T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 485

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Come è notorio, il "compost" è il materiale che si ottiene dalla decomposizione da parte di microrganismi naturali di un misto di materie organiche, costituite genericamente da rifiuti quali i residui della potatura o del giardinaggio, gli scarti di cucina, il letame e il liquame; tale materiale, a date condizioni tecniche e nel rispetto della vigente normativa, può essere utilizzato come fertilizzante nell’agricoltura, e consente così il riciclaggio dei rifiuti di partenza, per i quali si evita lo smaltimento in discarica.

La comunicazione dell’ARPA Lombardia meglio indicata in epigrafe, datata 21 maggio 2009, indirizzata al Comune di Ostiglia, al responsabile del servizio rifiuti della Provincia, che l’ha ricevuta il 14 luglio successivo, a due aziende agricole estranee al presente giudizio e alla S. S.p.a. rende noto che un campione del suddetto "compost", prelevato presso una azienda sita in località Calandre di Ostiglia nel corso di un sopralluogo avvenuto il 25 maggio 2009, "non rispetta i limiti imposti dall’allegato n°2 del d.l. (testuale) 217/06 che rappresenta la legge di riferimento per la produzione e la commercializzazione del compost, anche a seguito dell’emanazione del decreto correttivo del d.l. (testuale) 152/06… Per quanto sopra segnalato, si invitano i soggetti in indirizzo ad assumere i rispettivi atti di competenza" La comunicazione stessa porta poi come allegati il verbale di sopralluogo e i risultati delle analisi (doc. 7 ricorrente, copia nota descritta).

Avverso tale nota, propone in questa sede impugnazione la Provincia di Mantova, la quale premette di ritenersi a ciò legittimata in quanto ente preposto, ai sensi dell’art. 19 del d. lgs. 18 agosto 2000 n°267, alla corretta gestione dei rifiuti, e articola in proposito cinque censure, corrispondenti secondo logica ai seguenti tre motivi:

– con il primo di essi, corrispondente alla prima censura a p. 9 dell’atto, deduce nullità della nota impugnata, qualificata come provvedimento, per carenza assoluta di potere. In proposito, la Provincia premette in fatto che il compost prelevato nel corso del sopralluogo di cui sopra proviene, come è incontestato, da un impianto di produzione gestito dalla citata S. S.p.a., impianto autorizzato in base a due propri provvedimenti, l’autorizzazione 9 gennaio 2006 n°26 e quella di pari data n°28, che lo abilitano fra l’altro a produrre un tipo particolare di compost, detto "compost da rifiuti" e definito nei termini di cui appresso. La Provincia afferma infatti che, in base alle norme applicabili ratione temporis alla presente fattispecie, sarebbero stati previsti dall’ordinamento due tipi distinti di compost. Il primo sarebbe stato quello di cui all’art. 183 comma 1 lettera t) del d. lgs. 3 aprile 2006 n°152 nel testo introdotto dal d. lgs. 16 gennaio 2008 n°4, ovvero il "compost da rifiuti" definito come "prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani", presupponendo quindi che gli stessi rifiuti non siano stati sottoposti a raccolta differenziata. Il secondo tipo sarebbe stato invece quello previsto dalla stessa versione dell’art. 183 alla lettera u), ovvero il "compost di qualità" definito come "prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente", che quindi postula la raccolta differenziata. La Provincia afferma quindi che per il compost da rifiuti sarebbero state ancora valide le specifiche tecniche meno rigorose di cui alla deliberazione di comitato interministeriale 27 luglio 1984, rimasta in vigore in forza dell’ultrattività disposta prima dall’art. 57 primo comma del d. lgs. 5 febbraio 1997 n°22 e poi dall’art. 265 comma 1 del d. lgs. 152/2006, e che tale compost da rifiuti sarebbe stato il materiale legittimamente prodotto dalla S. in base alle predette autorizzazioni e altrettanto legittimamente usato nel campo oggetto di sopralluogo. Afferma invece che le più rigorose specifiche tecniche previste dal d. lgs. 29 aprile 2006 n°217 invocato dall’ARPA si sarebbero applicate solo al compost di qualità. Tutto ciò premesso, afferma che l’ARPA, in ragione delle sue competenze asseritamente solo consultive a termini della l.r. Lombardia 14 agosto 1999 n°16 che l’ha istituita, non avrebbe potuto in alcun modo emanare provvedimenti del tipo di quello impugnato;

– con il secondo motivo di ricorso, corrispondente alla seconda censura a p. 12 dell’atto, ribadito l’ordine di idee di cui sopra, ha poi dedotto in subordine incompetenza, che si dovrebbe ritenere anche se si volesse riconoscere all’ARPA un qualche potere in materia. Non spetterebbe infatti all’ARPA stessa mettere in discussione, così come a dire della Provincia farebbe la nota impugnata, la validità delle autorizzazioni come quelle rilasciate alla S., sostenendo che esse consentirebbero di realizzare un prodotto in realtà fuori norma;

– con il terzo motivo, corrispondente alle residue censure, deduce propriamente violazione dell’art. 183 d. lgs. 152/2006, nel testo allora vigente, dato che la produzione e l’impiego di compost da rifiuti sarebbero consentiti nei termini illustrati, e appunto compost da rifiuti sarebbe il materiale oggetto di rilievo.

