T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 484 Demolizione di costruzioni abusive Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito di un sopralluogo compiuto in località Castellaro Lagusello di Monzambano, sul terreno distinto al locale catasto al foglio 30 mappale 9, il Responsabile dell’area tecnica di quel Comune ha riscontrato la presenza sul posto di un insieme di manufatti, meglio indicati in epigrafe; ha ritenuto che gli stessi, se pure posizionati "in modo disordinato", configurassero nel loro insieme un insediamento agricolo realizzato in assenza di qualsiasi titolo abilitativo e in particolare della necessaria autorizzazione paesaggistica; ne ha quindi, con l’ordinanza pure meglio indicata in epigrafe, ingiunto la rimozione a certi Albino e C. B., proprietari del terreno, e a G.T., quale asserito responsabile dell’abuso in quanto "esecutore del succitato insediamento" (doc. 1 ricorrenti, copia ordinanza, da cui le citazioni); ha poi confermato, mediante la comunicazione pure meglio indicata in epigrafe, tale ordine di rimozione pur a fronte di una richiesta di revoca dello stesso T. (doc. ti 2 e 4 ricorrenti, copie richiesta di revoca e comunicazione citate).

Avverso tale ordinanza, asseritamente portata ad esecuzione il 21 luglio 2009 (v. ricorso p. 3 dodicesimo rigo), propongono ora impugnazione il detto G.T., nonché E.O., pure asseritamente in qualità di proprietaria dei beni collocati sul terreno in questione, con ricorso articolato in due motivi:

– con il primo di essi, deducono violazione dell’art. 31 T.U. 6 giugno 2001 n°380. In proposito, premettono in fatto che E.O. sarebbe stata la vera proprietaria dei beni e delle attrezzature collocate sul terreno, per averli acquistati da T. giusta contratto 22 marzo 2004 registrato a Castiglione delle Siviere il successivo 8 aprile 2004 al n°1422 serie 3 atti privati (doc. 6 ricorrente, copia di esso). Affermano quindi che la stessa O. avrebbe avuto di necessità ricevere la notifica del provvedimento impugnato, in quanto il contratto citato, debitamente registrato, doveva perciò ritenersi opponibile all’amministrazione;

– con il secondo motivo, deducono violazione dell’art. 10 del medesimo T.U. In proposito, premettono in fatto che T., parente dei consorti B., comproprietari del fondo, avrebbe a suo tempo ottenuto di ivi depositari a titolo temporaneo; riuscito poi soccombente in una causa civile che lo opponeva ai detti B., si era visto intimare a istanza di costoro lo sgombero forzato del fondo in parola, e aveva quindi ottenuto dall’Ufficiale giudiziario, anche su opposizione di terzo intentata dalla O., termine sino al 26 febbraio 2008 per provvedervi. Da tali circostanze, i ricorrenti desumono il carattere meramente temporaneo dell’insediamento, che quindi non avrebbe avuto bisogno di titolo autorizzativo alcuno.

Ciò posto, domandano altresì la condanna dell’amministrazione e del funzionario autore dell’ordinanza al risarcimento del danno, affermando che lo sgombero dell’area sarebbe avvenuto "mediante la distruzione di tutti i materiali" e che ciò avrebbe provocato alla O. "un rilevante danno" (p. 3 ricorso, quarto e quinto paragrafo; p. 7, ove nelle conclusioni si formula la domanda).

Con atto soltanto depositato in data 8 marzo 2011 e non notificato ad alcuna parte, si sono poi costituiti in causa i citati A.B., notificatario del ricorso introduttivo, e C. B.; qualificandosi entrambi "controinteressati", costoro hanno chiesto la reiezione del ricorso, deducendo di essere i proprietari del terreno sul quale il ricorrente T. aveva realizzato l’intervento abusivo, e di essersi dovuti adoperare, a propria cura e spese, per il suo sgombero in ottemperanza al provvedimento comunale, invece ignorato da T. medesimo (doc. 6 consorti B., copia fattura relativa).

La Sezione all’udienza del giorno 9 marzo 2011 tratteneva il ricorso in decisione, senza che il difensore dei ricorrenti facesse opposizione alcuna alla costituzione dei predetti B..
Motivi della decisione

1. In via preliminare, vanno affrontate e risolte le questioni poste dalla tardiva "costituzione", così come la qualifica il relativo atto, di Albino e di C. B., le cui posizioni, ad avviso del Collegio, vanno scisse, tenendo comunque presente che, come si è detto in narrativa, a fronte di essa non vi è stata opposizione alcuna.

2. A.B., così come risulta dall’originale del ricorso, è stato destinatario della notifica dello stesso, e può nel caso concreto qualificarsi come controinteressato, anche se non in senso stretto, dato che, come proprietario del terreno occupato da G.T., aveva un interesse, contrario a quello di costui, a vederlo sgomberato, ed un interesse ben concreto, dato che, come si è detto, risulta avere agito in giudizio per attuarlo in via coattiva (v. doc. 8 ricorrente, copia sentenza di rilascio B./T.). Ciò posto, la notifica nei suoi confronti va considerata come vera e propria evocazione di una parte in giudizio, non già come mera denuncia di esistenza di una lite.

