T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 29-03-2011, n. 520 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

aco, per il ricorrente e A. Daneluzzi per l’Amministrazione resistente;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- premesso in fatto che con ricorso notificato il 13 novembre 2004 e depositato in segreteria il successivo 1° dicembre il signor L.B. ha impugnato il decreto del Prefetto di Padova, meglio in epigrafe indicato, di divieto di detenzione di armi e munizioni, emesso ai sensi dell’art. 39 del r. d. n. 773 del 1931;

che il decreto è stato adottato sul rilievo che i rapporti tra il B. e un vicino di casa sono molto tesi e hanno dato luogo, dal 1993, alla presentazione di reciproche querele per ingiurie e minacce, con un inasprimento ulteriore dei rapporti di vicinato nonostante i tentativi di riconciliazione posti in essere dai Carabinieri della stazione di Bastia di Rovolon, cosicché l’interessato non dà sufficienti garanzie di non abusare delle armi;

che avverso e per l’annullamento del decreto sopra riassunto il B. ha dedotto, con un unico, articolato motivo, il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione e illogicità manifesta;

che l’Avvocatura dello Stato si è costituita per l’Amministrazione dell’interno, ha controdedotto in modo succinto e ha concluso chiedendo al Tar di respingere il ricorso;

che con ordinanza della sezione n. 1228/04 la domanda cautelare è stata accolta ritenendosi a un primo esame non inattendibile la "dedotta carenza di motivazione, fondata su fatti non corroborati dal minimo riscontro probatorio";

2.considerato in diritto che il ricorso è fondato e va accolto con riferimento alla rilevata insufficienza della motivazione e della istruttoria;

che, in via preliminare e generale, pare opportuno ribadire che, ai sensi dell’art. 39 del R. D. 18 giugno 1931, n. 773, il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne; parimenti, ai sensi degli articoli 11 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, la licenza di porto d’armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non danno affidamento di non abusare delle armi. La disciplina sopra ricordata concorre alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da un indebito uso e dalla inosservanza degli obblighi di custodia, nonché dalla commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo del mezzo di offesa. I provvedimenti di autorizzazione alla detenzione e al porto d" armi postulano, quindi, che il beneficiario di essi sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata alla puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, oltre che delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati. I provvedimenti negativi, avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un’erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto, fermo restando, in capo all’amministrazione, l’onere di esternare non solo il presupposto di fatto che l’ha indotta ad intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi e munizioni medesime;

che, tutto ciò premesso in termini generali, e guardando adesso più da vicino il caso di specie, il Collegio è dell’avviso che il provvedimento impugnato sia insufficientemente motivato e debba essere annullato;

che, in primo luogo, come si ricava dalla proposta di adozione del divieto di detenzione di armi dei Carabinieri di Padova (v. nota 6 maggio 2004, in atti, anche là dove, a pag. 2, si accenna a un periodo di relativa tranquillità tra il B. e il F., "come si evince dall’esame delle date delle varie querele"), la grande maggioranza delle querele proposte -in qualche caso in modo reciproco, più spesso dal B. contro il F.- riguardavano fatti assai risalenti nel tempo e, come sottolinea la difesa del B., in un arco di tempo lunghissimo l’Amministrazione non ha mai ritenuto di dover adottare misure cautelari. In secondo luogo, della querela reciproca, per ingiurie e minacce, del 31 marzo 2004, che, secondo la valutazione dei Carabinieri, testimonierebbe una "virulenta ripresa" della situazione conflittuale tra il B. e il F., poco o nulla è dato sapere. Di certo però, a differenza di quanto sostiene l’Avvocatura dello Stato, e allo stato degli atti, al Collegio non consta che l’impugnato divieto si fondi su circostanze di fatto precise e comprovate, idonee a suffragare in maniera adeguata la tesi del "violento riacutizzarsi della conflittualità" tra il ricorrente e il vicino, oltre al rilievo che il decreto impugnato risulta essere stato adottato dopo un periodo di tempo tutt’altro che breve (circa sei mesi) dalla sopra citata querela del 31 marzo 2004 (sulla insufficienza di una denuncia -querela all’A. G., di per sé sola e in assenza di riscontri adeguati, per sostenere una valutazione di inaffidabilità nell’uso delle armi e per giustificare l’adozione di atti come quelli impugnati, a causa della inesistenza di un accertamento oggettivo del fatto pienamente attendibile v., di recente, Tar Veneto, III, n. 203/11 e Tar Lombardia -Milano, n. 980/10). Le considerazioni sopra esposte avvalorano la tesi attorea del difetto di motivazione, della insufficiente istruttoria e, in definitiva, della illogicità, con particolare riferimento alla insufficiente consistenza dell’apprezzamento posto a sostegno della decisione contestata. Sia chiaro: il Collegio non intende negare che l’Amministrazione possa porre a base di provvedimenti come quelli in esame "qualificate segnalazioni di eventi o condotte" idonee a far dubitare del permanere dei requisiti di affidabilità richiesti dal TULPS (v. circ. min. 10 maggio 2003). Si vuole solo evidenziare come, in questo caso specifico, emergano profili di insufficiente motivazione e di incongruità sufficienti per condurre all’annullamento dell’atto impugnato;

che in conclusione, assorbito ogni altro profilo di censura non esplicitamente esaminato il ricorso va accolto e il decreto impugnato annullato ma che le spese di lite possono essere compensate, avuto riguardo alle peculiarità della controversia trattata;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *