Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 03-03-2011) 04-04-2011, n. 13562

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.C. ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza 6.10.10 della Corte di appello di Roma con la quale, in parziale riforma di quella emessa il 26.3.08 dal locale tribunale, le è stata ridotta la pena, per il reato di lesioni personali, in concorso di attenuanti generiche e con la concessione del beneficio della sospensione condizionale, a mesi tre di reclusione, con conferma delle statuizioni civili.

Deduce la ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per essere il provvedimento di secondo grado solo apparentemente motivato in ordine alla ritenuta conferma del giudizio di responsabilità dell’imputata, essendosi i giudici di appello limitati ad enunciare, in via sintetica ed incongrua, i supposti elementi accusatori senza prendere in esame le ipotesi antagoniste indicate dalla difesa.

Vi era stata mancanza di unitarietà nella valutatone dei fatti da parte dei giudici territoriali, i quali avevano separato la tesi difensiva dal tutto, frammentando in tal modo l’unità della prova e prospettando un’ipotesi ricostruttiva del fatto parziale ed unilaterale, senza considerare le doglianze avanzate nei motivi di appello in relazione al contenuto delle dichiarazioni dell’imputata e del testimone della difesa, diametralmente opposto a quello delle dichiarazioni rese dalla parte civile e dai testi di accusa, in tal modo incorrendo nel vizio di omessa motivazione. Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, sia perchè privo di sufficiente specificità in ordine ai punti della motivazione della sentenza oggetto di censura, sia perchè manifestamente infondato.

Con motivazione puntuale, esaustiva ed immune da vizi logico- giuridici, i giudici di secondo grado, in relazione anche al devolutimi, hanno dato infatti conto degli elementi a carico dell’imputata e delle ragioni poste a fondamento del giudizio di colpevolezza, rinvenendole nel complesso delle risultanze probatorie, costituito non solo dalla ritenuta bontà delle dichiarazioni della parte lesa -peraltro non specificatamente contrastate dalla difesa della ricorrente neanche in questa sede -, ma altresì da quelle rese dal fratello e dalla madre della medesima che hanno corroborato il racconto della p.o., laddove la certificazione medica prodotta – hanno sottolineato i giudici del merito – ha attestato inequivocabilmente la sussistenza delle lamentate lesioni.

Con specifico riferimento poi alle dichiarazioni rese da R. L. – ritenute nei motivi di appello non considerate dal tribunale -, la Corte romana ha rilevato la loro sostanziale ininfluenza ai fini della ricostruzione della dinamica degli avvenimenti, in quanto la R. non aveva avuto modo di assistere ad alcuna aggressione, dal momento che essa si era verificata in luogo diverso da quello in cui era avvenuto l’incontro, segnato – hanno evidenziato ancora i giudici di appello – dalle lamentele della persona offesa con riferimento al cavallo vendutole dalla M..

Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che reputasi equo determinare in Euro 500,00.
P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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