T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 2743

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espongono le ricorrenti società di operare nella gestione di fondi comuni di investimento e di detenere, per il tramite dei fondi gestiti, interessenze di varie entità nel capitale di società quotate.

Più in dettaglio, T. riferisce di aver posto in essere con la D.B.A.L., nell’ambito dei contratti relativi a strumenti finanziari derivati, e per conto del fondo T.C. E.M.F. Ltd, un "contract for difference" (CFD), il cui sottostante è rappresentato da n. 44.434.696 azioni ordinarie della B.I. s.p.a. (28% circa del flottante negoziabile), quotata sul segmento Blue Chip nel mercato MTA di B.I.. In forza di tale contratto, T. espone di essere tenuta a versare a Deutsche Bank un determinato interesse e di ricevere da questa i flussi rappresentati dal rendimento originato dall’attività sottostante. In altre parole, precisa la società, l’aumento del valore delle azioni dell’emittente determina un vantaggio economico in favore di T., così come la sua diminuzione genera una perdita.

H., a sua volta, riferisce di essere piena proprietaria, per il tramite del fondo H.M.F. Ltd, di n. 8.292.832 azioni ordinarie della B.I. s.p.a., rappresentativa del 5,2% circa del flottante negoziabile dell’emittente. Anche per H., si espone, una variazione del valore di mercato delle dette azioni dà luogo ad un profitto o ad una perdita.

Ciò posto, espongono le ricorrenti società che:

– nel periodo intercorrente tra il 14 maggio ed il 15 luglio 2009, il B.P. Società Cooperativa promuoveva un’offerta pubblica di acquisto volontaria sulla totalità delle azioni di I.. Il prezzo applicato all’offerta era pari ad Euro 1,50 per azione. Al termine dell’offerta, il B.P. Società Cooperativa risultava titolare di n. 148.408.912 azioni ordinarie di I., pari a circa l’88%,127 del capitale sociale;

– in forza della riduzione del capitale sociale e del contestuale aumento del capitale sociale da offrirsi in opzione a pagamento agli azionisti dell’ente, deliberati dalla B.I. s.p.a. con atto del 12 ottobre 2009, il B.P. esercitava direttamente ed indirettamente il proprio diritto di opzione, sottoscrivendo prima n. 1.484.089.120 azioni ordinarie di nuova emissione al prezzo di Euro 0,712 per azione, e, poi, ulteriori n. 60.533.760 azioni ordinarie rimaste inoptate;

– per l’effetto di tale ultima operazione, il B.P. veniva a detenere una partecipazione complessiva pari a circa il 91,397% del capitale sociale di I., ovvero superiore alla soglia del 90% di cui all’art. 108, comma 2 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, con conseguente obbligo, per il B.P. medesimo, di promuovere una nuova offerta pubblica d’acquisto sulla totalità delle azioni I. ancora presenti sul mercato, ovvero ripristinare il flottante, mediate cessione delle azioni sul mercato, in misura tale da assicurare, sempre ai sensi del citato art. 108, il regolare andamento delle negoziazioni.

– in data 12 gennaio 2010, il B.P. manifestava l’intenzione di promuovere la prima alternativa, ovvero l’offerta residuale;

– per l’effetto, si apriva il procedimento ex art. 108, comma 4 del d. lgs. n. 58 del 1998, volto alla determinazione da parte della Consob del relativo corrispettivo.

Nel descritto contesto, proseguono le società, acquisiti elementi ritenuti utili dal B.P., ai sensi dell’art. 50, comma 4, del proprio regolamento n. 11971 del 14 maggio 1999, la Consob, con delibera n. 17206 del 4 marzo 2010 – parzialmente discostandosi dagli elementi forniti dal B.P. e attribuita rilevanza ai parametri costituiti, per il 20%, dal prezzo dell’offerta volontaria (Euro 1,50) corretto in Euro 0,616, per il 50%, dal prezzo medio di mercato delle azioni dell’emittente nell’ultimo semestre, e, per il 30%, dal valore del patrimonio dell’emittente, a valore corrente – determinava il prezzo dell’offerta residuale in misura pari ad Euro 0,797 per azione I., sulla cui base B.P. avviava l’offerta residuale, con periodo di adesione 8 marzo 201026 marzo 2010.

Ritenendo basso tale prezzo (Euro 0,797 per azione) dell’offerta residuale, le ricorrenti impugnano la predetta determinazione Consob, unitamente all’allegato documento tecnico di valutazione, ancorché non conosciuto, poiché non allegato alla delibera né osteso a seguito di precedente formale accesso agli atti.

