T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 29-03-2011, n. 2771

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il proposto gravame gli odierni ricorrenti, in qualità di componenti del Consiglio di amministrazione della Banca di C.C.D.S., sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria con Decreto del Ministro dell’economia e delle Finanze n.95 del 26.11.2009, hanno impugnato la determinazione, in epigrafe indicata, con cui l’intimata amministrazione ha irrogato agli stessi le sanzioni pecuniarie di cui all’art.144 del Decreto legislativo n.385/1993.

Nella narrativa dei presupposti fattuali sottostanti la controversia in trattazione è stato fatto presente che:

1) la B.D.S. nel corso del 2006 era stata sottoposta ad accertamenti ispettivi i cui esiti negativi avevano indotto l’Autorità di Vigilanza ad imporre al suddetto istituto un coefficiente di solvibilità, dato dal rapporto tra patrimonio di vigilanza e attività ponderate per il rischio, del 12,5%, ben superiore a quello ordinariamente prescritto pari all’8%;

2) nel corso del 2009 l’azienda de qua è stata nuovamente sottoposta ad accertamenti ispettivi, protrattisi dal 5 marzo al 22 maggio 2009, che hanno appurato la sussistenza di gravi violazioni normative da parte degli organi di vertice, un sistema organizzativo di controlli palesemente inadeguato nonchè una grave e deficitaria situazione patrimoniale;

3) in particolare per quanto riguarda tale ultimo aspetto gli accertamenti ispettivi hanno riscontrato:

3a) il verificarsi di gravi perdite che avevano assorbito circa il 60% del patrimonio di vigilanza, con conseguente insufficienza del coefficiente di solvibilità ridottosi al 7,9%;

3b) alla data del 31 dicembre 2008 la sussistenza di 27 milioni di sofferenze e 10 milioni di incagli per un totale di partite anomale pari ad oltre il 40% dell’erogato e circa 16,5 milioni di previsioni di perdite patrimoniali, con variazioni in aumento rispetto alle segnalazioni inviate in base alle evidenze contabili di circa 9, 2 milioni di euro per sofferenze e 7,8 milioni di euro per le previsioni di perdita;

4) alla luce delle risultanze ispettive de quibus l’intimato istituto:

4a) ha attivato il procedimento per la sottoposizione della BCC Sibartide alla procedura di amministrazione straordinaria, conclusosi con il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n.953 del 26.11.2009;

4b) ha avviato il procedimento per l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie di cui all’art.144 del d.lvo n.385/1993, contestando, per quanto di interesse per la controversia in trattazione:

I) a tutti i componenti del Consiglio di amministrazione il mancato rispetto del requisito patrimoniale minimo complessivo (violazione dell’art.53, comma 1, lett.a del TUB nonchè del titolo I, cap.2 e del titolo II, cap.6 delle Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche;

II) ai componenti del consiglio di amministrazione, fra cui gli odierni ricorrenti, in carica dal maggio 2007, carenze nell’istruttoria, erogazione, gestione e controllo del credito (violazione dell’art.53, comma 1, lett. b e d del TUB) nonchè del titolo IV, cap 11, delle Istruzioni di vigilanza per le banche e del titolo I, cap.1, parte IV delle Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche;

III) a tutti i componenti del consiglio di amministrazione carenze nell’organizzazione e nei controlli interni (violazione dell’art.53 del TUB, comma 1, lett. b e d nonchè del titolo IV, cap.11 delle istruzioni di Vigilanza per la banche e del titolo I, cap.1, parte quarta delle nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche);

IV) a tutti i componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdite non segnalate all’ Organo di Vigilanza (violazione dell’art.51 del TUB nonchè del titolo VI, cap.1 delle istruzioni di Vigilanza per le banche);

5) il procedimento sanzionatorio de quo, nel corso del quale gli interessati hanno presentato le loro controdeduzioni, si è concluso con la gravata determinazione che ha disposto l’inflizione a carico di ciascuno degli odierni ricorrenti la sanzione pecuniaria di Euro 30.000,00.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di doglianza:

1) Mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento e concorrente violazione degli artt.4 del d.lgvo n.385/1993, 2 della L. n.241/1990 e 24 della L. n.262/2005;

2) Insussistenza delle violazioni indicate nella proposta della Commissione per l’esame delle irregolarità contestate a tutti i ricorrenti. Difetto di motivazione con conseguente violazione dell’art.24, comma 2, della L. n.262/2005 nonchè dell’art.3, della L. n.241/1990, 19, comma 5, della L. n.262/2005 e 18 della L.n.689/1981. Insussistenza dell’elemento soggettivo nella condotta sanzionata, o, comunque, ridotta gravità della condotta medesima;

3) Insussistenza delle violazioni contestate ai componenti del consiglio di amministrazione. Difetto dell’elemento soggettivo della condotta sanzionata. Difetto di motivazione con conseguente violazione dell’art.24, comma 2, della L. n.262/2005 nonchè degli artt.3 della L. n.241/1990, 19, comma 5, della L. n.262/2005 e 18 della L. n.689/1981. Assenza dell’elemento soggettivo nella condotta medesima o comunque ridotta gravità della condotta medesima.

