Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-01-2011) 04-04-2011, n. 13530 Reato continuato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Monza in data 6.11.2006, con la quale M.M. e J. F. venivano condannati alla pena di mesi nove di reclusione ciascuno ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile per il reato continuato di violazione di domicilio, ingiuria, percosse e minaccia commesso in concorso con F.L. il (OMISSIS) in danno di H.C. introducendosi in tempo di notte nella roulotte ove lo stesso dormiva in un’area privata di Roncello, colpendo l’ H. con due pugni al capo, minacciandolo di morte e rivolgendogli le parole "bastardo, figlio di puttana, stronzo".

I ricorrenti rilevano violazione degli artt. 192 e 530 c.p.p. e vizio di motivazione sull’affermazione di responsabilità degli imputati.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Con la sentenza impugnata si richiamavano le considerazioni della sentenza di primo grado sulla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, in quanto riscontrate da quelle del teste E.A.Y., la cui presenza sul luogo del fatto era stata a sua volta confermata da B.A., ed i rilievi critici dell’appellante, per i quali al dibattimento era emerso un contrasto sulla effettiva presenza dell’ E.A. nel momento in cui la moglie del B., Ba.An., riferiva che il C. viveva da solo nella roulotte e che la sera dei fatti non vi erano persone diverse dagli imputati e dalla persona offesa, e nella querela il C. non faceva riferimento all’ E.A., che nominava solo al dibattimento sostenendo che lo stesso non voleva esporsi in quanto irregolare. La Corte d’Appello osservava che il lamentato contrasto non risultava sussistente ad un’accurata lettura delle dichiarazioni della Ba., la quale riferiva che la notte dei fatti sentiva urlare e chiamava il marito senza avvicinarsi alla roulotte ed asseriva che "per quello che sapeva lei" il C. viveva da solo precisando tuttavia di averlo visto talvolta in compagnia di un altro ragazzo, non escludendo pertanto in definitiva la presenza dell’ A. mentre il B. riferiva con precisione di aver visto cinque persone, fra cui il C. e un suo amico che dormiva con lui; e che la mancata indicazione dell’E. A. nella querela era adeguatamente spiegata dalla condizione di irregolarità del predetto.

I ricorrenti denunciano un’incompleta lettura degli atti da parte della Corte d’Appello, che non consentiva di ravvisare passaggi dal quali risultava che la Ba. non poteva non avvedersi della presenza di un altro uomo quanto meno nei termini riferiti dal C., il quale dichiarava che gli imputati si allontanavano dopo l’intervento della Ba. e che quest’ultima vedeva l’ E.A. allorchè chiamava telefonicamente i Carabinieri, e dal B., il quale affermava che tutti i presenti si trovavano fuori dalla roulotte ed in prossimità del cancello, dove la Ba., che asseriva di essersi fermata per l’appunto sul cancello per aspettare i Carabinieri, diceva di aver visto il C. e l’uomo riconosciuto nello M. ma non anche l’ E.A.; e rileva peraltro l’illogicità della ricostruzione per la quale gli aggressori sarebbero entrati nella roulotte colpendovi il C. incuranti della presenza dell’ E.A., avrebbero proseguito nella loro azione mentre quest’ultimo fuggiva all’esterno e qui l’ E.A. avrebbe poi incontrato la J. che secondo il C. era all’interno del veicolo con gli altri.

Il rilievo sull’inattendibilità intrinseca delle dichiarazioni dell’ A., con riguardo alla asserita illogicità della ricostruzione dei fatti dallo stesso rappresentata non era tuttavia oggetto dei motivi di appello, il che esclude il lamentato vizio di carenza motivazionale; essendo comunque prospettata sul punto dal ricorrente una diversa valutazione di merito sugli elementi di fatto.

Quest’ultima connotazione è peraltro propria anche delle argomentazioni relative al contenuto delle dichiarazioni della teste Ba. sulla presenza dell’ A. sul luogo del fatto del fatto e, di conseguenza, sulla validità del riscontro offerto dallo stesso al racconto della persona offesa; vertendo tali argomentazioni su una valutazione, anch’essa evidentemente di merito, delle dichiarazioni in esame in raffronto a quelle degli altri testimoni con riguardo alla posizione ed ai movimenti del B. e della Ba. durante lo svolgimento dei fatti.

Il ricorso è dunque per taluni aspetti generico e per altri afferente questioni di fatto non proponibili in questa sede. Dalla conseguente declaratoria di inammissibilità deriva la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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