T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 2750

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il ricorrente, magistrato con funzioni di Sostituto Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma, descritti gli episodi salienti della propria attività magistratuale, caratterizzata anche dalla preposizione agli Uffici di Procuratore della Repubblica presso i Tribunali di Palmi e Crotone, lamenta di essere stato ancora una volta pretermesso dalla assegnazione dell’incarico di Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, avendogli il C.S.M. preferito altro Collega (la d.ssa M.), al quale è stato attribuito il punteggio complessivo di punti 14 (rispettivamente 6 per attitudini, 6 per merito, 2 per l’esercizio di funzioni omologhe), a fronte dei 13 a lui attribuiti (rispettivamente, 3 per attitudini, 2 per merito, 2 per esercizio di funzioni omologhe, 6 per durevole esercizio delle funzioni).

Nella fattispecie in esame, parte ricorrente evidenzia che, nella presente procedura, la condotta del C.S.M. risulta connotata da ancora, se possibile, maggiore pervicacia ed ostracismo, rispetto alle prededenti procedure.

Infatti, per consentire la nomina della d.ssa M., poiché la stessa non ha titolo al punteggio, pari a 6 punti, per il durevole esercizio delle funzioni, il C.S.M. ha dovuto abbassare, questa volta, anche il punteggio per il merito, attribuendogli soltanto due punti.

Ciò ha comportato che il ricorrente risultasse soccombente rispetto alla controinteressata; ove invece al dr. C. fosse stato attribuito anche solo un punto in più (per merito e/o attitudini), e quindi un punteggio complessivamente uguale a quello della controinteressata, egli sarebbe risultato vincitore, potendo vantare una maggiore anzianità di ruolo.

Propone, quindi, i seguenti motivi di ricorso:

1) Violazione e falsa applicazione artt. 11 e 12 d. lgs. n. 160/2006; delle circolari CSM 30 novembre 1993 n. 15098 e 30 aprile 2008 n. 11036; eccesso di potere, in particolare per sviamento, difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti, disparità di trattamento.

L’attribuzione di un punteggio penalizzante, sotto il profilo attitudinale, discende dalla considerazione di un episodio, risalente di circa 10 anni, e concernente lo "sviluppo del porto di Gioia Tauro". L’episodio viene riportato, sia nel medaglione, che nel corpo della delibera, in termini assolutamente identici alle delibere del 2009, annullate da questo TAR con le sentenze nn. 6191 e 6193/2009. Richiama, altresì, tre recentissime decisioni della Sezione (nn. 30335/2010, 30340/2010, 30387/2010), con le quali sono stati annullati identici provvedimenti del C.S.M. nell’ambito di procedure identiche a quella in esame.

Ribadisce, ancora una volta, che, pur oggetto di indagine penale e disciplinare, l’episodio rivangato dal C.S.M. non ha avuto, in realtà, alcuna conseguenza pregiudizievole.

Il procedimento disciplinare si è infatti concluso con decreto di archiviazione, il procedimento penale con decisione di non luogo al rinvio a dibattimento.

L’episodio in questione ha formato, inoltre, oggetto di una procedura trattata dalla I commissione del C.S.M. (pratica n. 111/99), anch’essa conclusasi con l’archiviazione.

Successivamente, due aspetti del medesimo episodio (un rapporto privilegiato del dott. C. con un imprenditorearmatore; l’assunzione dell’incarico di Presidente del Comitato per il patto territoriale di Vibo Valentia "incarico con competenza di gestione finanziaria"), hanno formato oggetto di specifiche pronunce del TAR (le già citate sentenze nn. 6191 e 6193/2009), con le quali sono stati annullati identici provvedimenti del CSM, nell’ambito di procedure identiche a quella oggi in rilievo.

Peraltro, l’episodio dei presunti rapporti con l’imprenditore ha già formato oggetto sia del procedimento penale, sia di valutazione della Procura Generale della Corte di Cassazione, che "ha archiviato gli atti senza necessità di ulteriori approfondimenti", e ciò in contrasto con quanto invece affermato dal CSM, secondo il quale esso, "storicamente non oggetto di contestazione", manterrebbe rilevanza dopo circa 10 anni ai fini della valutazione delle attitudini "in particolare sotto il profilo della indipendenzariserbo".

In punto di fatto, ribadisce che i rapporti asseritamente privilegiati intercorsi con il dott. Andrea C. sono il frutto di una collaborazione diretta a reprimere, oltre che a prevenire, fenomeni malavitosi connessi allo sviluppo del porto di Gioia Tauro.

Il suo interlocutore, inoltre, all’atto delle conversazioni intercettate, era un mero incaricato dal Presidente del Consiglio dei ministri di redigere un piano di sviluppo del suddetto porto.

Il corretto inquadramento delle conversazioni tra i due, per come emerge nella oggettività della documentazione, è che il dr. Andrea C. si è rivolto al Procuratore della Repubblica di Palmi in un momento storico nel quale operava su incarico della Presidenza del Consiglio dei Ministri per denunciare l’assegnazione di aree del porto in difformità dalla previsione originaria e, comunque, per assecondare la volontà della criminalità organizzata. A seguito di questi colloqui, il Procuratore C. ha avviato mirate attività investigative conferendo numerose deleghe di indagine, da cui è scaturito il rapporto informativo della DIA e sulla base delle quali sono state formulate dalla DDA di Reggio Calabria le richieste di misure cautelari.

