Cons. Stato Sez. VI, 06-07-2010, n. 4298 ISTRUZIONE PUBBLICA E PRIVATA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

E’ impugnata la sentenza del Tar della Campania n. 882 del 2008 con la quale sono stati respinti, previa riunione, i ricorsi di primo grado (n. 5598/2006 e n. 840/2007) proposti dall’odierno appellante per l’annullamento degli atti (tutti dettagliatamente indicati nell’epigrafe dell’appello) relativi alla procedura selettiva avviata dall’Università Federico II di Napoli – Facoltà di giurisprudenza – per la copertura di un posto di ricercatore universitario nel settore scientifico disciplinare Ius/08 (diritto costituzionale).

Lamenta l’appellante la erroneità della gravata pronuncia, al cui indirizzo muove censure di difetto di motivazione e di istruttoria in relazione alla decisione adottata su ciascuno dei motivi proposti in primo grado ed in questa sede rinnovati.

Si sono costituite le intimate Amministrazioni per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

Si è altresì costituita per resistere all’appello la dottoressa Cappuccio, risultata vincitrice all’esito dell’esperimento della procedura di valutazione comparativa.

All’udienza del 30 marzo 2010 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

L’appello non appare meritevole di favorevole scrutinio.

Col primo motivo l’appellante ripropone la questione della pretesa illegittima composizione della commissione giudicatrice, sotto due distinti profili: a) in quanto la prof. Carlassare risulterebbe già nominata (da meno di un anno) componente di analoga commissione giudicatrice a Padova, donde la illegittimità della sua designazione ad opera del Consiglio di facoltà dell’ateneo napoletano per violazione dell’art. 3, comma 7, DPR 117/2000; b) la stessa nomina sarebbe illegittima sotto distinto riguardo, per la ragione che doveva farsi luogo alla nomina di un docente interno all’Università Federico II, soltanto in mancanza del quale poteva dirsi legittima la individuazione di un professore esterno alla compagine universitaria.

Nessuno dei profili censori merita condivisione.

Quanto al primo giova ricordare che, ai sensi dell’art. 3 comma 7 del DPR n. 117/2000, ai professori ed ai ricercatori eletti o designati nelle commissioni giudicatrici è in ogni caso fatto divieto di far parte di altre commissioni, per un periodo di un anno decorrente dalla data del decreto di nomina, per lo stesso settore scientificodisciplinare e per la stessa tipologia di valutazione comparativa. La tesi dell’appellante è che, ai fini del calcolo del termine dell’anno (decorrente dalla data del decreto di nomina) di inibizione del nuovo incarico, il dies ad quem sia rappresentato non già dalla nuova nomina rettorale ma dalla designazione del componente ad opera del Consiglio di facoltà; seguendo tale modalità di calcolo, la designazione della professoressa Carlassare sarebbe illegittima perche intervenuta prima del decorso del termine annuale dalla precedente nomina.

Ma la tesi non convince ed è smentita sia dal dato letterale che da dalla ratio funzionale della disposizione normativa dianzi richiamata.

Sotto il primo aspetto va rilevato in senso dirimente che la disposizione prevede il divieto di "far parte" di due analoghe commissioni giudicatrice nell’arco del medesimo anno. Ciò vale a dire che non è sufficiente la designazione da parte del Consiglio di facoltà perché sia integrato il divieto legale, occorrendo la nomina rettorale (unico atto avente valenza esterna) perché il soggetto designato possa svolgere le sue funzioni all’interno della commissione e "farne parte" in senso giuridico, così come letteralmente prevede la citata disposizione. D’altra parte il divieto è di tipo funzionale e non meramente formale, essendo inibito il cumulo infrannuale del medesimo incarico nell’esercizio delle medesime funzioni commissariali: e dunque anche sotto tal riguardo è evidente che il divieto normativo del cumulo di incarichi può risultare integrato solo ove le funzioni di componente la commissione giudicatrice siano in concreto esercitate nell’ambito delle due commissioni, ciò che non potrebbe avvenire prima del decreto rettorale di nomina. Resta da capire da ultimo, sul piano logico prima ancora che giuridico, perché i termini correlativi di raffronto da prendere in esame per il calcolo del periodo interdittivo del secondo analogo incarico infrannuale non debbano essere omogenei (di tal che se è prevista la decorrenza normativa del predetto termine annuale a far data dal decreto rettorale di nomina non si vede perché, per la fissazione del dies ad quem, debba farsi riferimento ad un atto diverso). Alla luce dei rilievi appena svolti consegue che nessuna illegittimità appar predicabile, sotto il dedotto profilo di censura, a proposito della nomina della professoresa Carlassare nell’ambito della procedura comparativa per cui è giudizio dato che detta nomina è intervenuta (D.R. n. 3939 del 4.11.2004) a distanza di oltre un anno dalla precedente (D.R. n.1760 del 8.10.2003).