Alle domande demolitorie le ricorrenti fanno seguire domanda di accertamento del proprio diritto al risarcimento dei danni ingiusti patiti e patiendi, ai sensi e per gli effetti degli artt. 33 e ss. del d. lgs. 80/98, e di condanna al risarcimento del danno in proprio favore, in primis, in forma specifica, mediante rinnovazione della determinazione del prezzo dell’offerta pubblica residuale di acquisto in parola, e, in subordine, per equivalente, mediante pagamento di una cifra a ristoro dei danni subiti, da quantificarsi in corso di causa, anche in via equitativa, unitamente ad interessi e rivalutazione monetaria.

Questi i titoli di censura:

– violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 6, 711 e 18 della l. 7 agosto 1990, n. 241, del d. lgs. 58/98, dell’art. 50 del regolamento Consob 11971/99, dell’art. I.A. 9.1.7 delle istruzioni al regolamento di B.I., delle regole di par condicio, trasparenza e concorrenzialità; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, disparità di trattamento, illogicità, manifesta ingiustizia, contraddittorietà, perplessità, sviamento.

Queste le correlate doglianze:

1) le ricorrenti non sono state poste nelle condizioni di conoscere il documento di valutazione, in relazione al quale avanzano richiesta istruttoria, e, indi, le ragioni poste a base dei criteri adottati da Consob per il calcolo del prezzo di offerta, che ritengono, pertanto, affetto da carenza istruttoria e del tutto immotivato;

2) la determinazione del prezzo di offerta (Euro 0,797) è in ogni caso erronea e contraddittoria, stante la applicazione, al di fuori delle tassative ipotesi previste dalla normativa vigente, in relazione al primo parametro assunto da Consob, costituito dal prezzo dell’offerta volontaria (Euro 1,50), e per "tener conto degli effetti dell’aumento di capitale", del coefficiente di rettifica (cd. coefficiente K), che ne ha comportato una significativa correzione al ribasso, nel valore di Euro 0,616;

3) la verifica dell’applicazione contra legem del predetto coefficiente K, il cui utilizzo non è rimesso ai poteri discrezionali di cui gode l’Autorità procedente, è sicuramente giustiziabile nella sede adita;

4) l’applicazione del coefficiente in parola ha condotto al risultato paradossale, e particolarmente penalizzante per le ricorrenti, che il parametro costituito dal prezzo dell’offerta volontaria corretto, pari a Euro 0,616, risulta inferiore al valore minimo di riferimento, ovvero al prezzo di mercato dei diritti di opzione afferenti all’aumento di capitale, cui era stato attribuito un prezzo pari ad Euro 0,712 per ciascuna azione di nuova emissione, mentre esso avrebbe dovuto coincidere con un valore compreso tra tale ultimo prezzo e quello dell’offerta volontaria (da Euro 0,712 a Euro 1,50);

5) per una corretta rettifica del parametro costituito dal prezzo dell’offerta volontaria, e, quindi, per la determinazione del prezzo di offerta, si sarebbe certamente pervenuti ad un risultato più congruo applicando, in luogo del coefficiente K, il criterio del Theoretical Ex Rights Price (TERP), che, essendo più aderente alle dinamiche di prezzo che hanno accompagnato l’offerta volontaria e l’aumento di capitale, avrebbe garantito un esito fedele ai dati reali (valore del prezzo dell’offerta volontaria rettificata = Euro 0,7836).

Si sono costituiti in resistenza Consob e B.P. Società Cooperativa.

Consob eccepisce l’insussistenza di legittimazione ed interesse ad agire in capo al fondo T., l’insufficiente attestazione della sussistenza della legittimazione ad agire in capo ad entrambe le ricorrenti, nonché la infondatezza delle doglianze, concludendo in ogni caso per la reiezione del ricorso.

B.P., evocata la propria carenza di legittimazione passiva, che legittimerebbe la sua estromissione dal giudizio, espone comunque di intervenirvi in via adesiva a sostegno della reiezione delle domande ricorsuali, ed eccepisce il difetto di legittimazione attiva delle ricorrenti e, anche tenendo conto delle procure alle liti prodotte, la carenza di prova di interesse alla impugnativa, nonchè la sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere delle società, che avrebbero posto in vendita i titoli I. nel contesto dell’offerta residuale. In ogni caso, la resistente deduce l’infondatezza nel merito del gravame, di cui domanda il rigetto.

In particolare, entrambe le resistenti hanno precisato, ai fini dell’individuazione del quadro normativo applicabile alla fattispecie, che, contrariamente a quanto pure esposto dalle ricorrenti nell’esposizione delle censure, solo per effetto dell’operazione straordinaria di aumento di capitale che ha interessato le azioni ordinarie di I. successivamente alla chiusura dell’offerta pubblica di acquisto volontaria totalitaria, il B.P. ha raggiunto una partecipazione superiore al 90% del capitale sociale di I., che ha determinato l’obbligo di procedere all’acquisto delle azioni residue ex art. 108, comma 2, TUF.