Del tutto coerenti con tali conclusioni, risultano i provvedimenti di archiviazione, adottati in sede penale e disciplinare.

Non risponde al vero, infine, che il ricorrente fosse stato nominato presidente del Comitato per il patto territoriale di Vibo Valentia, senza richiedere la prescritta autorizzazione al C.S.M., e che solo successivamente si fosse dimesso dall’incarico. Egli, in realtà, non ha mai accettato quest’ultimo, proprio in relazione alla propria condizione di magistrato.

Al riguardo, il dr. C. ha depositato ampia documentazione, innanzi al C.S.M., in sede di audizione.

2) Violazione e falsa applicazione artt. 11 e 12 d. lgs. n. 160/2006; delle circolari CSM 30 novembre 1993 n. 15098 e 30 aprile 2008 n. 11036; eccesso di potere, in particolare per sviamento, difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti, disparità di trattamento.

Il dr. C. ha comunque chiarito lo svolgimento dei fatti in apposita audizione, delle cui risultanze non vi è però traccia nella proposta approvata.

Viceversa, nella proposta a favore del ricorrente, la ricostruzione in fatto è opposta a quella contenuta nella proposta approvata e viene ampiamente argomentata, anche sulla base delle risultanze dell’audizione e della documentazione depositata.

3) Violazione e falsa applicazione artt. 11 e 12 d. lgs. n. 160/2006; delle circolari CSM 30 novembre 1993 n. 15098 e 30 aprile 2008 n. 11036; eccesso di potere, in particolare per sviamento, difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti, disparità di trattamento.

L’operato del C.S.M. è comunque caratterizzato da contraddittorietà, in particolare in quanto la riscontrata carenza nelle doti di "indipendenzariserbo", contrasta con tutti i pareri dei Consigli giudiziari espressi nel periodo successivo a quello dell’episodio incriminato.

4) Violazione e falsa applicazione artt. 11 e 12 d. lgs. n. 160/2006; delle circolari CSM 30 novembre 1993 n. 15098 e 30 aprile 2008 n. 11036; eccesso di potere, in particolare per sviamento, difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti, disparità di trattamento.

Parte ricorrente richiama poi gli elementi curriculari principali che, a suo dire, ne determinano la prevalenza rispetto alla controinteressata, con particolare riguardo alla mancata considerazione delle "pregresse esperienze di direzione" che egli può vantare e che, invece, mancano nel profilo della d.ssa M.. Ritiene perciò irragionevole che alla controinteressata siano stati attribuiti punti 6 a fronte dei 3 che gli sono stati attribuiti, ulteriormente confermandosi che l’unica ragione di tale penalizzante punteggio risiede nei soli fatti in precedenza esaminati.

Relativamente al merito, sottolinea il carattere, parimenti penalizzante, dell’attribuzione di soli due punti, a fronte, peraltro, di una "elevata produttività" nonché della riconosciuta "capacità di abbattere l’arretrato dell’ufficio, della quale ha dato ampia dimostrazione nella Procura della Repubblica di Palmi".

Ritiene comunque illogico che alla d.ssa M. siano stati attribuiti 6 punti senza minimamente prendere in considerazione le effettive condizioni dei vari uffici e l’impegno che si è reso necessario profondere per superare le ben differenti diseconomie organizzative e operative.

In sostanza, l’attribuzione di un punteggio di merito così modesto per il ricorrente e, al contempo, tanto elevato per la controinteressata, appare frutto di palese arbitrio e, comunque, di difetto di istruttoria, contraddittorietà e violazione della normativa vigente.

Si sono costituite, in resistenza, le amministrazioni intimate e la controinteressata, d.ssa M..

Il dr. C. ha quindi gravato, con motivi aggiunti, anche il decreto ministeriale di recepimento della delibera del C.S.M..

Il ricorso, e i motivi aggiunti, sono stati assunti in decisione alla pubblica udienza del 23 febbraio 2011.
Motivi della decisione

1. Il ricorso e i motivi aggiunti sono fondati, e debbono essere, pertanto, accolti, con conseguente annullamento degli atti impugnati, per le ragioni di seguito esposte.

1.1. Le vicende oggetto del presente ricorso hanno già formato più volte oggetto di esame da parte di questo Tribunale che, con sentenze 25 giugno 2009 nn. 6191 e 6193, nonché, ancora, da ultimo, con sentenze nn. 30335/2010, 30340/2010 e 30387/2010, ha accolto i ricorsi proposti dal dott. E.C. avverso analoghe delibere del C.S.M. di conferimento ad altri magistrati, invece che al ricorrente, di incarichi semidirettivi di Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma.