3. In tali termini, la sua costituzione è propriamente qualificabile come tale, ma è senz’altro tardiva, a mente dell’art. 46 c.p.a.; non può però essere dichiarata inammissibile in quanto tale, mancando in proposito una specifica norma di legge. In termini generali, alla costituzione tardiva può se mai essere ricollegata la decadenza dall’esercizio di talune facoltà inerenti la difesa, ma ciò non rileva nel caso presente, dato che A.B. si è limitato in sostanza a evidenziare come a suo dire nelle stesse prospettazioni dei ricorrenti emergesse l’infondatezza delle relative pretese.

4. La posizione di C. B., non notificatario del ricorso, va invece ricondotta a quella di un interveniente volontario, ai sensi dell’art. 28 comma 2 c.p.a., e più precisamente di un interveniente ad opponendum, dato ch’egli domanda la reiezione del ricorso, e quale comproprietario del terreno ha in proposito un interesse identico a quello di Adriano B.; non trattandosi però di controinteressato in senso stretto, la notifica nei suoi confronti non era da ritenersi dovuta. Il suo intervento è però irregolare ai sensi dell’ art. 50 c.p.a., perché, oltre ad essere tardivo, è stato effettuato con atto non notificato, ma soltanto depositato; ciò posto, esso non va considerato inammissibile come tale.

5. Giurisprudenza anche di questo Tribunale – sentenza 8 aprile 2005 n°300, pronunciata in un caso in cui l’inammissibilità era stata eccepita dalle controparti, nonché per tutte C.d.S. Sez. IV 17 aprile 2000 n°2288 ivi citata- ha infatti chiarito che, secondo l’indirizzo preferibile, non vi è un termine ultimo, diverso dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, oltre il quale l’intervento è inammissibile, dato che l’interveniente deve accettare la causa nello stato e grado in cui essa si trova: la formula normativa in tal senso, contenuta nell’art. 40 del R.D. 17 agosto 1907 n°642 allora vigente, è ora riprodotta dall’art. 28 comma 2 c.p.a. I termini posti dalle norme processuali per l’intervento stesso -all’epoca dagli artt. 22 commi 2 e 3 e 23 comma 4 della l. 6 dicembre 1971 n°1034 ed ora dall’analogo art. 50 c.p.a.- vanno allora interpretati nel senso che il loro mancato rispetto autorizza "la sola esposizione orale di difese" ma non "difese svolte in atti non prodotti nei prescritti termini" e impone se mai di rinviare " la discussione a richiesta delle controparti che ritengano di svolgere ulteriori argomentazioni a difesa", restando "in ogni caso escluso l’accoglimento di una paralizzante eccezione di tardività, non munita di sanzione alcuna sul piano processuale".

6. Ciò appare ancora più verosimile se si richiama il rilievo di carattere generale, evidenziato da TAR Lazio Roma sez. I 18 giugno 2007 n°5534, per cui "le parti abilitate ad intervenire in giudizio – sia "ad opponendum" che "ad adiuvandum" – non sono… normalmente destinatarie di notifica degli atti di causa e possono avere notizia della causa stessa tardivamente", sì che assoggettare l’intervento a termini di decadenza si risolverebbe, in sostanza, in una lesione del rispettivo diritto di difesa.

7. Ciò va ribadito a maggior ragione nel caso di specie, in cui all’intervento non vi è stata opposizione alcuna: in forza di ciò, va ritenuto ammissibile anche il deposito documentale che all’intervento si è correlato, dato che a fronte di esso le parti, che ne avrebbero avuto titolo, non hanno ritenuto di chiedere termine alcuno per meglio sviluppare le proprie tesi.

8. Ciò premesso, va anzitutto dichiarato il difetto di giurisdizione nei confronti dell’Autorità giudiziaria ordinaria quanto alla domanda risarcitoria proposta contro Paolo Montanarini personalmente, nella sua qualità di funzionario comunale autore del provvedimento impugnato. E’infatti ben noto, per tutte in tal senso Cass. S.U. ord. 13 giugno 2006 n°13659, che il funzionario in persona è al più soggetto obbligato in solido con l’amministrazione ex art. 28 Cost., ma non amministrazione pubblica egli stesso: attribuire al Giudice amministrativo la giurisdizione per una domanda risarcitoria nei suoi confronti violerebbe l’art. 103 Cost. nella parte in cui non consente di attribuirgli il compito di conoscere di controversie tra soggetti diversi da quelli investiti di funzioni pubbliche.