Conosciuto in data 7 aprile 2010 il sopra citato documento di valutazione, le ricorrenti società hanno formulato motivi aggiunti di ricorso (violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost., degli artt. 1, 2, 3, 6, 711 e 18 della l. 241/90, del d. lgs. 58/98, dell’art. 50 del regolamento Consob 11971/99, dell’art. I.A. 9.1.7 delle istruzioni al regolamento di B.I., delle regole di par condicio, trasparenza e concorrenzialità; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, disparità di trattamento, illogicità, manifesta ingiustizia, contraddittorietà, perplessità, sviamento).

Lamentato il ritardo con il quale la Consob ha reso disponibile il predetto documento tecnico, le ricorrenti hanno confermato nei riguardi dell’atto le censure già formulate nell’atto introduttivo del giudizio, ed hanno sostenuto ulteriormente:

6) che il documento avrebbe dovuto esplicitare le motivate ragioni che hanno condotto la Consob, ai fini della determinazione del prezzo dell’offerta residuale, ad adottare il coefficiente di rettifica K sul parametro costituito dal prezzo dell’offerta volontaria;

7) che i criteri normativi per determinare il corrispettivo (art. 108 TUF, comma 4) sono alternativi e non cumulativi, come ritenuto dalla Consob.

Le parti resistenti hanno sviluppato in memoria le proprie difese.

Con decreto presidenziale 25 marzo 2010, n. 1363 la domanda incidentale di adozione di misure cautelari provvisorie è stata respinta.

Alla camera di consiglio fissata per la trattazione collegiale dell’istanza cautelare la stessa è stata rinviata al merito.

Il ricorso è stato indi trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 24 novembre 2010.
Motivi della decisione

1. E’ controversa nel presente giudizio la legittimità della determinazione da parte della Consob, adottata ex comma 4 dell’art. 108 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), del corrispettivo dell’acquisto obbligatorio da parte di B.P. Società Cooperativa delle azioni residue I. ex art. 108, comma 2 dello stesso TUF.

La questione è sollevata dalla T.C. Llp e dalla H.C. Llp, società che espongono entrambe di conseguire, al diverso titolo di cui in fatto, un vantaggio economico ovvero una perdita per effetto dell’aumento o della diminuzione del valore delle azioni dell’emittente, e che lamentano, asseritamene in punto di stretta legittimità, che il predetto corrispettivo – per effetto di un coefficiente correttivo (coefficiente K) erroneamente applicato da Consob ad uno dei parametri (prezzo dell’offerta volontaria) che ha concorso alla determinazione del prezzo di offerta – è stato fissato in misura incisivamente inferiore a quanto sarebbe risultato applicando correttamente la normativa di riferimento.

2. E’ d’uopo osservare in via pregiudiziale:

– che l’infondatezza nel merito del gravame esime il Collegio dall’esame delle eccezioni di inammissibilità del ricorso spiegate dalle parti resistenti per insussistenza, o, comunque, per mancata dimostrazione, ovvero per sopravvenuta carenza, dell’interesse ad agire delle ricorrenti;

– che ad analoga conclusione può pervenirsi anche in ordine all’eccezione di carenza di legittimazione passiva spiegata dal B.P., il quale, se da un lato evoca la sussistenza delle condizioni per la propria estromissione dal giudizio, dall’altro espone comunque di volervi intervenire in via adesiva, a sostegno della reiezione delle domande ricorsuali (pag. 12 memoria di costituzione);

– che la necessità di far ricorso ai mezzi istruttori richiesti dalle ricorrenti nell’atto introduttivo del giudizio per l’acquisizione del documento tecnico di valutazione richiamato nella impugnata delibera Consob 4 marzo 2010 risulta superata per effetto dell’intervenuta conoscenza dell’atto da parte delle medesime in data 7 aprile 2010.

3. Passando all’esame della controversia, al riguardo dell’appena citato documento tecnico di valutazione, non allegato alla connessa delibera, si è già riferito in fatto che, causa la mancata disponibilità del documento precedentemente alla interposizione del gravame, in sede dell’esperito accesso da parte delle società agli atti del procedimento, le ricorrenti sostengono che la Consob ha assunto un l’atteggiamento non trasparente, e lamentano con il primo profilo di doglianza dell’atto introduttivo del giudizio, ed ancora nei motivi aggiunti, l’incomprensibilità delle ragioni poste a base dei criteri adottati da Consob per il calcolo del prezzo di offerta, che ritengono, conseguentemente, affetto da carenza istruttoria e del tutto immotivato.