Giova, innanzi tutto, osservare che l’impugnata delibera del C.S.M., nell’attribuire punti 3 al dr. C., per il profilo delle attitudini, pur riconoscendo il "positivo profilo del magistrato, che ha svolto funzioni requirenti, anche direttive, in particolare quale Procuratore della Repubblica di Palmi e Crotone, e, quindi, in contesti criminogeni di particolare rilevanza", ha tuttavia valorizzato "circostanze non del tutto tranquillizzanti sulla professionalità del magistrato emerse della pratica n. 111/99 aperta presso la prima commissione, procedimento che ha visto una prolungata attività istruttoria ed una archiviazione disposta nel dicembre 2001 solo quando il Consiglio ha preso atto che il dr. C. era stato trasferito, a sua domanda, dalla Procura della Repubblica di Palmi, alla Procura della Repubblica diRoma".

Il C.S.M., dunque, rileva che "alcuni dei fatti posti a base di quella procedura sono stati esaminati anche nel procedimento penale e disciplinare che ha coinvolto il dr. C. e nei quali il magistrato ha ottenuto il pieno proscioglimento", mentre, a fronte di ciò "residuano invece altri elementi, storicamente non oggetto di contestazione, apprezzabili sul versante delle attitudini professionali, in particolare sotto il profilo dell’indipendenzariserbo, che come è noto costituisce, alla luce della normativa secondaria del Consiglio, una rilevante componente del parametro dell’attitudine".

Tali elementi consisterebbero nel rapporto (definito "privilegiato e confidenziale") tra il procuratore E.C. e Andrea C., quest’ultimo qualificato "imprenditore interessato all’espansione dell’area portuale" di Gioia Tauro, al quale si aggiunge "la circostanza che il dott. E.C. aveva assunto l’incarico di Presidente del Comitato per il Patto territoriale di Vibo Valentia – incarico con competenze di gestione finanziaria – senza richiedere la prescritta autorizzazione al CSM".

Queste descritte sarebbero, secondo la delibera, "circostanze importanti che mantengono ancora oggi rilevanza ai fini della valutazione delle attitudini di professionalità e che non consentono l’attribuzione di un punteggio attitudinale superiore a quattro nonostante le esperienze direttive nel settore requirente".

Da quanto esposto, rileva che il giudizio sulle attitudini svolto dal CSM, e che si è concluso con l’attribuzione di punti 3, si è in pratica fondato sul "peso negativo" degli episodi ora citati, ed è in relazione a questo aspetto della motivazione che si appuntano i primi due motivi di ricorso.

Orbene, con riferimento agli episodi della carriera del dott. C., posti a base della valutazione delle "attitudini" del medesimo, in particolare sotto il "profilo della indipendenzariserbo", le citate, precedenti sentenze di questo Tribunale affermano che "per tali episodi il dott. C. è stato sottoposto sia a procedimento penale che a procedimento disciplinare, entrambi conclusisi per lui favorevolmente. La circostanza non è di poco momento ma assume una rilevanza ancora maggiore se si considera il contenuto e il tenore dei provvedimenti di archiviazione, in sede penale dal GIP presso il Tribunale di Messina ed in sede disciplinare dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione. In entrambi gli atti (…) emerge che i rapporti intercorsi tra il dott. E.C. e il dott. Andrea C. (pur a prescindere dall’effettiva posizione vantata da quest’ultimo) – segnatamente le iniziative assunte dal primo – erano ispirati da esigenze di lotta alla criminalità organizzata che tentava di infiltrarsi nel porto di Gioia Tauro. Tali elementi e valutazioni dovevano, in qualche modo, rifluire sul giudizio valutativo che il CSM andava a formulare sullo scrutinato: quest’ultimo non poteva limitarsi a richiamare il contenuto delle intercettazioni telefoniche per desumerne l’attenuata idoneità del dott. C., senza considerare che sulle stesse il giudice penale e l’autorità disciplinare, in sedi diverse, ma pur sempre strettamente connesse (soprattutto la seconda) a quella in questione, avevano raggiunto conclusioni diametralmente opposte".

Inoltre, secondo la richiamata decisione n. 6191/2009, "il fatto che non si fosse dato corso alla procedura di trasferimento di ufficio per l’intervenuto trasferimento a domanda del dott. C. è in sé neutro, in quanto non è assolutamente significativo della fondatezza dei fatti ascritti a quest’ultimo".

Relativamente all’episodio della assunzione dell’incarico di Presidente del Comitato per il Patto territoriale di Vibo Valentia, la Sezione ha riscontrato che "il dott. C. ha fornito (quantomeno un principio di) prova documentale che non vi è stata mai accettazione da parte sua dell’incarico, essendosi egli limitato a rinunciare ad esso, senza quindi assumerne mai le funzioni".

Da tali considerazioni, si è conseguentemente dubitato "della completezza ed accuratezza dell’indagine istruttoria effettuata dal CSM, la cui deliberazione, quindi, appare affetta dal vizio lamentato dal ricorrente".

Le sentenze citate (in particolare la n. 6191/2009 e la n. 6193/2009), nell’esprimere un principio affatto condivisibile anche ai fini della presente decisione, affermano che il giudice amministrativo, in sede di sindacato sulle deliberazioni del CSM, "non può sostituirsi a quest’ultimo nelle valutazioni effettuate, ma può certamente verificare la completezza e la coerenza interna dell’istruttoria, vale a dire di tutta quella attività predecisoria su cui si basa la determinazione finale, che si esprime pur sempre attraverso la parte della motivazione riguardante i presupposti fattuali posti a base del decisum".