Si è costituita la Banca d’Italia contestando con dovizia di argomentazioni la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali e concludendo per il rigetto delle stesse.

Alla pubblica udienza del 2 marzo 2011 il ricorso è stato assunto in decisione.

Con il primo motivo di doglianza gli odierni ricorrenti hanno fatto presente che la gravata determinazione di inflizione delle sanzioni pecuniarie, avente natura recettizia, risulta essere tardiva in quanto notificata oltre il termine di 240 gg previsti dal regolamento della BI, adottato con provvedimento del Governatore del 25.5.2008, che in relazione ai procedimenti di cui all’art.145 del TUB ha stabilito che gli stessi devono concludersi entro 240 gg decorrenti dalla scadenza del termine per la presentazione da parte del soggetto che ha ricevuto per ultimo la notifica delle contestazione.

La dedotta censura nei termini in cui è stata formulata risulta essere palesemente inammissibile.

Al riguardo il Collegio osserva che:

a) come affermato da parte ricorrente l’art.7 del citato regolamento della BI stabilisce che entro il termine di 240 gg la determinazione sanzionatoria deve essere solamente adottata;

b) è pacifico che per tale aspetto il gravato provvedimento risulta essere ritualmente assunto;

c) la norma regolamentare de qua per l’aspetto in questione non è stata in alcun modo impugnata, con la conseguenza che non possono essere prospettate avverso la delibera di inflizione delle sanzioni pecuniarie, che risulta essere adottata in pedissequa esecuzione delle citata delibera regolamentare, illegittimità riferibili unicamente a quest’ultima.

Nel merito la doglianza de qua è palesemente infondata atteso che il termine di cui al citato regolamento ha natura meramente ordinatoria in assenza di una specifica disciplina – non ravvisabile nella fattispecie in esame – che attribuisca allo stesso natura perentoria, con la conseguenza che il suo superamento non comporta in alcun modo la decadenza del potere sanzionatorio dell’amministrazione.

Con il secondo motivo di doglianza è stata contestata la fondatezza del gravato provvedimento sanzionatorio per quanto concerne l’asserita omessa segnalazione all’Autorità di Vigilanza di posizioni ad andamento anomalo e di previsioni di perdite nonchè per violazione del requisito patrimoniale necessario.

In merito deve essere fatto presente che la prospettazione ricorsuale si fonda sul presupposto che l’accertamento della complessiva violazione dovrebbe fondarsi sulla classificazione a sofferenza da parte degli ispettori, di una serie di posizioni già classificate dalla azienda come ad incaglio nonchè su una diversa quantificazione delle cosiddette previsioni di perdita.

Alla luce di ciò gli odierni istanti, ritenendo che la diversa classificazione delle posizioni creditorie come incagli o sofferenze, nonchè le previsioni di perdite si basano su criteri opinabili in quanto correlate alla complessiva situazione patrimoniale e reddituale del soggetto debitore, hanno sottolineato che le valutazioni degli ispettori per tale aspetto risultano essere immotivate, con la conseguente illegittimità del provvedimento sanzionatorio che le ha integralmente recepite.

La dedotta doglianza non è suscettibile di favorevole esame.

Al riguardo in primis deve essere fatto presente che la fondatezza delle riclassificazioni operate in sede ispettiva è stata sostanzialmente riconosciuta dall’azienda di credito, la quale, sebbene non fosse giuridicamente vincolata ad avallare le valutazioni degli ispettori, nondimeno si è autonomamente adeguata alle stesse, procedendo alle conseguenti rettifiche contabili.

Ma anche prescindendo da tale aspetto, atteso che la mancata contestazione in sede ispettiva non ha alcun effetto preclusivo ai fini di un’eventuale tutela giurisdizionale, deve essere comunque evidenziato che l’azienda, avendo proceduto alle rettifiche contabili sulla base delle valutazioni degli ispettori, ha dimostrato che era perfettamente a conoscenza delle ragioni su cui si erano fondate le proposte rettifiche ispettive.

