Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 03-03-2011) 04-04-2011, n. 13558 Motivazione

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.C. ricorre avverso la sentenza 26.11.09 del Tribunale di Palmi – sezione distaccata di Cinquefrondi che ha confermato quella, in data 15.1.09, del Giudice di pace di Cinquefrondi con la quale è stata condannata, in concorso di attenuanti generiche, alla pena di Euro 1.032,00 di multa per i reati, unificati ex art. 81 cpv. c.p., di lesioni personali ed ingiurie.

Deduce la ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per avere il tribunale, nell’operare un approssimativo riassunto dei motivi di appello, illogicamente utilizzato, al fine di verificare l’attendibilità soggettiva dei testi interessati, le dichiarazioni rese in sede di esame dall’imputata, traendone la premessa di fatto per la quale la B. aveva giustificato la sua visita al negozio (in cui si trovavano le p.o.) con la necessità di parlare con l’ex marito e che a seguito della telefonata della figlia era preoccupata e stava rientrando a casa per tranquillizzarla, per poi però dedurre l’assenza di alcun intento persecutorio da parte della querelante D.R. prescindendo dalle stesse dichiarazioni dell’imputata che aveva offerto una versione alternativa e maggiormente verosimile della dinamica dei fatti medesimi, considerato che il risentimento tra la B. e la D.R. era reciproco e che la dinamica dei fatti esposta da quest’ultima non giustificava nè l’iniziativa nè il luogo ove lo scontro fisico era avvenuto, in quanto era stata la D.R. a raggiungere, dopo la pretesa aggressione verbale subita, la B. sul lato opposto alla strada in cui era ubicato il negozio senza che alcuno l’avesse a ciò obbligata.

Inoltre -prosegue la difesa della ricorrente – se era pur vero che l’imputata aveva confermato essersi verificato uno scontro fisico tra lei e la D.R., era altrettanto vero che la B. aveva fornito una versione contrapposta dei fatti, nè il referto medico aveva evidenziato alcunchè sulla iniziativa dell’aggressione, per cui la scelta di una delle ricostruzioni piuttosto che dell’altra non era stata giustificata nè in primo nè in secondo grado e la conclusione raggiunta doveva ritenersi manifestamente illogica non rappresentando il referto medico il preteso elemento di riscontro ai fini della attendibilità delle dichiarazioni dei "testi interessati", dal momento che il "trauma confusivo alla regione dorsale" era certamente compatibile con la riferita azione energica di separazione delle due contendenti operata da L.P. e F.A.M.; il "rubor da schiaffeggiamento torace anteriore" era evento certamente compatibile con l’azione di difesa della B., afferrata per i capelli dalla D.R., ovvero con azione autolesionistica e di calunnia reale posta in essere dalla stessa D.R., ed il "graffio alla tempia dx" era compatibile con un’azione accidentale di difesa dell’aggredita.

Quanto poi allo scontro fisico con F.A.M., figlia della D.R., il tribunale – sostiene la ricorrente – aveva travisato i fatti, avendo l’imputata escluso esservi stato alcun contatto con la F., preoccupata solo di portare via la madre, circostanza confermata anche dal L. secondo il quale l’aggressione verbale era iniziata dentro il negozio per cui egli si era preoccupato di allontanare la B. prendendola per un braccio e conducendola al di là della strada, e quindi poteva essere stata solo la D.R. ad inseguire l’imputata e a scontrarsi con essa, animata dalla volontà di reagire alla pretesa offesa verbale subita, laddove le pretese lesioni riportate dalla F. erano frutto di azione accidentale.

Con il secondo motivo si censura la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per l’esame di I.A., unico teste non interessato che avrebbe sciolto ogni dubbio in ordine alla ricostruzione effettiva dei fatti.

Osserva la Corte come la difesa della ricorrente, con il proposto gravame, tenda ad una ricostruzione alternativa dei fatti non consentita in questa sede, dove non possono le risultanze probatorie essere rivisitate al fine di sottoporre a questa Corte di legittimità aspetti attinenti all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal giudice di pace che dal tribunale, quest’ultimo proprio dalla. completezza dell’istruzione probatoria avendo ritenuto, nell’esercizio del potere discrezionale conferitogli dall’art. 603 c.p.p., superfluo il richiesto esame del teste I.A..

La piena attendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese dalla denunciarne D.R.T. – è stato ritenuto – discende (e con essa l’esclusione di qualsiasi profilo calunniatorio) anche da quanto affermato dalla stessa imputata, secondo cui essa si era recata presso l’attività commerciale gestita dalla p.o. spinta dalla necessità di avere un colloquio con l’ex marito L.P. (e compagno della querelante) in merito ad una questione comunicatale telefonicamente dalla loro figlia, L.M.R., di essere cioè infastidita dalla D.R., dalla F. e dal L. stesso.

Inoltre – ha sottolineato il giudice di appello – oltre a rappresentare la ricostruzione dei fatti antecedenti operata dalla stessa imputata una plausibile giustificazione dell’aggressione, prima verbale e poi fisica, della B. alla D.R. e alla figlia F.A.M., le dichiarazioni della D.R. si sono caratterizzate per una "certa moderazione nella esposizione dei fatti, che risulta complessivamente scevra da sentimenti di rancore o malanimo nei confronti della B., che non traspaiono affatto dalle parole della denunciante", sì da doversi ritenere genuine e sincere, nonchè riscontrate dalle risultanze del referto medico laddove a carico della D.R. sono state riscontrate obiettivamente lesioni – come pure a carico della F., che le ha indicate come conseguenza del suo intervento per separare le due donne – e in considerazione anche delle stesse affermazioni dell’imputata secondo cui vi era stato uno scontro fisico con la D. R. e con la figlia che cercava di separarle, pur attribuendo l’iniziativa alla D.R..

Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione di quelle di parte civile, che si reputa di dover liquidare in complessivi Euro 1.250,00, di cui Euro 1.100,00 per onorari, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro 1.250,00, di cui Euro 1.100,00 per onorari, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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