La Sezione, pur consapevole che le sentenze sopra richiamate sono state riformate dal Consiglio di Stato (con decisioni nn. 1841/2010 e 2098/2010), ritiene tuttavia di non doversi discostare, nella controversia de qua, dall’orientamento già assunto con le proprie precedenti decisioni, nonché ribadito dalle recenti decisioni nn. 30335/2010, 30340/2010 e 30387/2010.

In esse si è ulteriormente osservato come gli episodi considerati ai fini della determinazione del punteggio per le attitudini, sia pure riguardati nella loro essenza "storica" sono tuttavia emersi nel corso di indagini nell’ambito di un procedimento penale, conclusosi, relativamente alla posizione del dott. C., con l’archiviazione, e conosciuti, evidentemente, anche in sede disciplinare, anch’essa conclusasi favorevolmente per il dott. C..

A ciò va aggiunto che proprio questi episodi – come emerge dalla stessa relazione fatta propria dal Plenum – hanno formato espressamente oggetto di valutazione da parte della I Commissione che "in ben due occasioni (…)aveva richiesto l’apertura della procedura ex art. 2 R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511, per più fatti, tra cui proprio quelli relativi al rapporto privilegiato del dott. E.C. con l’armatore Andrea C.", senza peraltro che tali proposte ottenessero "una maggioranza all’interno della Commissione").

Orbene, occorre senz’altro ribadire che profili di fatto che non assumono rilevanza né in sede penale, né in sede disciplinare ben possono essere autonomamente e diversamente valutati in sede diversa, quale è quella di attribuzione del punteggio per le attitudini (e quindi della corrispondente professionalità) ad assumere un determinato incarico.

In tal senso, questo Tribunale concorda con quanto affermato dal Consiglio di Stato, secondo il quale (dec. n. 1841/2010) il singolo fatto ben può "essere considerato in maniera non omogenea a seconda dei diversi criteri di giudizio utilizzati, proprio perché la valutazione delle fattispecie penali, quella per l’amministrazione della disciplina e quella per il conferimento degli incarichi direttivi si svolgono secondo prospettive e finalità non assimilabili". Così come è senz’altro da condividere che la valutazione per il conferimento degli incarichi direttivi ai magistrati, espressione di "ampia valutazione discrezionale", comporta "una valutazione complessiva, sebbene analitica nei profili dell’anzianità, del merito e delle attitudini, e quindi venga basata su una serie di elementi di fonte eterogenea, che difficilmente si prestano ad essere oggetto di un calcolo meramente aritmetico".

D’altra parte, se è senza dubbio condivisibile che "gli atti di conferimento non necessitano di una motivazione particolarmente estesa, purché da essa emerga, ancorché in modo sintetico, ma chiaro, esplicito e coerente, le ragioni in base alle quali l’organo deliberante, procedendo all’apprezzamento complessivo dei candidati, si sia convinto circa la preferenza da attribuire ad un candidato rispetto agli altri" (Cons. St., sez. IV, n. 1841/2010 e 22 dicembre 2007 n. 6616), occorre allo stesso tempo affermare che la motivazione che dà conto delle valutazioni svolte, e quindi delle scelte operate, a maggior ragione perché "ampiamente discrezionale", deve tener conto di tutti gli elementi disponibili, che si sostanziano sia in fatti oggettivi (non potendosi assumere a presupposto elementi fattuali che non trovano riscontro nella realtà), sia in precedenti valutazioni di quegli stessi fatti, laddove questi abbiano formato oggetto di una pluralità di qualificate valutazioni, anche se nell’ambito di differenti procedimenti, governati da differenti parametri.

In altri termini, se è evidente come il criterio di valutazione utilizzato nell’ambito di un determinato procedimento e nell’esercizio di un determinato potere (nel caso di specie, in sede di conferimento incarichi semidirettivi) sia diverso da quello utilizzato in altre sedi, nondimeno occorre puntualmente dar conto delle ragioni che rendono rilevante un determinato episodio e che ne rendono possibile una autonoma valutazione, a maggior ragione laddove il medesimo non abbia comportato conseguenze sfavorevoli per l’interessato in altre sedi.

La motivazione, dunque, proprio perché deve essere "chiara, esplicita e coerente", proprio perché considera "elementi di fonte eterogenea", deve essere completa e rendere conto, con completezza, congruità ed assenza di incoerenze ed illogicità, di una valutazione esaustiva dei "fatti" e delle "valutazioni" di essi eventualmente intervenute, e di come tale valutazione determini una determinata scelta. Essa deve, inoltre, dato atto del completo accertamento dei fatti, considerare la rilevanza attuale di episodi del passato, a maggior ragione dove particolarmente risalenti nel tempo, a fronte dei dati di curriculum professionale successivi e di eventuali altri giudizi espressi dal medesimo organo sul medesimo soggetto e sul suo cursus professionale.