9. La domanda di annullamento proposta nei confronti del Comune intimato è invece infondata nel merito. In ordine al primo motivo, c’è da osservare che ai sensi dell’art. 31 comma 2 T.U. 6 giugno 2001 n°380 la notifica dell’ingiunzione a rimettere in pristino un abuso edilizio va effettuata soltanto "al proprietario e al responsabile dell’abuso", né l’omessa notifica al primo di essi comporta illegittimità della relativa ordinanza o impossibilità di eseguirla in via coattiva, ma soltanto eventuale impossibilità di applicare una specifica sanzione -l’acquisizione gratuita dell’area di sedime- nel caso in cui essa rimanga ineseguita: in tal senso, TAR Basilicata sez. I 17 novembre 2009 n° 765 e Lazio Roma sez. II 5 novembre 2009 n°10872.

10. Quale proprietario, si deve all’evidenza intendere il proprietario dell’immobile interessato dall’abuso stesso, unico che si può normalmente identificare in base all’esame dei relativi pubblici registri; il concetto non può invece essere esteso sino a comprendere il proprietario di eventuali beni mobili che il responsabile dell’abuso abbia a vario titolo utilizzato, come potrebbe essere, a titolo di esempio, nel caso di merci di terzi depositate in un capannone abusivo.

11. In tal senso, depongono infatti i principi generali del procedimento amministrativo, e in particolare il divieto di aggravarlo ai sensi dell’art. 1 comma 2 della l. 7 agosto 1990 n°241. In proposito, si è infatti riconosciuto – per tutte con argomenti generali TAR Liguria 11 luglio 2007 n°1376- che non è illegittimo l’operato dell’amministrazione che confligga con i diritti di terzi relativi ad un bene, se l’amministrazione stessa non aveva ragione di ritenerne l’esistenza, né, si può aggiungere, obbligo specifico di accertarla. Ciò va affermato nel caso di specie, in cui la circostanza che il contratto fra la O. e T. fosse registrato (doc. 6 ricorrenti, cit.) può valere a renderne certa la data, ma non certo a ritenere che i terzi dovessero conoscerne l’esistenza o anche solo sospettarla. Va in proposito notato che G.T., pur avendo ritenuto di rappresentare al Comune con la raccomandata 16 giugno 2009 le proprie asserite ragioni (doc. 2 ricorrenti, copia di essa), non menzionò affatto nemmeno in tale occasione i propri rapporti con la O., e quindi non vi è motivo alcuno per ritenere che essi fossero in qualunque modo noti alla p.a.

12. E’ parimenti infondato il secondo motivo di ricorso, incentrato sul presunto carattere di insediamento temporaneo, e quindi per ciò solo non abusivo, della struttura realizzata da T.. E’infatti ribadito da costante giurisprudenza che il carattere precario di un manufatto, tale da esentarne la costruzione da titolo edilizio, va escluso se lo stesso "è destinato a recare un’utilità prolungata e perdurante nel tempo", poiché esso in tal caso "produce una trasformazione urbanistica perché altera in modo rilevante e duraturo lo stato del territorio, senza che rilevino i materiali impiegati, l’eventuale precarietà strutturale e la mancanza di fondazioni, se tali elementi non si traducano in un uso contingente e limitato nel tempo, con l’effettiva rimozione delle strutture": così espressamente TAR Lazio Latina sez. I 1 ottobre 2010 n°1626, in un caso analogo al presente, ma nello stesso senso anche TAR Umbria sez. I 1 luglio 2010 n°393 e TAR Cagliari sez. II 27 settembre 2006 n°2013.

13. Nel caso presente, di uso "limitato e contingente" non è il caso di parlare, dato che per ammissione dello stesso T. (v. p. 5 ricorso, primo rigo) la situazione perdurava almeno dal luglio 2007, data del preavviso di sloggio, mentre l’ordinanza impugnata è del 2009.

14. La reiezione della domanda di annullamento comporta reiezione anche della domanda risarcitoria, dovendosi solo per completezza precisare che l’attuazione dell’ordinanza non è avvenuta per impulso dell’autorità comunale, ma dei consorti B., così come da loro stessi asserito (atto 8 marzo 2011, Par. 13).

15. La natura della causa, che sostanzialmente traspone nella presente sede un contenzioso familiare (T. ed i B. sono rispettivamente zio e nipoti: p. 4 ricorso), è giusto motivo per compensare le spese, restando come per legge il contributo unificato a carico dei ricorrenti, le cui domande non sono state accolte.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:

a) dichiara il difetto di giurisdizione in favore dell’Autorità giudiziaria ordinaria quanto alle domande proposte nei confronti di Paolo Montanarini personalmente, assegnando ai ricorrenti termine di mesi tre dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza per riassumere la causa davanti al giudice fornito di giurisdizione;

b) respinge la domanda di annullamento;

c) respinge la domanda risarcitoria;

d) compensa per intero fra le parti le spese del giudizio, dando atto che il contributo unificato rimane a carico definitivo dei ricorrenti che lo hanno anticipato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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