. Trattasi di materiale accusatorio, di conclusiva valenza, che la ricorrente ora contrasta con osservazioni di inadeguato significato: – lo stato di gravidanza non impediva certo la sua partecipazione a livello ideativo-rafforzativo ed organizzativo; – la testimonianza sulla frase da lei pronunciata (io del morto non so nulla), proprio in quanto testimonianza e non chiamata in correità, non abbisognava di elementi di riscontro; – l’attendibilità della D.N. è stata ben vagliata dai giudici del merito, e non può essere dubitata con l’osservazione del suo maggiore coinvolgimento nel delitto. Oblitera, dunque, la ricorrente, da un lato la chiamata a suo carico fatta dallo stesso Re., suo convivente, largamente convergente con quella della D.N., dall’altro che essa stessa R. era portatrice di un movente diretto (ed anzi, dell’ultima causa scatenante).- Inammissibili, poi, risultano quei motivi che lamentano carenze indagatorie in ordine al traffico telefonico ed alla possibile assunzione della deposizione dei vicini di casa, sia per l’indeterminatezza delle proposizioni, versate in termini di confusa quanto vaga possibilità, sia per l’evidente insignificanza in un quadro già totalmente illuminato dalla duplice ammissione dei coimputati e dalle altre convergenti risultanze.- Il certo concorso nel delitto, per la partecipazione all’accordo criminoso ab initio, sia pur sub specie concorso anomalo, esclude ex se di poter configurare l’ipotizzato favoreggiamento.- Non è accoglitele, infine, neppure la deduzione che lamenta la mancata applicazione in suo favore dell’attenuante della provocazione, questione non deducibile in questa sede in quanto il punto risulta (v. ff. 25-26 dell’impugnata sentenza) non essere stato oggetto di motivo di appello, e dunque è coperto da giudicato interno (v. art. 606 c.p.p., comma 3).- Seguono, anche a suo carico, le spese.- 3.3 – Anche l’impugnazione del Re. deve essere rigettata.- Tutte le svolte deduzioni sono invero infondate.- Anche per questo imputato si abbiano per qui richiamali gli elementi ricostruttivi e probatori sopra già sintetizzati, in particolare al p. 1.c).

Trattasi di ricostruzione in fatto più che adeguata e coerente, basata su elementi di ben solida confluenza accusatoria che resistono alle, ora proposte, infondate censure. Non si tratta, dunque, di sentenza basata su congetture, nè di materiale indiziario insufficiente. Varrà ricordare, invero, la confessione da lui resa per tutta la parte ideativa ed organizzativa, corroborata dalle plurime dichiarazioni auto ed etero accusatorie della D.N..

Deve essere ricordata, ancora , la rilevanza oggettiva di elementi di valenza accusatoria determinante, quali la presenza del coltello insanguinato e dei denari (prezzo del delitto) rinvenuti nella casa che divideva con la R.. L’arma del delitto in suo possesso, in particolare, non altrimenti spiegabile, deve far escludere la veridicità della sua versione di avere solo accompagnato un ignoto esecutore e di essere rimasto estraneo all’esecuzione. Il dato si coniuga con quello – emergente dagli accertamenti medico-legali – della sicura partecipazione alla fase esecutiva di due soggetti e non di una sola persona (come egli intende proporre), nonchè con le altre corrette deduzioni logiche della sentenza, cui si rimanda.- In definitiva si tratta di quadro probatorio completo e di tranquillante certezza, oggetto di adeguata e coerente motivazione. Il diniego delle attenuanti generiche è stato ben motivato dalla Corte territoriale con argomentazioni (v. al punto 4.7 della sentenza) che tengono presenti le stesse deduzioni difensive oggi riproposte. Sul punto va peraltro ricordata la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui è incensurabile in sede di legittimità la valutazione del giudice del merito, cui la legge affida la dosimetria sanzionatoria, anche ove basata su uno solo degli elementi parametrati dall’art. 133 c.p., ove sia congruamente motivata la prevalenza di esso rispetti ad altri elementi (v. Cass. Pen. Sez. 2, n. 2285 in data 11.10.2004, Rv. 230691, Alba; ecc.).- Il riconosciuto ruolo di esecutore materiale, in esito a ricostruzione in fatto convalidata in questa sede, preclude in radice la giuridica possibilità di configurare a favore di questo ricorrente la diminuente del concorso anomalo, ex art. 116 c.p., comma 2, il che rende infondato anche tale suo ultimo motivo di ricorso.- Seguono le spese.- 3.4 – E’ altresì infondato il ricorso della parte civile "Immobiliare Gradese".- E’ del tutto pacifico che il danno da reato che legittima, ex art. 74 c.p.p., la costituzione di parte civile nel processo penale sia solo quello conseguenza diretta della condotta incriminata. Ed invero, anche nella giurisprudenza più ampia di questa Corte, si deve trattare sempre di danno eziologicamente riferibile alla condotta di reato (v. Cass. Pen. Sez. 1, n. 4060 in data 08.11.2007, Rv. 239189, Sommer), precisandosi comunque che il giudizio di ricollegabilità deve essere fatto secondo il criterio della regolarità causale (così Cass. Pen. Sez. 2, n. 23046 in data 14.05.2010, Rv. 247294, Cesarini). Orbene, nel caso di specie, tra la condotta degli imputati, coautori dell’omicidio, ed il danno subito dalla ricorrente società, si è inserito il provvedimento discrezionale dell’Autorità giudiziaria che ha di certo interrotto la ricollegabilità diretta del danno alla condotta di reato. Deve escludersi, infatti, il ricordato requisito della regolarità causale, posto che di certo non possa affermarsi la indefettibilità del sequestro di un immobile in ipotesi di reato omicidiario, tanto più se si riflette che – nella fattispecie – non si trattava del luogo dell’azione cruenta (dunque con un rapporto più diretto), ma di un’abitazione diversa nella quale si ipotizzava di rinvenirne alcune tracce, e si considera che ben avrebbero potuto (almeno in teoria) gli accertamenti essere espletati ed esauriti in poco tempo, addirittura senza concreto danno per la "Immobiliare Gradese", a conferma che il lamentato danno non può dirsi conseguenza diretta, secondo il ricordato parametro della regolarità causale, della condotta di reato.- Tale lamentato danno ben potrà, dunque, se del caso, trovare eventuale riconoscimento in altra sede, ma deve qui essere convalidata come corretta la decisione della Corte territoriale che ha escluso i presupposti legittimanti la costituzione della parte civile in questo processo penale.- Tanto ritenuto, deve anche ritenersi infondata la doglianza della predetta ricorrente circa la mancata declaratoria di inammissibilità dell’appello difensivo sul punto per assunta genericità, dovendosi rilevare – di contro – la sufficienza della protesta di insussistenza di un rapporto eziologico diretto, come qui ritenuto.- Seguono le spese.

3.5 – Alla completa reiezione di tutte le impugnazioni consegue ex lege, come già detto, in forza del disposto dell’art. 616 c.p., la condanna dei ricorrenti imputati e della parte civile "Immobiliare Gradese", anch’essa ricorrente e parimenti soccombente, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna gli imputati ricorrenti D.N. G., R.R. e Re.Fa. al pagamento delle spese processuali.- Rigetta altresì il ricorso della parte civile "Immobiliare Gradese" che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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