Nel caso di specie, i due episodi più volte citati sono stati giudicati "apprezzabili sul versante delle attitudini professionali, in particolare sotto il profilo dell’indipendenzariserbo".

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il Tribunale ritiene che la delibera impugnata non si sottragga ai denunciati vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità e difetto di motivazione.

Per un verso, occorre rilevare come non emergano i dovuti, autonomi approfondimenti istruttori in ordine ai fatti contestati; né vi sia alcuna considerazione che ponga in luce come la (eventuale) assunzione di un incarico senza previa autorizzazione del CSM rilevi sul piano delle "attitudini professionali, in particolare sotto il profilo della indipendenzariserbo", laddove essa, più propriamente, non abbia dato luogo a procedimento disciplinare.

Per altro verso, la motivazione non esplicita, in ordine al rapporto tra il dott. E.C. e Andrea C., gli elementi che rendono – tenuto conto delle circostanze di fatto e degli esatti ruoli dei soggetti – tale episodio influente sulla "indipendenzariserbo" né quelli che inducono a definirlo "privilegiato"; né gli aspetti che rilevano al fine di definirne una autonoma considerazione nella sede de quo, a fronte delle diverse conclusioni cui organi altrettanto qualificati sono giunti nelle diverse sedi penale e disciplinare. Né, infine, vi è alcuna valutazione in ordine alla rilevanza attuale dell’episodio, a fronte della sua risalenza nel tempo e della successiva attività professionale del dott. C..

1.2. Nel caso di specie, non vi è, poi, alcuna considerazione della risultanze dell’audizione appositamente disposta dal C.S.M., né alcuna vaglio critico viene speso in merito alla documentazione depositata dal dr. C. al fine di ricostruire e compiutamente inquadrare gli eventi che, ancora oggi, si frappongono al conferimento dell’incarico di cui si controverte, ovvero di incarichi similari. Anche in questo caso, infatti, come già in quello scrutinato dalla sentenza n. 6191/2009, in seno al Plenum si sono fronteggiate due ricostruzioni antitetiche in punto di fatto, trasfuse in due distinte "proposte", l’una favorevole e l’altra contraria al ricorrente.

Quello che rileva, in punto di legittimità – e che avvalora i motivi di doglianza, nonché gli elementi probatori addotti a sostegno – è che le due "proposte" non si sono differenziate, fino ad una radicale divaricazione, su aspetti squisitamente valutativi (e, quindi, insindacabili in questa sede), quanto, piuttosto, sulle risultanze di carriera e, segnatamente, sulle due vicende innanzi descritte.

Il contrasto risulta essere, quindi, in fatto, vale a dire nella stessa materialità dei comportamenti imputati allo scrutinato. Valga, per tutti, l’episodio concernente l’incarico di presidente del comitato per il Patto territoriale di Vibo Valentia, in merito al quale le due proposte discusse offrono una ricostruzione totalmente opposta, affermando, l’uno, la tesi dell’assunzione dell’incarico e delle immediate dimissioni, l’altro escludendo che vi fosse mai stato un incardinamento in esso.

A fronte di una situazione siffatta, è evidente che la soluzione non poteva essere quella di mettere ai voti, puramente e semplicemente, le due proposte, come si è verificato in concreto, atteso che, in tal modo, la proposta che ha prevalso ha finito con il far leva su elementi di fatto ancora oggi controversi e contrastati.

E’ infine singolare che, pur essendo stato effettuato uno specifico approfondimento istruttorio, di esso, tuttavia, la proposta approvata non abbia dato contezza alcuna.

2. Premesso dunque che la "penalizzazione" del punteggio relativo alle attitudini non appare in alcun modo giustificata dall’episodio riesumato dal C.S.M., né congruente con la indiscussa, specifica esperienza di carattere direttivo, maturata dal ricorrente, risulta del tutto illogico anche il netto divario con il punteggio di 6 (ovvero il massimo) attribuito alla controinteressata (che non vanta alcuna pregressa esperienza di carattere direttivo, ovvero semidirettivo).

2.1. Il Collegio reputa altresì immotivato anche il punteggio di 2, assegnato al dr. C. relativamente al profilo del "merito".

Al riguardo, il C.S.M, si è espresso nei seguenti termini: "Quanto al merito, vanno attribuiti al dr. C. punti 2 per il merito, considerata la sua ottima produttività e, in particolare, la sua capacità di abbattere l’arretrato dell’Ufficio, della quale ha dato ampia dimostrazione nella direzione della Procura della Repubblica di Palmi. Il punteggio deve essere valutato in un’ottica comparativa che vede prevalente, sotto il profilo di merito, la d.ssa M. in ragione dell’elevato livello qualitativo e quantitativo che ha caratterizzato il suo lavoro presso la Procura di Roma in settori e procedimenti di particolare complessità tecnico – giuridica".

Per tale profilo, alla controinteressata, sono stati attribuiti punti 6.