Si è anche riferito che nelle more del giudizio, segnatamente in data 7 aprile 2010, il documento in parola è stato osteso, tant’è che le ricorrenti ne hanno replicato l’impugnazione (già interposta con il ricorso), a mezzo di motivi aggiunti.

Ciò posto, le censure in parola non sono conducenti.

3.1. Riferiscono le società ricorrenti che la impugnata delibera Consob n. 17206, datata 4 marzo 2010, è stata pubblicata sul sito internet della Consob in pari data, e sul relativo Bollettino nel periodo15 marzo- 17 marzo 2010, priva del richiamato documento tecnico.

Con due note datate entrambe 12 marzo 2010, versate in atti in allegato al ricorso, le società anticipavano alla Consob le perplessità in ordine alla utilizzazione nella fattispecie da parte dell’Istituto del predetto coefficiente correttivo K, poi trasfuse nel presente ricorso, facendo al contempo istanza all’autorità di "fornire i chiarimenti necessari a comprendere appieno le modalità con cui è stato determinato il Prezzo d’Offerta e i motivi alla base dell’applicazione del coefficiente "K", tenuto conto degli argomenti esposti nelle presente".

Contestualmente, le società avanzavano richiesta all’Autorità "di rettificare il Prezzo d’Offerta, depurandolo dagli effetti negativi generati dall’applicazione del coefficiente "K", secondo quanto indicato nella presente".

Le società esperivano, inoltre, formale istanza di accesso agli atti del procedimento, e, segnatamente, al documento di valutazione.

Già sulla esclusiva base di tali istanze di accesso/riesame, deve ritenersi che la delibera Consob 4 marzo 2010 – ancorché non corredata dall’allegazione del documento tecnico – contenesse tutti gli elementi idonei a far individuare alle società, oltre che, naturalmente, l’Autorità emanante e l’oggetto del provvedere, anche le specifiche, concrete modalità con cui la potestà pubblica era stata nella fattispecie esercitata, nonché gli specifici profili di lesività della determinazione conclusiva adottata, in relazione alla posizione delle società.

Tant’è che, ancora in carenza di materiale conoscenza del documento tecnico, le società medesime erano poste in grado in data 24 marzo 2010 di anticipare, giusta autorizzazione di questo Tribunale, la notifica via fax del gravame interposto avverso la delibera e avverso il documento tecnico, atti entrambi destinatari di perspicue osservazioni critiche.

Pendente il giudizio, il documento è stato poi osteso da Consob in data 7 aprile 2010, ovvero non ancora decorso il termine di trenta giorni di cui all’art. 25 della l. 7 agosto 1990, n. 241 dalla data della richiesta di accesso inoltrata dalle società (12 marzo 2010).

Avverso tale documento le società hanno interposto motivi aggiunti di ricorso che, pur contenendo ulteriori doglianze, riecheggiano nella sostanza, nell’impianto e nelle conclusioni, le doglianze già rivolte avverso la delibera conclusiva del procedimento 4 marzo 2010 e il relativo documento tecnico, antecedentemente alla conoscenza di quest’ultimo.

E allora, sulla base degli elementi desumibili dal contesto appena citato, il Collegio deve osservare non solo che non pare imputabile alla Consob quell’atteggiamento omissivo stigmatizzato dalle società in più punti nel gravame e (ancora) nei mezzi aggiunti, ma deve anche convenire con la Consob quando afferma nelle difese che "la delibera impugnata già menziona i riferimenti normativi e i criteri di ponderazione con i relativi valori, applicati dalla Consob per stabilire il corrispettivo per l’adempimento dell’obbligo di acquisto".

Di talchè la mancata immediata conoscenza del documento tecnico, poi tempestivamente fornito, anche se esso, sempre per usare le parole della Consob, "…esprime più analiticamente il suddetto processo determinativo…dà contezza della corposa istruttoria e della ponderazione posta a base della decisione assunta… anche con riferimento ad eventuali differenze rispetto ai parametri trasmessi dall’offerente" (B.P.), non era in grado di ledere in alcun modo le prerogative procedimentali e giudiziali delle società – che, infatti, hanno tempestivamente e pienamente esercitato ambedue – né, tanto meno, è suscettibile di ridondare, allo stato, in vizio di istruttoria o di struttura dell’atto conclusivo del procedimento, il quale, invero, se anche rimandava parte della motivazione e della analitica descrizione dell’iter decisorio al documento richiamato per relationem, già conteneva autonomamente e compiutamente il nucleo fondante della determinazione assunta e gli estremi indispensabili per comprendere dall’esterno il sottostante processo valutativo.

La descritta situazione sostanziale non muta tenendo conto del fatto che il documento di valutazione è stato osteso in data 7 aprile 2010, ovvero successivamente alla scadenza del periodo di adesione (8 marzo 201026 marzo 2010) all’offerta residuale obbligatoria da parte B.P..