In tale contesto, quindi, non possono i ricorrenti limitarsi ora a prospettare un generico difetto di motivazione, bensì erano tenuti, al fine di dare adeguata consistenza giuridica alla dedotta censura, ad effettuare un’analitica contestazione delle singole rettifiche ispettive, dimostrandone la contrarietà ai criteri di stima standardizzati contenuti nella disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia.

Non fondato è anche l’ulteriore profilo di doglianza con cui è stato fatto presente che le riclassificazioni operate dagli ispettori in alcun modo avrebbero potuto determinare la violazione del requisito patrimoniale minimo da parte della banca, avuto presente che quest’ultima avrebbe potuto inserire in contabilità il valore della minore incidenza fiscale derivante dalle maggiori previsioni perdita ed avrebbe potuto beneficiare degli effetti di un prestito subordinato che le sarebbe stato concesso dal Fondo di garanzia dei depositati della BCC nel maggio 2009.

In merito deve essere sottolineato che:

a) è pacifico che le contestate sanzioni sono state irrogate sulla base della situazione patrimoniale dell’azienda alla data del 31.12.2008;

b) il prestito da parte del Fondo di garanzia, peraltro subordinato, come sottolineato dalla BI a pag.18 della memoria difensiva, a condizioni particolarmente rigorose e di difficile realizzazione, avrebbe spiegato i propri effetti soltanto nel 2009 e non avrebbe, pertanto, in alcun modo riguardato la situazione patrimoniale al 31.12.2008, con riferimento alla quale sono state assunte le gravate misure sanzionatorie;

c) il recupero della fiscalità differita non poteva in alcun modo essere disposto in quanto risultava carente il requisito cui tale intervento contabile era subordinato e consistente nella ragionevole probabilità di utili negli esercizi a venire, come testimoniato dalla circostanza che l’analisi effettuata dalla gestione commissariale insediatasi in data 10 dicembre 2009 ha quantificato per tale anno un risultato di esercizio negativo di oltre 27 mln di euro, dovuto all’abnorme importo delle perdite ammontanti a 34 mln di euro, pari al 37,22 degli impieghi.

Da rigettare è anche il terzo profilo di doglianza con cui è stato fatto presente (pagg.17 e 18 del ricorso) che " nel valutare la condotta dei ricorrenti, ed in particolare l’elemento soggettivo di essa, la Banca avrebbe dovuto attribuire maggior rilievo alla circostanza che i ricorrenti avevano ricoperto la carica solo dal mese di giungo 2007; e ciò non solo perchè la più ridotta permanenza in carica attenuava chiaramente la loro responsabilità per l’operato dell’organo di cui erano componenti, ma anche perchè nel periodo in cui gli stessi hanno ricoperto la carica di consiglieri di amministrazione si sono trovati ad affrontare una situazione degli stessi ispettori ritenuta caratterizzata da elementi di criticità. E tali criticità sono state affrontate dai ricorrenti in un periodo in cui si era determinato un sostanziale vuoto al vertice dell’esecutivo, che non poteva che impedire, o quantomeno rallentare, un’efficace azione dell’organo amministrativo volta a porre rimedio alle dette criticità dell’organizzazione aziendale".

Al riguardo il Collegio osserva che gli elementi addotti dagli interessanti non possono ritenersi in alcun modo idonei a superare quella presunzione di colpa rinvenibile ex art.3 della L. n.689/1981 a carico di coloro che hanno posto in essere comportamenti vietati.

Più in particolare, in linea con quanto osservato dall’intimato Istituto (pagg.21 e ss della memoria difensiva), deve essere sottolineato che:

a) la ridotta permanenza nella carica di consigliere di amministrazione degli odierni istanti non può in alcun modo ritenersi una circostanza tale da far attenuare il grado di responsabilità degli stessi atteso che l’anno e i 9 mesi trascorsi dalla data della nomina a componente del consiglio di amministrazione (giugno 2007) all’avvio dell’accertamento ispettivo "rappresentavano uno spazio temporale più che sufficiente a valutarne l’operato, sia sul piano generale sia con specifico riferimento all’omessa segnalazione all’organo di vigilanza delle posizioni ad andamento anomalo e delle previsioni di perdita e al mancato rispetto del requisito patrimoniale minimo complessivo, violazioni queste entrambe accertate alla data contabile del 31 dicembre 2008 e riferite all’esercizio di quello stesso anno";