2.2. Circa la logicità delle argomentazioni del C.S.M., in rapporto alle censure dedotte, il Collegio osserva, in primo luogo, che, se è vero, come più volte affermato dalla Sezione, che il punteggio attribuito in sede di incarichi semidirettivi non equivale ad una negativa considerazione espressa dall’Organo di autogoverno quanto alle capacità professionali del magistrato – piuttosto atteggiandosi, nel quadro di quella ponderazione comparativa che costituisce il proprium del giudizio selettivo de quo, esclusivamente alla stregua di un giudizio di subvalenza rassegnato dal Consiglio a conclusione dell’operato raffronto della posizione dell’interessato con quello degli altri aspiranti – cionondimeno, nel caso di specie, è ravvisabile, da parte del C.S.M., un’applicazione perlomeno incongrua della normativa secondaria di riferimento.

Giova, al riguardo, delinearne, sia pure sinteticamente, i contenuti, ripercorrendo le modificazioni recentemente introdotte dall’Organo di autogoverno alla disciplina relativa al conferimento degli incarichi semidirettivi (già contenute nella circolare 15098/1993) a fronte delle "due novità principali costituite dalla temporaneità degli uffici semidirettivi, che comporta la previsione di una durata massima dello svolgimento dell’incarico presso uno specifico ufficio, e dalla trasformazione della anzianità da requisito di valutazione a criterio di legittimazione": sì da ravvisare l’esigenza di "una migliore puntualizzazione dei requisiti di nomina alla luce delle indicazioni normative contenute nella nuova formulazione dell’art. 12, commi 10 e 12, del D.lgs. n. 160/2006" e di "un vaglio di conformità della normativa consiliare rispetto alla normativa primaria".

Nel dare atto del precedente intervento in tema di conferimento degli incarichi direttivi (risoluzione del 21 novembre 2007, integrativa della risalente circolare in materia, la n. 13000 del 1999), il C.S.M. ha, quindi, tratto spunto dal citato intervento riformatore al fine di pervenire ad una omogeneizzazione delle procedure di nomina dei ruoli direttivi e semidirettivi, ("considerando peraltro che la competenza per la selezione appartiene ormai ad un’unica commissione: la quinta").

Quanto ai criteri di valutazione, l’Organo di autogoverno, preliminarmente ribadita la rilevanza del parere attitudinale specifico ed il relativo limite triennale di validità (punto 2.2), ha individuato i seguenti elementi:

A) MERITO

Nell’osservare come l’"interpretazione sia letterale sia sistematica delle indicate disposizioni di legge" consenta di desumere "inequivocabilmente che anche per l’attribuzione degli incarichi semidirettivi va considerata e verificata l’attività giudiziaria espletata dal magistrato, giacché da essa non può prescindersi nella valutazione di idoneità dell’aspirante a ricoprire l’ufficio richiesto" (opzione ermeneutica, del resto, che "trova conforto nel complessivo impianto del nuovo ordinamento giudiziario"), il C.S.M. ha stabilito come "in tale criterio rientri la valutazione dei parametri della capacità, della laboriosità, della diligenza e dell’impegno, così come definiti dall’art. 11 D.lgs. 160/2006".

In particolare è stato stabilito che:

a) "la capacità si desume: dalla preparazione giuridica e dal grado di aggiornamento rispetto alle novità normative, dottrinali e giurisprudenziali; dal possesso delle tecniche di argomentazione e di indagine, anche in relazione all’esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento; dalla conduzione delle udienze da parte di chi le dirige o le presiede, dalla idoneità ad utilizzare, dirigere e controllare l’apporto dei collaboratori e degli ausiliari; dall’attitudine a cooperare secondo criteri di opportuno coordinamento con altri uffici giudiziari aventi competenze connesse o collegate;

b) la laboriosità si desume: dalla produttività, intesa come numero e qualità degli affari trattati in rapporto alla tipologia ed alla condizione organizzativa e strutturale degli uffici; dai tempi di smaltimento del lavoro; dall’attività di collaborazione svolta all’interno dell’ufficio;

c) la diligenza si desume: dall’assiduità e dalla puntualità nella presenza in ufficio, nelle udienze e nei giorni stabiliti; dal rispetto dei termini per la redazione e il deposito dei provvedimenti, o comunque per il compimento di attività giudiziarie; dalla partecipazione alle riunioni previste dall’Ordinamento giudiziario per la discussione e l’approfondimento delle innovazioni legislative, nonché per la conoscenza e l’evoluzione della giurisprudenza;

d) l’impegno si desume: dalla disponibilità alle sostituzioni, riconducibili alle applicazioni e supplenze, se ed in quanto rispondano alle norme di legge e alle direttive del Consiglio superiore della magistratura, e siano necessarie al corretto funzionamento dell’ufficio; dalla frequenza nella partecipazione ai corsi di aggiornamento organizzati dalla Scuola superiore della magistratura o, comunque, atteso che l’ammissione ai medesimi non dipende solo dalla richiesta del magistrato, nella disponibilità a partecipare agli stessi, con la precisazione che i corsi rilevanti, fino a quando non sarà operativa la precisata Scuola, sono quelli organizzati dal Consiglio superiore della magistratura; dalla collaborazione alla soluzione dei problemi di tipo organizzativo e giuridico, la quale, affinché sia evitata la corsa ad iniziative inutili e scoordinate, assume rilevanza se richiesta".