In realtà, entro la scadenza di detto periodo, le società, che, come sopra riferito, avevano già interposto ricorso giurisdizionale avverso la delibera Consob e il connesso documento di valutazione, vedendosi respingere con provvedimento della Sezione n. 1363, datato 25 marzo 2010, la domanda di misure cautelari monocratiche, avrebbero, semmai, avuto interesse all’evasione non tanto della istanza di accesso al documento di valutazione avanzata con la citata nota 12 marzo 2010, ma, piuttosto, della istanza di riesame in via amministrativa pure formulata in pari data, che, qualora accolta nei termini propugnati dalle società, avrebbe consentito la loro adesione all’offerta a condizioni maggiormente remunerative di quelle previste dagli atti impugnati.

Ma è evidente che tale ultima problematica è del tutto estranea ai profili di censura in trattazione (mancata tempestiva ostensione del documento, carenza di istruttoria, carenza di motivazione) eppertanto non può essere artatamente in essi fatta rientrare.

4. Prima di esaminare in dettaglio le ulteriori censure ricorsuali, è d’uopo chiarire, in punto di fatto, ma con rilevanti conseguenze sul piano del diritto, segnatamente circa l’individuazione delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie, quale sia la vicenda concreta che ha dato luogo all’offerta residuale obbligatoria in parola, e, quindi, alla necessità di determinazione del relativo corrispettivo da parte della Consob.

4.1. Vi è da dire innanzitutto, al riguardo, che la dettagliata ricostruzione delle vicende che hanno preceduto l’adozione degli atti impugnati fornita dalle ricorrenti nelle premesse dell’atto introduttivo del giudizio e nei motivi aggiunti coincide con quella effettuata dalle parti resistenti.

Invece, nel prosieguo dell’esposizione – come rimarcato dalle parti resistenti – le ricorrenti assumono un elemento contraddittorio con quanto precedentemente affermato.

Tale elemento, sia pure rappresentato tangenzialmente, laddove assunto nella ricostruzione della fattispecie, sarebbe idoneo ad avere una portata di indubbio rilievo.

4.2. In particolare, a pag 10 del gravame e dei motivi aggiunti, le ricorrenti assumono per implicito che l’operazione in forza della quale è sorto in capo a B.P. l’obbligo dell’offerta residuale obbligatoria, il cui corrispettivo è regolato dagli atti impugnati, è da rinvenirsi nella offerta pubblica di acquisto volontaria sulla totalità delle azioni I., promossa da B.P. nel periodo intercorrente tra il 14 maggio ed il 15 luglio 2009, al prezzo di Euro 1,50 per azione.

Invece, precedentemente, sia nell’atto introduttivo del giudizio, sia nei motivi aggiunti, nel provvedere alla analitica ricostruzione delle salienti operazioni economiche di interesse nella controversia, le ricorrenti riconducono con ogni chiarezza il suddetto obbligo alle vicende successive all’offerta pubblica volontaria, ovvero al deliberato aumento del capitale sociale I..

Si riferisce, infatti, che, all’esito dell’offerta totalitaria volontaria di cui sopra, B.P. risultava titolare di circa l’88%,127 del capitale sociale I.. Con delibera del 12 ottobre 2009, poi, I. s.p.a. aumentava il proprio capitale sociale da offrirsi in opzione a pagamento agli azionisti dell’ente, ed il B.P. esercitava direttamente ed indirettamente il proprio diritto di opzione, sottoscrivendo prima n. 1.484.089.120 azioni ordinarie di nuova emissione al prezzo di Euro 0,712 per azione, e, poi, ulteriori n. 60.533.760 azioni ordinarie rimaste inoptate. Ciò che concretizzava in capo a B.P. il superamento della soglia del 90% di cui all’art. 108, comma 2, TUF, da cui l’obbligo dell’offerta residua e il conseguente dovere di Consob di determinarne il prezzo.

4.3. Come già anticipato, ricostruire in forza dell’uno o dell’altro presupposto il fatto generativo dell’attività provvedimentale impugnata dà luogo a rilevanti differenze.

Infatti (e terzium non datur che tenga conto della prossimità temporale delle due predette operazioni economiche):

– laddove si assuma che l’obbligo dell’offerta residuale obbligatoria sia scaturito dall’offerta totalitaria volontaria del 14 maggio15 luglio 2009, nella determinazione da parte di Consob del corrispettivo dell’offerta residuale stessa troverebbe applicazione la "procedura semplificata" disciplinata dall’art. 108, comma 3 del TUF (secondo il quale il corrispettivo "…è pari a quello dell’offerta pubblica totalitaria precedente…") nonché dalle previsioni del comma 5 dell’art. 50 del correlato regolamento Consob 14 maggio 1999, n. 11971 (regolamento emittenti), in forza del quale, sempre per l’ipotesi, l’Istituto determina il prezzo delle azioni dell’offerta residuale obbligatoria "in misura pari al corrispettivo di tale offerta", fatto salvo che "motivate ragioni non rendano necessario il ricorso agli ulteriori elementi indicati al comma 3".