Con memoria 3 febbraio 2011, la Provincia ha ribadito le proprie tesi.

Resiste al ricorso l’ARPA Lombardia, con atto 15 aprile 2010 e memoria 5 febbraio 2011; eccepisce in via preliminare la inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, in quanto impugnato sarebbe un atto istruttorio privo di carattere lesivo; nel merito, sostiene in sintesi che il compost da rifiuti sarebbe concetto non previsto dall’ordinamento, che prevedrebbe solo il compost di qualità, in base al nuovo testo dell’art. 183 d. lgs. 152/2006 lettera ee), come introdotto dal d. lgs. 3 dicembre 2010 n°205, con deduzioni già anticipate nella ulteriore nota pure citata in epigrafe (doc. 9 ricorrente, copia di essa).

Ha replicato la Provincia, con memoria 16 febbraio 2011, sostenendo in particolare che ciò potrebbe valere per la normativa attualmente vigente, non già per quella vigente e applicabile al momento in cui fu formata la nota per cui è causa.

Con memoria 14 febbraio 2011, l’ARPAV ha pure ribadito la propria tesi.

La Sezione all’udienza del giorno 9 marzo 2011 tratteneva il ricorso in decisione.
Motivi della decisione

1. Va in primo luogo affermata la sussistenza della legittimazione a ricorrere della Provincia di Mantova, dato che, come correttamente sottolinea anche il difensore della stessa, la Provincia nel nostro ordinamento ai sensi dell’art. 19 comma 1 lettera g) del T.U. 18 agosto 2000 n°267 è ente istituzionalmente preposto, fra l’altro, alla "organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale". Non può quindi essere messa in dubbio la sua astratta legittimazione a impugnare nella presente sede giurisdizionale atti prospettati come provvedimenti tali da incidere su tale competenza, fermo che, naturalmente, dovrà caso per caso essere verificato se tale prospettazione sia corretta.

2. Nel caso di specie, la Provincia di Mantova assume appunto che la nota dell’ARPAV 7 agosto 2009 meglio indicata in epigrafe costituisca un provvedimento atto a incidere negativamente su due proprie autorizzazioni, rilasciate alla S., ovvero ad un’impresa la quale esercita, come deve ritenersi localmente notorio, proprio attività di smaltimento rifiuti a livello provinciale: tanto basta, salva e impregiudicata ogni altra questione, a radicarne la legittimazione ad impugnare.

3. Il ricorso peraltro va dichiarato inammissibile, e quindi va accolta la relativa eccezione preliminare dedotta dall’ARPAV, in quanto come subito si vedrà la nota suddetta costituisce in sostanza un parere, che come tale non riveste carattere provvedimentale, e quindi non può di regola essere impugnato, perché privo di autonoma attitudine lesiva, al di fuori del caso particolare, qui non ricorrente, in cui si tratti di un parere negativo che preclude l’ulteriore corso di un procedimento: sul principio, si veda per tutte C.d.S. sez. VI 7 luglio 2003 n°4034.

4. Come è noto, le ARPAV sono enti istituiti a livello nazionale dall’art. 03 del d.l. 4 dicembre 1993 n°496 convertito con modificazioni dalla l. 24 gennaio 1994 n°61: secondo la norma citata, le Regioni, per svolgere le attività tecniche e scientifiche di protezione dell’ambiente di loro interesse erano tenute, con propria legge da emanare entro un breve termine, a istituire "Agenzie regionali" cui attribuire "le funzioni, il personale, i beni mobili e immobili, le attrezzature e la dotazione finanziaria dei presìdi multizonali di prevenzione, nonché il personale, l’attrezzatura e la dotazione finanziaria dei servizi delle unità sanitarie locali" adibiti alle attività predette; sempre la norma precisava che "le Agenzie regionali… hanno autonomia tecnicogiuridica, amministrativa, contabile e sono poste sotto la vigilanza della presidenza della giunta…".

