Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-06-2011, n. 14059 Imposta incremento valore immobili – INVIM

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 7176/05, depositata il 12.9.05, la Commissione Tributaria Centrale accoglieva il ricorso proposto da M.C. avverso la decisione n. 508/02/93 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con la quale era stato accolto l’appello proposto dall’Ufficio del registro di Velletri avverso la decisione di prime cure, favorevole al contribuente.

2. La Commissione Tributaria Centrale – condividendo le argomentazioni della sentenza di prime cure, e in riforma della sentenza di secondo grado – riteneva, invero, che fosse da considerarsi nulla la notifica al contribuente dell’atto di accertamento di valore, presupposto dell’avviso di liquidazione per l’INVIM relativa all’atto di compravendita, stipulato dal dante causa del M. e registrato in data 11.11.86. 3. Per la cassazione della sentenza 7176/05 hanno proposto ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, articolando un unico motivo. L’intimato ha replicato con controricorso e depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso, le amministrazioni ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, u.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. 1.1. Si dolgono, invero, le amministrazioni ricorrenti del fatto che la CTC abbia – in violazione del disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, u.c., che consente, in caso di mancata notifica di atti a monte di quello oggetto di specifica impugnativa, esclusivamente di impugnarli unitamente a quest’ultimo – dichiarato l’illegittimità dell’avviso di liquidazione, impugnato dal contribuente, per mancata notificazione del presupposto avviso di accertamento.

La CTC avrebbe dovuto, invece, ad avviso delle ricorrenti, statuire che la mancata notificazione dell’atto precedente, nella sequenza impositiva, non incide sulla legittimità dell’atto successivo, ma consente solo – in forza della norma summenzionata – l’estensione dell’impugnazione, proposta avverso tale atto, a vizi afferenti all’atto presupposto.

Di qui la dedotta illegittimità della pronuncia emessa, nel caso di specie, dalla Commissione Tributaria Centrale.

2. la censura è del tutto infondata e va, pertanto, disattesa.

2.1. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, invero, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, finalizzate a rendere possibile un adeguato esercizio del diritto di difesa del contribuente, la mancata o invalida notifica di un atto presupposto comporta un vizio della sequenza procedimentale, dettata dalla legge, degli atti (avviso di accertamento, avviso di liquidazione, cartella di pagamento, avviso di mora) attraverso i quali si articola il suddetto procedimento di formazione della pretesa tributaria, dal quale discende, altresì, la nullità dell’atto consequenziale notificato. Tale nullità può essere fatta valere dal contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, oltre che mediante impugnazione cumulativa dell’atto presupposto e di quello successivamente emesso, anche impugnando il solo atto consequenziale notificatogli (nella specie l’avviso di liquidazione) facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto (nella specie l’avviso di accertamento) (Cass. S.U. 5791/08, S.U. 16412/07).

2.2. Da quanto suesposto consegue, pertanto, che la nullità della notifica dell’avviso di accertamento – riscontrata, nel caso concreto, dalla Commissione Tributaria Centrale – ha determinato, contrariamente all’assunto delle amministrazioni ricorrenti, la nullità del conseguente avviso di liquidazione. E tale nullità è stata, per le ragioni suesposte, correttamente fatta valere dal contribuente impugnando il solo atto consequenziale notificatogli . 3. Per tutti i motivi esposti, pertanto, il ricorso deve essere rigettato.

4. Le spese processuali sostenute dall’intimato vanno poste a carico delle amministrazioni ricorrenti nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte di Cassazione;

rigetta il ricorso; condanna le amministrazioni ricorrenti al rimborso delle spese nei confronti dell’intimato, che liquida in Euro 1.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

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