– laddove, invece, si assuma che l’obbligo dell’offerta residuale sia scaturito dall’adesione nei termini già riferiti di B.P. all’aumento di capitale da offrirsi in opzione a pagamento agli azionisti dell’ente deliberato da I. il 12 ottobre 2009, nella determinazione da parte di Consob del corrispettivo dell’offerta residuale stessa troverebbe applicazione il comma 4 dello stesso art. 108 TUF che recita che" Al di fuori dei casi di cui al comma 3, il corrispettivo è determinato dalla Consob, tenendo conto anche del corrispettivo dell’eventuale offerta precedente o del prezzo di mercato del semestre anteriore all’annuncio dell’offerta effettuato ai sensi dell’articolo 102, comma 1, o dell’articolo 114, ovvero antecedente l’acquisto che ha determinato il sorgere dell’obbligo", nonché il comma 3 dell’art. 50 del citato regolamento emittenti, che prevede che "La Consob nella determinazione del prezzo di offerta tiene conto, tra l’altro, dei seguenti elementi: a) corrispettivo di un’eventuale offerta pubblica precedente; b) prezzo medio ponderato di mercato dell’ultimo semestre; c) patrimonio netto rettificato a valore corrente dell’emittente; d) andamento e prospettive reddituali dell’emittente".

4.4. Posto quanto sopra, va chiarito, per un verso, che è evidente che risulterebbe maggiormente conforme agli interessi economici delle ricorrenti l’eventuale riconoscimento della riconducibilità alla fattispecie all’art. 108, comma 3 del TUF e alle previsioni del comma 5 dell’art. 50 del regolamento emittenti: esse norme, infatti, ancorano la determinazione del corrispettivo dell’offerta residuale obbligatoria ad un valore maggiore, poiché tendenzialmente pari a quello, di mercato, dell’offerta pubblica totalitaria precedente.

Ma è altrettanto evidente che le stesse ricorrenti hanno dato perlacea contezza, sia nella esposizione in fatto del ricorso introduttivo del giudizio e dei motivi aggiunti, sia con il tenore delle doglianze formulate, della ricorrenza in fatto della diversa ipotesi racchiusa nell’espressione "Al di fuori dei casi di cui al comma 3" contenuta nel comma 4 dell’art. 108 TUF.

In altre parole, le ricorrenti non solo non hanno contestato, ma hanno anche espressamente affermato la sussistenza dei presupposti di cui al ridetto art. 108, comma 4, TUF, cui consegue l’applicazione dello stesso quarto comma nonché del comma 3 dell’art. 50 del citato regolamento emittenti.

Di talchè non appare fondata la loro pretesa di contestare, poi, implicitamente, tenuto conto dei relativi effetti, la concreta applicazione delle stesse disposizioni, le quali indubitabilmente ampliano nei termini già sopra riportati il novero degli elementi da considerarsi da parte di Consob per la determinazione del corrispettivo dell’offerta residuale obbligatoria: tra essi infatti figura anche, ma non in maniera preponderante, il corrispettivo dell’eventuale offerta totalitaria precedente.

Infine, anche la Consob chiarisce, aggiungendo ulteriori significativi elementi (si vedano, ad esempio, le pagg. 22 e 23 della memoria depositata l’8 novembre 2010), che l’obbligo dell’offerta residuale in parola è scaturito esclusivamente dall’adesione di B.P. all’aumento di capitale da offrirsi in opzione a pagamento agli azionisti dell’ente deliberato da I. il 12 ottobre 2009, che ha comportato il superamento della soglia del 90% della partecipazione di questi al capitale I..

E le ricorrenti non hanno, sul punto, replicato.

4.5. Per quanto sopra, il Collegio è univocamente indotto ad assumere senz’altro in questa sede il presupposto di fatto che la determinazione del corrispettivo dell’offerta residuale obbligatoria per cui è causa dovesse tener conto delle già riportate disposizioni del comma 4 dell’art. 108 del TUF e dell’art. 50, comma 3, del regolamento emittenti.

Con ciò escludendo, in altre parole, la fondatezza della pretesa delle ricorrenti, intravedibile nello sfondo del ricorso e dei motivi aggiunti, che il ridetto corrispettivo dovesse essere dalla Consob tendenzialmente allineato al prezzo delle azioni di cui all’offerta volontaria totalitaria del 14 maggio15 luglio 2009 (Euro 1,50 per azione).