5. La Regione Lombardia si è adeguata tempestivamente a tale disposto, e con propria legge 14 agosto 1999 n°16 ha istituito la propria ARPAV, cui ha attribuito in generale, ai sensi dell’art. 2 commi 2 e 3, il compito di svolgere "attività tecnicoscientifica a favore di Regione, Province, Comuni e Comunità montane ed altri enti pubblici ai fini dell’espletamento delle funzioni loro attribuite nel campo della prevenzione e tutela ambientale" nonché "supporto tecnicoscientifico alle ASL per l’espletamento delle attività connesse alle funzioni di prevenzione collettiva, proprie del Servizio sanitario regionale".

6. Tali attività sono descritte in dettaglio nei successivi articoli della l. 16/1999, ma si possono comunque descrivere in modo sintetico come proprie dell’amministrazione consultiva ampiamente intesa: l’ARPAV ha il compito di eseguire ispezioni e controlli, acquisire dati e notizie, formulare alle competenti autorità proposte e pareri e svolgere attività di informazione dei cittadini; non ha invece funzioni di amministrazione attiva, ovvero, come si ricava in particolare dalla lettura dell’art. 10 della legge citata, non ha compiti di applicazione anche coattiva delle norme in materia ambientale agli amministrati. Detto in termini semplici, ove accerti a esempio una violazione l’ARPAV deve informarne le attività competenti a sanzionarla, ma non può emanare essa stessa la sanzione, né tantomeno mandarla praticamente ad effetto.

7. Tutto ciò posto, la nota 7 agosto 2009 descritta in premesse si qualifica in modo univoco come espressione delle competenze consultive appena descritte. Anzitutto, occorre notare che la stessa è stata emanata all’esito di un sopralluogo, quindi di un atto che tipicamente costituisce esercizio delle competenze proprie dell’ARPAV (art. 10 comma 1 lettera a) della l.r. 16/1999): è del tutto normale che in tal caso l’ente che il sopralluogo ha eseguito comunichi le proprie valutazioni al riguardo.

8. La nota comprende poi fra i propri destinatari, come si è detto in premesse, il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri, il responsabile del servizio rifiuti della Provincia, il Comune di Quingentole, nel quale si trova l’azienda controllata, l’azienda in parola e la S. S.p.a., ovvero la produttrice del compost ritenuto irregolare (doc. 7 ricorrente, cit.). Di tutti i soggetti citati, solo l’azienda, e al limite la S., potrebbero essere destinatari di provvedimenti di sanzione, mentre gli altri indicati sono proprio quelli istituzionalmente preposti ad emanarli.

9. La nota stessa poi contiene un giudizio sugli esiti del sopralluogo, come si è detto l’opinione della sussistenza di irregolarità, ma omette qualsiasi prescrizione sulle azioni concrete da intraprendere di conseguenza, limitandosi (v. sempre doc. 7 ricorrente, cit.) a un sollecito a Provincia e Comune ad adottare i provvedimenti di rispettiva competenza. In tal senso, di un’invasione delle sfere riservate a tali enti non è assolutamente possibile parlare.

10. Si deve quindi concludere che la nota 7 agosto 2009 costituisce non già esercizio di funzioni di amministrazione attiva eccedenti la competenza dell’ARPAV, quanto esercizio della funzione consultiva di essa propria, a fronte del quale gli organi competenti, la Provincia e il Comune sollecitati, potranno, secondo i principi, conformarsi all’orientamento espresso o motivatamente discostarsene. Nella presente sede, ci si deve limitare a ribadire quanto detto sopra, ovvero che non sussiste alcun atto impugnabile.

11. Identica conclusione si impone, con evidenza ancora maggiore, per la nota 14 agosto 2009, che la Provincia impugna come atto consequenziale. Si tratta di una missiva del Responsabile di unità operativa dell’ARPAV preposto a seguire la pratica, il quale, nel tono di cordialità ufficiale proprio delle comunicazioni fra enti, scrive al Responsabile del servizio rifiuti provinciale, e per conoscenza agli altri soggetti della p.a. dotati di competenze relative all’oggetto, per ribadire la posizione del proprio ufficio; trattandosi oltre a quanto detto di comunicazione del tutto interna alla p.a., il suo carattere provvedimentale risulta anche qui escluso (doc. 9 ricorrente, copia di essa).

12. La natura di contenzioso fra amministrazioni della presente causa è giusto motivo per compensare le spese, rimanendo come per legge il contributo unificato a carico della ricorrente che lo ha anticipato, dato che la sua domanda non è stata accolta.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Compensa per intero fra le parti le spese del giudizio, ponendo il contributo unificato a carico definitivo della ricorrente che lo ha anticipato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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