Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-06-2011, n. 14029 Accertamento

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Svolgimento del processo

M.S. impugnò gli avvisi di accertamento con i quali, per gli anni 1989 e 1990, era stato determinato sinteticamente il reddito facendo applicazione del D.M. 10 settembre 1992 e D.M. 19 novembre 1992, assumendo che, essendo titolare di redditi da lavoro dipendente, gli elementi utilizzati dall’ufficio, vale a dire essere proprietario di un appartamento gravato da mutuo ed il possesso di una autovettura ormai vecchia, non potevano da soli indicare la produzione di un reddito maggiore di quello dichiarato.

Impugnò poi la cartella recante l’iscrizione a ruolo delle imposte ed accessori relativi ai detti avvisi di accertamento.

Il giudice di primo grado, riuniti i ricorsi, ritenuto valido il procedimento di notifica degli avvisi – con deposito presso la casa comunale, previa affissione sulla porta dell’abitazione del contribuente -, dichiarava inammissibile il ricorso avverso di essi proposto, in quanto tardivo rispetto alla notifica degli atti impositivi.

L’appello del contribuente, che anzitutto contestava la ritenuta validità della notifica degli avvisi di accertamento, era accolto in secondo grado.

La Commissione tributaria regionale della Calabria ha H (infatti ritenuto provato che la notifica degli accertamenti, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., non era stata correttamente effettuata, essendo inverosimile che fosse stato affisso avviso del deposito alla porta dell’abitazione del contribuente, in quanto l’indirizzo riportato sugli avvisi, con un civico n. 641, non corrispondeva all’indirizzo esatto del M., residente invece al civico n. 64 della stessa strada. Il contribuente, pertanto, non era stato posto nella condizione di potere tempestivamente presentare ricorso.

Nel merito, riteneva che a carico del contribuente, lavoratore dipendente, non poteva accertarsi in via presuntiva un reddito maggiore di quello dichiarato, non potendo a tal fine aver rilievo, in assenza di altri riscontri, il possesso di un’autovettura verosimilinente non lussuosa ed immatricolata alcuni anni prima.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza sulla base di quattro motivi.

Il contribuente resiste con controricorso.
Motivi della decisione

Col primo motivo l’amministrazione ricorrente, denunciando la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, censura la sentenza per aver accolto l’eccezione di nullità della notifica degli avvisi di accertamento, costituente domanda nuova, non avanzata in primo grado.

Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 140 cod. proc civ. nonchè vizio di motivazione, la ricorrente, premesso che l’impugnazione in giudizio degli avvisi di accertamento varrebbe a sanare eventuali irregolarità della notificazione, assume che il contribuente non avrebbe fornito la prova di non aver avuto conoscenza del processo a causa della nullità della notifica degli avvisi. La circostanza che il contribuente ha comunque ricevuto copia degli avvisi, apprestando difese di merito, segnalerebbe che la notificazione è stata regolarmente eseguita, e che vi sarebbe un errore meramente materiale del messo nella trascrizione dell’indirizzo, atteso che la ricevuta di ritorno della raccomandata recherebbe l’indirizzo esatto e la firma autografa del contribuente.

Col terzo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 per non avere il giudice dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo per tardività, decidendo nel merito dell’irregolarità della notifica, che costitutiva ius novorum.

Coi quarto motivo, denunciando violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, e del principio dell’onere della prova, assume che la sentenza abbia erroneamente ritenuto che l’ufficio avrebbe dovuto provare la maggiore capacità contributiva del contribuente, non essendo sufficiente l’utilizzazione di criteri presuntivi.

Il primo motivo del ricorso è fondato.

Il contribuente non aveva infatti eccepito con il ricorso introduttivo la nullità della notificazione degli atti impositivi impugnati, e nel processo tributario "si ha domanda nuova, improponibile nel giudizio d’appello D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 57 (norma che ricalca l’art. 345 c.p.c.), quando il contribuente, nell’atto di appello, introduce, al fine di ottenere l’eliminazione – o la riduzione delle conseguenze – dell’atto impugnato, una causa petendi diversa, fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, sicchè risulti inserito nel processo un nuovo tema di indagine" (in questi termini, ex multis, Cass. n. 10864 del 2005).

Nell’ipotesi in esame, la mancata eccezione di nullità della notifica degli avvisi di accertamento aveva comportato la specifica conseguenza della sanatoria delle nullità non dedotta. Come chiarito dal Giudice della nomofilachia, infatti, "la natura sostanziale e non processuale (nè assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 cod. proc. civ. (Cass. sezioni unite, 5 ottobre 2004, n. 19854; Cass. n. 24962 del 2005).

Il motivo va pertanto accolto, assorbito l’esame degli ulteriori motivi, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito dichiarando l’inammissibilità per tardività del ricorso introduttivo del contribuente.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo del contribuente.

Condanna il contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1500, oltre alle spese prenotate a debito, e dichiara compensate fra le parti spese dei gradi di merito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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