5. Può, indi, passarsi all’esame delle singole censure rivolte dalle società agli atti impugnati.

5.1. La più significativa di esse si sostanzia nella denunzia che la impugnata determinazione è erronea poiché la Consob avrebbe applicato, in relazione al primo parametro incidente sulla determinazione finale del prezzo dell’offerta residuale obbligatoria (ovvero il prezzo dell’offerta pubblica di acquisto volontaria totalitaria promossa da B.P. tra il maggio ed il luglio 2009, pari a Euro 1,50 per azione) un coefficiente di rettifica (cd. coefficiente K) contra legem, ovvero al di fuori delle tassative ipotesi per il suo utilizzo previste dalla normativa vigente, ciò che ha comportato prima una significativa correzione al ribasso del parametro (Euro 0,616), poi la determinazione di un incongruo corrispettivo dell’offerta residuale obbligatoria (Euro 0,797 per azione).

La censura non è fondata.

5.2. Va ribadito che, alla luce di quanto sopra riferito, nel procedimento per cui è causa la Consob doveva tener presente, ai sensi dell’art. 108 TUF, "del corrispettivo dell’eventuale offerta precedente o del prezzo di mercato del semestre anteriore all’annuncio dell’offerta effettuato ai sensi dell’articolo 102, comma 1, o dell’articolo 114, ovvero antecedente l’acquisto che ha determinato il sorgere dell’obbligo", nonché, ai sensi del comma 3 dell’art. 50 del citato regolamento emittenti, del "a) corrispettivo di un’eventuale offerta pubblica precedente; b) prezzo medio ponderato di mercato dell’ultimo semestre; c) patrimonio netto rettificato a valore corrente dell’emittente; d) andamento e prospettive reddituali dell’emittente".

Nella specie, per quanto qui di stretto interesse, acquisiti gli elementi informativi dall’offerente B.P., la Consob ha ritenuto necessario l’apporto di modifiche ai valori trasmessi quanto agli elementi di cui sopra, sub a) e b).

E’ il caso di dire che siffatta necessità non risulta espressamente censurata dalle ricorrenti, ed anche qui si appalesa come sicuramente condivisibile.

Invero, in relazione all’elemento costituito dal corrispettivo dell’offerta pubblica precedente, sub a), come bene esplicitato nelle difese, la Consob ha considerato che, avendo l’emittente I. effettuato un aumento di capitale in opzione a pagamento, il numero delle azioni in circolazione aveva subito un notevole incremento (da n. 168.404278 a n. 1.852.394.008), con l’emissione di n. 10 nuove azioni per ogni azione esistente, al netto delle proprie.

Non può, quindi, negarsi che il prezzo di Euro 1,50 per azione al tempo dell’offerta volontaria di acquisto totalitaria promossa da B.P. non poteva essere utilizzato senza un opportuno aggiornamento, stante la sua sopravvenuta inattualità, a fronte del successivo aumento e conseguente deprezzamento dei titoli in circolazione.

Quanto, invece, all’elemento sub b), la Consob ha considerato che il suddetto aumento di capitale non poteva che riverberarsi anche sul prezzo medio ponderato di mercato delle azioni nell’ultimo semestre.

Ciò posto, la Consob:

– ha assunto, quanto a quest’ultimo, il valore della rettifica direttamente operata da B.P.;

– per il primo, invece, in assenza nella propria normativa regolamentare di un criterio di rettifica ad hoc, ha applicato al prezzo di Euro 1,50 per azione al tempo dell’offerta volontaria di acquisto totalitaria il coefficiente correttivo K, previsto dall’art. IA.9.1.7 delle Istruzioni al regolamento di B.I. s.p.a.

Il ricorso a tale coefficiente non si profila illegittimo.

Infatti, nell’ambito in cui esso è normato, come sinteticamente ed efficacemente riferito dalla Consob, il ricorso al coefficiente in parola è previsto laddove, in occasione di operazioni societarie straordinarie (aumento di capitale, fusioni, scissioni, conversioni di azioni in altre categorie di azioni), i corsi azionari incorrano in variazioni tali da non essere più comparabili tra loro, e si renda pertanto necessario mantenere l’equivalenza finanziaria tra i valori pregressi e successivi all’operazione straordinaria, contenendone gli effetti distorsivi.

Atteso che la fattispecie astratta in parola si profila assolutamente contigua nell’ambito e perfettamente sovrapponibile nella ratio a quella concreta determinatasi nella vicenda per cui è causa, che non sussisteva alcun divieto alla sua applicazione, o alcuna espressa dichiarazione di tassatività nella fonte di derivazione, il Collegio non rinviene alcuna contrarietà a legge nella circostanza che la Consob abbia fatto ad essa ricorso per sopperire alla lacuna riscontrata nel proprio ordinamento.