Nel sottolineare come "per ciascuno dei quattro parametri che precedono vanno verificati gli indicatori fissati dalla circolare sulla valutazione di professionalità deliberata il 4 ottobre 2007 (Circolare n. 20691 dell’8 ottobre 2007) come valutati dai Consigli giudiziari in occasione della domanda per il conferimento delle funzioni semidirettive e delle quadriennali valutazioni di professionalità nonché dai dirigenti degli uffici nei rapporti redatti nelle medesime occasioni", il C.S.M. ha quindi, ragguagliato a punti 6 il punteggio massimo complessivo attribuibile a fronte della voce di valutazione di che trattasi.

B) ATTITUDINE

Nel rilevare la presenza di due categorie specifiche per la valutazione delle attitudini semidirettive, la prima delle quali (attitudine specifica, richiesta dal comma 12 dell’art. 12 del D.Lgs 160/2006 anche per il conferimento degli incarichi semidirettivi) è riscontrabile "nella capacità di organizzare, programmare e gestire le risorse in rapporto alle necessità dell’ufficio ed alle risorse disponibili", nonché nella "propensione all’impiego delle tecnologie avanzate ed alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari nonché di ideare e realizzare gli adattamenti organizzativi dando piena e compiuta attuazione alle previsioni tabellari", il C.S.M. ha tratto dalla normativa primaria taluni elementi specifici e significativi per la valutazione attitudinale, "quali le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento che ponga in evidenza l’attitudine specifica acquisita anche fuori del servizio in magistratura".

Nel sottolineare come "gli indicatori oggettivi per l’attitudine direttiva, previsti dall’art. 10, comma 3, lettera d) del D.Lgs. 160/2006 e contenuti nella risoluzione approvata il 10 aprile 2008, costituiscano (…)lo strumento maggiormente significativo per pervenire alla valutazione", l’Organo di autogoverno ha ulteriormente stabilito che:

– "nella valutazione attitudinale per gli incarichi semidirettivi le specifiche doti di capacità professionale, desunte anche dalla pluralità delle esperienze giudiziarie affrontate, assumono valore pregnante, atteso il ruolo di imprescindibile punto di riferimento nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali che è assegnato a colui che riveste l’incarico semidirettivo";

– e che, nell’ambito della verifica attitudinale "va, inoltre, riconosciuta particolare pregnanza alla pluralità delle esperienze maturate, soprattutto nei primi anni di esercizio delle funzioni, che contribuiscono alla formazione di un variegato patrimonio professionale";

– mentre, "nel prosieguo della vita professionale, significativo rilievo assume la scelta di un percorso professionale maggiormente specializzato, e conseguentemente la conoscenza delle problematiche specifiche del settore in cui dovrà essere svolta la funzione semidirettiva, in ragione del ruolo centrale da riconoscere a chi ricopre un incarico semidirettivo sia nell’esercizio dell’attività giurisdizionale sia nel campo dell’"organizzazione".

Nell’individuare in complessivi punti 6 il punteggio massimo che può essere attribuito in relazione alla categoria "attitudine", la seconda categoria che viene in rilievo nell’ambito del profilo attitudinale è stata identificata nell’esercizio di "funzioni omologhe", "attraverso la quale vengono in rilievo l’identità o l’analogia delle funzioni esercitate per determinati periodi, in qualsiasi sede e grado di giurisdizione, in relazione all’ufficio semidirettivo vacante".

In tale contesto – ed avuto riguardo alle modifiche introdotte dal D.lgs. 160/2006 – è stato ritenuto congruo "riconoscere rilevanza alle specifiche esperienze maturate attraverso l’esercizio per almeno cinque anni negli ultimi dodici anni di funzioni omologhe (giudicanti e requirenti) rispetto a quelle del posto da coprire, con l’ulteriore necessità che tre anni siano continuativi": con conseguente attribuibilità, per la voce di che trattasi, di un punteggio pari a 2 punti frazionabili.

C) VALORE RESIDUALE DELL’ANZIANITÀ

Nel richiamare i cenni (in precedenza esposti sub 2.1) sulla profonda immutazione introdotta dalla delibera del 30 aprile 2008 quanto alla voce valutativa ora all’esame per effetto delle modificazioni rivenienti dalla legge 111/2007 (con una disciplina sostanzialmente identica a quella prevista per gli ufficio direttivi), va osservato come il C.S.M. abbia valutato l’esigenza di pervenire ad un profondo "ripensamento dei criteri selettivi stabiliti nella normativa consiliare, che hanno fino ad oggi attribuito un peso eccessivo al criterio dell’anzianità rispetto al merito e alle attitudini".

Conseguentemente, è stato ritenuto che "il valore dell’anzianità come parametro di valutazione per il conferimento degli incarichi semidirettivi possa residuare solo in termini di "indice dell’esperienza professionale acquisita": e quindi, una volta "operata la selezione dei candidati in possesso del requisito legittimante costituito dal conseguimento della necessaria valutazione di professionalità, la durata della positiva esperienza professionale potrà rilevare come criterio di validazione dei requisiti delle attitudini e del merito".