Né merita condivisione l’ulteriore profilo di censura inerente la pretesa carenza motivazionale della nomina della stessa professoressa Carlassare a componente della Commissione suddetta. Si assume che la Amministrazione universitaria avrebbe dovuto puntualmente motivare la designazione della componente esterna in luogo di un docente interno all’ateneo, pena la illegittimità dell’atto di investitura.

Ma anche tale censura non appare meritevole di favorevole esame.

Al proposito è sufficiente rilevare che è la stessa disposizione normativa dianzi richiamata (art. 3 DPR cit.) a prevedere espressamente, sul presupposto evidente che l’allargamento della platea dei componenti potenziali non può che giovare alla funzionalità dei procedimenti selettivi, che la scelta del soggetto designato dal Consiglio di facoltà possa cadere su un docente esterno, senza che al riguardo vengano dettate prescrizioni limitative ulteriori.

Ne consegue che non illegittimamente il Consiglio di facoltà dell’Università Federico II ha proceduto alla designazione della già nominata professoressa Carlassare, con scelta che peraltro – come non ha mancato di osservare il Tar – appare più compiutamente orientata a soddisfare intuibili esigenze di imparzialità e trasparenza della procedura comparativa, mercè il coinvolgimento nell’organo valutativo di un componente non legato da rapporto di servizio all’Università partenopea (che quella procedura ha avviato).

Del pari destituita di giuridico fondamento risulta la censura di illegittimità delle operazioni selettive per violazione del disposto di cui all’art. 4 comma 11 del citato DPR, recante la fissazione del termine massimo di conclusione della procedura. E’ evidente, infatti, che la disposizione ha mere finalità sollecitatorie, tant’è che alla violazione (eventuale) del suddetto termine la norma correla l’attivazione dei poteri sostitutivi in capo al Rettore, con la evidente finalità di restituire efficienza al procedimento e di consentire il raggiungimento del suo scopo, e cioè la finalizzazione in tempi ragionevoli della procedura comparativa in vista della copertura del posto. Ma da tanto non può certo discendere che l’eventuale superamento del suddetto termine, che il dettato della norma non aggrega al novero dei termini perentori, né ipotizza sanzioni invalidanti in caso di sua inosservanza) comporta la invalidità degli atti compiuti dalla Commissione giudicatrice, come sostenuto dalla difesa dell’appellante;corretta appare dunque anche su tale punto controverso la decisione di reiezione della censura assunta dal Tar nella gravata sentenza.

Da ultimo va osservato che del pari immeritevole di favorevole scrutinio si rivela l’ultimo motivo di doglianza incentrato sulla pretesa illegittimità delle valutazioni espresse dai commissari rispetto ai titoli ed ai curricula dei candidati in comparazione; in particolare, l’odierno appellante reiterando la censura di primo grado, lamenta che i suoi titoli non sarebbero stati considerati alla stessa stregua dei titoli in possesso della candidata Cappuccio e che in sede di valutazione del suo curriculum vitae non sarebbe stata adeguatamente considerata la sua attività didattica e la collaborazione presso la stessa Facoltà che ha bandito la selezione.

Senonchè, come già rilevato dal giudice di primo grado, un censura così articolata, anche a volerla considerare ammissibile nonostante il suo carattere estremamente generico, risulta articolata in modo da non evidenziare vizi manifesti nell’attività di valutazione tecnicodiscrezionale svolta dalla commissione giudicatrice; peraltro,trattandosi di procedura comparativa, l’appellante avrebbe dovuto illustrare, al fine di dare consistenza al motivo di doglianza, sotto quale specifico riguardo la valutazione del proprio curriculum sarebbe da ritenere manifestamente incongrua in rapporto al profilo curriculare della concorrente risultata assegnataria del posto all’esito della selezione, tenuto conto degli elementi specifici valorizzati dalla commissione in favore di entrambi i candidati. Solo dimostrando la sussistenza di un evidente disparità di trattamento nel giudizio comparativo, ovvero una manifesta illogicità nel percorso valutativo, l’appellante avrebbe potuto sollecitare il sindacato giurisdizionale sul concreto esercizio della discrezionalità tecnicoamministrativa da parte dell’organo incaricato della valutazione dei candidati in competizione. Tuttavia, come si è detto, il ricorrente di primo grado non è andato oltre, nella articolazione della censura, ad una generica doglianza di sottovalutazione del proprio profilo curriculare, di per sé incapace di inficiare il complessivo giudizio espresso dalla commissione giudicatrice all’indirizzo dei due candidati.

In definitiva, alla luce dei rilievi svolti, il ricorso in appello deve essere respinto.

Le spese di lite devono essere compensate tra le parti anche per questo grado di giudizio, ricorrendo per ciò i presupposti di legge

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2010 con l’intervento dei Signori:

Giuseppe Barbagallo, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Roberto Garofoli, Consigliere

Giancarlo Montedoro, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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