Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 03-03-2011) 04-04-2011, n. 13556 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.C. ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza 12.2.10 della Corte di appello di Firenze che ha confermato quella, in data 21.6.06, del locale tribunale con la quale è stato condannato alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione, oltre le pene accessorie di legge, per i reati di cui alla L. Fall., art. 217 (capo A) e art. 216 (capo B, con riferimento alla sola bancarotta documentale), in relazione al fallimento della "Saturno s.r.l.", di cui era stato amministratore dal 13 luglio del 1999 al febbraio del 2000, dichiarata con sentenza 28.6.2000.

Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) avendo erroneamente la Corte di merito ritenuto applicabile, nella specie, la L. n. 251 del 2005, art. 10 allorchè aveva affermato che, riguardo al reato di bancarotta semplice, stante la recidiva reiterata e specifica, la prescrizione, secondo i nuovi termini, sarebbe maturata solo nel 2012.

Poichè infatti – evidenzia la difesa – l’art. 10 cit., comma 2 stabilisce che le disposizioni dell’art. 6 (cioè quelle riguardanti la prescrizione) non sono utilizzabili nei procedimenti e nei processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano più lunghi di quelli previgenti, essendosi il reato di cui alla L. Fall., art. 217 consumato alla data della sentenza dichiarativa di fallimento ((OMISSIS)), doveva trovare applicazione la vecchia normativa in tema di prescrizione, per cui il reato si era prescritto nel termine di anni sette e mesi sei, cioè nel 2008. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione laddove la Corte di appello aveva dapprima evidenziato la mancanza della contabilità per poi ritenere irrilevante tale mancanza per essere stato il P. ritenuto dal primo giudice responsabile soltanto della irregolare tenuta della documentazione contabile e non della sottrazione di documenti.

In realtà – assume il ricorrente – la sentenza di primo grado aveva affermato che le scritture non erano state rinvenute, ma senza spiegare se tale mancanza fosse dovuta a una successiva sottrazione ovvero alla condotta consapevole del P. e tale difetto di motivazione era riscontrabile anche nella sentenza di secondo grado allorchè aveva affermato che la documentazione era stata regolarmente tenuta fino a quando il P. era divenuto amministratore e dal quel momento in poi era stata incompleta e non veritiera per scomparire in seguito del tutto, non spiegando però come potesse una documentazione essere valutata come non veritiera senza essere allegata agli atti del processo.

Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato.

I giudici di appello erroneamente hanno ritenuto non maturati i termini della prescrizione, alla data della pronuncia della sentenza di secondo grado (12.2.10), con riferimento al reato di cui alla L. Fall., art. 217 reputando applicabili i nuovi termini stabiliti dalla L. c.d. "Cirielli", con la conseguenza che, sussistendo la recidiva specifica e reiterata ascritta al P., la prescrizione si compirebbe solo nel 2012.

In ragione, infatti, della previsione contenuta nella norma transitoria di cui alla L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 2, la disposizione di cui all’art. 6 della stessa legge, riguardante i termini di prescrizione, non si applica nei processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano più lunghi di quelli previsti dalla precedente normativa, per cui nella specie, essendo il vecchio termine di prescrizione di anni sette e mesi sei – non computandosi in esso la recidiva – è questo che deve trovare applicazione e non quello "nuovo", di anni 10, che appunto tiene conto della recidiva, per cui alla data della sentenza di secondo grado tale termine era già decorso e, quindi, con riferimento al reato di cui alla L. Fall., art. 217 la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, con rideterminazione della pena, esclusa quella stabilita a titolo di continuazione, in anni quattro di reclusione per il reato di cui al capo B. Infondato è infatti il secondo motivo di ricorso, atteso che i giudici territoriali, con motivazione congrua ed immune da vizi logico-giuridici, hanno evidenziato come la responsabilità del P. per il reato di bancarotta fraudolenta documentale riposi anzitutto sulla relazione L. Fall., ex art. 33 del curatore, il quale in sede di integrazione ha indicato al 7.2.2000 la data in cui è cessato l’odierno ricorrente dalla carica di amministratore della società fallita, ed ha osservato che già nel 1999 la società presentava la perdita di oltre L. due miliardi e 370 milioni, con rimanenze di magazzino per un valore assai inferiore (L. 150 milioni a fronte di un dichiarato di oltre L. un miliardo) a quello indicato dal P. nella situazione contabile della "Saturno" in data 31.12.99, dallo stesso sottoscritta.

Già sotto l’amministrazione del P., dunque, la "Saturno s.r.l." era – hanno sottolineato i giudici del merito – in stato di decozione ed il P. stesso aveva emesso in quel periodo numerosi assegni a vuoto, a riprova della consapevolezza che egli aveva della situazione societaria, per cui, considerato che l’odierno ricorrente aveva ricevuto dal precedente amministratore tutta la documentazione contabile della Saturno fino a quel momento regolarmente tenuta, mentre successivamente essa era divenuta incompleta e inveritiera, come risultante anche dalle deposizioni testimoniali sul punto, tanto da rendere impossibile al curatore ricostruire l’effettivo patrimonio e gli effettivi movimenti degli affari, anche con riferimento ai rapporti sottostanti gli assegni emessi dal P., del tutto correttamente l’imputato è stato ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per il quale è sufficiente peraltro il dolo generico, avendo agito scientemente al fine suindicato, omettendo di redigere il bilancio del 1999, predisponendo uno stato patrimoniale con dati non veridici, il tutto – hanno ancora rimarcato i giudici di secondo grado – in un contesto di palese malafede che aveva portato il P. a nominare amministratore fittizio della società "il tossicodipendente e nullatenente R. M.", irrilevante essendo al fine considerato dalla difesa la circostanza che l’odierno ricorrente non sia stato ritenuto responsabile anche della sottrazione della contabilità della fallita, essendo invece rimasta provata la sua fraudolenta attività estrinsecatasi secondo le indicate modalità di tenuta della documentazione contabile attraverso le quali era stata resa impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della "Saturno s.r.l.".
P.Q.M.

La Corte, annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato di cui al capo A) estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena stabilita a titolo di continuazione, rideterminando quella per il reato di cui al capo B) in anni quattro di reclusione.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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