Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 03-03-2011) 04-04-2011, n. 13560

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.A., a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza 12.2.10 della Corte di appello di Milano che ha confermato quella, in data 3.1.06, del locale tribunale con la quale è stata condannata alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 206,00 di multa, con la concessione dei doppi benefici di legge, per il reato di concorso in furto aggravato.

Deduce la ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per avere illogicamente i giudici del merito ritenuto inattendibile la ricostruzione dell’episodio come riferito dalla M., all’epoca soltanto diciannovenne, incensurata, studentessa e la cui unica "colpa" era stata quella di invaghirsi del coimputato C., soggetto poi scopertosi autore di delitti contro il patrimonio, con il quale (e con altro soggetto che conosceva solo come " P."), in occasione dell’occorso si era recata fuori Milano per trascorrere la serata in un locale e quindi, alle prime ore del mattino, fare rientro in città. Il C. – prosegue la difesa – si era posto alla guida della vettura, con al fianco la M. e sul sedile posteriore il P.: i due giovani, ad un certo punto, si erano arrestati per espletare un bisogno fisiologico e la ragazza, che sonnecchiava, era rimasta in auto, con il motore e la radio accesi, non accorgendosi del furto che i suoi amici avevano nel frattempo perpetrato, tanto che i carabinieri intervenuti avevano riferito che la ragazza, era rimasta ferma e seduta al posto anteriore del passeggero.

In tale situazione – prosegue la difesa – non era ipotizzatale il concorso dell’ imputata nel reato commesso dagli altri due soggetti, tanto che la Corte di appello non aveva affermato che la M. avesse attivamente partecipato al furto, prendendo materialmente parte alla sottrazione della merce ed al caricamento della stessa, e nemmeno che avesse svolto la funzione di "palo", essendo l’automobile stata parcheggiata a quindici metri di distanza dal negozio, sulla carreggiata opposta e con visuale inframmezzata dai veicoli in sosta, ma che "fosse a conoscenza della programmazione del furto, non essendo ipotizzatole il fatto che non si fosse accorta di nulla, mentre i suoi complici avevano infranto il vetro e sradicato la serranda" ed in ogni caso, anche ove si fosse accorta di quanto stava accadendo, nulla avrebbe potuto fare anche a motivo dell’immediato intervento dei carabinieri, peraltro osservandosi – conclude la difesa – che i giudici di appello avevano parlato espressamente di dinamica del "furto tentato", confermando però – in violazione quindi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) – la condanna per furto consumato. Osserva la Corte che il ricorso è fondato.

A fronte infatti delle dichiarazioni dell’imputata e del di lei fidanzato C.A. – separatamente giudicato – tendenti ad escludere la partecipazione della M. al furto contestatole, i giudici di appello hanno rinvenuto elementi a carico della odierna ricorrente sia nel fatto che i due imputati non avevano fornito alcun elemento per la identificazione del terzo concorrente, tale " P.", non ritenendo verosimile che il C. ed il P. si fossero sempre incontrati casualmente per la strada le diverse volte nelle quali erano usciti insieme, sia perchè la dinamica del "furto tentato" dimostrava una precedente programmazione tanto che il motore della vettura era stato lasciato acceso così da poter ripartire molto velocemente se non fosse intervenuta una pattuglia di carabinieri allertata dalla Centrale operativa.

Pertanto – hanno concluso i giudici di secondo grado – doveva ritenersi "che la M. fosse a conoscenza della programmazione del furto, non essendo ipotizzabile il fatto che non si fosse accorta di nulla, mentre i suoi complici avevano infranto il vetro e sradicato la serranda". Senonchè, con tale ragionamento, viziato da illogicità manifesta, i giudici territoriali hanno desunto da dati esterni alla fattispecie criminosa (mancata indicazione del nome del terzo concorrente) elementi ritenuti concludenti ai fini di cui all’art. 110 c.p., patimenti opinando agli stessi fini una precedente programmazione dei furto ad opera dei tre dalla stessa dinamica dei fatti, senza però essere in grado di assegnare alla M. alcun ruolo negli stessi, nè di concorrente attiva nè di persona in grado di fungere da "palo" mentre i complici si accingevano a svuotare il negozio dopo aver divelto la serranda, se non ipotizzare l’impossibilità che la ragazza non si fosse accorta di ciò che stava accadendo.

La M., secondo la stessa ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, era sempre rimasta all’interno della vettura, seduta al posto anteriore a fianco del conducente e nessun contributo concreto le è stato addebitato aver apportato all’azione criminosa degli altri due giovani, la sua totale inerzia non valendo nella specie ai fini di ritenerla concorrente nel furto da altri commesso, se pure suoi amici, dal momento che, pur volendo ritenere che ad un certo momento si fosse accorta di quanto stava accadendo, non era da lei esigibile alcun comportamento di segno contrario ai fini di escluderne la responsabilità a titolo di concorso, essendo al più qualificabile tale inerzia come una forma di connivenza che, come tale, esula dal paradigma previsto dall’art. 110 c.p.. L’impugnata sentenza deve pertanto essere annullata senza rinvio per non avere la ricorrente commesso il fatto di reato ascrittole.
P.Q.M.

La Corte, annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere la ricorrente M.A. commesso il fatto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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