5.3. E poiché, in presenza, appunto, di un lacuna dispositiva, la Consob si è limitata ad aderire, ritenendola ragionevole e conforme, ad una preesistente prassi del mercato borsistico volta ad assicurare la continuità dei valori pre e post operazione straordinaria, non si versa neanche nell’ambito dell’eventuale uso di criteri discrezionali, che viene inutilmente stigmatizzato dalle parti ricorrenti nel secondo profilo di doglianza, sebbene ai soli dichiarati fini di individuare l’ambito di giustiziabilità rimesso alla presente sede.

5.4. Del resto, le doglianze formulate nell’atto introduttivo del giudizio più che tendere alla – non riuscita – dimostrazione della contrarietà a legge dell’applicazione del coefficiente, mirano, in realtà, e nonostante la puntualizzazione delle società di attenersi a doglianze di stretta legittimità (terzo profilo), a sostituirsi alla Consob nella determinazione del corrispettivo per cui è causa, per pervenire a valori maggiormente corrispondenti ai propri interessi, come definitivamente attestato dal tenore delle restanti doglianze ricorsuali.

Invero, con il quarto ed il quinto profilo di doglianza le ricorrenti sostengono, prima, che il prezzo corretto dell’offerta volontaria avrebbe dovuto coincidere con un valore compreso tra il prezzo di mercato dei diritti di opzione afferenti all’aumento di capitale, assunto quale valore minimo inderogabile di riferimento (Euro 0,712) e quello dell’offerta volontaria (Euro 1,50), poi assumono che, per una corretta rettifica del parametro costituito dal prezzo dell’offerta volontaria, in luogo del contestato coefficiente, la Consob avrebbe dovuto adottare il criterio del Theoretical Ex Rights Price (TERP), ritenuto più aderente ai dati reali, che avrebbe comportato l’assunzione del valore del prezzo dell’offerta volontaria rettificata pari a Euro 0,7836.

Ma tali tentativi di sostituire le determinazioni provvedimentali si palesano, naturalmente, inammissibili, e sono, comunque, da respingere, stante il loro carattere puramente teorico, ovvero quali soluzioni prive del pregio, manifestato dal coefficiente assunto da Consob, dell’ancoramento ad un preesistente parametro regolatorio di un ambito analogo e di identica ratio.

6. Anche gli ulteriori profili di censura avanzati con i mezzi aggiunti sono da respingere.

Al riguardo, basti osservare, quanto al primo di essi (il documento avrebbe dovuto esplicitare le motivate ragioni che hanno condotto la Consob, ai fini della determinazione del prezzo dell’offerta residuale, ad adottare il coefficiente di rettifica K sul parametro costituito dal prezzo dell’offerta volontaria) che la necessità si sarebbe, piuttosto, posta laddove la Consob avesse fatto ricorso ad un criterio non fatto oggetto di alcuna regolazione.

In realtà, sin dalla pubblicazione della determinazione del 4 marzo, che risulta articolatamente motivata, come attestato anche dal tenore dell’istanza di riesame avanzata dalle società con la sopra citata nota del 12 marzo 2010, le medesime erano ben consapevoli che la Consob aveva fatto ricorso al coefficiente K, regolato nell’ambito dell’art. IA.9.1.7 delle istruzioni al regolamento di B.I. per "tener conto degli effetti dell’aumento di capitale" (secondo ritenuto della delibera 4 marzo 2010).

Quanto, invece, al secondo rilievo, con il quale si assume che i criteri normativi per determinare il corrispettivo assunti dall’art. 108 TUF, comma 4 sono alternativi e non cumulativi, come ritenuto dalla Consob, stante l’utilizzo della disgiuntiva "o", esso è inconferente, atteso che la norma precisa precedentemente che la Consob deve "anche" tener conto degli elementi poi elencati e inframmezzati dalla disgiuntiva, circostanza che fa escludere che gli elementi stessi godano del carattere dell’esclusività.

7. Per tutto quanto precede, le domande demolitorie avanzate dalle ricorrenti nell’atto introduttivo del giudizio e nei motivi aggiunti devono essere respinte.

Correlativamente, vanno respinte le connesse pretese risarcitorie, avanzate, peraltro, con carattere di palese indeterminatezza.

Tenuto conto delle posizioni assunte dalle parti resistenti, le spese di lite possono essere in parte compensate ed in parte, liquidate come in dispositivo, fatte seguire alla soccombenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente a corrispondere a favore della Consob le spese di lite, liquidate nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00) oltre IVA e CPA; compensa le altre.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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