b) il richiamo effettuato dagli odierni istanti in ordine alla rilevanza dell’elemento della durata nella carica al trattamento riservato al Direttore generale ed all’ex vice presidente del Consiglio di amministrazione risulta essere inconferente stante la radicale diversità delle situazioni di questi ultimi;

c) ugualmente inidonea a superare la citata presunzione di colpa risulta essere la circostanza che gli interessati si sono trovati di fronte ad una situazione di precarietà dell’assetto esecutivo, atteso che, come chiarito dal resistente Istituto, rientrava tra i compiti assegnati all’organo amministrativo ed ai suoi componenti porre rimedio a tale stato di precarietà;

d) da ultimo la circostanza che la gravità della situazione aziendale in cui versava la Sibertide fosse nota all’Autorità di Vigilanza non può in alcun modo rappresentare una sorta di esimente a favore dei componenti del Consiglio di amministrazione, tenuto conto che la nomina del suddetto Collegio era stata propugnata dalla Autorità di Vigilanza proprio per ovviare alla suddetta situazione critica, e che in ogni caso non si vede come tale elemento possa influire sulla gravità degli addebiti ascritti ai consiglieri di amministrazione.

Con il quarto ed articolato motivo di doglianza è stata impugnata l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie a carico dei componenti del consiglio di amministrazione della Sibertide, ai quali sono state contestate:

a) l’erogazione di credito ad imprese in sofferenza nonostante il parere contrario del Direttore generale e dell’Ufficio fidi;

b) la mancata classificazione a sofferenza di posizione di rischio, contrariamente a quanto proposto dal Direttore generale:

c) l’immotivata rinuncia alle azioni di recupero;

d) l’immotivata rinuncia alle azioni di recupero;

e) il sostegno finanziario a soggetti collegati a creditori insolventi o segnalati alla UIF per operazioni sospette;

f) la mancata indicazione come dubbi esiti di posizioni pure qualificate tali dal soggetto esterno incaricato della gestione del recupero dei crediti.

Le argomentazioni addotte da parte ricorrente per inficiare la fondatezza delle suddette contestazioni risultano del tutto generiche e tautologiche in quanto si limitano semplicemente ad affermare che:

1) il credito è stato sempre concesso tenendo presente la concreta situazione dei sovvenuti e la convenienza per la banca dell’operazione;

2) le proposte transattive erano assoggettate ad un complesso iter valutativo la cui accettazione era condizionata da attente valutazioni della situazione patrimoniale del soggetto proponente;

3) la scelta del Consiglio di avvalersi dell’ausilio della BCC gestione Crediti nella gestione del portafoglio deteriorato aveva dato luogo ad una sistematica azione di recupero.

In tale contesto, quindi, le argomentazioni addotte da parte ricorrente, oltre ad essere in palese contraddizione con gli esiti degli accertamenti ispettivi, risultano essere del tutto generiche in assenza di qualsiasi specifico e concreto apporto probatorio in grado di dimostrare, sotto il profilo quantitativo delle relative grandezze (impieghi, incagli, sofferenze, diminuzione delle perdite patrimoniali) l’efficacia e la correttezza dell’azione complessiva posta in essere dal consiglio di amministrazione nell’ambito dell’erogazione e della gestione del credito.

Infondato è anche il profilo di doglianza dedotto con la censura in questione con cui è stato fatto presente che la Banca d’Italia non ha tenuto in alcun conto nel sanzionare le violazioni de quibus sia del ridotto periodo di permanenza nella carica degli odierni istanti sia della circostanza che le posizioni di rischio acclarate dagli ispettori erano sorte prima dell’assunzione della carica da parte di questi ultimi.

Per quanto concerne la ridotta permanenza nella carica si rinvia a quanto sopra rappresentato in ordine all’irrilevanza di tale elemento ai fini dell’esonero o dell’attenuazione della responsabilità dei singoli amministratori.

Relativamente alla rilevanza del secondo elemento fattuale addotto dagli odierni istanti il Collegio ne sottolinea l’inidoneità avuto presente che anche se le posizioni di rischio erano venute in essere prima dell’assunzione da parte degli odierni istanti della carica di consigliere di amministrazione, nondimeno sussisteva l’obbligo per gli stessi di controllo della corretta gestione del credito e del recupero dello stesso, obbligo che non è stato in alcuno modo assolto alla luce delle risultanze degli accertamenti ispettivi.

Ciò premesso, il proposto gravame deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n.9146 del 2010, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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