In questa prospettiva, è stato configurato "un meccanismo di selezione valutativa che, partendo dal più giovane partecipante al concorso, determini in linea di principio quale sia il valore aggiunto – valutabile solo all’interno dei parametri del merito e delle attitudini – da attribuire al durevole esercizio positivo delle funzioni e alla costante capacità professionale per pervenire ad una significativa ed utile valutazione comparativa tra gli aspiranti".

Ritenuto, quindi, "necessario diversificare, per ogni tipologia di ufficio, il valore aggiunto da assegnare alla durata nel tempo del positivo esercizio delle funzioni e della costante capacità professionale, per selezionare in concreto la platea di aspiranti che è utile valutare comparativamente, anche al fine di addivenire ad una razionalizzazione dell’azione amministrativa", quanto agli uffici semidirettivi giudicanti per i quali è richiesta la seconda valutazione (8 anni dalla nomina), è stato dato atto dell’opportunità di "differenziare il valore aggiunto da attribuire al fattore "durata" rapportandolo alla diversa dimensione degli uffici giudiziari, (…) distinti in ragione del numero di semidirettivi presenti in organico", stimandosi congruo indicare quale periodo per l’ingresso in una utile comparazione:

1) 6 anni di positivo esercizio delle funzioni, rispetto al più giovane partecipante al concorso, per gli uffici giudicanti che annoverano sino a cinque Presidenti di Sezione;

2) 6 anni di positivo esercizio delle funzioni, rispetto al più giovane partecipante al concorso, per gli uffici requirenti con un Procuratore Aggiunto;

3) 8 anni di positivo esercizio delle funzioni, rispetto al più giovane partecipante al concorso, per gli uffici giudicanti con un numero di Presidenti di Sezione compreso fra sei e undici e per la funzione di Aggiunto dell’ufficio GIPGUP;

4) 8 anni di positivo esercizio delle funzioni, rispetto al più giovane partecipante al concorso, per gli uffici requirenti con due o con tre Procuratori Aggiunti;

5) 10 anni di positivo esercizio delle funzioni, rispetto al più giovane partecipante al concorso, per gli uffici giudicanti con un numero di Presidenti di Sezione superiore a undici;

6) 10 anni di positivo esercizio delle funzioni, rispetto al più giovane partecipante al concorso, per gli uffici requirenti con un numero di Procuratori Aggiunti superiore a tre".

Il punteggio da attribuire a seguito del riconoscimento dei livelli sopra indicati di positivo esercizio delle funzioni è pari a 6 punti non frazionabili.

2.3. I criteri di selezione per il conferimento degli uffici semidirettivi, in precedenza delineati, sebbene non avulsi da un momento di valutazione comparativa, debbono, in primo luogo, rispecchiare i "valori" assoluti della capacità e delle attitudini dimostrate dal magistrato.

Nel caso in esame, invece, con una sorta di inversione logica, il C.S.M. sembra avere prima stabilito la "prevalenza" del profilo professionale della controinteressata e, poi, modellato su di essa i punteggi attribuiti per ogni singolo profilo considerato.

Con specifico riguardo alla valutazione del merito, pur dovendosi ribadire che "l’onere di comparazione richiesto dalla normativa primaria e secondaria può ritenersi adeguatamente soddisfatto allorquando risulti documentalmente l’avvenuta presa in esame, per ciascun candidato, dei tratti essenziali e qualificanti contenuti nei rispettivi curricula professionali (09.12.2002, n° 6673; 09.12.1999, n° 1872; 09.01.1996, n° 31; da ultimo, 4 ottobre 2007, n. 5190), che la valutazione per ciascun candidato deve avvenire, in via principale e necessaria, sulla base di elementi oggettivi e controllati (IV, 05 maggio 1998, n° 749 e 03 febbraio 1996, n° 111) e che, infine, il sindacato giurisdizionale sulle delibere con cui il CSM conferisce ai magistrati uffici direttivi (e semidirettivi) è limitato all’ambito dell’esame dei presupposti di fatto e della congruità e ragionevolezza della motivazione a base della decisione, nonché dell’accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni." (Cons. St., sez. IV, sentenza n. 5448/2010), nel caso di specie consta che l’aspetto "premiante" del profilo della controinteressata, tale da avere determinato l’attribuzione di punti 6, a fronte dei 2, assegnati al dr. C., è dato dalla maggiore complessità, qualitativa e quantitativa, del suo lavoro, presso la Procura di Roma.

Non viene tuttavia chiarito quali concreti aspetti di tali attività giustifichino tale smisurato divario soprattutto ove si consideri che parimenti complessa appare l’esperienza requirente del dr. C., e parimente evidente la sua "laboriosità" e "diligenza", in ispecie nella riorganizzazione, e nell’abbattimento dell’arretrato, delle Procure di Crotone e di Palmi.

3. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso, e i motivi aggiunti, debbono essere accolti.

Le spese, che si ritiene equo porre a carico delle sole amministrazioni resistenti, vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti di cui in premessa, li accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna le amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese di giudizio che si liquidano, complessivamente, in euro 1.500,00 (millecinquecento/00) come per legge.

Compensa le spese nei confronti della parte controinteressata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *