Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 03-03-2011) 04-04-2011, n. 13559

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.R. ricorre avverso la sentenza 2.12.09 del Tribunale di Palmi – sezione distaccata di Cinquefrondi che ha confermato quella, in data 15.1.09, del Giudice di pace di Cinquefrondi con la quale è stata condannata, in concorso di attenuanti generiche, alla pena di Euro 344,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, per il reato di cui all’art. 594 c.p., commi 1 e 4.

Deduce la ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) ed e) per mancata assunzione della prova decisiva rappresentata dalla richiesta, formulata all’udienza 25.10.07 dinanzi al giudice di pace, di acquisizione al fascicolo del dibattimento di due fotografie relative allo stato dei luoghi, su cui il giudice dapprima si era riservato, ma poi non aveva sciolto la riserva, mentre il giudice di appello non aveva posto rimedio alla nullità, rilevabile anche d’ufficio, prova da considerarsi decisiva perchè relativa ad elementi materiali quali quello della presenza della p.o. al momento della condotta e della possibilità di costei di percepire l’espressione ingiuriosa attribuita all’imputata. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in quanto al giudizio di maggiore attendibilità riservata dal giudice di appello alle testimonianze degli operanti non aveva fatto riscontro nè la precisione delle dichiarazioni nè la loro concordanza, avendo il M.llo M. dichiarato di non ricordare se l’imputata avesse pronunciato in italiano ovvero in dialetto calabrese la frase "Lasciatela stare che è pazza", nè se erano esattamente quelle le parole riportate nella. relazione di servizio, mentre l’Appuntato scelto C. aveva dichiarato che la frase "Lasciatela stare che è pazza" non ricordava se era stata pronunciata in italiano o in dialetto, ma dalla relazione di servizio risultava che la frase era stata: "Lasciatela stare che è pazza", mentre la p.o. aveva in querela sostenuto che la frase proferita dalla P. era stata: "Questa è una pazza", per poi in dibattimento affermare che la frase, ripetuta due volte in italiano, era stata: "Lasciatela stare, questa è una pazza", per cui illogicamente il tribunale aveva sciolto il dubbio in ordine alla lingua in cui la frase era stata pronunciata in senso contrario alla p.o., utilizzando al riguardo le dichiarazioni del teste T. e dell’imputata, pur avendo ritenuto le stesse inattendibili con giudizio figlio di superficiale valutazione di tutto il materiale probatorio e senza che vi fosse neanche certezza sulla esattezza della frase che si assumeva pronunciata dall’imputata, la quale aveva invece sostenuto di aver detto "Lasciatela stare che grida come una pazza".

Tale frase – conclude la ricorrente – era priva di offensività e comunque il tribunale non aveva tenuto conto della gravità del comportamento della p.o. B., tale da integrare gli estremi del reato di resistenza a p.u., che non era stato ritenuto neanche provocatorio ed illogicamente come non incidente sul comportamento attribuito all’imputata, come pure illogica era stata la motivazione circa l’elemento psicologico del reato, dal momento che la ricostruzione dei fatti aveva dimostrato che nella specie non era premessa acquisita al processo che la P. avesse usato espressioni offensive con la consapevolezza di offendere.

Osserva la Corte che il ricorso deve essere rigettato, sia perchè tendente ad una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti, proponendo una diversa valutazione delle risultanze probatorie non consentita in sede di legittimità, sia perchè infondato.

Con motivazione congrua ed immune da vizi logico-giuridici, i giudici territoriali hanno infatti evidenziato come proprio dalle dichiarazioni del M.llo M.M. e dell’Appuntato scelto C.S., disinteressate e rese da soggetti professionalmente qualificati, sia rimasto provato che, recatisi gli stessi il 31.8.05 presso la proprietà dell’imputata, su sua richiesta, essendo sorta una contestazione in ordine ad una porzione di terreno al confine con la proprietà della p.o. – B. F., giunti sul posto avevano udito quest’ultima che, affacciatasi alla finestra della propria abitazione, con tono irritato aveva chiesto il perchè i carabinieri si trovassero lì e, non appena qualificatisi, l’imputata, nel frattempo rimasta in macchina, aveva pronunciato la frase "Lasciatela stare che è pazza".

Tali dichiarazioni – osserva la Corte – sono peraltro coincidenti con quelle rese dalla p.o. e con il contenuto della relazione di servizio, a nulla valendo, per poter diversamente opinare, disquisire se tale espressione sia stata pronunciata in italiano o in dialetto, stante il chiaro contenuto della frase, di oggettiva valenza offensiva e pronunciata dalla P. nella consapevolezza della sua portata denigratoria sì da essere percepita anche dalla B. (ed avendo il giudice di pace implicitamente ritenuto irrilevante la richiesta produzione documentale della difesa dell’imputata volta a porre in discussione la possibilità per la p.o., a motivo della distanza tra la stessa e la P., di udire le parole di quest’ultima, senza che di ciò la difesa dell’imputata si sia doluta in sede di appello), che proprio per tali espressioni ha nell’immediatezza manifestato agli stessi carabinieri la volontà di sporgere querela, non certo per la frase "lasciatela stare perchè grida come una pazza" che l’imputata ed il di lei figlio hanno invece sostenuto essere stata nell’occasione pronunciata e senza che – osserva conclusivamente questa Corte – possa comunque assurgere ad efficacia scriminante della condotta dell’imputata il comportamento della p.o., avendo al riguardo perspicuamente evidenziato il giudice di appello come la P. si sia inserita in un dialogo che si stava svolgendo tra la B. e i militari e nel quale l’imputata non era stata minimamente coinvolta. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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